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DALLA CENTRALITA' ALL'IRRILEVANZA: LA PARABOLA ESEMPLARE

Dopo l'ennesima scoppola elettorale riprendono le liti sulle macerie di un progetto politico oramai in fallimento
Ha davvero dell'incredibile il dibattito che si è scatenato, dopo la recente ulteriore sconfitta alle amministrative, sui giornali e  sui social fra i membri della classe dirigente del PD. Questi sembrano non aver ancora capito che il loro partito, le loro carriere politiche, le loro beghe e manovre, le loro idee se ancora ne hanno... sono tutta roba passata. Consegnata all'irrilevanza non tanto e solo dai dati numerici, ma soprattutto dalla sequenza di sconfitte che sta fiaccando anche i loro più tenaci sostenitori.
Hanno risolto la sconfitta del 4 marzo dando la colpa agli elettori che non hanno capito la serietà e la coerenza del loro partito, facendosi gabbare dalle promesse dei 5 stelle: gli stessi elettori che, quando votavano PD erano seri, maturi e responsabili.

L'ALTRO TURIGLIATTO: PESI E LEGGENDE

"Ma tu..., sei quello che ha fatto cadere Prodi?". Da otto anni a questa parte convivo con un doppio e ne condivido la riprovazione di buona parte degli elettori del centrosinistra. Non finisce mai!

Il 24 gennaio 2008 il governo Prodi - formato da tutte le forze politiche di centro e di sinistra, era il tempo dell'Unione - veniva sfiduciato dal Senato (156 sì e 161 no). La sconfitta veniva dall'Udeur di Mastella e dai seguaci di Dini, che facevano parte della maggioranza, ma votarono contro lo stesso. Votò contro anche un senatore di Rifondazione Comunista che già aveva criticato aspramente il governo sulla partecipazione alla missione "umanitaria" in Afganistan e sul raddoppio della base militare americana di Vicenza: Franco Turigliatto. Il suo voto non era assolutamente decisivo, ben altri furono i killer di Prodi (leggi la ricostruzione di Travaglio), ma lo stesso lui assurse a simbolo della sua sconfitta. Colpa di Turigliatto. Il premier rassegnò le dimissioni e le cose presero la piega che sappiamo, anche grazie alle manovre e agli intrighi di Napolitano che, dal Quirinale, contribuiva con le sue gesta a rendere, la nostra, quella repubblica extraparlamentare che vediamo oggi.
La sera della sfiducia, quel 24 gennaio, me ne torno a casa da una giornata in Consiglio regionale e vengo apostrofato davanti al portone da un concittadino che mi dice: "Perché ha fatto cadere Prodi? Non si rende conto che, così, spalanchiamo le porte a Berlusconi?".

GRASSO

Le performances televisive del neopresidente del Senato ci consegnano l’immagine di un comunissimo furbetto opportunista italico
La volgarità del gesto
Il soggetto non mi è mai piaciuto: mi sembrava il furbetto levantino, attento a tenersi lontano dai guai, ma non troppo, sempre presente nei luoghi che contano e amico di tutti, di troppi. Un sorrisino freddo in volto, l’eloquio alla mano, ma con il dosaggio burocratico che serve e così via.
Non mi piaceva anche per come aveva interpretato la successione a Giancarlo Caselli alla carica di Procuratore capo a Palermo, dividendo la procura e favorendo la costituzione di fazioni fra i sostituti e non solo. Però alcuni colpi ben assestati alla malavita organizzata mi avevano fatto ricredere:

FAVIA, LA 7 E GLI ALTRI

Oggi su “Il Fatto” un pezzo da leggere con gusto e da sottoscrivere parola per parola…
Il diavolo veste Grillo  di Marco Travaglio
 Ve l’immaginate un fuorionda di un consigliere regionale del Pdl o del Pd su B. o D’Alema che spadroneggiano nei rispettivi partiti? Non lo trasmetterebbe nessuno, per mancanza di “notizia”. Invece il fuorionda-findus del consigliere di 5 Stelle Giovanni Favia, scongelato da Piazzapulita dopo tre mesi di freezer, è la notizia del giorno. Eppure è stranoto che il Movimento fondato cinque anni fa da Grillo e Casaleggio discute da quand’è nato dei suoi problemi di democrazia interna, mentre i partiti che truccano i congressi e le primarie (quando li fanno) e inventano le tessere. Ne avevamo parlato nel nostro colloquio con Grillo, ricevendone risposte tutt’altro che scontate. E il fatto che la discussione si scaldi vieppiù con l’avvicinarsi del voto è un sintomo di salute e vitalità per M5S, pur affetto dalle tipiche malattie della crescita.
Dov’è dunque la notizia nel “caso Favia”?