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LA FACCIA

In questi giorni di preparazione della campagna elettorale per l'elezione del sindaco della mia città, qualche stranezza locale potrebbe essere il segno dei tempi che cambiano

Il sistema attuale per l'elezione dei sindaci e dei consiglieri comunali è entrato in vigore nel 1992 e applicato per la prima volta nel 1993, dunque 24 anni fa. Praticamente da subito la figura del candidato a sindaco è diventata centrale, assumendo via via sempre più importanza. Ovviamente a discapito dei partiti e dei movimenti che presentavano e presentano le liste di candidati consiglieri.
Questo perché l'esecutivo - ovvero l'azione di governo di chi, eletto dai cittadini, rispondeva quasi solo a loro nell'esercizio del suo mandato - ha progressivamente assunto più rilevanza rispetto alla funzione di controllo, indirizzo e rappresentanza esercitato dai consiglieri comunali. A partire da quel momento, quindi, le campagne elettorali si sono progressivamente spostate dal confronto fra partiti al confronto fra candidati a sindaco, i  loro programmi e le coalizioni di liste a sostegno di ciascuno di loro.
Sovente le coalizioni si sono costituite intorno a personaggi "rilevanti" che, accettando di essere candidati a sindaco, hanno svolto la funzione di catalizzatori di gruppi e liste, fino a portarli alla vittoria, pur in una condizione di debolezza. Gente che "ci metteva la faccia". La mia storia è anche questo, come quella di tanti candidati a sindaco i cui faccioni stavano sui muri della città.

UNA DONNA DA VOTARE

Elezioni europee, Elena si presenta e chiede il voto:
Per quale Europa?

A Elena voglio molto bene, quindi non sono obbiettivo nel valutare le sue notevoli capacità. Sono certo che è davvero una forza della natura, intelligente, umile e  sempre ben disponibile a darsi da fare per chiunque la chiami in causa. E’ persona che studia, si documenta e non parla mai a vanvera. A differenza di qualche altro gggiovane d’oggi, non vive di politica, va tutti i giorni a lavorare come amministratrice di condomini. Basta così con la presentazione del personaggio, ora la parola a lei.
Per quale ragione hai deciso di candidarti con la lista di Green Italia-Verdi Europei?
E' stato un prolungamento naturale della mia candidatura negli Ecologisti e Reti Civiche, di cui sono consigliere comunale a Grugliasco. D'altronde è da troppo tempo che le istanze ecologiste a livello nazionale si risolvono in proclami elettorali senza una realizzazione concreta. Era ora che in maniera compiuta si riportassero i temi “green” sulla scena politica.
Dove per “green” si intendono ovviamente i temi ambientalisti, ma anche quelli della “pulizia” e trasparenza dell'attività politica (anch'io ho sottoscritto la campagna “Riparte il futuro” contro la corruzione) a tutti i livelli, quelli della Green Economy, quelli del lavoro con standard minimi garantiti, sia in termini di stipendio che di sicurezza e garanzie sociali. Lo stiamo facendo partendo dal Parlamento Europeo, in cui i Verdi sono il quarto partito e vogliamo che questi temi tornino a far parte dell'agenda nazionale.
Quali sono gli aspetti di cui vorrebbe che l'Europa di occupasse maggiormente?
Innanzitutto, considerando l'attuale crisi in Ucraina, i temi dell'energia sostenibile, volàno economico che consente la creazione di nuovi posti di lavoro. E poi la ri-regolamentazione della finanza, attraverso la messa al bando dei prodotti finanziari a rischio, alla separazione delle banche di investimento da quelle commerciali e la creazione di una forte Unione Bancaria Europea.
Che governo vorrebbe per l'Europa? Quale politica economica e quale politica monetaria?
Vorrei gli Stati Uniti d'Europa, in cui i cittadini si sentono prima di tutto europei; quell'Europa sognata da Rossi e Spinelli e in cui Green Italia crede fermamente. In un'Europa di questo tipo non esistono gli stati “buoni” e quelli “cattivi”, non si va a due velocità. Per fare questo bisogna, da un alto, rafforzare il potere del Parlamento Europeo, unico organo realmente eletto dai cittadini, in modo che possa vigilare sulle lobbies e dare voce ai cittadini. Dall'altro, in un'ottica di questo tipo, sul piano economico, dobbiamo puntare all'abolizione del Fiscal Compact, istituire un fondo europeo di redenzione (simile a quello adottato nei confronti della Germania alla fine del secondo scontro mondiale) e strumenti di debito comune come gli Eurobond, con vincoli fiscali comuni chiari e realistici.
Quali sono i temi centrali della proposta ecologista europea?
Siamo convinti che per cambiare questa Europa sia necessario un Green new Deal, un nuovo patto sociale per lo sviluppo che grazie all'innovazione dia ulteriore impulso a quella green economy che in questi anni – nonostante la forte crisi – non ha dato segni di cedimento. Sono necessari allora investimenti non solo nell'industria, ma anche in un'agricoltura biologica e di qualità, un'economia pulita ed efficiente, che crea nuovi posti di lavoro, nel rispetto dell'ambiente e delle persone.
Lei sa che è difficile che la lista Green Italia superi in Italia lo sbarramento del 4%, non ritiene perciò che un voto alla sua lista sia un voto sprecato?​
Intanto, come già accaduto in Germania, dove hanno vinto, anche noi abbiamo fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro la soglia di sbarramento: se il sistema è proporzionale puro, la soglia è solo un modo per evitare che ci siano europarlamentari non vincolati alle lobbies dei due grandi schieramenti, Ppe e Pse. Speriamo di vincere questa battaglia, come quella che all'inizio ci ha visto esclusi dalla competizione elettorale. E poi non mi piace sentire parlare di “voto sprecato”. L'unico voto realmente sprecato è quello non dato, quando si delega ad altri. L'importante è che si voti consapevolmente, conoscendo i programmi e le persone che si scelgono. Green Italia è uno dei pochi partiti con liste “pulite”, senza condannati o indagati.
Se dovesse mandare un sms ai suoi amici e conoscenti per chiedere il loro voto, che cosa cu scriverebbe?
IL TUO VOTO CONTA. AIUTAMI A CAMBIARE L'EUROPA – VOTA GREEN ITALIA VERDI EUROPEI – SCRIVI GIARGIA
Perché non farlo?
Mariano















