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ANTIMAFIA E POTERE, UN RAPPORTO CONTROVERSO. UNA STORIA

Una brutta storia coinvolge direttamente un'organizzazione, Libera, a cui sono molto legato, e una persona che la rappresenta con cui ho condiviso battaglie e idealità

Un dettagliato post di Alberto Crepaldi sul Fatto del 27 luglio  racconta una storia, ambientata a Modena, che ha come protagonisti Libera - nelle persone della sua vicepresidente nazionale Enza Rando e di Maurizio Piccinini referente provinciale della stessa associazione - e Giuseppe Leonelli, direttore di Prima Pagina, un quotidiano di Parma chiuso un anno e mezzo fa dall'editore, vicino al PD.
Siamo a inizio 2014 quando, in un lungo e dettagliato resoconto sui rapporto fra Enza Rando e il sistema di potere di Modena, Leonelli mette in luce intrecci, incarichi e prebende che legano il PD locale alla vicepresidente dell'associazione.

LA MALINCONIA DI UN PAESE STORDITO

Polizze a insaputa, sconfitti che si atteggiano a vincitori, evasori che fanno i moralisti, istituzioni ridotte a suk e tanta pochezza. Come sperare che le cose possano migliorare?

Se i giornalisti avessero trattato nello stesso modo gli scandali ripetuti e quotidiani, quelli che costano centinaia di milioni quando non miliardi, avrei seguito le paginate sulla Raggi e le sue polizze con uno spirito diverso dalla nausea che invece mi producono. A beneficio degli amici che hanno la pazienza di leggermi, ricordo quello CONSIP, di cui parla solo il Fatto: i vertici dell'Ente che deve gestire gli appalti per la scelta dei fornitori delle amministrazioni pubbliche (al fine di evitare corruzioni e maneggi nelle gare) si erano messi d'accordo! E, già che ci sono, è coinvolto anche un ministro e il premier era probabilmente al corrente dell'inchiesta.
Dunque i prezzi e le forniture che, a partire dalle gare, pagano comuni, scuole  e tanti altri acquirenti coatti, potrebbero non essere giusti. In altre parole, le pubbliche amministrazioni comprano ogni giorno apparecchiature e servizi CONSIP che, probabilmente, sono state prezzate previo accordo sottobanco fra il venditore e l'acquirente, magari condito da qualche mazzetta. Alzi la mano chi ne sente parlare, chi conosce il colore delle mutande dei protagonisti di questa storiaccia, chi si vede ragguagliato sulle loro relazioni sessuali e sentimentali eccetera.

L'ETICA E L'ETICHETTA

L'etica ridotta a etichetta, ultima trovata di un ceto politico che mescola ignoranza estrema e l'astuzia dello zotico in un impasto mefitico e velenoso,  impegna l'Italia in una discesa senza fine. Non rassegnamoci
I fatti di corruzione che quotidianamente occupano una bella fetta delle cronache ci fanno ritrovare vecchie volpi della politica, ma anche tanti gggiovani rottamatori che hanno imparato fin troppo bene dai vecchi come si affossa un paese, spolpandolo fino all'osso e anche oltre. Una discreta parte dei corrotti è del PD - la statistica empirica ci dice che corrotti sono distribuiti fra i partiti più o meno in proporzione alla quota di potere che occupano per effetto del consenso ricevuto - che comanda oramai quasi dappertutto, tranne che nelle grandi regioni del nord, dove la corruzione non è certo assente.
L'impressione è che, giovani o vecchi che siano, il magna magna sia comunque forte e multiforme: non è quasi più dazione, mazzetta, ingrasso. E' più scambio di favori, fatture pagate da tizio a cui renderai il piacere con provvedimenti favorevoli; elargizioni mascherate da sconti, occhio di riguardo nelle alienazioni di beni pubblici: dalla casa popolare al bene messo all'asta, al terreno permutato, alla variante urbanistica, al project financing amorevole; ammiccamenti e incarichi di prestigio - che siano meritati o no è irrilevante - in cambio di azioni a favore di questa o quella lobby. La stessa che, sovente, corrisponde a una corrente del partito-taxi. Insomma, il solito, solo che stavolta è condito da una insolita creatività nella forma della corruzione e colorato dalle tinte scure di un paese che non riparte, stagna, si dispera, non sa che fare e aspetta sempre che qualcun altro provveda.

