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ANNO NUOVO: VITA VECCHIA?

Con sempre meno forza con l'avanzare dell'età, l'inizio del nuovo anno si accompagna a liste di buoni propositi che saranno dimenticate prima del 10 gennaio. E se quest'anno, invece...
Risultati immagini per ignoranzaFaccio anch'io parte della schiera di quelli che a inizio d'anno fanno progetti e redigono liste di buoni propositi. Ci si  propone di cambiare radicalmente strada, spesso più semplicemente di fare tesoro delle esperienze passate per evitare di ripetere gli stessi errori. Sempre c'è l'idea di sottofondo per cui con la sola forza delle volontà nel nuovo anno riusciremo dove abbiamo finora fallito. Lo sappiamo perfettamente che si tratta di autoinganno, consolatorio fin che si vuole, ma sempre di inganno si parla. Ma va bene così.
Con questo spirito, per quest'anno faccio pochissimi propositi e ancora meno progetti, ma quelli personali non li racconto, meglio scoprirli col passare dei giorni.
Sul piano pubblico registro che:
1) a nemmeno un mese dalla sberla referendaria, il mondo della politica continua a comportarsi come se tutto fosse già normalizzato e metabolizzato. Ottimo atteggiamento, se si aspira a una sberla ancora più forte. Che puntualmente arriverà alla prima occasione utile;
2) tutta l'enfasi riformatrice di questi ultimi tre anni si sta squagliando come una medusa fuori dall'acqua (lasciando anche una pozza di gelatina puzzolente). Segno che si trattava di fuffa, come in tanti abbiamo segnalato, non di vero riformismo...

FELICE 2017


LA SBERLA

A risultati acquisiti, sono tanti che non capiscono o che fanno finta di non capire...

Queruli e piangenti i fan di Renzi continuano a fare come i bambini quando perdono e scrivono/dicono: "Adesso vogliamo proprio vedere che cosa faranno quelli del NO", come se si trattasse di un partito e non di un insieme di elettori - la maggioranza - che ha espresso, con le più svariate motivazioni, un giudizio negativo su un progetto di riforma della Costituzione.
"Quelli del NO" sono 19 milioni e hanno così votato: piaccia o non piaccia, questa è la democrazia. Continuare a classificarli come "quelli che non hanno avuto il coraggio di cambiare" o che "hanno avuto paura di osare" o, peggio, come vittime dei "populisti", è continuare a insultare "l'accozzaglia" dimostrando di non capire e di non volerlo fare. Perché hanno scelto questa opzione, invece di abbandonarsi al mantra renziano del cambiamento fine a se stesso, è materia di dibattito e discussione, di analisi politiche e sociologiche, di riflessioni su cosa è diventato questo paese. Non può continuare questa lagna perché, così facendo, si allarga quel solco che proprio la protervia e l'incoscienza del premier ha già scavato in profondità.

REFERENDUM?

Oramai tutto quello ce c'era da dire è stato detto e quello che c'era da fare è stato fatto... Forse è il tempo di riflettere sul senso di tutto quello che è accaduto e sta ancora accadendo intorno a questo referendum/fuffa
Se fosse necessario raggiungere il quorum per validarlo (come per i referendum abrogativi), non avrei avuto alcun dubbio fin da subito: avrei lavorato per l'astensione. La questione è mal posta, il compito è fatto male e, ancora una volta, per dare risposta a un problema vero si sceglie la strada della demagogia della propaganda, del cambiare tutto perché non cambi nulla.
L'abbiamo già visto con la "modernizzazione del lavoro" in inglese, i salvataggi delle banche, gli 80 euro, la buona scuola, senza insegnanti ancora oggi, e così via. Non una di queste pseudo riforme aveva aggredito il problema alla radice con soluzioni capaci di segnare una svolta vera: fuffa in prevalenza e tanta, tanta propaganda. Giusto ciò di cui penso questo paese non abbia proprio bisogno.
Se poi avessi avuto ancora qualche dubbio, avrei gettato uno sguardo sugli effetti concreti della cosiddetta "abolizione delle province", la legge Del Rio. Ero anche io fanaticamente convinto che fosse una cosa da fare, speravo che si facesse con competenza, trasferendo prerogative e risorse in modo che i compiti delle province passassero a comuni e regioni. Se qualcuno ancora pensasse che davvero è andata così, vada a vedere lo scempio delle scuole superiori, prive di manutenzione e interventi al punto che non si taglia neanche più l'erba nei cortili...

L'INVIDIA

Brutto sentimento, specie quando le cose non vanno poi così bene e appare naturale cominciare a guardarsi intorno per sminuire quelli a cui va meglio che a noi. Con effetti disgustosi e tossici

"Hai visto quella? Non le daresti un centesimo eppure ha fatto carriera. Chissà a quanti l'ha data! Io, che non sono una zoccola, sono ancora qui ad arrancare e a sperare in un contratto a tempo indeterminato...". "Ma no, guarda che è davvero brava. Un tantino legnosetta e sempre molto precisina: sarà per quello che tutti i pazienti chiedono di lei... Sai, arrivano qui in condizioni tali che non stanno mica a guardare se una è simpatica o no. Disperati come sono, cercano quella che pensano essere più brava..."
"Quello fa il santarellino, tutto dalla parte della legalità e del merito, ma se solo sapessi che cosa ha combinato e che individuo turpe esso sia..". "Ma davvero, non l'avrei mai detto. Fammi qualche esempio, spiegami, perché sono molto sorpresa". "Ah, ma allora stai dalla sua parte!"
Questi e altri esempi di conversazioni che si colgono nelle sedi in cui si può ancora origliare rendono bene l'idea di un paese che, non sapendo più cosa fare per contrastare l'immiserimento, convoglia le sue energie residue nell'invidiare il prossimo. Più vai giù, più vorresti portarci quelli che, a tuo dire, stanno meglio di te. Così non rifletti mai sinceramente sulle cause del tuo sprofondare e sulle misure che potresti provare ad adottare per fermare la discesa e, magari, invertire la direzione.

BERTOLDO, LEOPOLDINI E CACASENNI

Si è conclusa una Leopolda, la settima, in tono decisamente minore, ma assai utile ad aiutare Bertoldo, che è anche presidente del Consiglio, a occupare ancora di più (se possibile) giornali e televisioni. 
Per la verità, i giornali meno delle Leopolde precedenti: vuoi vedere che comincia a stufare o che, i giornalisti, notoriamente sensibili ai cambi padronali, hanno fiutato l'aria?
Non è però neanche giusto dare sempre l'interpretazione peggiore a questo come ad altri avvenimenti simili. Conosco gente di Comunione e Liberazione che rinuncerebbe a tutto il mese di ferie pur di avere il tempo di andare come volontario per pochi giorni al Meeting annuale a Rimini. Lo stesso per i sempre più rari volontari delle Feste dell'Unità. Persone ammirabili che si ammazzano di fatica, gratis e sottraendo tempo alla loro ricreazione, alle ferie, al riposo. Perché la loro ricreazione è anche questo: fare qualcosa di utile al servizio di un'idea cogliendo nel contempo l'occasione di incontrare tanti altri che sono lì per la sessa passione e lo stesso slancio. Scambiare quattro chiacchiere, lavorare insieme, accogliere i visitatori, condividere esperienze, storie, obbiettivi speranze e, a volte, illusioni. Poi c'è anche il trovarsi a diretto contatto con personaggi famosi, non solo della politica, di quelli che vivono su un altro pianeta, che li vedi solo in televisione. C'è la libertà di spezzare la monotonia della vita di tutti i giorni con un periodo di socialità accentuata e paritaria.
La Leopolda nasce e ha successo anche per questo: sono questi i tempi in cui la politica è insulto sul web - trionfo di mediocrità che si credono divinità e fanno danni che ogni giorno dovrebbero essere riparati e che invece ne generano altri - ed enunciazione di asserzioni autoreferenziali.

RENZI'S LAUNDROMAT

Nelle grandi città del mondo ci sono tantissimi negozi di ogni genere e qualità. Ce ne sono anche alcuni che nelle nostre città scarseggiano: le lavanderie a gettone, LAUNDROMAT in inglese dal sapore renziano. 
Adesso Renzi e Padoan ce ne hanno confezionata una addirittura generalizzata, governativa, con sedi capillarmente distribuire in tutti gli angoli di questa infelice Italia, gli uffici dell'Agenzia delle Entrate e gli sportelli dei commercialisti. 
Solo che nelle Renzi's laundromat si laveranno solamente i soldi sporchi, per la biancheria rivolgersi altrove. Il solo fatto di chiamare in inglese un condono - l'ennesimo, ancora più schifoso di quelli di Berlusconi e dei governi prima di lui - da la misura di quanto questo paese sia disposto a farsi prendere in giro. Almeno così viene immaginato da chi lo governa.

