Cosa ci spinge a fare ore di fila per accedere a un padiglione dell'Expo? E poi a uscire da lì per fare altre ore di coda per entrare in un altro? E chi ha organizzato tutto questo?
Ieri il padiglione giapponese ha chiuso l'accesso quando le ore di attesa sarebbero state 8. Qualche saggio organizzatore ha capito che era il caso di porre fine al martirio dei pazzi che si passavano mezza giornata in fila per entrare a godere della visita di circa 50 minuti di uno dei padiglioni più azzeccati dell'Expo. Anche altri padiglioni vantano file chilometriche e tempi di attesa da sfinire chiunque, ma come il Giappone nessuno. In prossimità della chiusura di Expo2015 e, dunque, anche del padiglione giapponese qualche considerazione bisognerà pur farla, non fosse altro che per capire cosa siamo diventati.
Cominciamo dall'organizzazione. Stando alle stime che la stampa riportava appena prima dell'apertura dell'Expo, i visitatori attesi avrebbero dovuto essere i fra i 150 e i 200 mila al giorno. Queste cifre sono state raggiunte solamente a partire dall'estate, con un avvio zoppicante e che ha fatto temere il flop...
Sempre stando ai dati pubblicati, nelle giornate di massimo afflusso - quelle proprio da pazzi - si è arrivati a 270 mila visitatori, un quinto dei quali entrati dopo il tramonto con lo speciale ingresso a 5 euro. Dunque, si potrebbe ipotizzare che l''organizzazione sia stata messa sotto stress un numero di volte limitato, visto che era tarata per un simile afflusso. Lo stesso per i singoli padiglioni che, passati i primi giorni, avrebbero dovuto strutturarsi per accogliere i visitatori, disciplinandone l'afflusso e realizzando al massimo l'accoglienza che sta alla base di simili manifestazioni. Nella fattispecie del Giappone, dunque, visto che la durata delle attese cresceva di giorno in giorno, c'era tutto il tempo di ideare un meccanismo che evitasse ai potenziali visitatori di sobbarcarsi tutta quella fatica e quella coda: dalle prenotazioni on line, ai bigliettini da ritirare al mattino presto, alla distribuzione di numeri di prenotazione, come al supermercato o dal medico. Non fare assolutamente nulla, lasciando la gente fuori ad aspettare ore e ore, non mi sembra un bel modo di considerare i visitatori.
E poi i visitatori: fra i codaioli ci saranno certamente state persone che sbottano se all'anagrafe del Comune debbono attendere più di cinque minuti, che insultano i dipendenti degli uffici se debbono stare in fila più del tempo necessario a dare uno sguardo alla posta sul cellulare. Gente capace di stare in fila in piedi per quattro ore all'Expo che poi magari maledire il mondo intero se non trova una sedia quando, in attesa di una visita ambulatoriale, deve cedere la seduta a qualcuno visibilmente in difficoltà . Gente che sbuffa e pontifica sulle inefficienze dello Stato (è tutto un magna magna, ci vorrebbe di nuovo lui, altroché democrazia...) se appena viene interrotta nel suo fluire e nel suo muoversi liberamente nel mondo ('sti vigili che fermano proprio me, con la frette che ho... mai che acchiappino uno di queste clandestini che fanno quello che vogliono). Quella gente lì sta in fila dai giapponesi e se ne vanta anche una volta ritornata a casa, come se avesse partecipato a un rito collettivo capace di nobilitare le loro miserie e di glorificare un sacrificio del tutto inutile.
Parlando di Giappone, sono pronti a sperimentare il sacrificio estremo, il seppuku. Solo che non faranno harakiri, non potrebbero vantarsene con gli amici nelle lunghe e pesanti cene invernali. Ci penseranno i valenti giapponesi che, chiusa l'Expo e tornati a casa racconteranno per anni agli amici di quei minchioni di italiani che passavano ore e ore per vedere 50 minuti di belle diapositive e non se ne lamentavano nemmeno. Anzi, andavano via con l'aria tronfia di chi ha superato un traguardo di vita davvero entusiasmante.
Pronti ad andare all'ufficio postale a bisticciare con gli impiegati perché c'è troppo da aspettare per sentirsi rispondere da dipendenti ilari: "Sempre meno che una coda per il gelato artigianale di Grom!" (leggi).
Mariano
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