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BUON ANNO!

PININFARINA, ROSSIGNOLO E I NANI DELLA POLITICA

La vicenda del fallimento della Pinifarina e della beffa De Tomaso non finisce di stupire. Un nuova puntata racconta di politici incapaci e promesse da marinaio sulla pelle dei lavoratori.
Una miscela micidiale…
Il 16 di questo mese una paginata di Repubblica relativa alle ultime puntate della vicenda Pininfarina/De Tomaso, riporta all’attualità una brutta storia dove politica tossica e la finta imprenditoria coi soldi degli altri hanno insieme confezionato un pacco avvelato che ha distrutto una realtà produttiva interessante e il posto di lavoro di circa 1000 lavoratori (leggi qui).
Era l’autunno di cinque anni fa quando il Consiglio Regionale del Piemonte si occupò della Pininfarina, dei suoi 900 dipendenti ancora in cassa integrazione, ma candidati alla disoccupazione a breve, della fine che avrebbero fatto gli impianti e degli investimenti che sembravano imminenti. L’occasione fu una mia richiesta all’assessore Bairati, chiedevo lumi sulla natura e sui contenuti di annunci giornalistici secondo i quali l’imprenditore Rossignolo – proprietario del marchio De Tomaso – avrebbe rilevato li impianti e riportato progressivamente al lavoro di dipendenti attraverso un piano di rilancio assistito e supportato proprio dal denaro  ed dalla mediazione della Regione Piemonte.

LE COOPERATIVE

La melma romana rende evidente ciò che in tanti sapevano, che qualcuno denunciava, che i più fingevano di non sentire, che parecchi deploravano come un attacco al lavoro "buono",  di sinistra. “Abbiamo una banca” e abbiamo le coop…
L’imprenditoria “rossa”?
Faccio parte di quelli che preferiscono la cooperazione alla competizione, sono davvero convinto che, anche in campo economico, l’unione e l’armonia rendono di più della contrapposizione e della battaglia fra le persone. Quindi mi sono sempre piaciute di più le cooperative delle imprese padronali, perfino quando le prime si rivelavano strumento per l’organizzazione del consenso dei partiti di sinistra e di finanziamento delle loro campagne elettorali. Senza andare troppo lontano, l’attuale presidente della Regione, Chiamparino, ha organizzato la sua campagna elettorale nella sede della potente Coop Di Vittorio, senza minimamente curarsi del palese e inopportuno conflitto (naturalmente la Coop Di Vittorio è destinataria di cospicui finanziamenti regionali per la realizzazione dei suoi programi e della concessione di aree in diritto di superficie anche dal Comune di Torino di cui il Chiampa è stato sindaco).
Avevo e ho grande ammirazione per molte cooperative sociali che suppliscono alle carenze dello Stato caricandosi dell’onere di creare lavoro per svantaggiati, disabili, persone che diversamente sarebbero un onere aggiuntivo per la collettività e che, invece, proprio attraverso il lavoro assistito, trovano dignità e un barlume di quella felicità a cui tutti avremmo diritto.

UN BAGNO DI UMILTA’

Ne hanno un bisogno urgente i M5S che hanno a cuore l’esperienza politica entusiasmante di cui sono protagonisti e beneficiati. Poi ci va un celere recupero della
Gratitudine
Le difficoltà in cui si dibattono i “grillini” sono la sintesi dell’impossibilità di costruire una politica utile al cambiamento e, almeno per un periodo, capace di far fare al paese quel balzo culturale di cui ha davvero bisogno. Chiunque in questi ultimi vent’anni si sia cimentato con la costruzione di soggetti politici che tornassero a proporre educazione, idee, cambiamento, un nuovo senso dello Stato, rispetto, comunanza e piena realizzazione dei diritti di cittadinanza… ha fallito. Per suoi limiti, ma anche perché il paese andava da un’altra parte, in un’altra direzione.
In tutti gli ambiti e in tutti gli ambienti, i “vecchi” si sono mangiati i giovani per perpetuare il loro benessere e il loro potere: che si trattasse del manager della grande impresa, del politico sulla breccia da tempo, giù giù fino al capufficio, perfino all’impiegato pubblico, la battaglia era la conservazione del piccolo privilegio, difeso con le unghie e coi denti dall’assalto degli affamati dalle crisi sempre più lunghe e prive di uscita. Sono andati avanti i giovani “a servizio”, quelli che hanno accettato l’idea della rinuncia a farsi valere perché prima o poi sarebbe toccato loro, oramai invecchiati e incalzati dai nuovi giovani, vogliosi anch’essi di qualche briciola del grande banchetto.

IL MALAFFARE

L’inchiesta di Roma è qualcosa di più delle solite storie di politica e malavita di cui sono costellate le piazze d’Italia. C’è dentro un sistema politico marcio fin nelle sue fondamenta e un paese senza speranze. La nausea monta...
Furbi, furbetti e furbacchioni
Adesso capisco perché il PD voleva far fuori Marino”, scrive un mio amico su facebook dando parole a un pensiero che in tanti ieri debbono aver avuto, sentendo e leggendo delle vicende collegate all’inchiesta sulla mafia romana. Non sono infatti in discussione i meriti e i demeriti del sindaco, oggi a salire agli onori delle cronache è la sua capacità di resistere alla manovra di accerchiamento che politica e criminalità avevano operato nei suoi confronti, “marziano” nella capitale. E che dire degli alemanno che manifestavano contro gli immigrati che le sue cooperative assistevano puppando fondi pubblici e gestendoli come impariamo ogni minuto di più? E il giro di assassini, ladri,  pregiudicati e ex-terroristi che governa/va la politica romana e senza i quali non si muove/va foglia? E i giornalisti proni davanti ai potenti (mai un’inchiesta indipendente, per carità!), ai renziani e a gli anti renzi che oggi "non c’entrano nulla", agli ipocriti che “i magistrati facciano il loro lavoro”, agli infiniti manovratori che hanno contribuito a rendere l’Italia un paese di clienti, ai rutelli e ai veltroni, perfino al sottobosco di nullità intorno agli enti pubblici per leccare il culo ai loro padroni.
Dall’inchiesta viene fuori anche questo: partiti-taxi che imbarcano chiunque, purché dotato di adeguato pacchetto di voti, alleanze e correnti che si fanno e si disfano, manipoli di squadristi...

PASSERELLE TOSSICHE

I politici e le loro prediche nelle scuole, generano tossine anche lì. Ecco cosa combinano il sindaco portaborse e la sua padrona "imprenditiva"...
Tra il dire e il fare…
Auditorium di una importante scuola superiore, assai ben frequentata e sempre disponibile a innovare, aprirsi al territorio e sostenere gli studenti nelle scelte complicate che la vita riserva loro. Una mattinata di qualche giorno fa vi convergono gli allievi delle quinte superiori delle scuole della città. Obiettivo: partecipare a un’iniziativa del Comune finalizzata a migliorare i rapporti con Università, Poli e quant’altro per meglio orientare i ragazzi e le ragazze alla scelta dopo il diploma.
Studenti ben contenti di esserci (anche per via delle ore di lezione che saltano) e vogliosi di sapere qualcosa di più e di meglio di quello che i loro docenti hanno provato a confezionare per raggiungere i medesimi obbiettivi: stages, visite in aziende, incontri con professionisti, lezioni all’università, testimonianze di ex-allievi. Si sa che, di fronte a uno snodo così importante nella vita, le informazioni e gli stimoli non bastano mai, dunque eccoli lì! .
Ci trovano alcuni docenti delegati dell’Università di Torino, che racconteranno loro in pochi minuti quello che già sanno e  che si sono sentiti raccontare parecchie volte, un imprenditore che spiega loro come ha fatto (testimonianza quanto mai utile); non ci trovano nessun lavoratore che spieghi loro come fa (retorica terzinternazionalista)…, ma pazienza. Tutto serve e, sebbene l’iniziativa non abbia propriamente il marchio dell’originalità e della contestualità…

SINDACO BIO COI SOLDI DEGLI ALTRI – SECONDA PUNTATA

Un mese fa vi ho raccontato la storia dell’Associazione Nazionale bio morosa (leggi). Non contento, ho voluto approfondire la storia, scoprendo che…
Io bio, egli mangia, tu paghi!

Ricorderanno i lettori affezionati che raccontavo dell’ex sindaco ed ex-presidente, che ne presiede ancora il Comitato Scientifico (!). Ricorderanno anche di come questa storia sia l’emblema della cattiva politica che che trasforma le più belle idee in cacca. Per diffondere il bio, bisogna cercare di esserlo, nella vita privata, ma soprattutto nelle funzioni pubbliche che si ricoprono.
Non contento delle spiegazioni che mi sono state date allora, ho chiesto copia della corrispondenza che è intercorsa fra il Comune e l’ Associazione Città del Bio negli ultimi due anni e relativamente alle morosità da questa accumulate per l’affitto della sede. Non so perché, ma qualcosa non mi convinceva del tutto. Ecco come è andata.
Il 12 novembre 2012 il direttore della Società Le Serre - interamente comunale e che chiameremo per brevità “la Mangiatoia”, – manda una lettera all’Associazione per sollecitare l’evasione delle morosità accumulate dal 2010 (sembrerebbe circa 4.500 euro) per la sede locata proprio all’ interno del Parco Culturale Le Serre.