LA PENSIONE

In casa cominciano ad abusare di me, come si fa con chi "già che sei in pensione...". Gli amici mi coinvolgono in imprese mirabolanti, adesso posso. Poi ci sono i politici locali...
Quando due sconosciuti si incontrano - per casualità, per interesse reciproco o perché dovranno fare qualcosa insieme - la prima informazione che si scambiano è il nome, a volte anche il cognome. Di solito seguono l'origine o l'abitazione, poi l'occupazione, il lavoro che fanno. Prima dell'età e di di tutte le altre informazioni importanti sul piano personale e su quello sociale. Il lavoro che fai ti definisce assai più compiutamente di altri aspetti della tua persona: racconta la tua storia, le tue passioni, le tue aspettative e la tua proiezione in mezzo agli altri individui con cui ti incontri/scontri da quando sei al mondo. Dice quali esperienze ti hanno arricchito, come hai trascorso gran parte del tuo tempo, che cosa sei diventato nel corso degli anni. Sovente basta l'annuncio della tua occupazione a trasmettere i sentimenti che, dentro e fuori da te, la accompagnano nella vita di tutti i giorni.
Andare in pensione significa perdere tutto questo: non è avere improvvisamente più tempo e correre perciò il rischio di lasciarsi andare all'anarchia di una vita senza orari. Non è nemmeno lo scoprire all'improvviso quante energie e quanta cura il lavoro richiedeva, anche oltre l'orario delle prestazioni quotidiane. E' piuttosto perdere un ruolo che hai indossato per così tanto tempo che è diventato il tratto caratteristico del tuo essere...
Specie se, come è capitato a me, hai fatto un lavoro bellissimo e... ancora lo faresti, se solo il nostro mondo fosse organizzato in modo più umano. In pensione dal primo settembre di quest'anno, non credo che sprofonderò della depressione o che vivrò la perdita dell'identità professionale come se fosse quella di un'arto, soprattutto perché so che ne coltiverò altre che erano rimaste in secondo piano e qualcuna di nuova riuscirò perfino ad inventarmela.
Ho cominciato a lavorare stabilmente a scuola il 1 aprile del 1973 (prima avevo lavorato qualche mese come precario e in fabbrica, durante le superiori) e non ho più smesso, se non nei cinque anni in cui sono stato in aspettativa come consigliere regionale. Dunque 43 anni e qualche mese, parecchio. Così tanto da veder cambiare tutto e niente insieme: quante similitudini fa la società spezzettata di oggi e quella problematica delle ondate migratorie interne dei primi anni '70! Il degrado di alcune famiglie (e dei bambini), frutto di ignoranza e di indigenza impastati insieme, lo si ritrova anche oggi sotto spoglie diverse, ma sostanzialmente con gli stessi effetti di straniamento e di esclusione sociale. L'eterno conflitto fra l'individualismo sfrenato dei diritti senza doveri e la voglia di costruire progetti e lavorare per speranze comuni ha accompagnato tutti questi anni; fra alti e bassi si ha spesso l'impressione di tornare daccapo, sommersi dai cafoni e dagli opportunismi, come se non avessimo imparato niente dalla Storia e dalle storie. Pronti a ripetere gli stessi errori e a coltivare le stesse speranze, come se fossimo in un loop che ripropone la stessa sequenza, ininterrottamente e per sempre.
Il tempo è passato, non solo sono diventato "vecchio e saggio" (!), ma mi ritrovo più ricco delle tante esperienze e delle tante relazioni, pieno e forte di una consapevolezza che, sono sicuro, non riuscirò a trasmettere se non in minima parte. Curioso come una scimmia, ancora di più di quanto non lo sia stato in gioventù, e armato di quella incoscienza che attribuiamo a stagioni della vita, ma che in realtà sono più delle persone che delle età.
Finora ho avuto un culo pazzesco: ho lavorato in ambienti che mi hanno gratificato, con persone che mi hanno voluto bene e a cui ne voglio molto anche io. Migliaia (ebbene sì!) di studenti dei quali conservo storie e ricordi unici, generosi donatori di saggezza e di freschezza da cui ho sempre attinto senza risparmiare. Altrettanti colleghi che hanno contribuito a rendere piacevole, istruttiva a gratificante la lunga permanenza a scuola. Di loro sento già la mancanza, non con nostalgia, ma con la pienezza d'animo di un'esperienza bella e compiuta.
Il bello della pensione è che riesci finalmente a trovare il tempo per scrivere un post come questo. Ma anche che puoi lavorare per smettere di "essere in pensione" prima che il richiamo dei cantieri abbia il sopravvento su di te.
Mariano

IL TRAMONTO DEL BICCHIERE

Mangiare la marmellata a cucchiaiate facendo bene attenzione a che lungo il bordo rimanesse compatta, lo stesso con la nutella...
... ma la trasgressione più hard della mia giovinezza era di sicuro bere direttamente alla bottiglia: una cosa che non si poteva proprio fare e a cui, come altre pratiche intime, ci si abbandonava per svacco, disperazione, abiezione. Avvicinarsi al frigo di soppiatto, controllare con una panoramica che nessuno vedesse e poi... un sorso direttamente alla bottiglia. Aranciata, latte, acqua, non importa, richiudere la bottiglia e rimetterla al suo posto, che nessuno se ne accorga!
Immaginarsi quindi la meraviglia quando questo gesto l'abbiamo visto compiere nei telefilm americani senza che nessuno si scandalizzasse: adolescenti che inforcano il bottiglione in plastica da cinque litri di latte e ci bevono direttamente senza usare il bicchiere, uomini stanchi dopo una giornata di lavoro che aprono la birra e se la scolano dalla lattina senza mediazione alcuna. Farmers abbronzati e impolverati che sbevazzano da enormi trogoli senza porsi il problema di cosa ciascuno lascia in eredità a quelli che berranno dopo. Tutta roba che cominciò a mettere in dubbio le nostre usanze secolari. Fino a quel momento solo Coppi e Bartali avevano potuto bere dalla bottiglietta: i ciclisti erano gli unici a portarsene una dietro e a non usare il bicchiere, vista l'indisponibilità delle mani, diversamente impegnate. Adesso quelle bottigliette termiche sono il must di ogni ecologista che non vuole sprecare plastica.
Proprio l'invasione dei telefilm cominciò anche da noi ad accreditare l'idea che il bicchiere fosse una delle tante mollezze europee da superare il prima possibile a favore della rude immediatezza utilitaristica americana. Via il calice, solo alle feste importanti, via anche il semplice bicchiere in vetro e ora... via anche quello di plastica. Si beve direttamente alla bottiglia e nessuno ha nulla da ridire.

GB: GOODBYE AND THANKS!

Sorpresa: gli Inglesi escono dall'Unione Europea. Delle cause si sa, delle conseguenze assai meno... e dei politologi ed economisti, come si vede, non c'è da fidarsi! 

La politica tedesca - di fatto sono loro i veri padroni dell'UE - esce sconfitta su tutta la linea: d'ora in poi con un semplice referendum si può uscire, dando un calcio all'austerità e a tutte quelle strane regole che sanno tanto di favore verso i teutonici. Infatti adesso sarà tutta una gara a costruire movimenti politici che chiedono l'uscita dall'UE, facile prevedere che saranno ancora più forti nei paesi che hanno l'euro come moneta. E' la vendetta della Grecia, prima allettata a fare debiti, a spendere e spandere, e poi vessata con l'imposizione di clausole e misure eccessive perfino per gli amanti dell'austerità, fino a sospettare che si trattasse di una punizione.
Gli altri grandi paesi europei non vincono e non perdono perché non ci sono. La Francia ha inaugurato la stagione dei referendum al buio (ricordate quello, perso, sulla Costituzione europea?). Ha spianato la strada all'Europa come optional e ora osserva la sua irrilevanza internazionale dall'alto delle autoblindo con cui la Police cerca di tenere a bada manifestazioni massicce e feroci contro il governo delle sinistre. L'Italia non ha mai contato nulla, almeno negli ultimi dieci anni, e continua sulla stessa strada con la Mogherini, scomparsa dai radar, e il ganassa occupato a messaggiare sul cellulare d'ordinanza, annunciando cose a cui non credono neppure più i giornalisti lecca lecca che ha messo ai vertici delle tivù.  Poi ci sono quelli entrati di recente, ammaliati dai fondi che fluiscono anche oggi copiosamente per alimentare le loro politiche di sviluppo.

GIOVANI & VECCHI, BALLE E BALLOTTAGGI

Tempo di ballottaggi: vuoi vedere che stavolta cambia qualcosa?