LO SPRECO

Una proposta per sostenere il reddito dei lavoratori in cassa e in mobilità e contemporaneamente dotare la città di squadre di manutenzione. PD e i satelliti sono contro e bocciano la proposta…
Cassaintegrato? Si aggiusti!
licenziatoPrimi di luglio, nell’afosa sala consigliare del mio comune amministratori al lavoro per approvare il bilancio di previsione 2013. Nell’universo intero il bilancio di previsione si approva prima che cominci l’anno (non per niente si chiama”di previsione”), da noi si attiva alla fine del primo semestre, in buona compagnia di molti altri comuni resi poco “previdenti” dalle continue giravolte prima del governo Monti, ora di quello Letta (sempre con PD e PdL a supporto, bisognerebbe non dimenticarlo).
L’opposizione ha presentato alcuni emendamenti che servono a dare consistenza finanziaria ad alcune sue proposte. Per fortuna sono pochi: 22, dei quali solo 14 ammessi al vaglio del Consiglio comunale. L’opposizione (noi di Grugliasco Democratica ed Ecologisti) ritira quelli che l’amministrazione comunale dichiara di voler accogliere o di cui si impegna a tenere conto. Non è mica lì per fare ostruzionismo, è lì per portare a casa provvedimenti e stanziamenti a favore della città, dunque massima collaborazione, ma…