LE RISPOSTE SUL LAVORO di F. Maletti

Un punto di vista che combatte i conformismi e prova a rimettere ogni cosa al suo posto…
… che nessuno sembra voler dare
Ho letto da qualche parte che “Tutti i politici di un certo livello sanno quali sarebbero le cose giuste da fare: quello che non sanno è se verranno rieletti dopo averle fatte”. Questo, credo che valga anche per il Sindacato. In quanto soltanto la conservazione della poltrona spiega l’accanimento con il quale il Sindacato si oppone a qualunque forma di cambiamento attraverso un NO ideologico: ripetuto ossessivamente, come una formula magica di scongiuro, alle “masse” di lavoratori che pretende di rappresentare nella loro interezza. Eppure basta guardarsi intorno, partendo proprio da Torino, per vedere che della Società Industriale sono rimaste soltanto più le sue ingombranti macerie. Per effetto della Globalizzazione la produzione di massa è andata via, probabilmente per sempre, là dove il lavoro costa di meno: in quei luoghi dove intere moltitudini, spinte da una fame atavica, accettano di essere sfruttate e di lavorare senza tutele e con qualunque tipo di compenso.

IL LAVAGGIO DELL’IMMAGINE

L’arrivo a Collegno di una persona speciale ha dato ai sindaci dei nostri comuni il pretesto per una bella rinfrescata all’immagine. Naturalmente …
Legalità: neanche a parlarne
Venerdì il Sindaco di Messina, Renato Accorniti, ha partecipato a un’iniziativa dei sindaci dei nostri comuni. Ha parlato di come vive l’impegno politico, di cosa significa l’impegno legalitario, il pacifismo, la politica di servizio, la lotta alla malavita organizzata e di tante altre cose ancora.  Il tutto davanti a suoi colleghi con ben altra storia, tradizione e intransigenza nei confronti della politica grigia, fatta di clientele e favorini, di titoli roboanti sotto i quali si nascondono pratiche e pensieri che neanche la DC nel profondo sud trent’anni fa.
All’iniziative c’era il mio amico Giovanni Lava, consigliere comunale di Civica. Ecco cosa scrive lui del pomeriggio con Accorniti…
Ascoltare Renato Accorinti è un'esperienza che lascia il segno (per chi non sapesse chi è, legga la sua biografia su Wikipedia). E proprio perchè lascia il segno, lascia basiti l'invito e la calorosa accoglienza riservatagli a Collegno. Renato Accorinti è stato eletto un anno fa sindaco di Messina sovvertendo ogni pronostico,

VIETATO FUMARE O VIETATO VIETARE?

Un esempio pratico di come l’eccesso di divieti finisca per incoraggiare la sistematica violazione delle regole
Intervallo con segugio
Era il lontano 2003  e finalmente venne introdotto il divieto di fumo in tutti i locali pubblici. Nei locali scolastici il fumo era già stato messo al bando dal 95, ma dalla Legge Sirchia in poi le norme sono divenute ancora più stringenti. Le istituzioni pubbliche fino ad allora “negligenti” vennero invitate perentoriamente a mettersi a posto, anche affiggendo cartelli con ben evidenti le sanzioni per i fumatori colti in flagrante e i nominativi dei responsabili interni che avrebbero dovuto farla rispettare. Per ammorbidire il divieto la legge candeggiava l’istituzione di appositi locali areati dove i fumatori potessero coltivare il vizio senza ammorbare gli altri (poi eliminati). In tutti i casi, al massimo i viziosi potevano accomodarsi fuori e consumare la sigaretta all’aria aperta, rispettando il divieto e i non-fumatori.
Non sono un bello spettacolo quei capannelli fumanti che si formano in cortile durante l’intervallo deve aver pensato l’anno scorso la ministra Lorenzinbisogna eliminarli proibendo il fumo a scuola anche negli spazi esterni. Così anche la tentazione della prima sigaretta per i più piccoli viene eliminata: non fuma più nessuno”. Ecco pronta la Circolare attuativa che lo stabilisce, senza alcuna indicazione di come fare concretamente per evitare che il divieto venga impunemente violato.

CERVELLI MISCONOSCIUTI A MEDIE E ALTE PRESSIONI

In un pezzo sull’ Huffington Post ho raccontato una storia di cervelli e di occasioni mancate. Lo pubblico anche qua, se vi piace… 
Bellezze da scoprire
Non ci sono solo giovani cervelli costretti a emigrare per far valere speranze e capacità, di cervelli di eccellenza l'Italia ne produce anche di più stagionati, ma ugualmente misconosciuti e pochissimo "profeti in patria". A fine 2012 la casa editrice statunitense Springer - specializzata in pubblicazioni scientifiche ed economiche - ha rilasciato un volume dal titolo scoraggiante Modern Gas-Based Temperature and Pressure Measurements che già allieta le fatiche in quell'ambito di un bel po' di studenti in Fisica (e non solo) delle università americane e anche di quelle del resto del mondo. Gli autori sono italianissimi: Franco Pavese e Gianfranco Molinar Min Beciet, torinesi di settant'anni ciascuno circa, tra le massime autorità mondiali nel campo della misurazione delle medie e alte pressioni. Materiali superduri ottenuti esercitando alte pressioni su elementi e composti, capaci di offrire delle performances oggi solo immaginabili a fatica. Studi sul carbonio che, in particolari condizioni di pressione e in ambiente adatto, si trasforma in durissimo diamante.
Esperimenti sulla compressione di molecole di Co2 per ricavarne sottilissime pellicole che già si affacciano al mercato dei nuovi superconduttori, perfino promettenti nella progettazione dei microchips di domani. Macchine per taglio a getto d'acqua. Studi su materiali e componenti necessari in oceanografia. Sono solo alcuni dei campi in cui gli studi sulla misurazione delle medie e alte pressioni si rivelano decisivi.
Venendo alla nostra realtà di comuni mortali, la fisica delle medie e alte pressioni sta rivoluzionando le tecniche di conservazione degli alimenti, sostituendo la pastorizzazione con trattamenti a pressione che conservano meglio le caratteristiche organolettiche degli alimenti. Insomma una disciplina con alte valenze economiche e produttive, generatrice di tecnologie all'avanguardia e capaci di stimolare innovazione e sviluppo nella ricerca applicata. È una disciplina che annovera nel mondo davvero pochissimi specialisti e ancora meno teorici. Le università e i centri di ricerca pubblici che se ne occupano sono ancora meno: è così densa di implicazioni economiche che le grandi aziende preferiscono sviluppare nei loro laboratori le ricerche nel settore, sempre a caccia di nuovi materiali e tecnologie per competere nel mercato globale.
La funzione della ricerca pubblica l'hanno ben chiara gli statunitensi e gli altri europei, neanche i turchi ci scherzano su e investono parecchio anche loro. Per questo Gianfranco Molinar Min Beciet, direttore dell'Istituto di metrologia del Cnr "G. Colonnetti" di Torino fino a 12 anni fa, ha lavorato una vita con statunitensi, indiani, sudamericani e australiani al perfezionamento di programmi di misurazione della alte e medie pressioni. Ha fatto valere le intelligenze del nostro paese, molte le ha formate e lanciate. Adesso ogni tanto se ne va in Turchia a costruire "da pensionato" con le università del luogo quello che l'Italia ha smantellato. Insieme con l 'amico e collega Franco Pavese pubblica negli Usa le conclusioni di una ricerca che non finisce mai e che laggiù trova la considerazione che merita. Otto anni fa è andato in pensione, nel frattempo l'Istituto di metrologia "Colonnetti" è uscito dal Cnr ed è stato fuso con l'Istituto "G. Ferraris" per dar vita all'Inrim (Istituto nazionale di ricerca metrologica), pesantemente colpito dalle varie spending review che hanno impedito ogni sostituzione del personale con le conseguenze che si possono immaginare... Gianfranco Molinar conosce bene anche la pressione (altissima) che il nord del mondo esercita sulle zone più povere del pianeta. Per questo ogni anno va in Burkina: porta macchine, denaro raccolto, speranze e e progetti alla cooperativa locale di produttrici di burro di karitè.

Mariano

PS Se volete leggerlo sull'Huffington Post, lo trovate qui



KING GEORGE: VERA GLORIA?

Si avvicinano le dimissioni di Napolitano e le conseguenti elezioni del suo successore. Bilanci e  fibrillazioni
Neanche Lenin…
Si avvicina la fine della presidenza Napolitano e – prima che fiumi di inchiostro e un diluvio di chiacchiere si abbatta su di noi, colpevoli consumatori di notizie – qualche considerazione va pur fatta. Specialmente perché il suo quasi novenato (si dirà così? eletto la prima volta nel maggio 2006, rieletto nell’aprile 2013) lascia uno strascico di storie aperte e di precedenti che hanno aperto la strada a un nuovo modo di interpretare il ruolo di presidente della Repubblica italiana.
Più di otto anni fa l’elezione di Napolitano al Colle venne salutata come il definitivo superamento delle divisioni e fratture ideologiche del novecento. Un ex comunista diventava la massima autorità di garanzia dello Stato, dunque la fine certificata del fattore k, dell’anticomunismo, delle contrapposizioni ideologiche e così via.  Fino alla caduta di Berlusconi Napolitano ha effettivamente ricoperto un ruolo di garanzia, soprattutto all’estero, facendosi garante a fronte di un mondo preoccupato della stabilità italiana, del rispetto dei patti e della sua tenuta politica.

