Tempo di ballottaggi: vuoi vedere che stavolta cambia qualcosa?
Non serve di certo richiamare qui le colte e dote analisi
che, nei giorni successivi al primo turno, ci hanno spiegato, fra l’altro, che
il PD a volte si rende ridicolo perfino quando si confronta con la crudezza dei
numeri. In sintesi: bene M5S quando ha candidati convincenti, male il PD perché
non ne ha quasi più e i pochi sono soffocati dal ganassa fiorentino, consensi risicati alla sinistra, centrodestra
ancora capace di exploit importanti se dall’altra parte ci sono dei Sala o
personaggi incolori del genere. Astensione abbastanza ampia, ma non scandalosa.
Appetitosa, perché sarebbe tempo che ci si occupasse di capire quale prodotto
politico potrebbe riportare al voto gente che ha rinunciato e in quale misura potrebbe cambiare la politica italiana.
Torino rappresenta abbastanza bene lo snodo: vecchio, usato
e stantio, ma ancora abbastanza in forma? Oppure, nuovo, anzi nuova, tenace e
mite, esperta e ingenua, fresca ma non fessa?
Il primo, il vecchio, ha già dimostrato cosa sa fare: come
personaggio politico di primo piano, come ministro della Repubblica, come
aspirante banchiere, come sindaco. Ha soprattutto dimostrato la sua capacità di
essere garante di quel Sistema Torino che ha dato alla città fasti e risorse
nel momento in cui la crisi dell’industria la metteva in ginocchio. Quel sistema lo troviamo dappertutto, non solo fra le damazze e i principini della collina torinese che, quando scendono in
città , curano anche oggi i loro interessi in modo mirabile.
Lo troviamo fra i dirigenti FIAT riciclati nella pubblica amministrazione con contratti ad personam, lo troviamo nelle varianti urbanistiche, nella gestione della cultura, nella GTT, nelle partecipate, negli eventi sportivi, insomma in ogni nodo della vita torinese e piemontese.
Ma tutti
i sistemi, anche quelli migliori, senza ricambio, senza alternanza, senza
qualche salutare sconfitta, finiscono per assomigliare a piovre che asfissiano
tutto ciò che ancora respira. Nascono come impulso al cambiamento, si
consolidano e diventano dei tappi: l’acqua si fa stagnante, i pesci che ci
sguazzano sono sempre gli stessi e
sempre più imbolsiti e rabbiosi. Così il sistema trascina la città nel
suo declino, ridotto oramai a dichiarazioni di voto a favore del vecchio da
parte di personaggi che hanno contato tanto e non sempre in bene.Lo troviamo fra i dirigenti FIAT riciclati nella pubblica amministrazione con contratti ad personam, lo troviamo nelle varianti urbanistiche, nella gestione della cultura, nella GTT, nelle partecipate, negli eventi sportivi, insomma in ogni nodo della vita torinese e piemontese.
A Torino c’è bisogno di aria fresca, di gente giovane (e non
parlo dell’anagrafe), di gente coraggiosa senza sistemi da garantire, rendite
di posizione da conservare, storie irreali da continuare a raccontare. A meno
che non si stimi il vecchio capace di fare quello che va fatto: smontare i
pezzi del sistema, liberare energie, far fiorire idee e spingere Torino verso
un futuro più interessante della finta new economy attuale.
Non può farlo, sarebbe come chiedere allo scorpione di
negare la sua natura. Soprattutto, poi, la giovane non è la rana sciocca della favola di Esopo, che si fa incantare dal primo che la lusinga. Dunque, Torino, l’Italia, come la
volete? Nonostante l'età non più verde, io non ho dubbi.
Mariano