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SCUOLA: UNA MANO DI BIANCO

Le attenzioni renziane per l’istuzione: un primo bilancio del saldo fra detti e fatti
#staifresco!
L‘ultimo giorno di Esami di Stato si commentavano in allegria le uscite renziane per quanto riguarda la scuola: qualità e centralità dell’istruzione, scuole aperte tutto il giorno, laboratori, riqualificazione dei docenti, nuova dimensione del rapporto scuola-territorio e così via.
Uno dei colleghi pensionandi (ce ne sono ancora, sempre meno, ma ce ne sono…), posando la tazzina del caffè stoppò la chiacchiera dicendo: “Tutto ‘sto predicare di scuola si riduce a una mano di bianco. Come se fosse questo il mezzo per nascondere il disastro…”. Neanche i fan di Mr Bean – pure ben presenti fra i commissari - osarono contraddirlo, si cambiò discorso. Era il 2 luglio, l’inizio dei lavori per dare una mano di bianco alle scuole era annunciata renzianamente per il giorno prima.
Vediamo cosa è successo, soprattutto proviamo a dare qualche numero relativamente alla gragnuola di annunci e di hashtag densi di promesse e di trionfi. Efficace e ben documentato quello di Vendemiale sul Fatto (leggi).
Ecco in sintesi il bilancio: 3,5 miliardi promessi dal Governo (2 per il 2014), 550 realmente disponibili, 400 milioni per #scuolebelle e 150 per #scuolesicure. Per #scuolenuove si vedrà più vanti.
Per quanto riguarda il primo intervento (#scuolebelle), sono stati ammessi 7700 interventi con uno stanziamento medio di 19.000 per intervento. I lavori avrebbero dovuto cominciare il 1 luglio per concludersi con le vacanze estive. Non risultava a fine luglio che  che ne fosse partito qualcuno, in ritardo le procedure per le gare. Se va bene, quelle scuole cominceranno l’anno scolastico con  i lavori di tinteggiatura in corso.
Per quanto riguarda il secondo intervento (#scuolesicure), al bando sono stati ammessi 2.400 interventi (con importi molto diversi fra loro), così che i 400 milioni finiranno in una spesa media di circa 160 mila euro per intervento. Interessante osservare che il 75% della spesa va a scuole del sud. Circa le tempistiche, trattandosi questi di lavori “pesanti” e destinati a durare mesi, l’esecuzione era già prevista nel 2015 e in presenza degli allievi che, come peraltro succede spesso, dovranno adeguarsi a soggiornare in una scuola-cantiere.
Poi ci sono le lamentele, i finanziamenti che non arrivano, i furbacchioni, quelli con gli appoggi, insomma le solite faccende italiche. Anche se in misura davvero sproporzionata rispetto gli annunci e alle aspettative create da Renzi, qualcosa nella manutenzione degli immobili si muove.
Per tutto il resto, niente. Con buona pace dei gufi, ai insegnanti allievi e famiglie il sms di inizio anno scolastico (fra un mese scarso è già ora) non potrà essere che quello del titolo #staifresco.
Mariano

ESSERE GRASSO

La seconda carica dello Stato è un modello per i cittadini tutti, specialmente per i giovani che coltivano nobili ideali….. Coerenza, coraggio e rispetto, tutto a piene mani!
L’Italiano vero
Proviene da una fulgida carriera nella Magistratura, abbastanza giovane da essere ancora utile al paese, ma così saggio come può esserlo solo chi ha lottato contro la Mafia. Se poi ha tirato qualche colpo basso per farsi strada, ha fatto il politicante dividendo la Procura di Palermo e sputato sul suo predecessore Giancarlo Caselli (per ingraziarsi chi?), se non tutte le sue azioni brillano per coerenza e coraggio… pazienza: chi siamo noi per giudicare (leggi)? Che cosa abbiamo fatto per poter mettere becco in questioni più grandi di noi?
Il suo ritratto – non proprio specchiato, ma assai ben documentato - l’hanno fatto di recente Travaglio e Buttafuoco (leggi) e a quegli illustri giornalisti rimando.
Il soggetto torna prepotentemente alla ribalta per il ruolo che ha avuto nell’approvazione in prima lettura della cosiddetta “Riforma del Senato”. Prima leone, fervente garante della Costituzione e delle regole su cui si fonda la convivenza pacifica e democratica, poi improvvisamente arrendevole all’eccesso, perfino capace – lui, uomo di legge – di calpestarla tranquillamente per raggiungere lo scopo che il padrone del Colle e Mr Bean gli avevano assegnato.

MALITALIA

Sarà la crisi, sarà l’individualismo sfrenato, sarà l’indole nazionale, ma lo sprofondo italico c’è anche nelle relazioni quotidiane
L’effetto grom
Accendi la radio e senti la giornalista del principale canale nazionale che parla della nazionale francese (hanno la maglia blu, calciatori, rugbisti e altri) e li chiama “i blues” (sì, proprio come la musica del neri). Ripete più volte la cazzata, sicura e tranquilla, tanto chi vuoi che si accorga che ha sbagliato a leggere e che è talmente ignorante e sciatta da non rendersi nemmeno conto dell’errore. Forse un giorno qualcuno segnalerà a lei e ai suoi colleghi – tra i pochi lavoratori a essere ancora profumatamente pagati a garanzia e premio della loro professionalità – che i Francesi chiamano i loro nazionali “les bleus”, dal colore della divisa. Proprio come noi chiamiamo i nostri “azzurri”. Correggersi, informarsi, far sorgere qualche dubbio? Ma va, non sono pagati per questo, ci vorrebbe il sindacato a rivendicare qualche benefit ulteriore.
Sei un bravo cittadino, rispettoso delle regole e delle leggi, dunque ti documenti per “essere a posto”. Cosa trovi nella maggior parte dei casi? Leggi scritte coi piedi, piene di rimandi, di eccezioni (per i furbetti), di frasi così “interpretabili” che sai già che saranno pane per avvocati... se solo le parti non riusciranno a mettersi bonariamente d’accordo, magari con qualche mazzetta per ungere.

SAN MICHELE DA GRUGLIASCO

Un mese fa il via all’Operazione San Michele. Evidente il ruolo dei politici locali e delle loro clientele nel mischiare politica e malavita organizzata. Qui da noi li nominavano nei CdA delle società del comune...
Ignavia e malaffare
Fin da quando l'Ordinanza di applicazione di misura cautelare “San Michele” – quella che ha dato il via alle recente operazione contro le infiltrazioni della criminalità organizzata – è diventata di pubblico dominio, gli organi di informazione hanno sottolineato i rapporti fra la 'ndrangheta e i Cetto Laqualunque (così li chiamano i capi durante i colloqui fra loro) della politica locale (leggi).
Se la levatura e il ruolo dei politici che vantano aderenze e che chiedono appoggi e voti emerge chiaramente dalle intercettazioni riportate nell'Ordinanza, meno evidente il ruolo (e le commistioni) di alcuni personaggi coinvolti in modo più diretto, ma non così noti al grande pubblico. Da loro, invece, derivano le sorprese più grosse.
Prendiamo il caso di Raffaele Bressi, commercialista collegnese, trait d'union fra il un consigliere comunale di Grugliasco Verduci e Toro, l'imprenditore in odore di 'ndrangheta. Dalle intercettazioni telefoniche si capisce che sanno di cosa parlano: lavori stradali, movimenti terra, appalti da tenere sotto controllo, fiumi di danaro per lavori pubblici in arrivo subito dopo le elezioni amministrative del 2012. Insomma, non di mezze calzette si tratta, il Bressi è un personaggio di spessore nel collegare imprenditoria malavitosa e politichetta locale. Trattasi peraltro di persona tutt'altro che sconosciuta agli amministratori comunali grugliaschesi.