Non serve di certo richiamare qui le colte e dote analisi che, nei giorni successivi al primo turno, ci hanno spiegato, fra l’altro, che il PD a volte si rende ridicolo perfino quando si confronta con la crudezza dei numeri. In sintesi: bene M5S quando ha candidati convincenti, male il PD perché non ne ha quasi più e i pochi sono soffocati dal ganassa fiorentino, consensi risicati alla sinistra, centrodestra ancora capace di exploit importanti se dall’altra parte ci sono dei Sala o personaggi incolori del genere. Astensione abbastanza ampia, ma non scandalosa. Appetitosa, perché sarebbe tempo che ci si occupasse di capire quale prodotto politico potrebbe riportare al voto gente che ha rinunciato e in quale misura potrebbe cambiare la politica italiana.
Torino rappresenta abbastanza bene lo snodo: vecchio, usato e stantio, ma ancora abbastanza in forma? Oppure, nuovo, anzi nuova, tenace e mite, esperta e ingenua, fresca ma non fessa?
Il primo, il vecchio, ha già dimostrato cosa sa fare: come personaggio politico di primo piano, come ministro della Repubblica, come aspirante banchiere, come sindaco. Ha soprattutto dimostrato la sua capacità di essere garante di quel Sistema Torino che ha dato alla città fasti e risorse nel momento in cui la crisi dell’industria la metteva in ginocchio. Quel sistema lo troviamo dappertutto, non solo fra le damazze e i principini della collina torinese che, quando scendono in città, curano anche oggi i loro interessi in modo mirabile.

FONDI EUROPEI, SPRECHI E MANEGGI. PARLA IL TAR

Questa è la storia di un’opera pubblica, dei finanziamenti europei, della incredibile gestione delle spese necessarie per realizzarla, delle interminabili vicende giudiziarie che l’hanno accompagnata e delle sentenze che, finalmente, cominciano ad arrivare a dire come stanno (e stavano) le cose. Ma soprattutto del comportamento irresponsabile di amministratori pubblici di successo. Come tutte le storie di malapolitica è complicata, contorta. Proveremo lo stesso a raccontarla, con l’occhio rivolto al presente e al futuro. 
Il 9 febbraio del 2007  “La Stampa” pubblica un articolo di Marco Sodano dal titolo eloquente: “GRUGLIASCO, L’INFINITO CANTIERE MANGIA-SOLDI”. Racconta la storia di un cantiere, quello per la ristrutturazione di Villa Claretta, un edificio storico di Grugliasco oggi Museo del Torino, realizzato dal Comune utilizzando fondi europei erogati da un bando regionale collegato. Il giornalista dava conto del contenuto di un esposto che il sottoscritto aveva presentato in Procura, allarmato dal lievitare dei costi senza che lievitassero anche i lavori. Giusto per dare la dimensione, la ristrutturazione di Villa Claretta sarebbe dovuto costare 5.787.459,41 euro, di cui 4.051.221,59 erogati a fondo perduto dalla Regione Piemonte nell’ambito del programma Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. La Regione, attraverso la sua Direzione Industria,  aveva peraltro anche il dovere di monitorare opera e spese per intervenire in caso di dubbi. La somma totale era stata individuata sulla base dei progetti - redatti da professionisti incaricati dall’Amministrazione, più avanti vedremo come, e pagati in larga parte coi fondi regionali – e del capitolato d’appalto che essi avevano redatto. 

FACCE DI TOLLA

La distanza fra le parole e i comportamenti "sul campo" a volte è talmente grossa che vanifica ogni velleità di cambiamento. Leggete di questo impunito...

Ogni anno mafiosi, corrotti ed evasori fiscali sottraggono agli italiani ingentissime risorse che potrebbero essere utilizzate per finanziare servizi che riconoscono diritti fondamentali ai cittadini. Si tratta di una situazione non più tollerabile che è necessario cambiare. La politica deve essere protagonista di questo cambiamento. Per questo, abbiamo deciso di lanciare questo appello. Occorre che, a partire da questa tornata elettorale, i candidati a ricoprire un incarico negli enti locali si impegnino a praticare, difendere e diffondere la buona politica, dando importanza in particolar modo ai temi della legalità, della trasparenza, della responsabilità, dell’etica, del contrasto alle mafie e alla corruzione”, ha dichiarato il Presidente di Avviso Pubblico (leggi)
Questo l'incipit del comunicato stampa con cui l'Associazione Nazionale "Avviso Pubblico", con sede in comune a Grugliasco, ha lanciato una sua ficcante iniziativa: "Sette principi per una politica credibile e responsabile", un appello pieno di buone intenzioni che dovrebbe essere firmato da quelli che si candidano alle elezioni prossime venture (leggi i principi). 

AVERE PAURA

Le stragi di Bruxelles sollevano l'asticella della paura. I racconti di quello che succede nell'Asia minore anche, lo stesso i profughi che muoiono nel Mediterraneo. Un assedio, il terrore...
La paura è un sentimento difficile da controllare: ti entra dentro e ti prende un po' per volta spingendoti prima a cambiare il tuo modo di vedere il mondo, poi a diffidare dei tuoi vicini, infine a cercare modi per barricarti, per tenere gli altri lontano. Ricostruisci la tua esistenza intorno alla sindrome dell'accerchiamento che si accompagna, di solito, con una visione pessimistica del futuro.Se bastano la ripetizione ossessiva di previsioni meteo non belle per tenere le persone lontane dai luoghi di villeggiatura, l'annuncio di un fronte nuvoloso per farci barricare in casa, la scoperta che mangiare troppo fa ingrassare, magari ripetuta compulsivamente in tutti i talk show del pomeriggio... per indurre in noi quell'ansia che ben presto diventa una senso irrazionale ma reale di panico diffuso, figurarsi quando i tg raccontano di bombe, kamikaze, aerei dirottati, innocenti massacrati e vite distrutte.
Dopo la metà degli anni '70 abbiamo avuto paura di partecipare alle manifestazioni politiche: finire sparati da esaltati con le P38 o essere scambiati per fiancheggiatori del terrorismo era un rischio troppo alto, meglio stare a casa. Quelli che non ci stavano potevano finire come a Brescia, saltati in aria insieme al cestino dei rifiuti dove qualcuno aveva messo la bomba.

PICCOLI DEMOS CRESCONO...

Noi che abbiamo allevato bambini per molto tempo (e non solo figli nostri), ben sappiamo che un lieve cedimento sulle regole a volte determina il fallimenti di anni di sforzi...
Dunque, anche le elezioni del segretario nazionale dei Giovani Democratici sono finite in rissa prima e burla poi (leggi). A dimostrazione che i giovanotti e le signorine di fede dem hanno già imparato i vizietti dei loro più anziani compagni di taxi, eccoti arrivare la due giorni della democrazia: gazebo dovunque e sezioni spalancate alle migliaia, decine, centinaia di migliaia di giovani democratici che avrebbero dovuto eleggere i vertici nazionali del movimento.
Solo che gli iscritti non si sono presentati, forse non c'erano mai stati per davvero e e tessere erano una fioritura primaverile anticipata. Un tempo si tesseravano i morti, non gli appena nati. Ma, si sa, siamo nel paese dell'impossibile e cosa vorrete mai che sia una taroccatura nelle tessere.. è tutto a fin di bene, serve a far crescere la democrazia. Due erano i candidati all'ambita carica, ma uno dei due si è ritirato durante le votazioni, invitando i suoi fans a disertare le urne.

LA SPINTA REPULSIVA...DELLE PRIMARIE

Primarie a Roma, Napoli e in tanti altri posti: dal trionfo delle democrazia alla peggiore rappresentazione del marciume morale della politica. Non c'è strumento "buono" che tenga, se chi lo adopera è marcio dentro

A Roma vanno a votare  pochi intimi, ancora adesso non si sa esattamente quanti, ed è tutta una corsa a nascondere, minimizzare, parlare d'altro. Ci siamo abituati, dunque niente di nuovo. A Napoli hanno fatto di meglio: hanno mandato la gente a votare rimborsando l'obolo in anticipo, qualcuno ha ripreso (sarà un caso?) e adesso è bufera. Soprattutto perché si scopre che non è vero che sono andati in tanti a votare, ma sono pochi che hanno votato in tanti posti. Una miseria umana come nessuno avrebbe potuto immaginare, anzi no.
Se nelle grandi città l'attenzione dei media è alta e dunque è più difficile farla franca, nei comuni più piccoli durante la "festa della democrazia" succede già da tempo di tutto e di più, solo che tutti quelli che contano si voltano dall'altra parte e fanno finta che vada tutto bene . In tempi non sospetti avevo raccontato cosa è successo nelle primarie della mia cittadina (leggi), quella che esprime - pensate un po' - un sindaco addirittura presidente nazionale di Avviso Pubblico, associazione per la legalità. Lo stesso che non paga le tasse ed è stata beccato anche a raccontare balle.

ZOTICI E FURBACCHIONI. L'ITALIA RIPARTE COSI'?

I fatti che hanno portato all'approvazione della legge sulle unioni civili sono l'esatto paradigma del dilemma di questo povero paese...