LE LEZIONI DELL’ILVA

Si consuma una tragedia “estiva” prima nel quasi silenzio dei mass-media, poi in un affollarsi ottuso che non riesce a cogliere e a restituire il senso di una città che si ribella.
Taranto e la via ecologista
Ilva-Taranto Nella vicenda dell’ILVA di Taranto ci sono tutti gli ingredienti del disastro nazionale: politici nuovi incapaci e collusi quanto i vecchi, finti imprenditori con l’allure del padrone delle ferriere, sindacati inadeguati, divisi e lontani da un rapporto libero con la base e la popolazione, autorità locali che hanno guardato dall’altra parte e che ancora lo fanno, funzionari pubblici corrotti, cosa ancora più grave perché preposti alla tutela della salute pubblica. E poi ancora:  mass media approssimativi, sdraiati sulle veline dei potenti, sinistre afone e combattute fra l’industrialismo a  tutti i costi e i costi dell’industrialismo di sfruttamento, bramose di finanziamenti per alimentare il costoso circuito del loro funzionamento e di campagne elettorali tanto più glamour quanto prive di idee e progetti. Il tutto impastato con le vite delle vittime: i Tarantini.

FRANCIA E GRECIA: N/EURO

Le elezioni francesi e quelle greche nella drammatizzazione ignorante e colpevole dei mass media nostrani: un groviglio di opinioni scambiate per fatti e fattoni che sparano cazzate. Intanto l’informazione muore.
Elezioni: chi ha vinto?
Euro-Europa Se qualcun altro oltre a me ieri ha cercato sui nostri quotidiani nazionali numeri e dati per capire come sono andate le elezioni di domenica in Francia e in Grecia si sarà accorto che non mancavano le opinioni,ma di numeri ne circolavano proprio pochi. Tranne quelli che servivano a spiegare la fantomatica svolta pro-euro dei Greci e la vittoria “schiacciante” dei socialisti francesi anche al secondo turno.
Vediamo come sono andate veramente le cose e cominciamo dalla Grecia, lasciando perdere i dati sull’affluenza perché non sono interessanti se non per rilevare che il calo dei votanti significa che sempre più persone non si ritrovano nell’offerta politica oppure che hanno perso qualunque speranza nella politica come strumento per la trasformazione della società. Nea Democratia ha il 29,7% (129 seggi col premio di maggioranza), Syriza il 26,9% (71 seggi), PASOK 12,3% (33 seggi), “Greci Indipendenti” (destra) 7,5% e 20 seggi, “Aurora Dorata” il 6,9 e 18 seggi, Sinistra Democratica il 6,3% e 17 seggi, Partito Comunista 4,5% e 12 seggi. Per trovare questi dati sono dovuto andare sul sito del “La Voce della Russia.

CRONACHE DI UN CONSIGLIERE COMUNALE 2

Seconda adunanza: dove il PDmenoelle vota in massa il candidato del PdL, anche lui. come il sindaco, portaborse in Regione. Poi, espulsioni e.. sorpresina finale con fuoriprogramma dedicato. 
DemoLezioni di democrazia
Delorean Ieri, 6 giugno, seconda puntata. Il Consiglio è convocato per approvare alcune delibere “tranquille” e per eleggere i presidenti delle commissioni consiliari: cinque di queste avranno presumibilmente un candidato della maggioranza, l’ultima è quella di controllo e garanzia; la presidenza spetta all’opposizione.
Serpeggia un certo nervosismo, alimentato anche dalla richiesta che il capogruppo dell’IdV Carioscia formula alla presidente del consiglio, sua ex (forse) compagna di partito: vuole leggere una dichiarazione al termine dei lavori ordinari. Sono giorni che girano voci di espulsioni e di discussioni feroci all’interno del partito che i maligni hanno già ribattezzato “Italia dei livori”, dunque potrebbe essere una succulenta puntata che alimenterà il gossip locale e le pulsazioni di un poco tranquillo Montà.

CRONACHE DI UN CONSIGLIERE COMUNALE 1

Seduta di insediamento del Consiglio comunale di Grugliasco: paradigma dell’Italia di oggi e specchio delle miserie umane amplificate alla massima potenza. Con ciliegina finale.
Debutto con livore
Municipio Alle 17 e 30 di ieri (28 maggio 2012) tutti i consiglieri comunali di Grugliasco sono presenti nella sala, già bella calda di temperatura e piena del pubblico in prevalenza formato da amici e parenti dei neoeletti e del mondo politico locale. Tra il pubblico alcuni consiglieri non più eletti, amministratori del passato e l’ex-sindaco munito di telecomando per manovrare just in time il suo successore.
Banchi della maggioranza con gente che si guarda in cagnesco, non sembra neanche che abbiano vinto loro. Banchi dell’opposizione: in prima fila i 4 consiglieri eletti nella lista del MoVimento 5 Stelle, in seconda fila noi quattro di Grugliasco Democratica e Ecologisti, in ultima fila (solo) il consigliere del PdL.