I RENZIDELUSI

Agosto porta preoccupazioni, ripensamenti, cambiamenti di rotta e di simpatie. I mass media e ciò che resta della pubblica opinione forse stanno un’altra volta cambiando verso
La supercazzola è nei guai
Aumenta di ora in ora la schiera dei renzidelusi, una folta categoria di persone - solo qualche settimana fa pronte a passare sui distinguo e sulle critiche in nome dell'emergenza nazionale - che avevano creduto che il Matteo nazionale fosse davvero il messia del cambiamento, della riscossa di un paese mortificato dalla partitocrazia e dai privilegi. Tanta è stata la passione, tanto oggi è forte la delusione, unita a una malcelata preoccupazione su cosa succederà alla fine della ferie.
Il tempo di un paio di mesi passati a pensarlo come l'ultima spiaggia prima del baratro e l'effetto novità&cambiamento è già sparito: l'opposizione si è rianimata, perfino SEL (data per spacciata dalle scissioni animate dai demos, come nella migliore delle loro tradizioni) ha ritrovato un ruolo e una posizione che in tanti avrebbero volentieri visto con favore qualche tempo fa, salvo giocarsela in queste ultime ore con il solito cerchiobottismo postcomunista. Anche i M5S sembrano degli statisti – dicono cose giuste e parlano dei problemi veri della gente, anche se ancora non fanno valere il 25% di cui sono depositari - e, malgrado sottovalutazioni e  cazzate, restano l’unico vero baluardo contro questi craxiani vent’anni dopo.

IL TESORO BUTTATO

Intelligenze inutilizzate, educazione sotto i tacchi, assenza di coraggio, delega continua...
Il cervello in vacanza
Pineta folta che termina su un mare color smeraldo. Un posto incantevole, un vero carnaio: migliaia di persone, pic nic, pasta al forno, panini, bibite e roba fritta a casa e portata fin lì in sprezzo alla strada che bisogna fare a piedi.
Il posto è area protetta, non si accendono fuochi, dappertutto cestini per la spazzatura, perfino la raccolta differenziata. Nel mare solo barche a remi, i motori sono vietati anche lontano dalla riva.
Tardo pomeriggio, il sole scende verso l'orizzonte, le comitive fanno su i bagagli, raccolgono le vivande avanzate e “scotolano” gli asciugamani e le stuoie, provate da una giornata di rotolamenti e di dentro e fuori l'acqua. Gli ultimi tuffatori affamati di pubblico si incitano vicendevolmente a dare il meglio nell'ultimo lancio. Corpi violacei tentano una ricomposizione e si preparano alle valanghe di crema doposole con cui si leniranno gli effetti di una giornata al marre
Fra i tanti anche una una comitiva di quindicenni – arrivati al mattino, senza adulti accompagnatori, quindi ebbri della nuova autonomia raggiunta con l'età – raccoglie le sue cose e se ne va. Lasciando un tappeto di rifiuti.

LA MALAVITA IN CASA

Sei anni fa il sindaco di Grugliasco mi querelò perché avevo definito “da mafioso” i suoi comportamenti in politica e le relazioni che intratteneva con il sottobosco dei faccendieri cittadini... Esageruma nen

Lo fece con i soldi del Comune (leggi) e non mi risulta che abbia rinfuso tutte le spese che ha caricato sui cittadini, nonostante l'esito sfavorevole (per lui) dell'iniziativa giudiziaria. Oggi, a sei anni di distanza, imparo che aveva nominato nel CdA delle Serre – società interamente del Comune e fonte di parecchi mali alla comunità grugliaschese – uno dei soggetti coinvolti nell'Operazione San Michele, infiltrazioni della 'ndrangheta nella politica locale. Basta leggere le intercettazioni telefoniche che stanno alla base dell'operazione per capire di che tempra fosse il personaggio, di come immaginasse la Pubblica Amministrazione e i rapporti fra “imprenditori” e politici locali.
Ma di questo è bene che se ne occupino quelli che sono preposti allo scopo...
Sei sempre il solito esagerato”, mi ha detto qualche giorno fa un illustre esponente del PD con cui commentavo preoccupato quanto stava emergendo dall'inchiesta, “queste storie sono questioni di piccoli sciocchini che millantano e promettono per farsi belli, ma che non contano un tubo”.
Lo diceva con quell'arietta di sufficienza che assumono questi individui - vissuti di raccomandazioni per avere un lavoro, per costruirci anche una qualche carriera, e di fedeltà al partito e ai suoi capi del momento - quando un alito di vento sembra mettere in discussione quella posizione volatile acquisita sempre per abilità linguistiche (leccare) e capacità di annusare il cambiare del vento (la banderuola intelligente). Utili idioti, per il resto; ma abili supporter di chi pensano possa portare, a loro e ai loro famigliari, i migliori benefici. Se poi non accade, pazienza: troveranno sempre qualcun altro a cui dare la colpa, per ripartire più determinati di prima.
Il giorno dopo questo colloquio ne ho scoperte delle altre e ogni giorno ne scopriamo di nuove intorno all'amministrazione grugliaschese e ai personaggi che la animano da un po' di tempo a questa parte, già dimentichi di quello che successe vent'anni fa proprio qui da noi.
Altre ne scopriremo sui giornali nei prossimi giorni. Ne viene fuori un quadro desolante, ma soprattutto la conferma di quello che il sindaco di oggi – degno successore dell'amico del giaguaro - ci ripete spesso con aria trucida quando ci permettiamo di criticarne l'operato e di fornire qualche giudizio morale e politico intorno al suo operato e a quello dei suoi famigli:
Non posso dialogare con chi dipinge questa amministrazione come un'accozzaglia di incompetenti dediti a pratiche opache e poco corrette”, dice all'incirca (i verbali del Consiglio comunale ne sono pieni...). Appunto.

Mariano

PS Sul balcone del palazzo comunale (e sul sito del Comune) troneggia una scritta “Grugliasco con Di Matteo”, vuoi vedere che hanno scambiato il PM palermitano per un cantante neomelodico?