In tempi di crisi economica, di annunci clamorosi che non diventano mai fatti compiuti, di sfiducia, di scazzo, di voglia di lasciar perdere o di scappare... il tema dei diritti civili (sacrosanti, per carità!) rischia di essere il diversivo giusto per distogliere l'attenzione dai drammi di questi nostri tempi. L'UE ci condanna e ci sgrida perché non abbiamo una legge sulle unioni civili, lo fa da tempo e nessuno se ne era mai preoccupato più di tanto. Adesso anche questo dovere diventa - in assenza di competizioni pseudosportive internazionali, di campionati avvincenti, di fatti di cronaca particolarmente cruenti - il modo per fare un po' di fumo. Infatti il governo, mentre il Senato si scanna sulla stepchild adoption, regala le nostre case alla banche senza che nessuno se ne accorga. Addirittura progetta un intervento militare in Libia del quale apprendiamo dalle conferenze stampa degli statunitensi che danno il permesso via etere. 
Gli scandali delle banche amiche passano in terzo e quarto piano, nel Mediterraneo non muore più nessuno e dei profughi se ne occupano gli altri paesi europei nei modi che vediamo. Il governo italiano no, non ha tempo perché deve occuparsi di coordinare la prossima guerra di Libia (la seconda in cui si imbarca l'Italia, la prima nel 1911), naturalmente di nascosto al paese.

LA CAPITALE AMORALE

A Roma tocca da sempre l'appellativo di Capitale amorale,  senza interruzioni da Romolo a Buzzi&Carminati. A Milano tocca di diritto quello di Capitale immorale. E dire che giornali e  tv hanno fatto a gara per farci credere che fosse un esempio di virtù...

"Se bastasse un Pisapia a cambiare una città...", lo sussurrava la settimana scorsa sul treno una signora attempata commentando lo scandalo della sanità della Regione Lombardia. L'ultimo di una lunga serie, dalla Clinica S. Anna in avanti, tutti localizzati in quella regione il cui sistema sanitario - a detta di tutti i commentatori e tuttologi - rappresenta l'eccellenza italiana. Di solito si invitano le altre regioni a prendere esempio dalla Lombardia: cittadini soddisfatti, spesa sotto controllo, ricerca e cura, pubblico e  privato che cinguettano allegramente e servire al meglio il cittadino fortunato di essere nato in un simile bengodi.
Si scoprono, oltre ai soliti giri di mazzette, apparecchiature e attrezzature di qualità scadente pagate per eccelse, protesi dentarie che neanche nel Terzo Mondo, amici e amichette a gogò. Il tutto secondo lo schema, mai abbastanza collaudato, che discende direttamente da Mario Chiesa e dal Pio Albergo Trivulzio, il luogo da cui prese il via il crollo della Prima repubblica e la successiva stagione di Tangentopoli. Stesse storie, sovente stessi personaggi e stesse narrazioni, sembra che non sia cambiato davvero nulla tranne che...

INDIZI CHE INQUIETANO

Quando i tempi si fanno cupi, gli individui mediocri che sono rimasti nelle fogne fino a quel momento, se ne escono a conquistarsi il momento di gloria. E non finisce mai bene

Ce lo insegna la Storia - e quella più recente non si è limitata ad insegnarcelo, ce lo ha invano ripetuto un'infinità di volte - che a ogni difficoltà, politica sociale economica, la paura trionfa e con lei il bisogno di sicurezza, di ordine, di ciò che può garantire un po' di tranquillità. Se si deve, in nome di tutto questo, rinunciare a un po' dei nostri diritti di cittadini... pazienza! Li ritroveremo quando tutto sarà tornato normale.
Invece non li troviamo più: loro non esistono una volta per tutte, sono il prodotto di dialettiche, lotte e equilibri fra i diversi interessi di una società che va avanti, non aspetta proprio nessuno. Nel'ambito dell'analisi politica e sociale molti indizi non fanno una prova, tuttavia inquietano e gettano allarme perché l'oggi è tutto troppo uguale a un passato che tutti diciamo di non voler ritrovare e che, invece, sembra proprio tornare a farsi presente e, magari, futuro. Ecco qualche indizio:

PRIMARIE IN SALSA DI SOIA

Lo scandalo non sono i cinesi milanesi ai seggi del centrosinistra milanese, la vergogna è la "normalizzazione" di una pratica schifosa che ammazza la democrazia... 

I consueti cinguettii di sdegno della minoranza PD, dei satelliti dalle anime candide e dalle voglie poderose, della società civile perbene, quella sempre pronta a stigmatizzare la gestione padronale del M5S, sono tutti ingredienti che oggi condiscono gli articoli dei quotidiani che raccontano delle primarie per il sindaco di Milano. Un'altra volta si svegliano - ovviamente in ritardo - e fingono di denunciare una pratica che nel PD è ampiamente diffusa. Ce lo raccontano le cronache della Liguria, per trattare solo l'ultima delle occasioni, ma anche di Napoli, di tantissimi altri luoghi dove le primarie sono diventate l'occasione per gigantesche opere di cammellaggio (pago, con soldi con promesse con favori,  la gente perché vada a votare il mio candidato) da far impallidire i maestri americani del bui anni '50.
Ma tutti fanno finta di niente: il PD e i satelliti continuano a comportarsi come se niente fosse...

GIOCHIAMO AL DOTTORE?

Il gioco rivela davvero e più di ogni altra attività i cambiamenti epocali che stanno trasformando il nostro mondo: quello "alto" e quello con cui facciamo i conti ogni giorno, qui a casa nostra
"Dai nonni, giochiamo al dottore?" ci fa la nostra nipotina quasi cinquenne sul finire della giornata. Vado a prendere lo stetoscopio e gli altri strumenti di plastica nella sua stanza e dico a mia moglie di fare lei la paziente, così io potrò essere l'infermiere. Ma non serve...
La nostra nipotina non degna di uno sguardo gli strumenti del mestiere, vuole una scrivania e dei pezzi di carta: ci ordina di farli a pezzi regolari e di passarle le penne perché vuole scriverci su qualcosa. Intanto sistema per bene il suo tavolinetto (ora scrivania professionale) mettendo in ordine cancelleria e foglietti. Il tavolo lo sistema in modo che il paziente stia il più possibile lontano da lei.
Il gioco può cominciare e consiste in questo: la nonna, che fa la paziente, entra dalla dottoressa, si siede sulle sedia davanti alla scrivania e il medico in erba la interroga. Nessun contatto fisico, neanche per sbaglio, nessun intervento con l'ausilio degli strumenti che le abbiamo regalato per Natale, solo l'interrogatorio che permette la diagnosi attraverso il racconto dei sintomi operato dalla paziente. Alla fine la dottoressa prescrive la cura scarabocchiando sui fogliettini (ecco a cosa servivano!) e congeda la paziente.

UN AMICO SBAGLIATO

Un amico racconta su fb di un conoscente che lo ha apostrofato perché "amico dell'amico sbagliato". Continua così: "Bene, da allora sono sempre più orgoglioso di essere amico dell'amico sbagliato". Seguono commenti, forse parlano di me
La barbarie che oramai attraversa anche i rapporti interpersonali non risparmia neppure quei legami informali, senza implicazioni di prestigio o di potere, giusto cordiali... un tempo si sarebbero detti "fra conoscenti". La politichetta locale (e anche quella nazionale) si nutre proprio di questa degradazione, fatta di minacce, pettegolezzi mischiati a vittimismo, allusioni offensive e azioni consumate nell'ombra. Tutto come se si potesse ridurre una vita, tante vite, a uno schema molto simile a quella del villaggio dell'ottocento, dove pratiche mafiose, intimidazioni e sottomissione stabilivano l'esatta collocazione di ogni individuo nella piccola società del luogo e del tempo.
Non è così solo nella politica, la barbarie ha contagiato oramai tutti i luoghi della socialità: dal lavoro agli amici del bar... giù giù fino al circolo sportivo o all'associazione di volontariato. Il pettegolare intorno agli altri è diventato acido, corrosivo, offensivo anche per chi lo fa, doloroso per chi lo subisce, insomma è il mondo che si è bullizzato.
Non dovrebbe sorprendere più di tanto che siano proprio quelli che hanno responsabilità collettive ad alimentare questa modalità di rapporti, forse convinti di poter primeggiare ulteriormente in una microsocietà dive tutti cercano di azzannarsi e, così facendo, si lasciano passare sulla testa travi spaventose.
Che la spiegazione sia questa o un'altra poco cambia per il clima complessivo sempre più truce, alla volte perfino al di sopra di ciò che si riterrebbe sopportabile.
In questo brodo sguazzano gli stronzi, quelli che - insensibili - approfittano di una condizione di sofferenza generale per imporre i loro interessi, per scandire le loro inutili e vane giaculatorie, per rimandare ancora una volta la resa dei conti. Che cosa volete che sia per questa gente l'amicizia? Ovviamente quella della malavita organizzata, dove il termine connota la totale subordinazione al capo, ai suoi voleri e alle sue decisioni, in cambio di tranquillità economica e di un ruolo sociale che altrimenti non si potrebbe avere. Anche quassù nel Nord la politica, l'economia, le relazioni industriali e quelle sindacali, quelle associative hanno il linguaggio e le forme della Mafia: il modello funziona, è abbastanza naturale e non è difficile da imparare e gestire. Molto meglio che sforzarsi di affermare la civiltà e l'igiene delle relazioni in un mondo che non ne vuole proprio...
Ho avuto anche io tanti "amici sbagliati": molti mi hanno dato tantissimo, tutti mi hanno insegnato parecchio, qualcuno ha anche fatto una brutta fine. Sono stati il condimento della mia esistenza e ancora lo sono perché non ho smesso di cercare, a volte insieme con loro.
Mi rendo conto che essermi amico è a volte faticoso e poco popolare, per questo sono grato a chi mi corrisponde in amicizia e affetto. Sono anche orgoglioso di avere tanti amici e di non averli persi quando il mio ruolo pubblico e la mia popolarità sono calati. Vorrei esserci di più per loro, ecco un buon proposito per il nuovo anno.
Mariano