DOPO FUKUSHIMA

Su “Le Monde” di oggi una intervista importante a Laurent Elio, economista dell’OFCE e autore del libro “Social-ecologie” (ed. Flammarion). Ecco come si sta sviluppando la riflessione politica nel paese europeo con la maggiore produzione nucleare. Il senso dei partiti ecologisti.
Nelle nostre democrazie l’ecologia è la più grande delle necessità.
La catastrofe di Fukushima è una “manna politica” per un partito come Europe Ecologie?
La catastrofe di Fukushima cambia probabilmente la dimensione dell’ecologia politica in Francia e non solo, ma trovo che il termine “manna” non sia quello più adatto. Si tratta piuttosto di una presa di coscienza ciò a cui ci invita questa catastrofe. Una presa di coscienza quadrupla. Innanzitutto il fatto che le questioni di ecologia sono questioni di democrazia. Senza inquadramento democratico, la tecnologia è un fantasma pericolosamente senza controllo.
Poi sul fatto che le questioni ecologiche sono problemi di lungo termine. Non si tratta di un mezzo punto di crescita (del PIL) in più o in meno, ma della nostra capacità di vivere, o sopravvivere, quando gli ecosistemi sono degradati. In terzo luogo, il tema che si pone è quello della resistenza della democrazia elle situazioni di crisi. Infine, l’avvenire dell’energia nucleare. Manna? Veramente non credo proprio; tuttavia non possiamo occuparci d’altro.

Come si fa a parlare di fine del nucleare sapendo che le energie rinnovabili come il fotovoltaico è ‘eolico non possono soddisfare la domanda di elettricità, almeno nel medio termine, a che questa decisione contrasta con la scelta ecologica più importante degli ultimi cinquant’anni, il Protocollo di Kyoto?
Nella domanda ce ne sono due. La prima riguarda l’importanza dell’energia nucleare nell’approvvigionamento energetico dei paesi del mondo, e sotto questo punto di vista bisogna sapere che l’eccezionalità nucleare francese nasconde la realtà seguente: nella produzione di energia nel mondo, l’energia nucleare conta meno di quella da fonti rinnovabili. Seconda parte delle domanda: il cambiamento climatico.
Anche in questo caso l’energia nucleare conta relativamente poco. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, rappresenterebbe il 6% della soluzione al problema dell’emissione di gas a effetto serra. La maggior parte delle soluzioni al problema dell’effetto serra è nel risparmio energetico, nell’efficienza energetica, nelle energie rinnovabili.


A parte “bisogna fermare il nucleare”, quali risposte possono dare gli ecologisti?
Precisamente, se si considerano gli scenari proposti dall’associazione Négawatt, si può disegnare uno scenario energetico al 2050 che permette di eliminare il carbonio dall’economia senza per questo nuclearizzare l’energia. Ci sono scenari energetici simili che attribuiscono un ruolo maggiore agli risparmi energetici e alle rinnovabili. Per esempio quelli elaborati dall’università di Stanford.
Gli ecologisti, e tutti quelli che si oppongono al nucleare, hanno a disposizione delle argomentazioni estremamente convincenti da far valere in materia energetica, tecnologica ed economica. Entriamo nel dettaglio di queste tre misure. Risparmio energetico, vuol dire sviluppare nuove tecnologie in campo energetico e ambientale, come ad esempio le reti intelligenti, capaci di evitare gli sprechi regolando i consumi.
Efficienza energetica vuol dire, ad esempio, investimenti nelle tecnologie dei trasporti, ma nell’isolamento termico degli edifici che è la fonte più importante di lavoro verde. Infine le energie rinnovabili sulle quali, specialmente in Francia, resta da fare tutto, o come nel caso del fotovoltaico, a non disfare.