L’UTILE IDIOTA

Oramai ce ne sono di tutti i colori e di tutte le qualità. Non sono solo voltagabbana, profittatori e magari anche opportunisti della peggiore specie, c’è anche chi lo fa gratis…
Leccare
In questi tempi davvero complicati e incerti – non si sa bene dove vada questo mondo e cosa ci riservi il futuro prossimo, dunque inquietudine a manetta – si va affermando una  categoria sociale che è sempre esistita, ma che sta acquisendo una rilevanza e un’importanza sconosciuta nel passato: gli utili idioti.
Non sono semplici profittatori, vale a dire individui pronti a intrufolarsi dovunque,a porgere le terga a chiunque purché in cambio di qualcosa, a disinteressarsi degli altri per affermare i propri meschini interessi, a qualunque costo…
Non sono neanche le classiche banderuole, gente che naviga ai bordi del vascone del potere – che sia sul luogo di lavoro, nel mondo politico, perfino nelle assemblee di condominio, capace di negare oggi l’evidenza di ieri e quella di domani. Le banderuole abbondano da secoli, in Italia sono il sale su ogni fase della nostra storia e il veleno di ogni soluzione alle crisi ricorrenti, regimi totalitari inclusi.

LAVORO? di F. Maletti

Tra “lavoro che non c’è”, Jobs Act, lavoro che c’è e lavoro che non si vede. L’opinione di uno che se ne intende.Oltre gli slogan e le illusioni, la sostanza. 
Se il lavoro ha cambiato verso non si può cambiare verso al lavoro, ma regolamentarlo diversamente tenendo conto dei mutamenti intervenuti.

Ricordo che, sul finire degli anni sessanta del secolo scorso, nel periodo di massima espansione della società industriale in Italia, uno dei problemi che si ponevano gli esperti era quello di come riuscire a conciliare l’impetuoso progresso tecnico con una struttura dell’occupazione che fosse in grado di reggere il confronto. Si notava come, durante l’evoluzione tecnologica, il tempo intercorso tra la scoperta ed il suo sfruttamento commerciale tendesse a ridursi drasticamente: fino a sfiorare lo zero. Infatti, mentre per la fotografia erano occorsi 112 anni, per il telefono “soltanto” 56, per la radio 35, per il radar 15, per la TV 12, per l’energia atomica 6, per il transistor 5. Tutto questo poneva già allora dei seri problemi di adeguamento tra domanda e offerta di lavoro: mentre dalla parte della domanda erano richiesti al lavoratore un livello culturale ed una preparazione progressivamente superiori, dalla parte dell’offerta i tempi di preparazione, di formazione e di adeguamento dei lavoratori diventavano quasi zero.

IO BIO, EGLI MANGIA, TU PAGHI!

Questa brutta  politica  riesce a sporcare perfino ciò che è davvero importante per l’economia e la cultura di questo paese. Eccovi la storia dell’Associazione “Città del Bio” e della sua sede nazionale. La politica a sbafo.

Lo sanno bene i cittadini di Grugliasco che le mense scolastiche della città vantano una storia di forniture provenienti da coltivazioni biologiche (quando ancora non era di moda) e l’elaborazione di una dieta che ha fatto scuola in Italia, insieme a quella di altri comuni sensibili al tema, Cesena in testa.
Cosa siano diventate oggi le belle storie di vent’anni e più fa, lo rinvio ad altri post del blog (leggi): frutto di una politichetta sempre più schifosa, fatta da mediocrità insopportabili perfino per i loro stessi pari. Ma i cittadini se li votano, dunque ...
Ebbene, accade un giorno che proprio a Grugliasco nasca un’Associazione Nazionale “Città del Bio”, destinata a mettere in rete le esperienze di promozione e sostegno all’agricoltura biologica, incentivando i mercatini, rilanciando le esperienze di mense pubbliche bio, e chi più ne ha, più ne metta. Raccoglie numerose adesioni, in po’ in tutta Italia, specialmente da comuni agricoli o a vocazione agrituristica.

FARE IL SIGNORE COI SOLDI DEGLI ALTRI

La storia che vado a raccontare ha tutte le caratteristiche per diventare lo specchio di un paese istupidito fin dalle fondamenta dalla propaganda scambiata per buon senso
Il tendone
Location: un centro culturale ristrutturato con fondi europei, pieno di locali e di spazi di pregio inseriti in un parco al centro della città.
Personaggi & interpreti: una sedicente Cooperativa molto ben introdotta in Regione e capace di convogliare sulle sue imprese finanziamenti pubblici rilevanti, sindaco contaballe, assessore “marziano”, un manipolo di consiglieri comunali capaci di dondolare il capo come facevano i cagnolini di peluche a vista sul cruscotto posteriore delle auto dei nostri nonni.
In un “parco culturale” di una ridente cittadina del selvaggio west dopo decenni di fatiche i lavori di ristrutturazione e di recupero del giardino e degli immobili si avvia finalmente a conclusione. La città apprezza questo gioiello situato proprio nel suo centro, anche se i cittadini cominciano a lamentare che è sempre chiuso, apre quasi solo in occasione delle feste di regime. Pazienza: le cose cambieranno, prima o poi, ci penserà Renzi!
Un bel giorno la notizia: il Comune ha deciso che nel giardino – quello dove si allestiscono gli spettacoli estivi – sorgerà un tendone permanente. Ci sono già i finanziamenti, serve proprio un posto dove fare gli spettacoli d’inverno, è una cosa stupenda per la città, eccetera.

LA SCUOLITE

In tempi di “annuncite” e di altre patologie che segnalano la trasformazione della realtà in virtualità, anche la scuola…
La bua dello studente
Non stavo bene”, ti dice lo studente assenteista con l’occhio finto-spento a cercare di supportare il concetto che ha appena espresso.
Stava talmente male che si sta già ingozzando di pizza sintetica e coca-cola, eppure non sono ancora le nove del mattino.
Eh, prof, non posso mica parlare con lei di queste cose da donne”, allude la fanciulla che ha il ciclo tre o quattro volte al mese, così regolare che spacca il secondo. E giustifica l’uscita anticipata per forti dolori, proprio come quel suo compagno che, in odore di interrogazione, ha preferito stare male dalle 9 alle 10, guarire alle 11,30 e poi riammalarsi verso le 13, in tempo per schivare l’ultima ora, quella fatale.
Il virus della scuolite gira come un pazzo per le scuole, colpisce quelli predisposti, dal sistema immunitario indebolito da pomeriggi a giocare col pc o a trastullarsi in altri modi che è meglio solo evocare. O anche solo acciaccati dall’inattività forzata, o ancora dagli sforzi per sfuggire ai redde rationem della vita, perfino intaccati nel profondo dall’ansia di non farcela a schivare gli assalti degli adulti vogliosi di prestazioni secondo le loro aspettative esagerate, genitori o insegnanti che siano.
Di qui la scuolite, che si manifesta in varie forme e con sintomi non sempre identici.

LA CASERMA CHE NON C’E’

Il senso del futuro resta solo nelle roboanti dichiarazioni di chi ne parla. E che spesso se lo mangia davanti ai nostri occhi.
Domani è un altro giorno…
In sintesi, questa la storia. L’amministrazione comunale della mia città prende un campo sportivo e, con una variante al Piano Regolatore, lo trasforma in palazzi. Dato che ne vuole fare tanti – l’area è in ottima posizione e forse qualche acquirente si riesce ancora a trovare per gli appartamenti “nel verde” – giustifica il carico di cemento ulteriore con la bella leggenda: lì sorgerà la nuova caserma dei Carabinieri.
Siccome vogliamo proprio costruirla – deve aver detto ai consiglieri comunali creduloni che poi hanno votato la variante– e farla anche bella grossa perché possa ospitare tanti bei Carabinieri, dobbiamo caricare di cemento l’area più del normale”. Se qualcuno avesse trovato da ridire, ecco pronta la renzata: “Sarete mica contro una realizzazione che renderebbe Grugliasco più sicura?”. E loro hanno votato, come sempre. Sono il branco personale del sindaco, mica scherzano.
Passano circa due anni, i palazzi sull’area cominciano a crescere ma… sorpresa: la caserma non si fa più!

L’ASFALTATURA

Il fine giustifica i mezzi, sosteneva un importante toscano del passato, ma davvero i “diritti degli altri” possono essere uno strumento per far fuori gli avversari? Chi sta rottamando cosa?