IL MALE DELL'ITALIA

D'estate si va in giro, si incontrano posti e persone che aiutano a riflettere intorno alle maledizioni di questo paese
Italians of Italy

Gli dici che stai facendo le riforme, basta dirlo e si sentono già migliori di prima. Se poi alla distanza si accorgono che non era vero niente, non si incazzano. Corrono dietro alla chimera che nel frattempo sarà stata confezionata per sostituire la precedente. E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani.
Sanno che, per ottenere risultati, ci vanno sforzi e sacrifici. Qualche volta anche un po' di fortuna, ma quella da sola spesso non basta. Eppure svogliatamente se ne sbattono e sperano nel colpo di culo, nell'appoggio del potente di turno, nella mediocrità che premia i meglio spondati. Non solo cercano il colpetto gratis, ma deridono anche quelli che si danno da fare, che si sbattono come pazzi per portare a casa il risultato, quelli che studiano, quelli che lavorano, quelli che si danno disponibili e che collaborano. Se deriderli non basta a farli smettere, ricorrono alle minacce: non sia mai detto che la disponibilità e la voglia di fare di qualcuno sposti lo standard delle altrui prestazioni troppo verso l'alto. E così tutto si livella verso il basso. E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani.
Scelgono sempre gli stessi, si lamentano delle loro promesse da marinaio, ma poi li rivotano; non si sa mai, magari stavolta le promesse fatte a loro (proprio a loro) le manterrano. Poco importa se a scapito di altri che meriterebbero di più dei miracolati. Tutti tengono famiglia e non si può mica scherzare coi figli, il loro futuro e il loro benessere. L'importante è arraffare: un permesso di parcheggio riservato sotto casa intestato al nonno invalido, ore di permesso per assistenza ai famigliari invalidi utilizzate per i fatti propri, assunzioni e prebende ogni volta che qualcuno raggiunge una posizione di potere che glielo permette. E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani. . Diventano dirigenti sindacali nel pubblico impiego, così fanno carriera più in fretta, e nessuno li cambia. Servono il potente di turno e si ritengono autorizzati a mettere su quell'arroganza che riescono a gestire bene solo quelli che non hanno nè arte nè parte. Appena "arrivati" si aggirano come lupi famelici con il mento verso l'alto, già esaltati dal nuovo ruolo e proiettati in un futuro radioso di aurea mediocrità. Ogni volta che vedo la Serracchiani e le sue epigone mi viene voglia di prenderle a schiaffi... Naturalmente sanno tutto di tutto e sono pronti a dare lezioni a chiunque con renziana sicumera. Ma piacciono, piacciono tanto... E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani. Sono talmente bugiardi che mentono anche ai sondaggisti e sosterrebbero con naturalezza di non aver affatto mentito. Chiamano le cose con un nome diverso da quello giusto per confondere il prossimo... e lo fanno così bene che alla fine sono essi stessi convinti della verità che hanno confezionato ad arte. Bugiardi lo sono così tanto che si commuovono cinque minuti per una storia strappalacrime, dimenticandosi di conservare quella dose minima, ma costante, di senso civico che significa rispetto per le cose di tutti, per le persone e per i diritti altrui, anche quelli degli stranieri. Se vengono beccati con le mani nel sacco, negano, poi ci fanno su un convegno. Se devastano con case abusive un luogo spettacolare, prima le condonano, poi lo dichiarano parco. Così si sono lavati la coscienza e aumentano il valore degli immobili. Se fanno pasticci con la 'ndrangheta, fanno una bella rassegna sulla legalità e sono a posto. E' l'Italia, bellezza; anzi sono gli Italiani. Probabilmente bisogna andarsene. Il male dell'Italia sono per davvero gli Italiani. E non basta la giustificazione di vent'anni di B a spiegare questo disastro umano e civile.

Mariano

LA RANA E LO SCORPIONE

Le storie di Esopo non invecchiano mai, si adattano perfettamente a personaggi e situazioni del mondo d’oggi
Lecca Lecca
“C’era una ranocchia che, stufa di stare a mollo nel fiume, uscì dall’acqua guadagnando la riva. Stava molto attenta a come si muoveva perché aveva visto uno scorpione nei paraggi  e non voleva correre il rischio di essere punta…”

“Sì, sì, sì, nonno. Quella però la so già: lo scorpione supplica la rana di portarlo dall’altra parte del fiume e le promette che non la pungerà. La rana gli crede, sa che se lei morisse per la puntura anche lo scorpione affogherebbe. Pensa che lui ha gli stessi vantaggi suoi a non pungerla. Ma, arrivati nel mezzo del fiume, lo scorpione la punge lo stesso. Allora la rana, già moribonda, gli chiede come mai l’ha fatto, visto che adesso morirà anche lui. Lo scorpione le risponde che questa è la sua natura, non c’è niente da fare. Vedi nonno che la so?”
“Vabbè, allora te ne racconto un’altra…”
“Sì, ma voglio che mi racconti una storia moderna, non sempre quelle degli animali. Per favore, nonno…”
“C’era una volta in giornalista che aveva dimenticato come si fa quel lavoro. Lui passava il suo tempo a leccare i potenti, aveva una lingua così lunga che la faceva funzionare perfino quando non sarebbe servita.
Dopo un po’ di tempo tutti lo prendevano in giro chiamandolo semplicemente Lecca Lecca. Naturalmente nessuno gli passava più le notizie interessanti, quelle a cui dovrebbe dare la caccia un vero giornalista. Si sapeva già che le avrebbe stravolte del tutto, pur di non far del male ai suoi amici potenti che lo nutrivano con le veline dei loro uffici stampa. Era talmente leccoso che perfino quelli che lui leccava certe volte ne erano infastiditi, ma lui niente, leccava lo stesso. Le notizie interessanti le avevano i suoi concorrenti di altri giornali e lui no, così i suoi superiori cominciarono a borbottare, la sua carriera ne risentiva. Un giorno decise di prendere il toro per le corna e si rivolse a un suo vecchio maestro. Di nome faceva Brontolo…”
“Come un nano, nonno, ma era piccolo anche lui?”
“No, si chiama Brontolo per altre ragioni ed è uno grande davvero. Lecca Lecca lo convinse a riprendere contatti e relazioni, nonostante il trattamento che gli aveva riservato. Brontolo ci cascò e convinse anche i suoi amici a riprendere le comunicazioni con Lecca Lecca…. ma tutti ben presto scoprirono che il vizio di scambiare le vittime coi carnefici – specialmente se suoi amici – non l’aveva proprio persa. Anzi, si era servito di loro per recuperare qualche punto verso i suoi capi e basta. Brontolo era davvero triste, specialmente perché i suoi amici gli rinfacciavano l’errore che aveva fatto…”
“E allora, nonno?”
“Uno degli amici d Brontolo, vedendolo così abbattuto, un giorno lo prese da parte e gli raccontò la favola della rana e dello scorpione…”
“Cosa c’entra?”
“C’entra, eccome. La rana si fece commuovere dalle promesse dello scorpione, convinta che le avrebbe rispettate visto che c’era di mezzo anche la sua vita; non si era resa conto che lo scorpione non può che pungere. E’ la sua natura. Adesso dormi, che domani te ne racconto un’altra."
Mariano 