La catastrofe giapponese rinforza l’ecologia politica per il tempo dell’allarme. Come per ogni incidente o catastrofe, tutto il mondo si emoziona, si assumono delle misure spettacolari e non sempre adatte, poi il ricordo di affievolisce, si ricomincia a costruire in zone esondabili, scommettendo sul fatto che l’incidente non arriverà mai…
Sarebbe spiacevole. Credo che si possa parlare di una generazione Fukushima, composta di persone che hanno improvvisamente preso coscienza di quello che la tecnologia senza democrazia rappresenta come rischio maggiore per l’umanità. Lo spettacolo quotidiano dell’impotenza della tecnologia unita alla carenza democratica del Giappone non potrà essere dimenticato così in fretta, perché noi sappiamo che si presenteranno delle catastrofi che chiamo “social-ecologiche” nella misura in cui il loro impatto dipenderà dalle condizioni sociali e politiche, dal livello delle diseguaglianze e della qualità delle democrazia.
Sono rimasto sbalordito nel sentire il vecchio direttore della prefettura di Fukushima attribuire questa catastrofe nucleare a “una imprevidenza umana” e à “un degrado del processo di decisione politica”. Fukushima ci dice una cosa molto chiara: preparatevi.


Che impatto può avere Fukushima sulla nostra coscienza ecologica?
La domanda richiama la mia prima risposta: Fukushima c ricorda che i problemi ecologici non sono dei vincoli che pesano sulla nostra competitività economica, come si è sentito dire ormai troppo sovente negli ultimi quattro o cinque anni. I temi dell’ecologia determinano il nostro benessere, determinano anche la possibilità di ospitalità per l’uomo su questo pianeta.
Fukushima ci ha brutalmente risvegliati dall’idea che l’ecologia è un lusso che noi non possiamo permetterci in temi di crisi sociale, per ricordarci che (quella ecologica) può essere la più grande necessità nelle nostre democrazie.


In cosa l’ecologia è credibile, dal punto vista economico? Ci sono esempi di crescita verde riusciti? Mi sembra che manchi ancora il ritorno.
Sono d’accordo sulla mancanza di ritorno. Ci sono degli studi, i cui risultati sono beninteso discutibili, e lo stesso concetto di crescita verde è a geometria variabile. In un capitolo del mio libro, cerco di definirla secondo tre dimensioni: lo sviluppo delle eco-imprese, l’economia circolare, vale a dire quella che riduce i rifiuti e il consumo di energie, l’economia di funzionalità, vale a dire quella che trasforma i beni in servizi per diminuirne il consumo. Infine, terza dimensione, la creazione di nuovi indicatori di sviluppo umano che permetteranno un nuovo governo delle politiche pubbliche.
Io parlo più volentieri di “economia verde”, mettendo insieme queste tre dimensioni, che di “crescita verde”. Pe rispondere più direttamente alla domanda, c’è un dibattito in corso sulle previsioni di creazione di posti di lavori verdi, ma non vi è dubbio che si può fare a condizione di disporre di strumenti economici efficaci come quelli dei “sovraprezzi” – per esempio la carbon tax-; questa trasformazione ecologica delle nostre strutture economiche sarà, come tutte le precedenti, creatrice di lavoro, e ancora di iù se si accompagna a una rivoluzione tecnologica.