IL METODO EXPO

Come fare a pilotare appalti, favorire gli amici e ricavarne pure qualche ricca prebenda personale.
Mica solo a Milano e Venezia
Per applicare correttamente il metodo-Expo devi prima possedere due requisiti fondamentali:
1) Occupare qualche posizione di potere, non importa quale, possibilmente ottenuta facendo parte di una cordata che ha occupato il partito giusto, magari in condominio con altre con cui spartirà il bottino. Per raggiungere lo scopo, aver costruito saldi legami col mondo dell’edilizia, dell’impresa assistita, dell’associazionismo protetto, insomma della clientela organizzata. Una volta eletto, verranno a presentarti il conto, ma non importa: lo pagherai volentieri perché disporrai, a quel punto, di ampie risorse pubbliche con cui onorare le promesse e soddisfare le aspettative.
2) Disporre di strumenti per piegare le strutture tecniche degli enti pubblici ai disegni che vuoi attuare per fare i tuoi comodi (magari anche quelli dei tuoi clientes e dei tuoi mentori). Concorsi per avanzamenti di grado, nomine di dirigenti a contratto, società pubbliche (create alla bisogna) attraverso le quali far transitare le operazioni che nemmeno il più asservito dei funzionari pubblici avallerebbe.
Poi si può passare all’azione. Ecco come fare:

DARE L’ESEMPIO?

In tempi di ideologie in liquidazione, la testimonianza personale sembra essere tornata di moda come strumento del cambiamento. Servirà? Mah!
Fatti, non parole!
Chi, come me, ha sulle spalle una profonda e robusta educazione religiosa – condita, fin dalla tenera età da una poderosa iniezione di senso di colpa variamente distribuito in tutte le aree dell’esistenza – sa bene che non c’è vero perdono dei peccati commessi. L’anima non sarà mai mondata del tutto, mai più tornerà candida e totalmente innocente; al massimo il perdono del Supremo allevierà le pene infernali a cui tutti, chi più  chi meno, siamo inevitabilmente destinati, come il Foille sulle piaghe da scottatura.
Per questo ho sempre invidiato quelli che, forti di un’educazione cattolica più permissiva e consolatoria (una bella confessata, un pentimento sincero, qualche preghiera di punizione e… tutto torna com’era prima del peccato) facevano lo slalom fra peccati clamorosi e mortali, apparentemente sereni e in pace con se stessi e il prossimo. Finché la fede mi ha sorretto, ho sempre pensato che “un peccato è per sempre” alla maniera puritana e che non è possibile che l’Onnipotente non sappia che destino ha riservato a ciascuno di noi. Dunque nasciamo già spacciati e tutto quello che ci affanniamo a fare su questa terra non è che la conferma di quello che ci aspetta dopo la morte.
Poi la fede è svaporata...

IL DEGRADO E L'IMPUNITA'

La telefonata di Vendola e le “amicizie pericolose” della Cancellieri lasciano una scia di veleno e alimentano il distacco fra paese e casta. Questo a Roma, ma anche qui da noi non si scherza…
Cattive compagnie
Oggi il PD ha nuovamente rivelato la sua vera natura e la sua vocazione suicida, caso mai non fosse già chiara la sua assoluta incapacità di essere motore vero di un cambiamento nel nostro paese. Pazienza, sarebbe stato illusorio attendersi altro, però comincio a provare un certo disgusto quando li sento parlare di moralità, coerenza eccetera.
Anche i “nuovi” alla fine si sono allineati ai soliti ricatti dei “vecchi” in questo del tutto assimilabili a loro nei peggiori vizi, senza disporre però della caratura dei loro tempi migliori.
Dunque va bene mentire al Parlamento, telefonare ai famigliari di un carcerato per deplorarne l’arresto, lavorare per far uscire una detenuta eccellente in attesa di giudizio e in pericolo di vita (!)  perché possa fare shopping tranquilla una settimana dopo. Il senso di responsabilità spinge i demos a bere anche questo: naturalmente con motivazioni così auliche e piene di quel buon senso, che sta ammazzando l’Italia, che nessuno può eccepire alcunché. A meno che non voglia subito essere classificato come criminale, come soggetto che non ha a cuore il bene del paese e via cantando. Davvero disgustoso.

COMPARSE A PAGAMENTO

Secchiate di indignazione alla scoperta che i politici regionali pagano per andare in televisione… In arrivo giustificazioni e assoluzioni.
L’anima del commercio
Pavone Lunedì scorso ho partecipato a una trasmissione su una nota emittente locale. Si commentava la situazione dell’Italia di oggi, stimolati dalle chiamate dei telespettatori e dalle suggestioni che il conduttore introduceva di volta in volta, quando a suo giudizio la tensione si allentava troppo. Lunedì prossimo ci tornerò a ragionare di scuola, portando l’esperienza e la parzialità di una vita sulle cattedre.
Come me tante altre persone – note per qualche loro competenza professionale, perché telegeniche, dalla parlantina sciolta, simpatiche o antipatiche, di destra o di sinistra o vai sapere di cos’altro dotate – vengono invitate a partecipare a trasmissioni televisive nelle emittenti locali che ancora fanno informazione.
Qualche volta l’informazione la fanno bene, altre meno. Se paragonate, per mezzi e disponibilità, alle reti nazionali, comunque, tanto di cappello perché lavorano in condizioni precarie e sempre con la spada di Damocle della raccolta pubblicitaria: senza quella non vanno avanti e in tempi di crisi tutto si complica.