FELICE 2016

LA CLASSE DIRIGENTE

Osservare chi è al vertice, studiarne le mosse e le parole sono attività alla portata di tutti. Perché si fa così fatica ad associare il trionfo della mediocrità al declino del paese?
Non c'è persona dotata di cervello e un po' di spirito critico che non lamenti il declino di questa povera Italia che da molti anni (troppi!) ha perso il gusto di immaginare  e lavorare - qualche volta fare sacrifici - per costruire un futuro più accettabile per le giovani generazioni. E' come se - ciascuno avviluppato alle sue proprietà, al lavoro da conservare, al mutuo da pagare, al benessere faticosamente raggiunto e sempre in pericolo - avessimo perso la capacità di metterci in gioco, di scommettere davvero qualcosa di noi per mettere in pista i nostri figli e nipoti.
Non è solo l'egoismo dei vecchi a paralizzare qualunque iniziativa di cambiamento di sostanza, è il terrore che ci portino via anche quello che ci è rimasto e  con cui, spesso, soccorriamo la parte più giovane della nostra famiglia quando si trova in difficoltà: la paura di vivere in un posto dove nessuno si occupa veramente della popolazione e, se lo fa, è per fotterci. Questo è il sentimento diffuso ed è anche il motivo per cui la sfiducia nella politica porta poi gli Italiani a votare comunque sempre gli stessi. Li disprezzi, ma li voti.

LO SMEMORATO DI GRUGLIASCO

La vicenda del sindaco debitore (leggi), le sue dichiarazioni e le conseguenze che si vanno delineando impongono considerazioni e ragionamenti che vanno al di là del fatto specifico...

Il problema non sono i 1400/1500 euro che Montà doveva al Comune di cui è stato prima assessore al Bilancio e ora sindaco. L'entità dell'importo è tale che chiunque capirebbe che non si tratta di indigenza o dimenticanza. E' evidente che si tratta di impunità  e di arroganza: questi i tratti caratteriali e culturali del soggetto, queste le ragioni di una sua drammatica sottovalutazione dell'impatto che potrebbero avere azioni e prese di posizione che al cittadino comune verrebbero perdonate in cambio di una sanzione pecuniaria, ma che al sindaco non possono essere permesse.
Già il 16 novembre gli ho mandato una lettera riservata (regolarmente protocollata in busta chiusa) nelle quale gli facevo presente che qualcosa non andava nella sua situazione di contribuente del Comune... e gli chiedevo precisazione e risposta. Ho aspettato 15 giorni nel suo più assoluto silenzio, mantenendo segreta la scoperta in attesa che mi fornisse le spiegazioni che avevo richiesto, non volevo fargli male. Poi, il 1 dicembre ho presentato l'interrogazione. E' incredibile che lui non abbia adoperato quei giorni per rendersi conto del pericolo che correva e cercare soluzione per minimizzare l'impatto. Che faccia nello stesso modo anche per le questioni che deve affrontare da sindaco? In questo caso c'è da aver paura... soprattutto per la qualità dei collaboratori di cui si è circondato.
Il 2 dicembre, vale a dire il giorno dopo la presentazione dell'interrogazione mi ha chiamato per dirmi che la risposta alla mia lettera precedente l'aveva preparata, ma che si era dimenticato di darmela. E me l'ha portata. La risposta porta la data di protocollo del 1 dicembre: l'ha scritta dopo che aveva saputo dell'interrogazione. Il senso dell'impunità e la boria abituale lo hanno spinto anche a sottovalutare le mie capacità di comprensione e di interpretazione. Che faccia così anche quando, da sindaco, deve valutare persone e situazioni per assumere decisioni utili al progresso della città?

IL DEBITO SFIORA IL MILIONE: BOTTI A CAPODANNO!

I botti tradizionali di fine anno stavolta nel mio comune festeggeranno anche il primo milione di euro. Di debiti verso l'erario da parte di un amico dell'amministrazione comunale. La storia, il seguito e le possibili evoluzioni...
Era il marzo del 2013, quando raccontai per la prima volta e con dovizia di particolari la storia di un grande debitore di Grugliasco, probabilmente il più grosso di tutti. Allora doveva all'erario € 552.812,64 (leggi qui il dettaglio del debito monstre). Oggi - due anni e nove mesi dopo, il debito sfiora il milione, per l'esattezza il 4 dicembre 2015 assommava a € 958.392.
Anche stavolta ho ricavato questi dati chiedendoli agli uffici comunali, secondo le modalità e le regole che prevede la legge. Dunque niente di clandestino o di oscuro, si tratta di informazioni che qualunque amministratore pubblico può ottenere e di cui, - se avesse un barlume di decenza - dovrebbe tenere conto nelle relazioni con un siffatto soggetto. Credo che sia normale aspettarsi che il mondo della politica, e ancora di più quello della pubblica amministrazione, mantenga debite distanze da un simile individuo. Magari gli amministratori potrebbero anche ricordarsi di quale trattamento praticano a quei cittadini che ritardano i pagamenti o sbagliano gli importi, giusto per praticare un poco di giustizia e di parità. A Grugliasco questo non succede. Infatti, mentre il debitore accumulava quelle somme, gli amministratori comunali (presenti e predecessori)  partecipavano tranquillamente ai barbecues che organizzava casa sua con i loro supporter e imprenditori "amici".

VENARIA, MODERATI ALLA RISCOSSA?

Pochi mesi fa  grande gioia per l'imprevedibile vittoria del M5S a Venaria. Apprezzamenti positivi anche chi si era schierato a favore del loro candidato a sindaco al ballottaggio. Oggi avvisaglie di una brutta politica che non volevamo veder tornare

Non sono certamente  stato l'unico e neanche il più autorevole fra i commentatori "amici" a mettere in guardia i M5S dalla troppa sicumera, dall'arroganza e da un approccio troppo manicheo alla realtà dell'amministrazione (buoni e onesti Vs cattivi e disonesti). I pentastellati non sono tutti capaci e belli per definizione e gli altri non sono tutti brutti, sporchi e cattivi, o almeno non lo sono tutti nello stesso modo. A vedere il modo in cui il sindaco Falcone ha composto la giunta di Venaria qualche dubbio mi è venuto da subito, ma la conferma comincio a trovarla nelle vicende di questi giorni, altrimenti inspiegabili.
Accade che una consigliera 5 stelle decida di abbandonare il gruppo consigliare e la maggioranza per passare all'opposizione con i Moderati. Povera lei, verrebbe da dire, viste anche le performances di passati consiglieri di quel partito proprio a Venaria e non molto tempo fa. Proprio per questo viene però la voglia di chiedersi quali siano le ragioni della scelta della giovane banderuola. A sentire lei il tema centrale è la mancanza di collegialità nelle decisioni amministrative e nella pratica politica sviluppata attraverso schemi ideologici e non secondo l'interesse collettivo. Pare anche che il malessere attraversi un po' tutto il gruppo, coinvolgendo altri consiglieri. Vedremo.
Incredibilmente i Moderati esultano (leggi), già pronti a puntare il dito contro il sindaco e la sua amministrazione, incapace, a loro dire, di tradurre in programmi di governo le idee e le proposte con cui hanno vinto le elezioni.