I partiti verdi sono veramente credibili? I loro programmi mi sembrano sempre troppo leggeri.
Uno dei problemi maggiori, in Francia come in Germania, e più generalmente in Europa, dove i partiti verdi sono più sviluppati, è quello che chiamo la politicizzazione dei temi ecologici, vale a dire la tendenza a collegarli alle tematiche sociali, a cominciare dal tema della diseguaglianza.
Non bisogna che l’ecologia si incateni un una posizione moralista che scoraggerà i cittadini, e lo stesso, che li colpevolizzi, finirebbe per irritarli. Bisogna connettere l’ecologia alla questione sociale. E’ quello che chiamo la social-ecologia. Faccio due semplici esempi i Francia: la precarietà energetica, che tocca all’incirca il 13% delle famiglie, che sono dunque vittime delle cattive condizioni delle loro abitazioni, che aggravano così la loro dipendenza dai consumi di energia.
Questo tema deve diventare centrale nel dibattito pubblico francese. Altro esempio: le disuguaglianze ambientali, vale a dire l’accesso disuguale ai piaceri dell’ambiente e l’esposizione diseguale ai rischi di inquinamento.
Bisogna assolutamente sviluppare questi temi. In Francia, il 60% delle persone espose a rischi industriali abitano in zone urbane sensibili. C’è dunque un “loop socio-ambientale”. Le cattive condizioni ambientali infettano le condizioni sociali e bisogna porre rimedio. Non si può più concepire uno stato previdente che non tenga conto degli effetti delle condizioni ambientali sul benessere della popolazione. Bisogna dunque passare da una social-democrazia, un po’ sorpassata, alla social-ecologia.


Lei pensa che l’azione dell’Unione Europea in questo campo reciti un ruolo cruciale? Non è che questa catastrofe mostra piuttosto i dissensi che esistono fra i 27 circa l’atomo e le politiche energetiche?
Buona domanda. L’UE ha evidentemente un ruolo centrale da giocare in materia di politiche ambientali. E’ uno dei suoi ambiti di competenza più importanti che si è sviluppate nel corso degli ultimi vent’anni. A tale unto che l’UE è oggi il leader ecologico mondiale. Lo si vede sulle questioni climatiche. D’altro canto, le divergenze di reazione, per esempio fra la Francia e la Germania, mostrano quanto siamo ancora lontani da una politica energetica europea, che non è mai stata così necessaria e che pertanto non è mai sembrata così irraggiungibile.
Si tratta di integrare al meglio le differenti fonti energetiche a livello europeo per arrivare a costruire una vera rete europea di energie rinnovabili. Questo permetterebbe di mitigare i problemi di intermittenza di queste fonti di energia.
Da questo punto di vista c’è una cesura incomprensibile tra una politica climatica europea sempre più unificata e una politica energetica sempre più frammentata. Il teme centrale dell’UE dei prossimi trent’anni dovrebbe proprio essere questo.


Ho l’impressione che, prima che una decisione circa la restrizione o la fine del nucleare sia presa, bisognerà che si verifichi il peggio, qui in Francia. Pensa che sia possibile uno sblocco della situazione prima che avvenga una catastrofe nazionale?
E’ il problema del post-Fukushima, che capita un anno prima della scadenza delle presidenziali francesi, e che da questo punto di vista è un’opportunità da cogliere. Bisogna aprire un dibattito sulla strategia energetica francese da qui al 2050, che significa che non dobbiamo aspettare dieci anni per prendere la decisione. Le decisioni debbono essere prese l’anno prossimo per i quarant’anni che seguiranno. Devono essere prese alla luce di ciò che è accaduto, vale a dire la possibilità di realizzazione dello scenario peggiore, quello della catastrofe.
Questa possibilità è reale, e noi dobbiamo comparare il costo dell’energia e il costo della catastrofe nucleare. Che valore ha il fatto di pagare il 20% in meno l’elettricità per vent’anni se, per conseguenza, non si potrà più abitare per secoli un territorio contaminato?
Lo ripeto: Fukushima ci proietta nel lungo termine, che è il quadro adeguato per trattare le questioni ecologiche.


Mentre la “battaglia Fukushima” infuriava, in Francia noi abbiamo visto più del 60% di astenuti. Come credere alla speranza di un rigurgito di vitalità democratica nelle nostre società in queste condizioni?
L’astensionismo, oppure del voto agli estremisti, pone il problema dell’usura degli orizzonti politici in Francia e in Europa. Questa indifferenza non può trovare rimedi se non nella reinvenzione di un progetto collettivo. Che è ciò che gli ecologisti intendono portare. A questo proposito noi abbiamo in Francia fra due forme possibili di terza forza politica: una forza politica che guarda all’avvenire e alla reinvenzione della socialdemocrazia,e una forza politica ossessionata dal passato e dal rimasticamento della pagine buie della storia francese.
Ma questo nuovo orizzonte politico non sarà solido se non si insinuerà nelle realtà sociali. Se no si ridurrà a un partito della catastrofe, ansiogeno e insopportabile per i cittadini.


