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ANDRA' TUTTO BENE: SICURI?

Quando la retorica finisce per sfiancare anche l'ottimista più determinato, quello è il momento di fare ricorso alla ragione
La stanchezza da quarantena comincia a farsi sentire, alla fine sono quasi quattro settimane di reclusione totale, di passeggiatine furtive condite da sensi di colpa (era proprio necessario andare a comprare prima il giornale, poi tornare a uscire per il pane e di nuovo per la spazzatura?) e di riorganizzazione dell'informatica di casa. I freni inibitori stanno lentamente cedendo, così come i sani principi di cui andare fieri: figli e nipoti davanti alla tele non stop, giusto una pausa per guardare sul tablet i video che ha postato la maestra per poi fare i compiti fra maledizioni e sceneggiate che neanche a Napoli. Resa totale a cibarie, movimenti fisico, civiltà nelle relazioni eccetera.
Perde colpi la speranza che l'epidemia passi, placando la sua furia per permetterci di fare la conta dei morti, delle responsabilità e degli insegnamenti. Lentamente si è fatta strada la constatazione che le cose non vanno affatto meglio, nel mentre l'eccezionalità facilita l'emersione del meglio e del peggio in tutti noi e nella società, sembra che elimini i filtri che attutiscono la nostra percezione della realtà e degli eventi. Il meglio continua a essere in secondo piano, il peggio esplode in tuta la sua virulenza. E fa paura, a volte schifo.
Vedi l'Unione Europea che si liquefa per l'ignavia di mediocri messi lì dalla finanza e votati da popoli non dissimili dal nostro per meschinità e piccineria. Vedi statisti al massimo livello in tutto e per tutto simili al drappello di vecchi pensionati che i vigili urbani hanno dovuto mandare via a forza dal parco dove si trovavano a giocare a carte (e a sputazzarsi addosso) anche ben dopo l'inizio della quarantena. Stessa consapevolezza, stesso menefreghismo, stessa bieca irresponsabilità nell'agire e nel decidere comportamenti e strategie.
Vedi e senti il bollettino di guerra che, ben oltre l'epidemia, ci racconta di cosa accade nella regione-locomotiva italiana, quella dotata della sanità più avveniristica, funzionale e accogliente. Soprattutto vedi l'improvvisazione, l'incompetenza e la superficialità di chi dovrebbe organizzare, coordinare, decidere e produrre benefici per la collettività. Non si tratta degli errori - chi fa, sbaglia, e in queste condizioni con maggiore probabilità - , è proprio la qualità, l'atteggiamento, il comportamento, lo stile. Questo siamo noi tutti, chi più chi meno, e loro sono l'espressione di un paese che prima sceglie i peggiori perché spera di ottenere qualcosa a scapito degli altri e poi vorrebbe i migliori al comando quando la storia si fa pesante. Un paese di meschini, capaci di grandi atti di coraggio, ma nel profondo ignavi.
Vedi un paese che si illude che le lezioni on line sostituiscano la scuola, senza chiedersi quanti non hanno la possibilità (o l'assistenza) di seguirle, di stampare i compiti, di avere qualcuno che ti costringe al tuo dovere, anche se a distanza. Un paese che impara la conference call per non dirsi un cazzo, proprio come prima dell'epidemia si faceva live. Vedi un paese che continua - va detto, con sempre meno forza - a discutere di diritti con poca gente a considerarli l'altra faccia dei doveri. 
Vedi in coda davanti al supermercato torme di opinionisti con grande cultura scientifica (tutti virologi!) che discettano su ciò che lo Stato deve loro, sui diritti, sulla democrazia (pochi!) rompendo le palle ai malcapitati che aspettano il loro turno e che mugolano risposte di circostanza attutite dalle mascherine chirurgiche. Chi continua con "è solo un'influenza peggiore delle altre" e chi "tutto il mondo sta andando all'aria", le mascherine nascondono immensa facce da culo, ma non ne impediscono gli effetti.
Vedi un paese dove pochi si chiedono dove prendono adesso i soldi per sopravvivere  tutti quelli che prima vivevano alla giornata, arrabattandosi con lavoretti e sfruttamento a palla. Vedi Renzi in tv, e poi Salvini, e poi via via tutto il rosario dei cadaveri della politica vittime del coronavirus. E parlano, la sparano ogni giorno più grossa, circondato dalla torma dei giornalisti che si nutrono di questa realtà parallela per non dover fare la fatica di affrontare quella vera. E parlano e scrivono e dicono e contraddicono. Nessuno che chieda come ripagheremo le spese e come controlleremo che i soldi siano ben spesi.
Cominci a vedere i profittatori all'opera - prenditori mascherati da grandi industriali, riciclatori di denaro della malavita fattisi investitori in aziende "pulitrici", vedi i grandi dirigenti pubblici all'opera per compiacere i nuovi padroni e profittare dell'epidemia per ricavarne qualche benefit, piccoli e grandi parassiti che in nome della sicurezza epidemiologica contribuiscono a ingessare ancora di più questo paese paralizzato dall'irresponsabilità - e ti domandi se andrà davvero tutto bene.
Chi lavora, si sbatte, si da da fare, affronta con coraggio l'emergenza, rischia di suo, riceve la riconoscenza parolaia e pelosa, quella che non si nega a nessuno, basta che non chieda altro. Non troviamo traccia di cambiamento nei costumi, in questo sembra che il coronavirus debba ancora arrivare.  
Andrà tutto bene? E' lecito dubitarne, forse è imperativo lavorarci perché accada.
Mariano 
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