Confesso che l’idea che Renzi abbia “asfaltato” l’immarcescibile ceto politico del PD – lo stesso che ha determinato con il suo inciucismo le condizioni per la sua rapidissima conquista del partito e del governo, lo stesso che sembrava ancora capace di perseverare nei guasti che ha prodotto in questi troppo lunghi anni - mi ha fatto fremere di piacere. Vedere i dalemi e soci arrancare e annaspare di fronte alle spallate di Mr Bean mi ha anche dato la dimensione dell’equivoco in cui siamo incappati e rotolati per anni: li credevamo uomini e donne di Stato, sovente li criticavamo, mai però abbiamo pensato che non operassero per il bene comune e sulla base di ragionamenti e strategie a lungo studiate e frutto delle migliori menti del paese. Tutte balle: come tutti gli altri, hanno pensato, nell’ordine, a sé stessi, al loro amici, alla ditta e… se avanzava qualcosa, allo Stato. Come il loro discepolo, quello che si è appena vantato di averli asfaltati.
Hanno passato la vita a tessere tele complicate nelle quali la parte del ragno l’ha sempre fatta qualcun altro, le vittime erano sovente i loro affezionati elettori, italicamente votati a farsi prendere per fame, ciclicamente drogati con gli alti valori del solidarismo e del socialismo. Uno sventolio di bandiere rosse, qualche richiamo alla dottrina sociale della chiesa e tanto magone hanno condito questa lunga stagione nella quale ci spiegavano, un giorno sì e l’altro pure, come stare al mondo, come pensare e come votare. Prima che Renzi li asfaltasse, hanno asfaltato ogni forma di dissenso (ricordate Veltroni l’africano?), ogni germoglio di nuova sinistra, ogni barlume di spirito critico scegliendo le liste bloccate e la fedeltà del cane col padrone; eppure questo paese ne avrebbe avuto tanto bisogno, ma rischiavano troppo per operare diversamente da come hanno fatto. Adesso siamo all’epilogo, Renzi ha imparato come si fa e opere su di loro. Su di loro? Siamo proprio sicuri?

La resa dei conti all’interno del PD, in realtà, ha una vittima certa: i lavoratori e il lavoro. Non per una questione di principio intorno a un articolo già sufficientemente sgonfiato della sua portata effettiva, ma più semplicemente perché ha costretto il paese a schierarsi non già a mirare i fallimenti di questi politici, che il lavoro l’hanno ammazzato, ma i pochi diritti di chi ancora ce l’ha. Renzi li ha trasformati in “privilegi”, che impediscono alle aziende di dare lavoro ai giovani. Ben sostenuto dai mass-media, ha costruito un conflitto fra generazioni e persone che non esiste, ma che monopolizza discussioni e ragionamenti da ormai un mese.

L’epilogo della faccenda ancora non lo conosciamo, di certo il lavoro esce ancora una volta pieno di lividi, utilizzato da un giovanotto di belle speranze e di tanto cinismo per asfaltare i compagni di partito, al fine di sottrarre loro il potere residuo per distribuirlo ai suoi amici. E’ il degno esito di un paese che – pur consapevole di ciò che accade e di ciò che potrebbe accadere prossimamente – preferisce continuare a scegliere gente e organizzazioni così.
Le alternative possibili si sono rivelate l’altra faccia della stessa medaglia, della stessa inconsistenza, forse con un po’ di coraggio in più. Senza un’alternativa, inutile rimproverare agli elettori le scelte sbagliate, sono le uniche possibili. Senza un’alternativa, il paese va a fondo e sottacqua anche l’asfalto si sgretola.

Chi asfalterà l’asfaltatore?

Mariano

BLAGUMA NEN

L’impazzimento generale sembra aver subito una generale accelerazione. Anche Chiamparino…
L’art. 18 per sms
Vediamo di riassumere la storia di oggi: mentre Renzi negli USA limona con Marchionne, rimasto l’unico commercialista svizzero a sostenerlo, il Presidente dalla Regione Piemonte Chiamparino si propone in un’intervista come “pontiere” con la dissidenza PD  intorno alla ventilata abolizione dell’ art. 18. Forse il Chiampa si è un po’ ingelosito da tutta questa intimità ostentata dai due in terra americana. Che diamine! Lui con il Marchionne ci giocava a carte da ben prima che Renzi lasciasse la DC! Dunque si ributta nella mischia, a suo modo.
Sia come sia, il Chiampa ottiene il risultato che attendeva. Da Detroit il nostro Mr. Bean gli manda un sms in cui gli chiede di fare da mediatore nella complicata faccenda innescata da una guerra ideologica ancora una volta destinata a distrarre gli Italiani dai loro problemi veri e dall'evidente inadeguatezza anche della nuovissima classe politica.

TATTOO YOU!

Appena ripresomi dallo stupore per gli orari dei medici degli studenti , che ricevono solo al mattino (leggi), ecco un’altra tegola: anche i tatuatori…
Il valore del sapere
Ore otto, si aprono le porte: una massa di studenti supera la soglia, travolge bidelle e vicepreside per dirigersi, come ogni mattina, verso le accoglienti aule dell’istituto. Gli insegnanti si fanno sottili contro i muri per non essere travolti anche loro e salutano qualche studente di loro conoscenza, alle volte basta anche solo un sorriso o un gesto significativo con le mani.
Sono lì anch’io a fare le stesse cose, ma (variante inattesa del copione solito) un giovanotto si ferma per dirmi qualcosa:
“Professore, ha visto? Stamattina avevo da fare, ma sono venuto lo stesso perché dovevo farmi interrogare. Si ricorda? Ho preparato due capitoli… Poi esco, mi viene a prendere mio padre
Bravo! – gli rispondo – Ti interrogherò alla quarta ora, prima vorrei spiegare un po’. Siamo all’inizio dell’anno e già cominci con le uscite anticipate? Guarda che, così facendo, ti fai del male. Ricordati che sei appena stato promosso per il rotto della cuffia…”

LA BELLA SCUOLA

Anche per i bambini di tre anni questi sono i primi giorni di scuola. Alcuni di loro, accompagnati da genitori trepidanti e un po’ distratti - accolti da maestre forse con poco coraggio - cominciano nel peggiore dei modi la loro avventura nel magico mondo dell’istruzione…

Antefatto
: una scuola materna, costruita negli anni ‘70, perde i pezzi (alcuni dei quali di amianto). Dopo anni di incuria e di menefreghismo gli amministratori comunali se ne accorgono – forse perché qualche costruttore loro amico ha manifestato interesse per l’area – e decidono di affrontare il problema. Come? Chiudendo la scuola e smistando i piccoli allievi in due scuole elementari, una molto vicina, l’altra leggermente più lontana.
Una sparuta minoranza di genitori manifesta qualche preoccupazione e chiede garanzie sui tempi e sulla qualità dei locali nei quali i loro pargoli passeranno 8 ore tutti i santi giorni feriali dell’anno scolastico. Sono preoccupati perché poco lontano sorge (si fa per dire) un edificio che ha subito quattro anni prima sorte analoga: trattasi di una scuola media – chiusa per una ristrutturazione che avrebbe dovuto concludersi in due anni e i cui lavori sono fermi da tempo immemorabile – i cui allievi sono stati deportati in altro edificio per non rivedere più la scuola di partenza nel loro corso di studi.