Fukushima non rischia di orientare la politica ecologista unicamente sui problemi nucleari, scartando tutte le altre problematiche ambientali?
Dono d’accordo. Fukushima deve essere l’occasione per ricondurre il problema energetico alla sua globalità e non soltanto in rifermento al nucleare e inoltre deve essere l’occasione per riportare al centro del dibattito tutte le questioni ecologiche: clima, biodiversità, acqua, degrado degli ecosistemi,, vale a dire tutti i problemi a ungo termine creati dal nostro modello di sviluppo. Così come il cambiamento climatico ha la tendenza ad occupare tutto lo spazio politico, occorre ce il nucleare non riassuma in sè tutti i problemi ecologico di oggi e di domani.


Cecile Duflot la sera delle elezioni cantonali ha dichiarato che l’ecologia non è nè di destra nè di sinistra. Nicolas Hulot è chiaramente un liberale. L’ecologia politica può cambiare le regole? Come si può aumentare il tasso di ecologia senza rimettere in causa l’economia neoliberale? Ci si può fidare dei dirigenti politici dell’ecologismo se  i loro discorsi non sono chiari su questo piano?
Nella domanda ci sono numerosi aspetti, due i principali: l’ecologia deve essere politicizzata, ne sono convinto, ma non deve rispettare gli schemi attuali. L’idea che l’ecologia non sia nè di destra nè di sinistra  è una trappola. L’ecologia è di destra e di sinistra. Ha a cuore la vita di tutti i cittadini.
Circa il tema dei rapporti fra ecologia ed economia, e del posto da riservare al neoliberalismo, la tesi che sviluppo nella mia opera e che lo sviluppo delle diseguaglianze, nello stesso tempo all’interno di un paese e fra i paesi, intervenuto negli ultimi due tre decenni è insostenibile. Le disuguaglianze debbono essere ridotte e questo suppone l’uscita da una teoria economica che crede di poter risolvere a circuito chiuso tutte le questioni delle società umane applicando lo stesso modello neoclassico.
E’ l’economia aperta alle altre discipline che permetterà, con le altre scienze sociali, di rispondere alla sfide che ci arrivano dalle scienze applicate. La democrazia deve riprendere il comando.

(tradotto da Mariano, che si scusa per le eventuali imprecisioni e cavolate)

UN ALTRO MODO DI VEDERE LE COSE

Oltre gli schemi di oggi, un'idea utile per domani

Oggi il governo è finito sotto due volte nella sola mattina, a riprova del perdurare di un'agonia che si preannuncia dura e dolorosa. Ma non di questo ci occupiamo qui: di Berlusconi si parla già al passato e lo fanno perfino i suoi amici... Ben più importante e interessante è occuparci di quello che succederà dopo, non solo nella contingenza del crollo della sedicente II repubblica, ma anche degli scenari politici che il nostro paese è in grado di costruire per uscire dal tunnel e darsi un futuro.
Amo le predizioni, ma non ci azzecco mai molto quando le faccio. In questo sono in buona compagnia: ricorderete cosa dicevano dell'Irlanda qualche mese fa autorevoli economisti che spronavano l'Italia a fare altrettanto; ricorderete anche cosa si diceva della crisi, che sarebbe finita a inizio 2010; o dei grandi benefici delle privatizzazioni o ancora della libertà di assumere e licenziare che avrebbe rigenerato l'economia e molte altre cose ancora. Ma voglio provarci anche io a prevedere il futuro, a costo di darvi lo strumento per sfottermi a lungo e con intensità.

GRUGLIASCO ELEZIONI: GLI ECOLOGISTI

Questo è il depliant degli Ecologisti. L’ha fatto Fabio Sgorlon ed è stampato in 20.000 copie, già in distribuzione.
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