L'ETICA E L'ETICHETTA

L'etica ridotta a etichetta, ultima trovata di un ceto politico che mescola ignoranza estrema e l'astuzia dello zotico in un impasto mefitico e velenoso,  impegna l'Italia in una discesa senza fine. Non rassegnamoci
I fatti di corruzione che quotidianamente occupano una bella fetta delle cronache ci fanno ritrovare vecchie volpi della politica, ma anche tanti gggiovani rottamatori che hanno imparato fin troppo bene dai vecchi come si affossa un paese, spolpandolo fino all'osso e anche oltre. Una discreta parte dei corrotti è del PD - la statistica empirica ci dice che corrotti sono distribuiti fra i partiti più o meno in proporzione alla quota di potere che occupano per effetto del consenso ricevuto - che comanda oramai quasi dappertutto, tranne che nelle grandi regioni del nord, dove la corruzione non è certo assente.
L'impressione è che, giovani o vecchi che siano, il magna magna sia comunque forte e multiforme: non è quasi più dazione, mazzetta, ingrasso. E' più scambio di favori, fatture pagate da tizio a cui renderai il piacere con provvedimenti favorevoli; elargizioni mascherate da sconti, occhio di riguardo nelle alienazioni di beni pubblici: dalla casa popolare al bene messo all'asta, al terreno permutato, alla variante urbanistica, al project financing amorevole; ammiccamenti e incarichi di prestigio - che siano meritati o no è irrilevante - in cambio di azioni a favore di questa o quella lobby. La stessa che, sovente, corrisponde a una corrente del partito-taxi. Insomma, il solito, solo che stavolta è condito da una insolita creatività nella forma della corruzione e colorato dalle tinte scure di un paese che non riparte, stagna, si dispera, non sa che fare e aspetta sempre che qualcun altro provveda.

IL CARO TUTORE E UNA STORIA SCHIFOSA...

Letto il post in cui racconto di una incredibile "tentata truffa" ai danni del sistema sanitario, in parecchi mi hanno scritto e chiamato per ottenere più particolari e dettagli. Credevo che la storia importasse poco, sono stato sbrigativo e superficiale. La realtà è anche peggiore del racconto che ne ho fatto, dato l'interesse stavolta racconto tutto con precisione, così...

... quando la figlia della signora che si era rotta il braccio esce dal Pronto Soccorso con foto del negozio dove "deve" andare a comprare il tutore e prescrizione dell'aitante dottore, ha in mano un foglio nel quale c'è scritto che la mamma abbisogna di un "Tutore di spalla, tipo Desault", vale a dire un tutore generico (eccone uno). Non è nemmeno indicato nel nomenclatore del Ministero e il costo rimborsabile è di € 43.
Solo che la stessa prescrizione riporta, invece un codice di ben altra natura: 06.06.30.003, che corrisponde a un ausilio fatto su misura (eccone uno) che costa all'ASL € 335. Dunque, sulla stessa prescrizione di un tutore ci sono due indicazioni diverse: la prima quella di un tutore generico, la seconda tratta di un attrezzo su misura e di ben altra importanza.
Una volta ottenuto l'ausilio, il cliente cosa deve fare? Tornare all'ospedale e farsi vidimare la fornitura dal medico che l'ha prescritto e che lo certifica come conforme alla prescrizione stessa. Poi porta il foglio al negozio dove ha preso l'ausilio e lascia il tutto. Sarà il negozio a farsi rimborsare dall'ASL territoriale di competenza.
In questo caso cosa sarebbe potuto succedere? Facile: se la giovane signora fosse andata nel negozio "caldamente consigliato" dall'aitante dottore, avrebbe potuto ricevere lo stesso ausilio generico da € 43, Se lo sarebbe fatto vidimare dall'aitante dottore e l'avrebbe riportato al negozio. Il cui titolare avrebbe avuto in mano una prescrizione (asseverata) da € 335 di cui chiedere il rimborso. Capito, adesso?

IL DEFICIT SANITARIO E UN TUTORE MOLTO CARO

Una storia esemplare di questo paese dove tutti ci provano, tanti ci riescono e molti fanno finta di niente. Come si fa a fregare il Sistema sanitario facendola franca

Signora, la mamma adesso sta bene… Il braccio che si è rotta è immobilizzato e la frattura composta, ha bisogno di un tutore. Noi la teniamo qui, le faccio la prescrizione (la mutua lo passa) così lei può andare a prenderlo. Una volta che ce l’ha torna qui e dimettiamo la signora, speriamo che stia meglio”. Deve essere andata più o meno così la conversazione fra un valente dottore del Pronto Soccorso di un importante ospedale del torinese e la figlia di un’anziana signora che si era fatta male cadendo. Solo che poi il colloquio è continuato così:
Ecco qua la prescrizione, vada nel negozio di via *******, che lo trova… Ha capito bene dove deve andare? Aspetti, le mando sul cellulare una foto del negozio, così non sbaglierà”. La signora, che abita in tutt’altra direzione, decide invece di entrare in un negozio di sanitari vicino alla sua abitazione. E’ munita di regolare prescrizione che riporta il codice del nomenclatore, vale a dire del prontuario degli ausili protesici a prezzo definito dalla Regione Piemonte. Serve ad evitare che lo stesso ausilio venga venduto a prezzi diversi e che i meccanismi di rimborso possano incoraggiare frodi a carico del sistema sanitario che rimborsa le spese. Il valente dottore ha prescritto un ausilio che, dice alla signora, costa 322,39 euro oltre IVA, totale 335 euro...

MARINO E IL PD: LO SPECCHIO DEL PAESE

Oggi Marino ha ritirato le dimissioni, motivando il gesto con il desiderio che tutto avvenga nelle sedi giuste - in questo caso il Consiglio comunale - in piena trasparenza e responsabilità. La palla al PD e ai gruppi che chiedono le dimissioni: dovranno sfiduciarlo davanti alla città.
Dunque una nuova puntata di questa stucchevole telenovela che, ad ogni giorno che passa, rivela meglio di tante denunce politiche qual è il clima all'interno del PD e qual è la concezione della politica che, da ben prima di Renzi, fa parte del DNA di quel partito: avanti i capataz e i lacchè, nessuno spazio a quelli bravi, solo gente mediocre e  allineata, confusione massima fra istituzioni della Repubblica e organismi del partito, così da non farci capire che cosa stanno cucinando.
Con Marino hanno fatto tutto questo e anche di più, solo che il personaggio ha prestato il fianco con così tanti scivoloni che, al di là della simpatia umana, è davvero difficile prendere le sue parti con determinazione e convinzione (leggi). Tuttavia oggi è più simpatico di ieri, non fosse altro che per il tormento che sta procurando a quel branco di incapaci in malafede che governa il suo partito.
Fra qualche giorno comincia il processo Mafia Capitale  - se ne vedranno e sentiranno delle belle - e i più accorti fra i demos sanno che avere uno come Marino, e nelle condizioni attuali, sullo scranno di sindaco della città è un bel problema.

IL PADIGLIONE GIAPPONESE

Cosa ci spinge a fare ore di fila per accedere a un padiglione dell'Expo? E poi a uscire da lì per fare altre ore di coda per entrare in un altro? E chi ha organizzato tutto questo?

Ieri il padiglione giapponese ha chiuso l'accesso quando le ore di attesa sarebbero state 8. Qualche saggio organizzatore ha capito che era il caso di porre fine al martirio dei pazzi che si passavano mezza giornata in fila per entrare a godere della visita di circa 50 minuti di uno dei padiglioni più azzeccati dell'Expo. Anche altri padiglioni vantano file chilometriche e tempi di attesa da sfinire chiunque, ma come il Giappone nessuno. In prossimità della chiusura di Expo2015 e, dunque, anche del padiglione giapponese qualche considerazione bisognerà pur farla, non fosse altro che per capire cosa siamo diventati.
Cominciamo dall'organizzazione. Stando alle stime che la stampa riportava appena prima dell'apertura dell'Expo, i visitatori attesi avrebbero dovuto essere i fra i 150 e i 200 mila al giorno. Queste cifre sono state raggiunte solamente a partire dall'estate, con un avvio zoppicante e che ha fatto temere il flop...

UN MESE DI "BUONA SCUOLA"

Era giusto un mese fa quando le scuole riaprivano dopo le vacanze estive e la "buona scuola" cominciava a dispiegare i suoi benefici effetti nei meandri dell'istituzione. Un bilancio molto parziale...
Cominciamo dagli insegnanti e dal personale  d'ordine (in burocratese si chiamano ATA). Quest'anno, all'apertura delle ostilità, nella mia scuola di insegnanti ne mancavano davvero pochi (circa 5/6 su 112), pochi meno dell'anno scorso. Sono aumentati quelli di ruolo per via delle immissioni di personale che è stato precario talmente a lungo che ancora non si capacita di non esserlo più. Dato che si trattava di "vecchie lenze da graduatoria", lavoravano già tutti da tempo. Solo con meno garanzie e tranquillità... e questo non è poco. Purtroppo, date le modalità con cui sono state realizzate le immissioni in ruolo, parecchi di loro non resteranno nella a scuola dove sono perché cercheranno di avvicinarsi a casa. La continuità didattica va a farsi benedire, ma va anche detto che almeno un po' di stabilizzazione si realizza: in una scuola è molto importante che ci sia un nucleo di insegnanti e bidelle "storico" perché diviene il depositario dell'identità e della cultura di quella scuola. Garantisce anche ai nuovi arrivati il necessario accompagnamento e ambientamento.
Organico aggiuntivo, ovvero aumento del numero dei docenti per attività di sostituzione degli assenti e per aprire la scuola al pomeriggio con attività di sostegno, approfondimento e individualizzazione dell'insegnamento.