IL METODO EXPO

Come fare a pilotare appalti, favorire gli amici e ricavarne pure qualche ricca prebenda personale.
Mica solo a Milano e Venezia
Per applicare correttamente il metodo-Expo devi prima possedere due requisiti fondamentali:
1) Occupare qualche posizione di potere, non importa quale, possibilmente ottenuta facendo parte di una cordata che ha occupato il partito giusto, magari in condominio con altre con cui spartirà il bottino. Per raggiungere lo scopo, aver costruito saldi legami col mondo dell’edilizia, dell’impresa assistita, dell’associazionismo protetto, insomma della clientela organizzata. Una volta eletto, verranno a presentarti il conto, ma non importa: lo pagherai volentieri perché disporrai, a quel punto, di ampie risorse pubbliche con cui onorare le promesse e soddisfare le aspettative.
2) Disporre di strumenti per piegare le strutture tecniche degli enti pubblici ai disegni che vuoi attuare per fare i tuoi comodi (magari anche quelli dei tuoi clientes e dei tuoi mentori). Concorsi per avanzamenti di grado, nomine di dirigenti a contratto, società pubbliche (create alla bisogna) attraverso le quali far transitare le operazioni che nemmeno il più asservito dei funzionari pubblici avallerebbe.
Poi si può passare all’azione. Ecco come fare:

RUMORI

Non sopporto più di stare in locali pubblici dove tutti urlano... perché lo fanno?
Grida che ti passa
Ristorante abbastanza affollato, decentemente allestito e insonorizzato, confortevole alla vista, camerieri gentili. Buon servizio e cibi apprezzabili, la compagnia anche. Vicino al tavolo una comitiva ride e scherza con urla, applausi, scambi di battute e discussioni da far invidia a un concerto di Vasco. Risultato: tutti gli altri avventori cominciano ad alzare il volume della voce per sovrastare l’indegno baccano che proviene dall’allegra combriccola. Dopo dieci minuti il ristorante è diventato una bolgia.
I cibi non li apprezzi più, la compagnia degli amici neanche. Hai solo voglia di finire per andartene fuori da quella baraonda e perfino la felicità della compagnia ritrovata scema di fronte all’urgenza di placare il fastidio insopportabile. L’allegra comitiva alza ancora di più il volume  adesso le signore festeggiano il compleanno di una di loro con strilli e  risate a squarciagola, alzando così ancora di più l’asticella della baraonda.

SPERANZE

Una giovane maturanda diciannovenne entra nell’aula per sostenere l’esame orale e …
Il valore del diploma
… con lei entrano i suoi famigliari. Sono venuti ad accompagnarla per trepidare e gioire con lei. Si mescolano fra i compagni della fanciulla, anche loro incuriositi dall’umanità convenuta, un po’ differente dalle solite stracche "facce da maturità" che circolano in questi giorni per le scuole superiori.
C’è il cognato e la sorella, con il ragazzino intimidito che sta addosso al padre e non se ne stacca, c’è la prozia, forse la nonna (non ho capito chi fosse la mamma…), insomma quelli che hanno potuto sono venuti, agevolati dalla giornata: è sabato, c’è ancora chi lavora regolare nella settimana e riposa nel week end.
La maturanda è palesemente emozionata e i suoi famigliari anche, solo che lo sono in modo simpatico, allegro, come se fosse normale che in un giorno così il tratto caratteristico sia proprio l’agitazione, la paura di non essere all’altezza, il timore della domanda che non avevi previsto.

LE RADICI DELLA CORRUZIONE

Le storie di oggi, quelle già note e quelle ancora da scoprire, ci confermano quello che già sapevamo. Solo che interessano solo quando la frittata è fatta…
Oltre gli scandali: la zona grigia delle pubbliche amministrazioni
Qualche tempo fa Paola Caramella Editrice mi chiese un contributo per una pubblicazione che riassumeva l’attività della giurisdizione nel distretto torinese, integrata da riflessioni di carattere più generale intorno ai temi della legalità, della corruzione, dal rapporto fra giustizia, giurisdizione e amministrazione pubblica.
Eccolo qua, più attuale di allora, il breve saggio che Le avevo proposto e che poi ho trovato pubblicato nel testo dalla copertina qui accanto (Leggi).
Tratta delle radici della corruzione, che si sono oramai infilate in tutti gli interstizi della complessa costruzione che è la res publica, proprio come un’edera invasiva che erode lentamente ma inesorabilmente le fondamenta dell’edificio e tutte le sue parti. Racconta delle leggi di vent’anni fa per “semplificare” la burocrazia  e di come esse siano diventate il grimaldello per costruire nuove posizioni di potere, nuove rendite, nuove occasioni per piazzare amici e  clienti. Spiega come si può fare a occupare e gestire il potere in modo torbido, ma senza violare le leggi, in pace con se stessi e il mondo.
Racconta di come la meritocrazia sia diventata uno slogan per coprire ogni sorta di familismo, di come la pratica della raccomandazione avvia trovato nuove forme e colori, adattandosi all’Italia che cambiava tutto per non cambiare nulla. Di come la politica abbia mutuato e perfezionato il linguaggio allusivo, quello dei mafiosi, sostituendolo progressivamente a quello della guerra (battaglia politica, avversario…) di cui la politica è sempre stata sublimazione. Di come la spregiudicatezza unita all’ignoranza abbia finito per produrre una generazione di politici che, quando vincono le elezioni, pensano di aver “preso il piatto”, trattando la cosa pubblica come se fosse loro e piegando le regole alle loro necessità e clientele.
Racconta di come le cose non possono cambiare se lo Stato continuerà a essere immaginato da tutti noi come una specie di banchetto – sempre più povero, ma ancora pieno di cose buone – a cui dare l’assalto, spolpandolo fino all’osso, tanto qualcun altro ci penserà e… un domani. E anche dell’inutilità, a volte del danno, dei professionisti della cosiddetta “cultura della legalità”, della finta trasparenza e della turpe chiacchiera di chi dice una cosa per farne sempre un’altra. Impunemente.
Se vi va, buona lettura. Se poi vorrete, mi farebbe piacere un’opinione.
Mariano

FENOMENOLOGIA DELLA PSEUDO/ROTTAMAZIONE

Sapevamo che Berlusconi sarebbe passato, temevamo però che il berlusconismo di tempo ce ne avrebbe messo di più e con tanti danni ancora…
Berlusconi forever
Un po’ di attenzione a quello che sta succedendo davvero in Italia potrebbe far bene a quel che resta della nostra democrazia e prepararci ad affrontare al meglio l’inevitabile fase del disinganno, altra nostra dolorosa specialità. Dal loden verde alla sobrietà, poi  al “faccio tutto io”, un popolo bambino si illude che i problemi si risolvono affidandosi a chi la spara più grossa e gode dei favori della stampa e della tivu. Ecco le vecchie tecniche che funzionano anche oggi: 
Utilizzare il trucco del gioco delle tre carte, sempre e comunque: funziona benissimo. In primis perché gli Italiani li freghi facendo credere a ciascuno di loro che è il più furbo, poi perché sono sicuri di sapere dove ve la carta buona e guardano il movimento delle mani mentre tu la fai passare dove non se lo aspettano. Così gli 80 euro per qualcuno sono già diventati meno della metà per via delle detrazioni per i famigliari, per altri lo saranno col conguaglio fiscale a fine anno.

