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L'ETICA E L'ETICHETTA

L'etica ridotta a etichetta, ultima trovata di un ceto politico che mescola ignoranza estrema e l'astuzia dello zotico in un impasto mefitico e velenoso,  impegna l'Italia in una discesa senza fine. Non rassegnamoci
I fatti di corruzione che quotidianamente occupano una bella fetta delle cronache ci fanno ritrovare vecchie volpi della politica, ma anche tanti gggiovani rottamatori che hanno imparato fin troppo bene dai vecchi come si affossa un paese, spolpandolo fino all'osso e anche oltre. Una discreta parte dei corrotti è del PD - la statistica empirica ci dice che corrotti sono distribuiti fra i partiti più o meno in proporzione alla quota di potere che occupano per effetto del consenso ricevuto - che comanda oramai quasi dappertutto, tranne che nelle grandi regioni del nord, dove la corruzione non è certo assente.
L'impressione è che, giovani o vecchi che siano, il magna magna sia comunque forte e multiforme: non è quasi più dazione, mazzetta, ingrasso. E' più scambio di favori, fatture pagate da tizio a cui renderai il piacere con provvedimenti favorevoli; elargizioni mascherate da sconti, occhio di riguardo nelle alienazioni di beni pubblici: dalla casa popolare al bene messo all'asta, al terreno permutato, alla variante urbanistica, al project financing amorevole; ammiccamenti e incarichi di prestigio - che siano meritati o no è irrilevante - in cambio di azioni a favore di questa o quella lobby. La stessa che, sovente, corrisponde a una corrente del partito-taxi. Insomma, il solito, solo che stavolta è condito da una insolita creatività nella forma della corruzione e colorato dalle tinte scure di un paese che non riparte, stagna, si dispera, non sa che fare e aspetta sempre che qualcun altro provveda.
Un elemento colpisce su tutti: parecchi di quelli beccati con le mani nel sacco hanno l'etica pubblica molto sviluppata: tuonano contro le mafie, ce l'hanno contro la corruzione, a volte sono perfino diventati quello che sono in virtù di una loro battaglia contro i ladri che li hanno preceduti, girano per convegni e assise dove si discetta di lotta al malaffare, di persecuzione dei "furbetti" e delle tante iniziative che un politico dovrebbe e vorrebbe tanto assumere per debellare la corruzione e le infiltrazioni malavitose, vero cancro d'Italia. Poi, quando li beccano, proclamano l'assoluta fiducia nella Magistratura e le conventicole antimafia e anticorruzione di cui hanno fatto parte fino a quel momento si dimenticano delle loro persone anzi negano di averle mai avute con loro.
Già, perché accanto all'etica pubblica, chi si mette in politica oggi deve avere anche una più comoda etichetta: una carica in qualche associazione anticorruzione da sbandierare all'occorrenza, magari durante un pensoso convegno con eroi dall'etica robusta a fare da testimonials. Va bene anche qualche articolo elegiaco apparso sui giornali o la celebrazione di qualche iniziativa innocua, ma dall'alto significato simbolico: uno striscione pro-giudici calato dal balcone del palazzo comunale, una piazza insignificante intitolata a qualche vittima della malavita organizzata, un convegnuccio dal titolo roboante e dal contenuto innocuo per non fare incazzare i ras locali, quelli che ti portano i voti e i soldi.
Di gente così purtroppo è piana l'Italia del 2015. Sarebbe piena anche di brave persone, di amministratori capaci e di politici dotati di senso dello stato, ma i sopravvissuti non contano un cazzo. I più sono da tempo a fare altro.

Mariano

NB Il gioco di parole etica/etichetta non è farina del mio sacco. Viene da un mio amico/collega RdC che non manca mai di sorprendermi con la sue intuizioni. Delle quali mi approprio famelico, come un politico "alla moda" di favori e prebende.
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