MARINO, IL PD, L'INFORMAZIONE E GLI SCONTRINI

C'è una relazione fra la prossima chiusura dell'inchiesta su Mafia Capitale e la campagna per accompagnare Marino alla porta? Quanto è accanimento e quanto ci ha messo del suo? Come pensano di spartirsene le spoglie e ciò che resta della "capitale corrotta di un paese infetto"?

Opposte tifoserie scendono in piazza a celebrare gli uni e scongiurare gli altri le annunciate dimissioni del sindaco Marino. Paginate di chiacchiere sui giornali ci danno conto sempre più nel dettaglio degli scontrini e delle fatture del primo cittadino, qualcuno comincia a tirare in ballo Renzi che, a sentire l'oste fiorentino di riferimento, faceva uguale da sindaco e da presidente della provincia (leggi qui). La guerra dei rimborsi "discutibili", "gonfiati", "menzogneri" produce ogni giorno una puntata nuova che appassiona solamente più i giornalisti politici, gli stessi che fino a ieri un'inchiesta seria sul tema non l'avrebbero mai fatta, nemmeno sotto tortura. Tutta la storia sembra davvero uno scontro fra mediocrità che si svolge nello squallore di un paese in cui nemmeno le persone che sembrano perbene lo sono per davvero.
"Repubblica" va fino a Pittsburgh per interrogare gli amministratori del UMPC che nel 2002 licenziarono (pare) in tronco proprio il valente sindaco romano per una storia di doppi rimborsi (leggi qui). Scandalo denunciato a suo tempo dal Giornale, che però rimase confinato alle pagine interne di quel giornale: vuoi mica che il Gotha del progressismo che siede nei giornali si occupi della faccenda, per di più sollevata da un giornale di destra!

I BAGNI DELLA SCUOLA

Fin dal primo giorno ribadisci che in bagno si va durante gli intervalli e che, durante le lezioni, deve davvero trattarsi di un'emergenza. Qualunque sia l'età ci provano e, a volte, ti sorprendono così.
Mancano poche decine di minuti alla fine dell'ora di lezione, poi potranno usufruire di un intervallo sufficientemente lungo da poterci andare in bagno, volendo anche al bar per una bibita e un panino. Lo stesso, però, almeno uno di loro mette su un faccino sofferente, alza la mano e fa:
"Prof, devo proprio andare in bagno. Lo so che non si deve, ma mi scappa e oltretutto non sto molto bene di stomaco". I vicini di banco sottolineano questa seconda informazione con gesti eloquenti, così devi rapidamente decidere se comportarti in modo inflessibile (come da regolamento) o cercare al fondo della tua anima un po' di indulgenza. Nel primo caso sai che ti capiterà che se la faccia davvero addosso e  ti toccherà vedertela con madri pietose che ti guarderanno come un criminale e ti minacceranno di ogni cosa, incluso denunciarti. Nel secondo hai il ragionevole dubbio che ti stia prendendo in giro, solo che non puoi provarlo e ad esserne sicuro, poi! Così lo fai uscire e te ne vergogni, sei senza carattere...
Lo incontreranno i tuoi colleghi mentre vaga nei corridoi per far passare il tempo, ingannando l'attesa un po' discosto dalla porta dell'aula per evitare che tu lo veda. Così lo crederai ancora chiuso nel bagno fatiscente e puzzolente a soffrire le pene dell'inferno che ti ha lasciato intravedere prima.

LA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO

Oltre millesettecento anni fa, i barbari premevano alle porte. Ecco un dialogo immaginario e di fantasia, ma non troppo.
"Dai, vieni Clodia, usciamo da questo calidarium sennò finiamo lessate. Proprio come la carne che servirò stasera a mio marito Licinio".
"Sì, hai ragione: qualche minuto nel frigidarium per dare freschezza e consistenza alla pelle, poi via  a casa. Sai Cornelia, stasera abbiamo ospiti che vengono direttamente dal barbaricum e speriamo che abbiano portato cose buone e altrettanto buone notizie. Si racconta di nuove partite di sclaves, appena catturati e tutti molto giovani, pronti per i bordelli dell'impero. Si dice che siano molto violenti e che non si lascino facilmente domare, ma le donne fanno fare ottimi affari ai tenutari perché sono belle e ricercate".
Seguite da ancelle di varie razze e colori, le due nobildonne si dirigono al frigidarium sempre chiacchierando amabilmente fra loro.

L'ALTRO TURIGLIATTO: PESI E LEGGENDE

"Ma tu..., sei quello che ha fatto cadere Prodi?". Da otto anni a questa parte convivo con un doppio e ne condivido la riprovazione di buona parte degli elettori del centrosinistra. Non finisce mai!

Il 24 gennaio 2008 il governo Prodi - formato da tutte le forze politiche di centro e di sinistra, era il tempo dell'Unione - veniva sfiduciato dal Senato (156 sì e 161 no). La sconfitta veniva dall'Udeur di Mastella e dai seguaci di Dini, che facevano parte della maggioranza, ma votarono contro lo stesso. Votò contro anche un senatore di Rifondazione Comunista che già aveva criticato aspramente il governo sulla partecipazione alla missione "umanitaria" in Afganistan e sul raddoppio della base militare americana di Vicenza: Franco Turigliatto. Il suo voto non era assolutamente decisivo, ben altri furono i killer di Prodi (leggi la ricostruzione di Travaglio), ma lo stesso lui assurse a simbolo della sua sconfitta. Colpa di Turigliatto. Il premier rassegnò le dimissioni e le cose presero la piega che sappiamo, anche grazie alle manovre e agli intrighi di Napolitano che, dal Quirinale, contribuiva con le sue gesta a rendere, la nostra, quella repubblica extraparlamentare che vediamo oggi.
La sera della sfiducia, quel 24 gennaio, me ne torno a casa da una giornata in Consiglio regionale e vengo apostrofato davanti al portone da un concittadino che mi dice: "Perché ha fatto cadere Prodi? Non si rende conto che, così, spalanchiamo le porte a Berlusconi?".

L'IMPIEGATO SI FA GLADIATORE: SUCCEDE ANCHE QUESTO

Arrivi al lavoro, accendi il pc e... Russel Crowe ti spinge a dare il meglio ai cittadini. Follie amministrative e insipienza umana: la politica dell'ombrellone in funzione tutto l'anno.

"Il dipendente pubblico va motivato perché dia il meglio di se stesso" - debbono essersi detti i valenti amministratori della mia città, dopo averlo letto su qualche settimanale di gossip vacanziero e aver risposto con successo ai test allegati (sei un maschio alfa o una donna iena?) - "adesso lo facciamo anche noi. Così vedrai che Comune coi fiocchi, potremo fare conferenze stampa e comunicati a go-go che il nostro giornalista da passeggio (una leccata e via) rilancerà sulle pagine locali del noto quotidiano torinese". Ignoravano i valenti amministratori che il dipendente (che sia pubblico o privato) si motiva proponendogli di partecipare a progetti che ne arricchiscono le conoscenze e il curriculum; se poi qualcosa arricchisce anche il portafoglio, tanto meglio. Ignorano che il dipendente, per lavorare meglio, ha bisogno di compiti definiti, di stimare i dirigenti che glieli assegnano, di avere una qualche considerazione delle capacità degli amministratori eletti che danno la linea. Ignorano che, in un paese dove la regola è tirare a campare e farsi i c****i propri, il processo e il percorso è lungo e complesso; che se il dipendente vede che il politico è più impegnato a coltivare la clientela che a far crescere l'ente in cui lavora, tutta 'sta voglia di motivarsi proprio non la coltiva....
Ma sindaco&co niente! Loro vanno avanti per la loro strada e quindi: detto? Fatto! Parte il progetto EasyGru: far trovare ogni giorno sul desktop dei dipendente comunale una specie di newsletter con le comunicazioni di servizio e gli avvisi che amministratori e dirigenti vogliono che arrivino a tutti e in fretta. Cosa c'entrano la motivazione e le bizzarrie degli amministratori con questa lodevole iniziativa che, però, non fa certo parlare i giornali e motiva davvero poco i dipendenti a superare se stessi? C'entrano.