I RITI DI PASSAGGIO

Oggi primo giorno dell’ Esame di Stato: prova scritta di Italiano. Anche quest’anno, tutto come da copione, è davvero lo specchio di un paese triste…
Maturi, non marci!
Stamane debutto in un grande istituto tecnico di Torino. Pioggia a intermittenza, cielo fosco, clima fresco. Già alle 8 giovanotti e signorine trepidanti sulla scalinata, noi dentro a cercare di far funzionare il tutto al meglio, un po’ storditi dal nostro primo giorno d’esame e preoccupati di non ricordare procedure e consuetudini che valgono solo una volta l’anno. Si sa, il corpo docente è fra i più vecchi l’Europa ed è del tutto normale che da un anno all’altro dimentichi l’abc del bravo presidente/commissario.
8,30: entrano festanti, ma un po’ frenati. Nessuno con i pantaloncini, poche le natiche scoperte a rivelare il candore o il colore della mutanda siglata, nessuno ombelico che prende aria: sarà il clima non proprio estivo, o l’effetto delle raccomandazioni dei professori di classe (vestitevi bene, cercate di fare una buona impressione alla commissione eccetera)? Si accomodano nei banchi, sbirciando il presidente della commissione e i commissari esterni, che vedono per la prima volta. Sicuramente qualcuno ha già fornito loro tutte le referenze del caso, dunque non vanno proprio al buio, ma lo stesso la tensione si sente.
Posano i telefonini nell’apposita scatola e si lasciano zittire dal presidente che rivolge loro raccomandazioni e richiami (qualche minaccia per chi mai pensasse di copiare) in attesa che le prove d’esame vengano scaricate da intenet e fotocopiate per tutti.
Alle 9 si comincia: sei ore di tempo per svolgere una delle prove di cui si compone l’esame scritto di Italiano. Il grosso dei convenuti sceglie il saggio breve o l’articolo di giornale. Mi viene da ridere al pensiero che alcuni studenti di articoli  ne confezioneranno di pregevoli, certamente migliori e più equilibrati di quelli che scrivono sui giornali nazionali illustri scribacchini di regime. Gli argomenti paiono buoni, ad eccezione dell’analisi del testo poetico: per gli allievi di un istituto tecnico mi sembra davvero fuori luogo una poesia ermetica e difficile da interpretare. Infatti non lo sceglie nessuno. C’è chi si butta sul tema che compara il 1914 e il 2014 (brr!, quante analogie e parallelismi fra i venti di guerra mondiale di allora e quelli che arrivano da est in questi giorni…), chi sceglie di parlare del paesaggio e della qualità dell’intervento umano nel renderlo ancora più fragile e vulnerabile; ma il grosso si butta appunto su saggi brevi e articoli di giornale. Li redigono utilizzando il materiale documentale che sta insieme alle prove.
Mentre le creature lavorano, i commissari ammazzano il tempo sorvegliando, compilando i soliti fasci di documenti, rispondendo ai quesiti degli allievi in dubbio, occupandosi di quello che ancora manca perché l’esame possa svolgersi al meglio. Ogni tanto uno sguardo a che tutto funzioni al meglio e una strana aria negli occhi quando si posano sugli allievi al lavoro: un non so che di nostalgia mischiato a un pizzico di rimpianto. Il tutto ben mescolato con discrete quantità di turbamento.
Li guardi lavorare, sperare, provarci e ti chiedi che cosa abbiamo fatto noi adulti (un po’ passati) per rendere migliore il mondo in cui vivono, per alimentare adeguatamente speranze nel futuro e permettere loro di coltivare progetti sogni e disegni. Ti chiedi perché devono vivere in un posto dove sono già tagliati fuori ancora prima di poter cominciare davvero a far vedere quello che sarebbero capaci di fare; speri che le cose possano cambiare e che loro possano essere una generazione con qualche strada in più da percorrere, vorresti che davvero la politica l’economia e la società si occupassero di loro non solo con le parole o ripetendo formule che hanno già fallito. Temi che le tue siano solo illusioni e ti domandi in quale momento della tua vita hai cessato di credere che le cose si possano davvero cambiare. Non ti rassegni e ti domandi come fare per costruire anche per loro un’occasione vera.
A mezzogiorno – a metà della prova – sei anche a metà della prima giornata di un rito di passaggio, giorni che segneranno la fine di una stagione della loro vita e che ne apriranno un’altra. Il rito di passaggio non è solo degli studenti: guardandoli all’opera ti rendi davvero conto non solo del tempo che passa, ma anche di quanto sia triste e ingiusto questo nostro paese, a cominciare degli egoismi delle persone che lo abitano. Tutte.
Domani, seconda prova. Divertitevi ragazzi!
Mariano

DARE L’ESEMPIO?

In tempi di ideologie in liquidazione, la testimonianza personale sembra essere tornata di moda come strumento del cambiamento. Servirà? Mah!
Fatti, non parole!
Chi, come me, ha sulle spalle una profonda e robusta educazione religiosa – condita, fin dalla tenera età da una poderosa iniezione di senso di colpa variamente distribuito in tutte le aree dell’esistenza – sa bene che non c’è vero perdono dei peccati commessi. L’anima non sarà mai mondata del tutto, mai più tornerà candida e totalmente innocente; al massimo il perdono del Supremo allevierà le pene infernali a cui tutti, chi più  chi meno, siamo inevitabilmente destinati, come il Foille sulle piaghe da scottatura.
Per questo ho sempre invidiato quelli che, forti di un’educazione cattolica più permissiva e consolatoria (una bella confessata, un pentimento sincero, qualche preghiera di punizione e… tutto torna com’era prima del peccato) facevano lo slalom fra peccati clamorosi e mortali, apparentemente sereni e in pace con se stessi e il prossimo. Finché la fede mi ha sorretto, ho sempre pensato che “un peccato è per sempre” alla maniera puritana e che non è possibile che l’Onnipotente non sappia che destino ha riservato a ciascuno di noi. Dunque nasciamo già spacciati e tutto quello che ci affanniamo a fare su questa terra non è che la conferma di quello che ci aspetta dopo la morte.
Poi la fede è svaporata...