SESSANTA

Non mi ero ancora abituato a essere adulto e mi ritrovo già vecchio!
Mollezze
Il 12 settembre sono arrivati i sessanta, un compleanno come tutti gli altri, se non fosse che quel numero è davvero uno spartiacque. O, almeno, lo era…
Prima della Fornero a sessant’anni si andava in pensione; anzi, ci andavano gli sfigati perché tutti gli altri lasciavano prima il lavoro con incentivi, bonus e anni di stipendio per stare a casa in attesa dell’agognata pensione. Il paese andava a fondo, ma brillanti cinquantenni sfoggiavano abbronzature fuori stagione (e ancora lo fanno), appena condite con qualche lamento sul mancato adeguamento della pensione negli anni. Li invidiavi, ma sapevi che anche tu, sfigato, a sessant’anni saresti andato in pensione, magari giusto in tempo per badare ai nipotini che nel frattempo sarebbero arrivati.
Poi è arrivato il governo Monti e sotto il loden verde - che tanto piaceva ai giornalisti, ai demos e a Napolitano - ci ha portato la fregatura di una ministra che ha riformato le pensioni senza nemmeno sapere cosa faceva...
Fine dei sessanta come traguardo di una vita, inizio dell’incertezza (quest’anno? il prossimo? no, ancora due, forse tre…). Una certezza nuova: ai nostri figli il compito di pagare le nostre pensioni, con l’assoluta sicurezza di non goderne nemmeno di striscio, se non per beneficienza indiretta.
A sessant’anni devi prepararti alla morte, hai già la dentiera che depositi la sera in un bicchier d’acqua che fa ribrezzo ai tuoi famigliari più giovani. Passi il tempo a lamentarti degli acciacchi dell’età ascoltando la musica dei tuoi anni ruggenti, ma non vai a ballare perché sei stato di estrema sinistra tutta la vita e cedi malvolentieri alle lusinghe delle gite sociali in pullman, quelli delle pentole. Intasi i servizi sanitari presentandoti alla mattina presto a fare i prelievi seguito dalle maledizioni dei più giovani che hanno fretta – devono andare al lavoro, a portare i figli a scuola… – e che si chiedono che cosa hai da fare tutto il giorno per esserti alzato così di buon ora. Dimentichi le cose, tranne che quelle del tuo passato e, a volte, ti vengono botte feroci di quel sano egoismo che avevi (solo in parte) lasciato diventando adulto e che adesso torna a invadere i tuoi pensieri e le tue ansie.
Oggi i giovani non hanno voglia di lavorare”, “Ai miei tempi, pane e polenta e pedalare…. mica tutti ‘sti vizi”, “Non ci sono più le stagioni di una volta, forse il buco nell’ozono è vero” e avanti così a commentare gli esiti del paziente lavoro proprio della tua generazione, quella che è riuscita a fare così bene, specie nella sua fase terminale.
Ti lamenti dell’educazione dei ragazzi, della mancanza di rispetto e del degrado della società: non come quando eri giovane tu. Fai finta di esserti dimenticato le trasgressioni, le follie, le ribellioni e, quando proprio non ci riesci, ti dici che le ragioni del tutto erano così nobili da legittimare ogni azione. Non come i giovani di adesso che hanno la pappa sempre pronta e sono smidollati…
In me c’è qualcosa che non funziona: sono arrivato a sessanta, ne ho lavorati 41 e non mi mandano in pensione. Per tutto questo tempo ho fatto un lavoro che mi ha fatto crescere, migliorare e divertire. Ho dato parecchio e ho ricevuto assai di più, non parlo di soldi. Sul lavoro ricevo tanto anche adesso, ma non ditelo a Poletti sennò davvero mi manda a lavorare fino alla morte.
La mia famiglia mi piace, tanto; certe volte mi fa arrabbiare, ma mai abbastanza da rendermi rancoroso e truce per più di qualche minuto. D’altra parte debbono resistere a un soggetto davvero ingombrante e so che hanno lottato e a volte lottano per non essere sopraffatti da una personalità un po’ strabordante. Non credo di aver mai detto loro dell’amore che provo perché non sono capace di queste smancerie, ma lo sanno. Non sono mica ottusi.
Ho degli amici che amo e che mi amano, sopportandomi e qualche volta facendosi sopportare. Alcuni li conosco e frequento da così tanti anni che mi sembrano fratelli e sorelle. Tanti mi vogliono bene perfino quando sarebbe per loro più semplice fare finta di non conoscermi. Vado in giro a testa alta perché sono certo che nessuno potrebbe imputarmi qualche atto disonesto o poco civile, ricevo ancora oggi apprezzamenti per le cose che ho fatto, per quelle che faccio. Qualche temerario si spinge a incitarmi a farne ancora.
Mi piace ascoltare la musica di adesso, mi vanto di essere quasi un’enciclopedia dei gruppi e dei solisti nuovi, quelli che cominciano adesso la loro carriera in musica (ultimamente ho una massione per J. Wilson i New Pornographers e Bugo). Torturo i miei studenti proponendo loro l’ascolto di tutti questi “strambi”, qualche volta si innamorano anche loro di musicisti di cui non sapevano l’esistenza e mi commuovo. Mi piacciono gli artisti originali, che non copiano e che presentano una visione un po’ esasperata e poco convenzionale, soprattutto quelli che tentano l’azzardo del futuro. Mi piacciono gli artisti seri e l’arte contemporanea che induce riflessione senza strafare per stupire; poi mi piacciono le donne della mia età, che assomiglino a mia moglie.
Mi sento spesso in colpa verso i ragazzi e le ragazze che hanno voglia di fare – e anche i numeri – perché li vedo annaspare e non so come aiutarli meglio. Ogni giorno che passa mi piace sempre meno la politica e quelle figure tristi che popolano i palazzi e le istituzioni: mi viene voglia di irriderli e, quando posso, lo faccio (una risata vi seppellirà). Non ho neanche la dentiera. Ci pensa la mia dentista, l’investimento più costoso dopo la casa.
Insomma, niente di quello che da giovane pensavo che sarebbero stati i miei sessant’anni si è avverato, tranne la gioia di Cloe e Maria: niente pensione, denti a posto, bella famiglia, affetti intensi e solidi, serenità maggiore, libido sommariamente intatta (mai stato un focoso, neanche da giovane), voglia di futuro, curiosità immensa e tanto altro che tralascio. Solo che…
Una cosa però mi ricorda che sono in età: accavallando le gambe, senza aggiustare il tutto prima, avverto un certo dolore che fino a qualche anno fa neanche sapevo si potesse provare… Che sia la vecchiaia? 
Mariano

IL TOP

Proviamo a raccontare una storia incredibile in modo comprensibile a tutti, anche a quelli che continueranno a sostenere di non aver capito...
Scheletri, affari e rampolli

In una ridente cittadina di quasi cinquantamila abitanti del nord industrializzato (una volta, oggi meno), governata da sempre dalla sinistra – quella che sa coniugare affari e discorsi di uguaglianza sociale, servizi non male e sacche di clientelismo da far impallidire la parte mafiosa del sud Italia - al punto da essere chiamata con l’appellativo di “calce e martello”, ai politici locali non basta più il maneggio solito, quello da prima repubblica.
I tempi sono cambiati e bisogna lavorare in grande stile: ampliare la società pubblica della spazzatura per fare posto a nuovi clienti e a nuovi politici da foraggiare con poltrone di sottogoverno, delegare a società in odore di malavita la gestione delle trasformazioni territoriali per oltre mezzo milione di metri quadri; già che ci sono creare una società dal nulla per piazzare il giovane rampollo della politica locale e alcuni professionisti “di area”. Si chiama rinnovamento.
Passano gli anni, giusto quelli che servono al giovanotto – che vive di politica da quando smise di fare lo scout – per procurare un mare di debiti alla società di cui è stato messo a fare il presidente.

GRAZIE

Ringraziare per l’attenzione, la prestazione, la considerazione sembra essere diventato un fardello troppo pesante per i duri e le dure che popolano il pianeta…
La contemplazione dell’ombelico
Entrare in relazione con qualcuno richiede alcuni semplici accorgimenti, uno di questi è ringraziare – anche solo con un cenno sonoro o visivo – chi ti fa, da, offre, suggerisce, elargisce qualcosa. Che si tratti di disponibilità verso di te, di trasferimento di beni e servizi, di semplice manifestazione di attenzione.
In quasi tutti gli angoli del mondo, questo segno si sintetizza in “Grazie”, naturalmente declinato in tutte le lingue del pianeta e formulato, a volte, con varianti che ne arricchiscono o modificano il significato. Per limitarci all’Italiano: “Grazie e mille”, “Grazie, a buon rendere (orribile!)”, “Ti ringrazio”, “Davvero tante grazie!”, “Ti sono grato/a” e così via.
Sembra ovvio e semplice, ma così non è: sempre meno gente ringrazia. Non sai se lo fa perché ritiene giusto così, se consapevolmente vuole privarsi del piacere di dare piacere al benefattore, se è per maleducazione o se nessuno gli ha spiegato che si fa così.
Non mi riferisco solo ai giovani virgulti, che crescono nella più totale ignoranza delle regole del vivere civile, assuefatti a non essere calcolati da genitori perennemente occupati a contemplarsi il tatuaggio e perciò ancora più disattenti; anche gli adulti cominciano a manifestare una preoccupante carenza di attenzione al prossimo.  Dal quale si esigono servizi e attenzioni, senza il dovere della reciprocità: abituati ad avere, si perde la cognizione dell’essere. Assuefatti all’individualismo sfrenato, si compiono solo i gesti che servono allo sviluppo abnorme dell’Io.
Certe volte un grazie è quasi una forma di ipocrisia: lo sa chi ringrazia e lo avverte il ringraziato, ma non è un problema. Dire “Grazie” serve anche solo a segnalare che si ha la coscienza di quanto ricevuto, indipendentemente dalla considerazione per chi ha dato e dalla simpatia/affetto che si prova per lui/lei. E’ un modo per dire che ce ne siamo accorti, non necessariamente che apprezziamo.
Ma neanche mettendola così certi ceffi ringraziano, rivelando una malessere più profondo, quello dell’autismo sociale. La crescita degli individui consiste in una progressiva ricollocazione degli stessi nel mondo: le esperienze e l’età ci insegnano che non siamo noi il centro del mondo, che ci sono anche altri che, come noi, vivono, amano, odiano, desiderano, fanno e disfano. Sempre più adulti paiono non aver mai superato la prima infanzia.
Proprio come quei simpatici soggetti (di tute le età, ma in prevalenza avanti con gli anni) che si muovono per il mondo convinti di avere tanti diritti e pochi doveri, naturalmente a scapito delle nuove generazioni. Mai si sognerebbero di ringraziare per il tanto che hanno: se lo sono guadagnato e che gli altri si aggiustino se non sono stati così abili.
Comunque sia, guai ringraziare! Potrebbe essere un segno di mollezza, di fragilità. Di cui la società cattiva potrebbe subito approfittare impedendovi (se siete maschi) di far scivolare il vostro sguardo, puntato sulla contemplazione dell’ombelico, sempre più in basso a contemplare l’unico organo che oggi parrebbe contare davvero qualcosa.
Mi scuso con quelli che non ho ringraziato, sarà successo anche a me…
Mariano

GLI ESAMI DI RIPARAZIONE

Perché c’è sempre un’ultima chance… e guai a non tentarla!
Al via i preliminari…
Primo settembre, si torna a scuola. Gli insegnanti per le attività di preparazione all’anno scolastico che comincia, qualche allievo delle superiori per gli esami di riparazione. Che cosa ci sia da riparare non si è ancora mai capito del tutto, infatti qualcuno dei ministri del passato ha cambiato il nome all'esame in “recupero del debito formativo”. La teoria vuole che gli studenti, che avevano diffuse insufficienze alla fine dell’anno scolastico e che non sono stati bocciati subito, possano presentarsi a settembre dopo aver fatto in poche settimane d’estate quello che non avevano fatto in 8 mesi di scuola, corsi di recupero compresi.
Qualche che sia il nome degli esami di settembre, si comincia oggi con Lettere, cioè Italiano e Storia. Poi a seguire le altre materie. Alla fine della prima settimana di settembre si conoscerà la sorte degli studenti che a giugno erano stati “sospesi”, intendendo con questa qualifica che il giudizio finale (promosso/bocciato) era stato sospeso in attesa dei formidabili recuperi che i pargoli avrebbero realizzato con il duro lavoro estivo.
I “graziati” di giugno si affacciano timidamente sull’uscio delle aule dove i docenti, che masticano ancora amaro per le boutades estive di Mr Bean (tutte puntualmente diasattese), attendono una loro performance che giustifichi almeno la presenza. E così cercano di spremere dai virgulti  - inchiattiti dal troppo cìbo spazzatura e bruniti da botte di sole preso tutto insieme e abbondantemente innaffiato dalle piogge monsoniche di quest’estate – frammenti di frasi che lascino intendere un qualche interessamento estivo verso la loro materia.
Oggi ho sentito raccontare: la peste del trecento con milioni di cadaveri del tempo pronti a risorgere per squartare lo studente interrogato; la riforma di Lutero che, sentendo il resoconto del giovanotto davanti a me, dalla tomba anelava ritornare dal papa per chiedere scusa per tutto il casino che aveva fatto, accompagnato dalla pulzella d’Orléans che aveva belle visioni  e desiderava tanto uno smarthphone; perfino la pace di Westfalia ha assunto un colore e una prospettiva che mi ha fatto amare il mio studente “riparante”.
Passerà anche lui, qualcosa ha studiato, speriamo solo che si sia preparato un po’ meglio nelle altre materie quelle che deve recuperare nei prossimi giorni.