COSE LORO

Come un centro per i giovani del comune, dotato di strutture e finanziamenti pubblici è diventato un ristorante privato che passa di mano in mano senza controllo e criterio. Oggi più di prima.
I giovani? Si grattino!

Nella mia città gli anziani dispongono di strutture adeguate e, in qualche caso, all’avanguardia. Non tanto per la gestione, sovente un po’ troppo clientelare, ma certamente per quantità e qualità degli edifici e il sostegno ai servizi. I giovani? Niente.
Da oltre dieci anni  il Comune ha acquisito una struttura per farne un centro dedicato ai giovani e siamo al punto di partenza. Tutto chiuso e i giovani si aggiustino! In più lo scandalo dei passaggi di mano nelle gestioni e le giravolte che hanno messo in atto gli amministratori pubblici grugliaschesi, fino a fare di un edificio comunale destinato ai giovani  un ristorante privato. Cose loro…, ma eccovi la storia e l'epilogo di oggi.

ETICA? ME NE DIA DUE ETTI, TAGLIATA FINE!

Legalità: quanto costa? conviene davvero o è meglio un ritocchino al sorriso?
In certi ambienti tornano prepotentemente di moda i bei valori dei tempi andati. Ci ha pensato Fini, con il suo pronunciamento, dopo che in tanti avevamo provato a segnalare ai centrosinistri (sempre più sinistri e non per ideologia) che ci avrebbe fatto piacere che gli indagati stessero fuori dalle liste e dalle istituzioni, che avremmo desiderato metodi e culture diverse dal berlusconismo nel governare partiti e istituzioni, che competere con la destra populista sul suo terreno sarebbe stato un suicidio.

I dalemi ci spiegavano che non capivamo un cazzo, che questo moralismo faceva il gioco della destra, non come la bicamerale! Ce lo dicevano con tono spocchioso e con la degnazione del sovrano verso i sudditi. Come lui parecchi dirigenti del suo partito, che il vizio della boria non lo perderanno mai.
Abbiamo dovuto sentire dalla bocca dell'ex segretario del MSI, dell'alleato fedele di b fino a ieri, parole come: rispetto delle regole, senso dello stato, delle istituzioni e dei suoi dipendenti, rispetto delle differenze, laicità, modernizzazione, solidarietà, nuovo welfare, sicurezza.

MONDADORI: IL CORAGGIO DEGLI INTELLETTUALI

I dilemmi terreni del teologo Mancuso e le risposte spirituali degli intellettuali dal culo di pietra. 

Nel silenzio pressoché generale dei mezzi di informazione, si sta sviluppando un dibattito/polemica che davvero rappresenta con chiarissima crudezza lo stato del nostro paese, ben più di tante analisi sociologiche.

Il fatto: con un codicillo ad aziendam la Mondadori - di proprietà di Silvio Berlusconi, presidente del consiglio - riceve un regalo di oltre 350 milioni di euro, oggetto di un contenzioso fiscale con lo Stato. Il sistema è sempre lo stesso: inserire nei decreti un emendamento apparentemente innocuo che serve a mettere a posto qualcuna delle situazioni scabrose del premier o delle sue imprese. La Mondadori approfitta dell'opportunità e chiude il contenzioso ventennale col fisco sborsando circa 8,6 milioni di euro invece del 350 oggetto delle controversia.
Massimo Giannini denuncia la questione in un pezzo su Repubblica del 19 agosto scorso (leggi)

A fronte di questo ennesimo strappo, il teologo Vito Mancuso - direttore di una collana della Mondandori, dunque "dipendente" della stessa società - pone un quesito etico che potrebbe più o meno suonare così.
Finora non ho considerato una contraddizione il lavorare per la Mondadori (di proprietà di Berlusconi) e la disapprovazione per i suoi conflitti di interesse, le leggi ad personam e tutto il resto. Alla Mondadori ho sempre goduto di libertà assoluta e mi sono sempre trovato a collaborare con responsabili aziendali rispettosi delle opinioni e del mio lavoro; questo mi ha permesso di tenere sempre ben distinto il piano dell'azienda Mondadori e quello del suo proprietario Berlusconi. Ora le cose non stanno più così, visto che l'azienda per cui lavoro ha usufruito di una legge "ad aziendam" che ha come artefice il suo proprietario, nelle vesti dei presidente del consiglio. E' giusto che io continui a lavorare per questa azienda o il farlo rappresenterebbe una contraddizione etica personale troppo forte?
Mancuso gira questo dilemma agli intellettuali, ai giornalisti e ai politici che pubblicano con Mondadori, salvo criticare e osteggiare il suo padrone quando si occupa della politica a modo suo (leggi)