DOCENTI A TASSAMETRO

Gli effetti di scelte sbagliate si manifestano solo molto tempo dopo, quando hanno già prodotto i risultati negativi da cui qualcuno all’inizio metteva in guardia. Stavolta tocca alla scuola.
Come affossare la scuola statale
In questi giorni – genitori e studenti non lo sanno – oltre agli scrutini e alla compilazione di scartoffie sempre più inutili ed incomprensibili, gli insegnanti sono alle prese con la dichiarazione delle ore “lavorate” in aggiunta alla propria funzione: corsi speciali, recupero di allievi insufficienti durante l’anno, attività di coordinamento dei consigli di classe, conduzione di attività di stage per gli studenti delle classi terminali e chi più ne ha, più ne metta. Sono tutte voci che servono a  determinare la consistenza del cosiddetto “salario aggiuntivo”, una specie di paghetta per quelli che hanno fatto qualcosa in più degli altri o che hanno seguito qualche progetto di interesse collettivo.
Trattasi di una “grande” conquista sindacale di fine anni ‘80, prima gli insegnanti erano pagati tutti uguali (lo stipendio progrediva per anzianità) e la buona organizzazione della scuola dipendeva dalla capacità dei presidi di motivare e progettare l’impiego ottimale di ogni docente a sua disposizione.
Nella scuola – non in tutte, si sa che in Italia ogni luogo è una repubblica a sé - si facevano più attività di oggi e l’attenzione ai bisogni degli allievi non era certamente più bassa di oggi. Ma il vento stava cambiando: bisognava “valorizzare la funzione docente”, “premiare le funzioni strumentali” e via dicendo, così il Ministero ha cominciato a dotare le scuole del “fondo di istituto”. Si tratta di un fondo, determinato ogni anno dal Ministero stesso, che serve a pagare tutte le prestazioni diverse dalla lezione in classe. L’ammontare del fondo cambia a seconda dell’ordine di scuola e del numero di studenti.
Era la trasposizione scolastica della Milano da bere, dell’Italia che si modernizzava, del “adesso basta con questo egualitarismo, queste sperimentazioni, queste velleità che ci portano lontano dai paesi più evoluti”. Per valorizzare la funzione e il lavoro dei docenti si sceglieva di non intervenire più sulla qualità del servizio erogato, ma sulla monetizzazione (ridicola già allora) di presunte o reali competenze e professionalità. Governi e sindacati insieme di qualunque colore fossero.

Anche allora c’erano le cassandre, facili profetesse di sventura. Sostenevano che, essendo la scuola una “comunità educativa”, non sarebbe stato un bene introdurre forme di competizione esasperata fra gli insegnanti, oltretutto per un pugno di spiccioli. Meglio sarebbe stato fare come già nelle scuole francesi, tedesche e dei nord Europa. Laggiù la funzione docente è una sola e comprende al suo interno anche una serie di attività diverse dalle ore di lezione in classe: preparazione e correzione degli elaborati, espletamento di mansioni utili al buon funzionamento della scuola, colloqui e incontri con i genitori, coordinamento delle attività comuni (per materia e per fascia d’età), recupero degli svantaggi, assistenza e personalizzazione dell’intervento verso i ragazzi con problemi sociali o cognitivi particolari, rapporti col territorio, aggiornamento e così via. Tutte attività da realizzare a scuola con un orario che fosse comprensivo di tutte le funzioni connesse al lavoro del docente. L’insegnante diventava un lavoratore con un orario corrispondente al vero, controlli e  verifiche sulle sue prestazioni, una progressione di carriera legata anche alle sue specializzazioni e  e alla qualità della prestazione che mette a disposizione della scuola tutta e che la qualifica.
Così l’avremmo chiuso la bocca a chi sostiene che gli insegnanti lavorano poco, che sono dei privilegiati e che, perciò, non debbono lamentarsi se i loro stipendi sono quello che sono e il loro prestigio sociale in picchiata. Naturalmente, per un pugno di ceci, anche la gran parte dei colleghi sposò l’opzione sindacale con tipico atteggiamento italico: ottenere più soldi, perché lavoriamo tutti tantissimo e tutti siamo talmente bravi e qualificati che meriteremmo assai di più di quello che abbiamo. Se il nostro vicino di aula sta a bocca asciutta, la cosa non ci riguarda, ha solo da farsi furbo. Se la scuola va a picco, ci lamentiamo un  poco e diamo la colpa a qualcun altro: le famiglie, gli allievi, i nostri colleghi delle scuole primarie che non insegnano bene eccetera.

Per tutti gli anni ‘90 e anche nel nuovo secolo il fondo era abbastanza corposo da ricavarci la paghetta per i più attivi fra i docenti, in questi ultimi anni il fondo si va riducendo drasticamente, anno dopo anno. Gli ultimi due governi hanno preso da lì i soldi per ripristinare gli scatti di anzianità agli insegnanti. Risultato: le ore di lavoro aggiuntivo sono pagate sempre meno, in qualche caso non ci sono più i soldi neanche per un presente. I docenti “a tassametro” cominciano a ridurre le loro prestazioni, i corsi di recupero sono decimati, attività importanti non si fanno più e circola il malumore. Sono le riforme a costo zero che accontentano ora l’uno ora l’altro, sempre a scapito della qualità del servizio e delle risorse disponibili a migliorarlo.
Oramai siamo tutti abituati a fornire prestazione aggiuntive se ci pagano extra, sennò nisba. Dato che “non ci sono soldi” le prestazioni calano sempre di più; dentro a volte ci sono anche cose che abbiamo sempre fatto senza nessun compenso, solo che ce ne siamo dimenticati. Ma l’abitudine al tassametro è talmente entrata nella testa di tutti noi insegnanti che si fa davvero fatica a liberarsene, magari a favore della rivendicazione di una diversa strutturazione del nostro lavoro.

L’opinione pubblica continua a pensare che siamo degli sfaticati. Quelli tra noi che vogliono lo stesso fare le attività che servono alla scuola nel suo complesso e ne qualificano l’intervento combattono con l’ambiguità della scelta, in fondo è come se facessero del lavoro gratis. Chi faceva poco prima, adesso fa ancora meno. Con l’alibi del salario.

Io ero una delle cassandre. Cominciai a disertare il mio sindacato proprio quando prese questa strada, ritenevo che l’ubriacatura individualista avrebbe portato la scuola alla distruzione, soprattutto l’avrebbe resa inidonea a costruire lo Stato attraverso la responsabilizzazione e l’educazione alla cittadinanza. Purtroppo la realtà si sta rivelando perfino peggio delle previsioni che facemmo allora: tempo pieno e tempo prolungato messi pesantemente in discussione e, comunque, formule orarie sempre più vuote dei contenuti didattici ed educativi che le avevano ispirate; scuola superiore di massa con strutture e articolazioni che ricalcano quelli della scuola superiore di noi ultracinquantenni.
La scuola pubblica si rilancia e si impone con un cambio di rotta anche in questi elementi costitutivi. Un po’ di preparazione in più, di serietà nell’approccio, attenzione ai diritti e anche ai doveri, assunzione di responsabilità: è quello che intanto serve per accompagnare e far fruttare gli eventuali investimenti economici. Servirebbe però anche tanto un sindacato all’altezza, capace di  organizzare il personale della scuola per cambiare strada.