Ascolti, deplori, scherzi e lo sgridi delicatamente, lui sa che promuovi parecchio e ti fila.
Poi ti chiedi se non sarebbe meglio che l’anno scolastico fosse diviso in due semestri (come negli USA): le materie che non sono sufficienti le ripeti – insieme a quelle nuove – anche nel secondo semestre. Se non basta, rifai l’anno. Avremmo meno ripetenti e più studenti che compiono il corso di studi negli anni regolari; la loro preparazione sarebbe almeno pari a quella attuale, in più ci eviteremmo la farsa degli esami di riparazione..

Questi sono solo i preliminari, poi si verrà al dunque. Ancora 14 giorni, poi turneremo a chiederci il senso del nostro lavoro, dell’istituzione, insieme a cosa possiamo fare per contribuire a creare un paese meno superficiale, ignorante e opportunista. Magari cominciando, noi per primi, con noi stessi...
Mariano

UNA GIUSTA

La cricca dei sindacalisti pubblici sotto attacco. Forse stavolta il governo ne ha fatta una giusta
A lavorare!
La notizia esplode coma una bomba d’estate: la Ministra “madonna” Madia ha dato attuazione all’impegno di ridurre del 50% i distacchi di dipendenti pubblici presso i sindacati delle categorie corrispondenti. Pare che i responsabili dei sindacati abbiano tempo una settimana per fornire l’elenco dei dipendenti pubblici distaccati presso i loro uffici che rientreranno in servizio per “cessato privilegio”. Una vera goduria, anche se sono certo che i sindacati si terranno ben stretti non già dei più bravi e e solerti nell’assistenza ai lavoratori, ma quelli più appoggiati da questo o quel dirigente o sponsor politico.
Pazienza per i bravi sindacalisti, potranno ben farsi valere nei luoghi di lavoro, ansiosi di accogliere gente che hanno visto magari vent’anni fa per qualche minuto e poi solo più a libro paga.

IL NUOVO CHE INVECCHIA

Manutenzione estiva. Oltre che la salute, gli immobili, anche le esperienze incoraggiano l’esplorazione di un paese che sorprende sempre
Rottamando…
Sala d’attesa di un noto gabinetto medico torinese, famoso per la professionalità dei dottori, l’eccellenza delle strumentazioni, l’abitudine rilasciare sempre fattura, anche se non la chiedi (giuro! è vero!) e per le attese chilometriche nonostante l’appuntamento. Gente seduta, un po’ di tutti i tipi e – si intuisce – di condizioni sociali ed economiche molto differenti. C’è quello che ha fatto sacrifici per arrivare lì, quello che ci viene per la fama e la cura, quello che è sempre venuto qui e si è sempre trovato bene. Dato che le attese sono interminabili (mai aspettato meno di tre ore, stavolta quattro e mezza!), una grande tv sempre accesa intrattiene gli ospiti  senza giornali o libri da leggere;  la batteria dei cellulari, con cui giocare compulsivamente, finisce troppo in fretta, meglio risparmiarne un po’ in caso di bisogno.
Arrivano le 20 e sullo schermo scorrono le immagini del telegiornale, il TG1: un quarto d’ora di Renzi, delle sue prodezze, dei suoi annunci e delle sue polemiche. Intorno i ministri e le ministre valletti/e a fare da riempitivo  silenzioso e sorridente. Qualcuno dei pazienti in attesa sbuffa, qualcun altro si limita a prendere in mano la rivista che aveva appena posato, altri ancora si stampano sul volto l’espressione standard di chi sta aspettando che finisca.

SCUOLA: UNA MANO DI BIANCO

Le attenzioni renziane per l’istuzione: un primo bilancio del saldo fra detti e fatti
#staifresco!
L‘ultimo giorno di Esami di Stato si commentavano in allegria le uscite renziane per quanto riguarda la scuola: qualità e centralità dell’istruzione, scuole aperte tutto il giorno, laboratori, riqualificazione dei docenti, nuova dimensione del rapporto scuola-territorio e così via.
Uno dei colleghi pensionandi (ce ne sono ancora, sempre meno, ma ce ne sono…), posando la tazzina del caffè stoppò la chiacchiera dicendo: “Tutto ‘sto predicare di scuola si riduce a una mano di bianco. Come se fosse questo il mezzo per nascondere il disastro…”. Neanche i fan di Mr Bean – pure ben presenti fra i commissari - osarono contraddirlo, si cambiò discorso. Era il 2 luglio, l’inizio dei lavori per dare una mano di bianco alle scuole era annunciata renzianamente per il giorno prima.
Vediamo cosa è successo, soprattutto proviamo a dare qualche numero relativamente alla gragnuola di annunci e di hashtag densi di promesse e di trionfi. Efficace e ben documentato quello di Vendemiale sul Fatto (leggi).
Ecco in sintesi il bilancio: 3,5 miliardi promessi dal Governo (2 per il 2014), 550 realmente disponibili, 400 milioni per #scuolebelle e 150 per #scuolesicure. Per #scuolenuove si vedrà più vanti.
Per quanto riguarda il primo intervento (#scuolebelle), sono stati ammessi 7700 interventi con uno stanziamento medio di 19.000 per intervento. I lavori avrebbero dovuto cominciare il 1 luglio per concludersi con le vacanze estive. Non risultava a fine luglio che  che ne fosse partito qualcuno, in ritardo le procedure per le gare. Se va bene, quelle scuole cominceranno l’anno scolastico con  i lavori di tinteggiatura in corso.
Per quanto riguarda il secondo intervento (#scuolesicure), al bando sono stati ammessi 2.400 interventi (con importi molto diversi fra loro), così che i 400 milioni finiranno in una spesa media di circa 160 mila euro per intervento. Interessante osservare che il 75% della spesa va a scuole del sud. Circa le tempistiche, trattandosi questi di lavori “pesanti” e destinati a durare mesi, l’esecuzione era già prevista nel 2015 e in presenza degli allievi che, come peraltro succede spesso, dovranno adeguarsi a soggiornare in una scuola-cantiere.
Poi ci sono le lamentele, i finanziamenti che non arrivano, i furbacchioni, quelli con gli appoggi, insomma le solite faccende italiche. Anche se in misura davvero sproporzionata rispetto gli annunci e alle aspettative create da Renzi, qualcosa nella manutenzione degli immobili si muove.
Per tutto il resto, niente. Con buona pace dei gufi, ai insegnanti allievi e famiglie il sms di inizio anno scolastico (fra un mese scarso è già ora) non potrà essere che quello del titolo #staifresco.
Mariano

ESSERE GRASSO

La seconda carica dello Stato è un modello per i cittadini tutti, specialmente per i giovani che coltivano nobili ideali….. Coerenza, coraggio e rispetto, tutto a piene mani!
L’Italiano vero
Proviene da una fulgida carriera nella Magistratura, abbastanza giovane da essere ancora utile al paese, ma così saggio come può esserlo solo chi ha lottato contro la Mafia. Se poi ha tirato qualche colpo basso per farsi strada, ha fatto il politicante dividendo la Procura di Palermo e sputato sul suo predecessore Giancarlo Caselli (per ingraziarsi chi?), se non tutte le sue azioni brillano per coerenza e coraggio… pazienza: chi siamo noi per giudicare (leggi)? Che cosa abbiamo fatto per poter mettere becco in questioni più grandi di noi?
Il suo ritratto – non proprio specchiato, ma assai ben documentato - l’hanno fatto di recente Travaglio e Buttafuoco (leggi) e a quegli illustri giornalisti rimando.
Il soggetto torna prepotentemente alla ribalta per il ruolo che ha avuto nell’approvazione in prima lettura della cosiddetta “Riforma del Senato”. Prima leone, fervente garante della Costituzione e delle regole su cui si fonda la convivenza pacifica e democratica, poi improvvisamente arrendevole all’eccesso, perfino capace – lui, uomo di legge – di calpestarla tranquillamente per raggiungere lo scopo che il padrone del Colle e Mr Bean gli avevano assegnato.