Perché, non contenti, decidono di strafare per mezzo del curatore del servizio: non solo comunicazioni di servizio, ma frasi ad effetto, citazioni stile fb, inviti autorevoli a dare, dare, dare. Così il dipendente, oltre all'oroscopo e alla propria posta personale, al mattino ha anche occasione di riflettere sul senso della vita, sull'amore, sull'impegno, insomma sui temi portanti della nostra esistenza. Basta così? No, i prodi e valenti amministratori, forse ingannati dalla rassegnata apatia dei dipendenti che subiscono ben altro che questo, si eccitano oltremodo e decidono di rilanciare: oltre alle frasette dei cioccolatini, nella paginetta quotidiana i dipendenti trovano anche spezzoni di film famosi.
Forse è una leggenda, ma si racconta che, eccitati dal discorso di Russel Crowe alle truppe imperiali in Gallia (Il Gladiatore), da motivare adeguatamente perché si facessero massacrare dagli indigeni, numerosi dipendenti del comune si siano conficcati penne e matite nelle carni per imparare a sopportare il dolore, fissando senza paura e senza gridare per il male il ritratto del sindaco e dell'assessore di riferimento.
Sicché ogni mattina i dipendenti vanno al cine: immagino che si facciano quattro risate alla faccia di quei fresconi che pensano, così facendo, di motivarli al lavoro. Non sanno, i fresconi, che parecchi di loro la motivazione a dare il meglio già ce l'hanno, solo che i fresconi stessi non mettono a loro disposizione gli strumenti per sfogarla a favore dei cittadini. Ma questa è un'altra storia.
Quello che comincia a preoccupare i dipendenti più accorti è la mancanza di tempo da dedicare al lavoro: se la mattina accendi il pc e ti si apre il programma EasyGru, perdi una quantità di tempo a meditare sulla frase del giorno, a guardarti il film bellicoso che deve caricarti... così dopo sei già spompo. Soprattutto, però, in parecchi cominciano a chiedersi come continuerà questa escalation, si teme l'esplorazione del porno, naturalmente quello motivante. Su qualche giornale da spiaggia potrebbero aver letto che un po' di porno aiuta il dipendente a migliorare la sua prestazione, dunque c'è da aspettarsi che prima o poi...
Suggeriamo per questo qualche titoletto di soft porno, per cominciare: "Anche i maschi di Grugliasco certe volte fanno fiasco", "Il bel membro della Commissione comunale", "La pratica edilizia". Poi si potrà passare all'hard e i titoli non serviranno più. Si sa di dipendenti che non aprono più la pagina, di altri che approfittano per mettere in ordine le carte, ma come fare a fermare questo trionfo della follia?

Mariano

PS Non c'è il link a Easy Gru, perché i lettori possano vederlo di persona, dato che funzione solo nella intranet del Comune. Forse si vergognano.

O LE BORSE O LA VITA


Fra la finanza, l'economia e la vita delle persone "comuni" il nesso è sempre più evanescente. Tranne che quando si debbono pagare i danni e colmare i buchi. La fine della politica è anche questo.
La crisi finanziaria in corso e i collassi che ciclicamente coinvolgono le borse di importanti paesi sono più che scricchiolii. Potrebbero essere il segno della fine di un'epoca e dell'inizio di una nuova stagione della storia, non solo economica, dell'umanità intera. Sarebbe difficile spiegare, sennò, come sia possibile che un'economia - dipinta da tutti gli esperti come la locomotiva del mondo - in pochi giorni riveli una fragilità così accentuata da far temere la fine di un sistema politico, quello cinese, sopravvissuto a tre rivoluzioni e a cataclismi di portata epocale. Un'economia oltretutto capace di incidere complessivamente sul valore delle monete e sull'equilibrio dei cambi di tutto il pianeta.
Due mesi fa il primo mondo si occupava del debito pubblico della Grecia e delle vendette tedesche per gli affronti subiti - utili per mostrare al mondo cosa sia diventare l'UE, ma inutili ai fini di migliorare la vita delle persone, ovvero l'obiettivo di qualunque visione politica da che esiste la parola e l'attività umana -, fingeva di commuoversi per la mattanza dei migranti e si preoccupava per le oscillazioni del cambio fra il dollaro e l'euro per via delle manovre della Banca Europea. Nel mentre si formava nella borsa di Shanghai l'ennesima bolla finanziaria, che esplode adesso, sul finire dell'estate, bruciando soldi, speranze, velleità, ma soprattutto persone.

FOLLIE DI FERRAGOSTO

Nella settimana di Ferragosto se ne sentono e leggono sempre di ogni genere. Anche quest'anno abbiamo dato del nostro meglio. La mia selezione...
FOLLIA n.1: la "deportazione" dei docenti.
Prima parte del mese con giornali pieni di una storia strana: i posti disponibili per le immissioni in ruolo degli insegnanti precari non si trovano in prossimità delle loro residenze. Si comincia perciò a parlare di "deportazione", parte la solita polemica condita da pianti greci e vittimismo a go go e non si contano le contumelie verso Renzi e il suo governo. Premesso che le contumelie non sono mai abbastanza - Renzi e i suoi davvero stanno dando il colpo di grazia alla scuola e al paese - stavolta davvero non mi sembra che possano essere accusati di niente di diverso dall'aver truffaldinamente associato una pseudo-riforma della scuola all'immissione in ruolo sacrosante di precari vincitori di concorsi. I vincitori di cattedra debbono andare a lavorare dove ci sono le cattedre, ovvero gli allievi, a meno che non vogliano lottare perché vengano spostati vicino a casa dei docenti "aventi diritto".Direi che non ci piove, anche se è dura e il sacrificio è accentuato dal fatto che pochi precari hanno ancora la giovinezza spensierata e libera dalla loro parte. Adesso il Ministero ha trovato un accrocchio che - vedrete - sembra risolvere il problema, ma che in realtà genererà un sacco di ricorsi. Con buona pace di chi vorrebbe nelle scuole organici stabili, così da costruire un po' di continuità didattica ed educativa.
FOLLIA n.2: le televisioni, Salvini e gli sbarchi.
I barconi partono lo stesso, alcuni affondano, altri si trasformano in camere a gas per gli sfortunati migranti, altri ancora giungono a destinazione scaricando persone come se fossero rifiuti.

L'ESTATE TORRIDA DELLA CISL

La notizia è davvero ghiotta e funziona meglio del solito delitto d'estate per vendere giornali e ascolti tivù... Ecco a voi, la casta sindacale!
Estate sonnacchiosa e troppo calda per permetterci la cedere la nostra attenzione all'epico scontro fra la coraggiosissima minoranza PD e la corte di Renzi. Meglio lamentarsi dell'umidità e perché non cambia mai niente in questo paese in declino. Possibilmente in riva al mare e sotto l'ombrellone.
Il bel delitto che ruba le copertine dei rotocalchi estivi finora non c'è stato, anche gli sbarchi e le condizioni spaventose dei migranti non fanno più notizia, al massimo una polemica fra la Chiesa e la Lega, mentre Emiliano in Piglia sia accorge che Vendola è stato un bluff (noi il sospetto lo avevamo maturato sentendo le intercettazioni delle telefonate coi dirigenti dell'ILVA di Taranto). Sembrava un'estate in tono minore e invece, ti arriva la CISL a confezionare il notizione estivo.
Un ex dirigente in pensione, Fulvio Scandola (nomen omen?), presenta un esposto ben documentato dal quale si evince che alcuni dirigenti sindacali incassano prebende ben superiori a quella dei vertici della politica mondiale: 200.000, 3000.000 euro annui lordi come niente e perdipiù a veri "signori nessuno". Casa fanno i vertici sindacali? Invece di ringraziarlo e chiedergli di continuare con l'opera di analisi delle storture nelle spese del sindacato, lo espellono. Lui si incazza e rende pubblico il carteggio che, fino ad allora, era rimasto all'interno del mondo cislino (leggi).

SMARTPHONE

Senza che quasi ce ne accorgessimo, il nostro mondo sta cambiando alla velocità della luce, anzi della connessione. E qui cominciano i guai…
Essere connessi
Angolo di una strada, spogliatoio di una palestra, corridoio di una scuola, bagni di un ufficio, mamme e papà ai giardini o dal pediatra con i figli: dappertutto c’è qualcuno con uno smartphone in mano che, incurante del contorno, osserva il video e diteggia la tastiera virtuale come se fosse una questione di vita o di morte.
Fino a non molto tempo fa era parte della gestualità rituale delle nostre latitudini, in occasione di pubbliche adunanza (riunioni, feste, incontri di varia natura), tirare fuori il pacchetto di sigarette e l’accendino. Si mettevano bene in vista sul tavolo o sul punto di appoggio più prossimo così, oltre a consumare le cicche, si adoperavano anche per giocherellarci nei momenti di noia o di tensione frenata. Chi non fumava già allora rimediava con bloc notes e biro, di solito utilizzati per farci dei ghirigori e disegnini accompagnando il fluire dell’evento. Sigarette e accendino quasi sparite e chi ancora fuma sta bene attento a tenere nascosto in tasca gli oggetti del vizio; biro e bloc notes hanno lasciato il posto a tablet e supertelefoni su cui si possono annotare le cose che servono.
Solo che nessuno lo fa mai: tirando fuori il tablet, la prima cosa che normalmente si fa è guardare se c’è nuova posta, magari approfittando per eliminare la valanga di email inutili che riceviamo e  mandiamo ogni giorno. Poi si passa a facebook e twitter (magari qualche nostro “amico” ha scritto qualcosa di fondamentale che dobbiamo assolutamente condividere), infine al cazzeggio informatico su instagram e simili.