Specie nei servizi pubblici, non c’è lotta per i diritti sindacali se non si accompagna alla battaglia per il miglioramento del servizio. Di questi ci siamo dimenticati troppo spesso e  per troppo tempo. Il cambiamento possibile si realizza anche così.

Mariano

BLA BLA BLA…LEGALITA’

La corruzione deruba il paese del poco che gli è rimasto. La chiacchiera della politica, e specialmente dei “migliori” rincara la dose. Fino a  quando?
La farsa e il danno
Seconda infornata di scandali, seconda conferma di ciò che si sapeva già… e tutto nell’arco di un mese scarso. L’Expo prima, il Mose adesso, ingrassavano cordate miste di dirigenti pubblici, autorità di sorveglianza, imprenditori, militari d’alto rango e politici. Mentre tutti gli altri agivano per loro tornaconto, si potrebbe pensare che i politici lo facessero per i partiti di riferimento, come durante la prima Tangentopoli. Quando i loro partiti si affrettano a prendere le distanze, viene voglia di credere che quello che affermano sia vero, dato che di partiti capaci di finanziarsi illegalmente per davvero non ne esistono più. Essendosi essi trasformati in taxi, da cui cordate di interessi scendono e salgono alla bisogna, anche i meccanismi del finanziamento delle attività politiche si sono rimodellati sul nuovo assetto di quelle che ci si ostina ancora a considerare “forze politiche”.
Straordinarie le reazioni dei vertici del PD alle notizie di coinvolgimento di loro eminenti esponenti: la vecchia guardia oscilla fra la silente presa di distanza (Greganti) e la difesa ad oltranza (Orsoni); il "nuovo che avanza", invece, si comporta come se si trattasse di un partito diverso dal suo e di affari che non lo riguarda.
Parlano d’altro,i nuovi, al massimo sparano qualche luogo comune per deplorare, promettere misure draconiane, minacciare chi volesse corrompersi e corrompere. Renzi annuncia qualche provvedimento mirabolante che fa la fine degli altri: lettera morta.

La maggior parte dei giornali – gli stessi che sono stati ben ziti finora e che celebravano acriticamente il nuovo che avanza e l’Italia che si riprende con le grandi opere – riportano le storie di malaffare con dovizia di particolari. Le trattano come cronaca nera, nettamente disgiunta dalla cronaca politica.
Infatti raccontano di come l’Italia non conti più nulla nel mondo (la famosa reputazione internazionale), e danno la colpa alle sperate di Grillo. Scrivono verbi come rubare, corrompere, ma non ci mettono mai il soggetto, specialmente se illustre e del partito giusto. Soprattutto non spiegano mai come e quanto queste continue ruberie nuocciano al prestigio internazionale dell’Italia, accreditando l’idea che all’estero nessuno se ne preoccupi. Se gli investimenti stranieri calano del 54% in un anno sarà colpa delle sparate o delle ruberie miliardarie che lievitano col lievitare dei costi delle grandi opere pubbliche? Sarà colpa della jungla di leggi che permette a chiunque di fare quel che vuole o delle scelte politiche di chi li vuole mandare via tutti e usa lo strumento disponibile in questo momento nel mercato della politica?
Finché la nazione tutta – a me sarebbe piaciuto che lo facesse il centrosinistra, l’ho sempre sperato e non ci credo più – non mette in campo una seria riflessione intorno ai meccanismi culturali, sociali, economici che stanno alla base di questa assenza di moralità a tutti i livelli e in tutti i luoghi… finché questo non lo faremo accadere, nulla cambierà. I più furbi spolperanno ancora quello che resta, ognuno sarà contento di essere convinto aver fregato l’altro. Ognuno andrà a caccia della soluzione personale al problema collettivo, allontanando la ripresa e la rinascita a data da definirsi.

Si comincia da Roma, ma si deve cominciare anche sul nostro posto di lavoro, nel nostro comune, nella nostra regione. Non possiamo più avallare comportamenti truffaldini mascherati da intelligenza politica: quanti sindaci hanno ricevuto finanziamenti per la loro campagna elettorale da operatori economici direttamente interessati agli affari col Comune (proprio come quello di Venezia)? Quanti medici trasformano i loro assistiti (Servizio Sanitario nazionale!) in potenziali loro elettori, magari coinvolgendo i loro colleghi di studio in una umiliante campagna elettorale? Quanti appalti vengono aggiudicato con un concorrente  solo e un’offerta sola, salvo poi ricorrere alle varianti in corso d’opera per “aggiustare” i contratti? Quante associazioni esistono solamente come serbatoio elettorale di questo o quello e perciò vengono foraggiate con soldi pubblici? Quanti politici vanno a spasso con i personaggi chiacchierati, qualche volta malavitosi conclamati, che porteranno loro i voti necessari per essere eletti? Quante promesse, quante clientele?

Ci vuole un po’ di pulizia anche nel linguaggio: le parole debbono tornare a significare qualcosa, la chiacchiera vuota lasciare il posto alla profondità del ragionamento, la serietà degli impegni seppellire la vacua insidia della promessa. La voglia di assumersi responsabilità deve soffocare lo scaricabarile che, a tutti i livelli, paralizza questo paese martoriato.
Questa è la rivoluzione che bisogna fare adesso.

Mariano

MOMENTI DI GLORIA

Si avvicina la Maturità. Da oggi pubbliche le commissioni d’esame, gli studenti di quinta a caccia di informazioni sui commissari esterni
Recensisci il docente!
Ci siamo, fra 15 giorni i maturandi debutteranno con la prima prova, lo scritto di Italiano. Quel giorno conosceranno anche i membri esterni e  il presidente della loro commissione d’esame, quella che, salvo sgradevoli sorprese, li consegnerà al mondo del lavoro, a quello della disoccupazione o a quello dell’università. Armati di un bel voto, in centesimi, per larga parte frutto di quello che hanno combinato nei tre anni precedenti e in piccola parte di come si sono comportati nelle prove d’esame.
Da stamane sono pubbliche le commissioni, dunque ogni studente sa chi sono quelli che, interni ed esterni, lo esamineranno e ne giudicheranno la prestazioni e  la preparazione. Adesso comincia la “caccia al commissario”, per sapere chi è, se è bravo o no, quali sono le sue fissazioni e le sue manie…; questa volta agevolati anche dalle recensioni degli insegnanti, ad opera dei loro allievi, che si trovano sui siti specializzati. Uno per tutti studenti.it.