MALITALIA

Sarà la crisi, sarà l’individualismo sfrenato, sarà l’indole nazionale, ma lo sprofondo italico c’è anche nelle relazioni quotidiane
L’effetto grom
Accendi la radio e senti la giornalista del principale canale nazionale che parla della nazionale francese (hanno la maglia blu, calciatori, rugbisti e altri) e li chiama “i blues” (sì, proprio come la musica del neri). Ripete più volte la cazzata, sicura e tranquilla, tanto chi vuoi che si accorga che ha sbagliato a leggere e che è talmente ignorante e sciatta da non rendersi nemmeno conto dell’errore. Forse un giorno qualcuno segnalerà a lei e ai suoi colleghi – tra i pochi lavoratori a essere ancora profumatamente pagati a garanzia e premio della loro professionalità – che i Francesi chiamano i loro nazionali “les bleus”, dal colore della divisa. Proprio come noi chiamiamo i nostri “azzurri”. Correggersi, informarsi, far sorgere qualche dubbio? Ma va, non sono pagati per questo, ci vorrebbe il sindacato a rivendicare qualche benefit ulteriore.
Sei un bravo cittadino, rispettoso delle regole e delle leggi, dunque ti documenti per “essere a posto”. Cosa trovi nella maggior parte dei casi? Leggi scritte coi piedi, piene di rimandi, di eccezioni (per i furbetti), di frasi così “interpretabili” che sai già che saranno pane per avvocati... se solo le parti non riusciranno a mettersi bonariamente d’accordo, magari con qualche mazzetta per ungere.

SAN MICHELE DA GRUGLIASCO

Un mese fa il via all’Operazione San Michele. Evidente il ruolo dei politici locali e delle loro clientele nel mischiare politica e malavita organizzata. Qui da noi li nominavano nei CdA delle società del comune...
Ignavia e malaffare
Fin da quando l'Ordinanza di applicazione di misura cautelare “San Michele” – quella che ha dato il via alle recente operazione contro le infiltrazioni della criminalità organizzata – è diventata di pubblico dominio, gli organi di informazione hanno sottolineato i rapporti fra la 'ndrangheta e i Cetto Laqualunque (così li chiamano i capi durante i colloqui fra loro) della politica locale (leggi).
Se la levatura e il ruolo dei politici che vantano aderenze e che chiedono appoggi e voti emerge chiaramente dalle intercettazioni riportate nell'Ordinanza, meno evidente il ruolo (e le commistioni) di alcuni personaggi coinvolti in modo più diretto, ma non così noti al grande pubblico. Da loro, invece, derivano le sorprese più grosse.
Prendiamo il caso di Raffaele Bressi, commercialista collegnese, trait d'union fra il un consigliere comunale di Grugliasco Verduci e Toro, l'imprenditore in odore di 'ndrangheta. Dalle intercettazioni telefoniche si capisce che sanno di cosa parlano: lavori stradali, movimenti terra, appalti da tenere sotto controllo, fiumi di danaro per lavori pubblici in arrivo subito dopo le elezioni amministrative del 2012. Insomma, non di mezze calzette si tratta, il Bressi è un personaggio di spessore nel collegare imprenditoria malavitosa e politichetta locale. Trattasi peraltro di persona tutt'altro che sconosciuta agli amministratori comunali grugliaschesi.

I RENZIDELUSI

Agosto porta preoccupazioni, ripensamenti, cambiamenti di rotta e di simpatie. I mass media e ciò che resta della pubblica opinione forse stanno un’altra volta cambiando verso
La supercazzola è nei guai
Aumenta di ora in ora la schiera dei renzidelusi, una folta categoria di persone - solo qualche settimana fa pronte a passare sui distinguo e sulle critiche in nome dell'emergenza nazionale - che avevano creduto che il Matteo nazionale fosse davvero il messia del cambiamento, della riscossa di un paese mortificato dalla partitocrazia e dai privilegi. Tanta è stata la passione, tanto oggi è forte la delusione, unita a una malcelata preoccupazione su cosa succederà alla fine della ferie.
Il tempo di un paio di mesi passati a pensarlo come l'ultima spiaggia prima del baratro e l'effetto novità&cambiamento è già sparito: l'opposizione si è rianimata, perfino SEL (data per spacciata dalle scissioni animate dai demos, come nella migliore delle loro tradizioni) ha ritrovato un ruolo e una posizione che in tanti avrebbero volentieri visto con favore qualche tempo fa, salvo giocarsela in queste ultime ore con il solito cerchiobottismo postcomunista. Anche i M5S sembrano degli statisti – dicono cose giuste e parlano dei problemi veri della gente, anche se ancora non fanno valere il 25% di cui sono depositari - e, malgrado sottovalutazioni e  cazzate, restano l’unico vero baluardo contro questi craxiani vent’anni dopo.

IL TESORO BUTTATO

Intelligenze inutilizzate, educazione sotto i tacchi, assenza di coraggio, delega continua...
Il cervello in vacanza
Pineta folta che termina su un mare color smeraldo. Un posto incantevole, un vero carnaio: migliaia di persone, pic nic, pasta al forno, panini, bibite e roba fritta a casa e portata fin lì in sprezzo alla strada che bisogna fare a piedi.
Il posto è area protetta, non si accendono fuochi, dappertutto cestini per la spazzatura, perfino la raccolta differenziata. Nel mare solo barche a remi, i motori sono vietati anche lontano dalla riva.
Tardo pomeriggio, il sole scende verso l'orizzonte, le comitive fanno su i bagagli, raccolgono le vivande avanzate e “scotolano” gli asciugamani e le stuoie, provate da una giornata di rotolamenti e di dentro e fuori l'acqua. Gli ultimi tuffatori affamati di pubblico si incitano vicendevolmente a dare il meglio nell'ultimo lancio. Corpi violacei tentano una ricomposizione e si preparano alle valanghe di crema doposole con cui si leniranno gli effetti di una giornata al marre
Fra i tanti anche una una comitiva di quindicenni – arrivati al mattino, senza adulti accompagnatori, quindi ebbri della nuova autonomia raggiunta con l'età – raccoglie le sue cose e se ne va. Lasciando un tappeto di rifiuti.

LA MALAVITA IN CASA

Sei anni fa il sindaco di Grugliasco mi querelò perché avevo definito “da mafioso” i suoi comportamenti in politica e le relazioni che intratteneva con il sottobosco dei faccendieri cittadini... Esageruma nen

Lo fece con i soldi del Comune (leggi) e non mi risulta che abbia rinfuso tutte le spese che ha caricato sui cittadini, nonostante l'esito sfavorevole (per lui) dell'iniziativa giudiziaria. Oggi, a sei anni di distanza, imparo che aveva nominato nel CdA delle Serre – società interamente del Comune e fonte di parecchi mali alla comunità grugliaschese – uno dei soggetti coinvolti nell'Operazione San Michele, infiltrazioni della 'ndrangheta nella politica locale. Basta leggere le intercettazioni telefoniche che stanno alla base dell'operazione per capire di che tempra fosse il personaggio, di come immaginasse la Pubblica Amministrazione e i rapporti fra “imprenditori” e politici locali.
Ma di questo è bene che se ne occupino quelli che sono preposti allo scopo...
Sei sempre il solito esagerato”, mi ha detto qualche giorno fa un illustre esponente del PD con cui commentavo preoccupato quanto stava emergendo dall'inchiesta, “queste storie sono questioni di piccoli sciocchini che millantano e promettono per farsi belli, ma che non contano un tubo”.
Lo diceva con quell'arietta di sufficienza che assumono questi individui - vissuti di raccomandazioni per avere un lavoro, per costruirci anche una qualche carriera, e di fedeltà al partito e ai suoi capi del momento - quando un alito di vento sembra mettere in discussione quella posizione volatile acquisita sempre per abilità linguistiche (leccare) e capacità di annusare il cambiare del vento (la banderuola intelligente). Utili idioti, per il resto; ma abili supporter di chi pensano possa portare, a loro e ai loro famigliari, i migliori benefici. Se poi non accade, pazienza: troveranno sempre qualcun altro a cui dare la colpa, per ripartire più determinati di prima.
Il giorno dopo questo colloquio ne ho scoperte delle altre e ogni giorno ne scopriamo di nuove intorno all'amministrazione grugliaschese e ai personaggi che la animano da un po' di tempo a questa parte, già dimentichi di quello che successe vent'anni fa proprio qui da noi.
Altre ne scopriremo sui giornali nei prossimi giorni. Ne viene fuori un quadro desolante, ma soprattutto la conferma di quello che il sindaco di oggi – degno successore dell'amico del giaguaro - ci ripete spesso con aria trucida quando ci permettiamo di criticarne l'operato e di fornire qualche giudizio morale e politico intorno al suo operato e a quello dei suoi famigli:
Non posso dialogare con chi dipinge questa amministrazione come un'accozzaglia di incompetenti dediti a pratiche opache e poco corrette”, dice all'incirca (i verbali del Consiglio comunale ne sono pieni...). Appunto.

Mariano

PS Sul balcone del palazzo comunale (e sul sito del Comune) troneggia una scritta “Grugliasco con Di Matteo”, vuoi vedere che hanno scambiato il PM palermitano per un cantante neomelodico?



IL MALE DELL'ITALIA

D'estate si va in giro, si incontrano posti e persone che aiutano a riflettere intorno alle maledizioni di questo paese
Italians of Italy

Gli dici che stai facendo le riforme, basta dirlo e si sentono già migliori di prima. Se poi alla distanza si accorgono che non era vero niente, non si incazzano. Corrono dietro alla chimera che nel frattempo sarà stata confezionata per sostituire la precedente. E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani.
Sanno che, per ottenere risultati, ci vanno sforzi e sacrifici. Qualche volta anche un po' di fortuna, ma quella da sola spesso non basta. Eppure svogliatamente se ne sbattono e sperano nel colpo di culo, nell'appoggio del potente di turno, nella mediocrità che premia i meglio spondati. Non solo cercano il colpetto gratis, ma deridono anche quelli che si danno da fare, che si sbattono come pazzi per portare a casa il risultato, quelli che studiano, quelli che lavorano, quelli che si danno disponibili e che collaborano. Se deriderli non basta a farli smettere, ricorrono alle minacce: non sia mai detto che la disponibilità e la voglia di fare di qualcuno sposti lo standard delle altrui prestazioni troppo verso l'alto. E così tutto si livella verso il basso. E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani.
Scelgono sempre gli stessi, si lamentano delle loro promesse da marinaio, ma poi li rivotano; non si sa mai, magari stavolta le promesse fatte a loro (proprio a loro) le manterrano. Poco importa se a scapito di altri che meriterebbero di più dei miracolati. Tutti tengono famiglia e non si può mica scherzare coi figli, il loro futuro e il loro benessere. L'importante è arraffare: un permesso di parcheggio riservato sotto casa intestato al nonno invalido, ore di permesso per assistenza ai famigliari invalidi utilizzate per i fatti propri, assunzioni e prebende ogni volta che qualcuno raggiunge una posizione di potere che glielo permette. E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani. . Diventano dirigenti sindacali nel pubblico impiego, così fanno carriera più in fretta, e nessuno li cambia. Servono il potente di turno e si ritengono autorizzati a mettere su quell'arroganza che riescono a gestire bene solo quelli che non hanno nè arte nè parte. Appena "arrivati" si aggirano come lupi famelici con il mento verso l'alto, già esaltati dal nuovo ruolo e proiettati in un futuro radioso di aurea mediocrità. Ogni volta che vedo la Serracchiani e le sue epigone mi viene voglia di prenderle a schiaffi... Naturalmente sanno tutto di tutto e sono pronti a dare lezioni a chiunque con renziana sicumera. Ma piacciono, piacciono tanto... E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani. Sono talmente bugiardi che mentono anche ai sondaggisti e sosterrebbero con naturalezza di non aver affatto mentito. Chiamano le cose con un nome diverso da quello giusto per confondere il prossimo... e lo fanno così bene che alla fine sono essi stessi convinti della verità che hanno confezionato ad arte. Bugiardi lo sono così tanto che si commuovono cinque minuti per una storia strappalacrime, dimenticandosi di conservare quella dose minima, ma costante, di senso civico che significa rispetto per le cose di tutti, per le persone e per i diritti altrui, anche quelli degli stranieri. Se vengono beccati con le mani nel sacco, negano, poi ci fanno su un convegno. Se devastano con case abusive un luogo spettacolare, prima le condonano, poi lo dichiarano parco. Così si sono lavati la coscienza e aumentano il valore degli immobili. Se fanno pasticci con la 'ndrangheta, fanno una bella rassegna sulla legalità e sono a posto. E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani. Probabilmente bisogna andarsene. Il male dell'Italia sono per davvero gli Italiani. E non basta la giustificazione di vent'anni di B a spiegare questo disastro umano e civile.

Mariano

LA RANA E LO SCORPIONE

Le storie di Esopo non invecchiano mai, si adattano perfettamente a personaggi e situazioni del mondo d’oggi
Lecca Lecca
“C’era una ranocchia che, stufa di stare a mollo nel fiume, uscì dall’acqua guadagnando la riva. Stava molto attenta a come si muoveva perché aveva visto uno scorpione nei paraggi  e non voleva correre il rischio di essere punta…”

“Sì, sì, sì, nonno. Quella però la so già: lo scorpione supplica la rana di portarlo dall’altra parte del fiume e le promette che non la pungerà. La rana gli crede, sa che se lei morisse per la puntura anche lo scorpione affogherebbe. Pensa che lui ha gli stessi vantaggi suoi a non pungerla. Ma, arrivati nel mezzo del fiume, lo scorpione la punge lo stesso. Allora la rana, già moribonda, gli chiede come mai l’ha fatto, visto che adesso morirà anche lui. Lo scorpione le risponde che questa è la sua natura, non c’è niente da fare. Vedi nonno che la so?”
“Vabbè, allora te ne racconto un’altra…”
“Sì, ma voglio che mi racconti una storia moderna, non sempre quelle degli animali. Per favore, nonno…”
“C’era una volta in giornalista che aveva dimenticato come si fa quel lavoro. Lui passava il suo tempo a leccare i potenti, aveva una lingua così lunga che la faceva funzionare perfino quando non sarebbe servita.
Dopo un po’ di tempo tutti lo prendevano in giro chiamandolo semplicemente Lecca Lecca. Naturalmente nessuno gli passava più le notizie interessanti, quelle a cui dovrebbe dare la caccia un vero giornalista. Si sapeva già che le avrebbe stravolte del tutto, pur di non far del male ai suoi amici potenti che lo nutrivano con le veline dei loro uffici stampa. Era talmente leccoso che perfino quelli che lui leccava certe volte ne erano infastiditi, ma lui niente, leccava lo stesso. Le notizie interessanti le avevano i suoi concorrenti di altri giornali e lui no, così i suoi superiori cominciarono a borbottare, la sua carriera ne risentiva. Un giorno decise di prendere il toro per le corna e si rivolse a un suo vecchio maestro. Di nome faceva Brontolo…”
“Come un nano, nonno, ma era piccolo anche lui?”
“No, si chiama Brontolo per altre ragioni ed è uno grande davvero. Lecca Lecca lo convinse a riprendere contatti e relazioni, nonostante il trattamento che gli aveva riservato. Brontolo ci cascò e convinse anche i suoi amici a riprendere le comunicazioni con Lecca Lecca…. ma tutti ben presto scoprirono che il vizio di scambiare le vittime coi carnefici – specialmente se suoi amici – non l’aveva proprio persa. Anzi, si era servito di loro per recuperare qualche punto verso i suoi capi e basta. Brontolo era davvero triste, specialmente perché i suoi amici gli rinfacciavano l’errore che aveva fatto…”
“E allora, nonno?”
“Uno degli amici d Brontolo, vedendolo così abbattuto, un giorno lo prese da parte e gli raccontò la favola della rana e dello scorpione…”
“Cosa c’entra?”
“C’entra, eccome. La rana si fece commuovere dalle promesse dello scorpione, convinta che le avrebbe rispettate visto che c’era di mezzo anche la sua vita; non si era resa conto che lo scorpione non può che pungere. E’ la sua natura. Adesso dormi, che domani te ne racconto un’altra."
Mariano 

IL METODO EXPO

Come fare a pilotare appalti, favorire gli amici e ricavarne pure qualche ricca prebenda personale.
Mica solo a Milano e Venezia
Per applicare correttamente il metodo-Expo devi prima possedere due requisiti fondamentali:
1) Occupare qualche posizione di potere, non importa quale, possibilmente ottenuta facendo parte di una cordata che ha occupato il partito giusto, magari in condominio con altre con cui spartirà il bottino. Per raggiungere lo scopo, aver costruito saldi legami col mondo dell’edilizia, dell’impresa assistita, dell’associazionismo protetto, insomma della clientela organizzata. Una volta eletto, verranno a presentarti il conto, ma non importa: lo pagherai volentieri perché disporrai, a quel punto, di ampie risorse pubbliche con cui onorare le promesse e soddisfare le aspettative.
2) Disporre di strumenti per piegare le strutture tecniche degli enti pubblici ai disegni che vuoi attuare per fare i tuoi comodi (magari anche quelli dei tuoi clientes e dei tuoi mentori). Concorsi per avanzamenti di grado, nomine di dirigenti a contratto, società pubbliche (create alla bisogna) attraverso le quali far transitare le operazioni che nemmeno il più asservito dei funzionari pubblici avallerebbe.
Poi si può passare all’azione. Ecco come fare:

RUMORI

Non sopporto più di stare in locali pubblici dove tutti urlano... perché lo fanno?
Grida che ti passa
Ristorante abbastanza affollato, decentemente allestito e insonorizzato, confortevole alla vista, camerieri gentili. Buon servizio e cibi apprezzabili, la compagnia anche. Vicino al tavolo una comitiva ride e scherza con urla, applausi, scambi di battute e discussioni da far invidia a un concerto di Vasco. Risultato: tutti gli altri avventori cominciano ad alzare il volume della voce per sovrastare l’indegno baccano che proviene dall’allegra combriccola. Dopo dieci minuti il ristorante è diventato una bolgia.
I cibi non li apprezzi più, la compagnia degli amici neanche. Hai solo voglia di finire per andartene fuori da quella baraonda e perfino la felicità della compagnia ritrovata scema di fronte all’urgenza di placare il fastidio insopportabile. L’allegra comitiva alza ancora di più il volume  adesso le signore festeggiano il compleanno di una di loro con strilli e  risate a squarciagola, alzando così ancora di più l’asticella della baraonda.