NON MORIREMO DEMOCRISTIANI…

Una settimana dopo le elezioni, tutto è già metabolizzato. Non vorrei che fossimo...
Già pronti per la prossima illusione?
Passata la tornata elettorale europea, smaltiti quasi tutti i fumi della sbronza, superate sorpresa e incredulità, è tempo di fare un bilancio di come il voto abbia ancora una volta modificato il quadro politico italiano. In poche righe: gli elettori non fidelizzati di Grillo si sono astenuti; quelli del PD no, sono andati a votare massicciamente per Renzi. Lo stesso hanno fatto quelli dell’area moderata che, infatti, dal punto di vista elettorale non esiste quasi più. Il centrodestra tiene larga parte dei suoi voti, sparpagliati fra le formazioni politiche che derivano dalla fallimento del PdL. Il M5S spaventa gli elettori che voleva acquisire e ne lascia a casa un bel po’ di quelli che l’avevano scelto un anno fa.
Su tutto un dato: l’elettorato italiano è diventato estremamente mobile. Cambia spesso, anche alternando voto e non-voto, sceglie pragmaticamente fra i candidati e i partiti quelli che ritiene possano realizzare i suoi interessi contingenti (del futuro gliene frega poco) meglio degli altri.

EUROPA: DISPERAZIONE E SPERANZA

Riflessioni di un disincantato dopo una notte passata a guardare i sondaggisti che annaspavano fra i numeri e commentatori in crisi di certezze
L’Italia ha scelto il medico
Ieri, uscendo con mia moglie dal seggio dopo il voto, ho incontrato un mio vicino di casa - caro amico un po’ di destra – che mi ha chiesto di indicargli un candidato “cattolico” della lista del PD per l’Europa. Accortosi della mia meraviglia, ha così motivato la sua scelta:
Bisogna dare un segnale di incoraggiamento e sostegno a Renzi”.
Tornando a casa, mi ripetevo come un mantra che, ancora una volta, non avevo capito niente. Ancora una volta avevo scambiato un desiderio con la realtà. Stanotte mi sono accorto però che, a  differenza del solito, questa volta sono stato davvero in grande compagnia, non c’era nessuno capace di prevedere il successo del PD e la sua misura. Del PD o di Renzi?
Stamattina ho sentito la stessa considerazione del mio amico un po’ di destra  da tre imprenditori che mai hanno votato il PD e che mai lo voterebbero in condizioni normali.
Stessa scelta di ieri e stesse motivazioni. Non pretendo di generalizzare, ma forse il punto è qui: disperazione+paura+speranza residua=Renzi.
Ora non ci sono più alibi o storie che tengano sulla sua legittimazione, l’ha avuta e ben oltre le attese e neanche del tutto a spese dei suoi alleati. Ora deve fare quello che ha promesso, dimostrando anche agli scettici che il programma di cambiamento non è il gattopardismo che temiamo. L’apertura di credito è stata davvero esemplare, proprio per questo potrebbe essere dolorosamente effimera se il cambiamento atteso non arriva e per davvero. Vedremo.
Renzi, capace di trascinare il risultato di un partito diversamente piuttosto frenato, ha dato al PD quell’identità che gli mancava, trasformandolo nel “partito di”, come il M5S lo è di Grillo, e Forza Italia di Berlusconi. In parecchi storcevano il naso per questa mutazione epocale, ma il voto ha dato loro torto: oggi possono solo decidere di andarsene o di accettare l’avvenuta mutazione. Agli osservatori più distaccati appare chiaro che, comunque, il fenomeno di ieri potrebbe essere la combinazione di due fattori che affondano nel ventennio appena concluso.
Berlusconi sembra proprio finito,il berlusconismo no. La modalità di comunicazione politica, il rapporto didascalico con gli elettori, la forma partito che sostiene il leader, gli stessi contenuti della proposta politica, l’abitudine di dare nomi roboanti a provvedimenti che tali non sono, i modi finto-spicci, la predisposizione di dare agli altri la colpa dei propri insuccessi… li ritroviamo quasi completamente trasfigurati in Renzi. Invece che farsi un partito – come Berlusconi nel 1993 – Renzi si è scalato quello che è sopravvissuto meglio al ventennio. Ora bisogna vedere se Renzi aiuterà questo paese – la sua politica, la società, le sue istituzioni – a uscire dal berlusconismo o se, ereditandone i caratteri, semplicemente cercherà una strada per costruire un progetto di gestione del potere analoga. Questo il primo fattore.
Il secondo si riferisce alle speranze che Renzi ha suscitato: questo paese è stremato, ma non sa più come uscire dalle maglie di una rete che si è costruito da solo, anno dopo anno, privilegio dopo privilegio, mediocrità dopo mediocrità. Il suo partito e lui in prima persona non sono indenni da responsabilità. Oggi sono perdonate a favore della speranza di portare l’Italia fuori dal tunnel. Che cosa succederà mai se Renzi nei prossimi mesi non dovesse riuscire a fare nulla di quello che ha promesso?
Infine, la battura d’arresto del M5S forse è salutare: chissà che non capiscano finalmente che i voti ricevuti vanno spesi – non necessariamente per fare pastette – e che qualcuno è più utile di qualcun altro. Che, quando veleggi su percentuali a  due cifre, la selezione del ceto politico non si può fare come anche questa volta, che l’autosufficienza è dei gruppuscoli e che le alleanze danno forza e vitalità se sono genuine. Dato che non hanno preso una batosta, li vedremo presto alla prova con una nuova fase del movimento: adesso devono proprio darsi una mossa, una linea e qualche regola seria di funzionamento.
Certo che siamo un popolo ben strano: siamo bugiardi perfino con gli intervistatori fuori dai seggi e rendiamo improbabili sondaggi e previsioni. La cosa potrebbe anche farci sorridere, se non fosse che siamo così quasi in tutto…
Adesso vado a vedere cosa è successo a Collegno.
Mariano

COLLEGNO CIVICA

Prima che parlino le urne, godiamoci la bella esperienza della campagna elettorale di Civica per Collegno e di Giovanni Lava, candidato a sindaco.
L’ultima cena? Non credo proprio...

Venerdì sera, cena finale della lista: dei candidati, degli amici e dei supporters. Giovanni LAVA intrattiene i commensali fra una portata e l’altra. Si chiuderà più tardi con una fetta di torta fra le tante che i volontari hanno preparato. Cima disteso, divertito e divertente, una bella combriccola soddisfatta di quello che ha combinato e che aspetta un risultato all’altezza.
La campagna elettorale è stata davvero intensa, come forse non la si è mai fatta a Collegno: volantini, giornali casa per casa, presenza in ogni luogo, iniziative di qualità e anche di successo. Due i fattori da sottolineare: i candidati di CIVICA sapevano di avere il migliore fra i candidati a sindaco della città.

UNA DONNA DA VOTARE

Elezioni europee, Elena si presenta e chiede il voto:
Per quale Europa?

A Elena voglio molto bene, quindi non sono obbiettivo nel valutare le sue notevoli capacità. Sono certo che è davvero una forza della natura, intelligente, umile e  sempre ben disponibile a darsi da fare per chiunque la chiami in causa. E’ persona che studia, si documenta e non parla mai a vanvera. A differenza di qualche altro gggiovane d’oggi, non vive di politica, va tutti i giorni a lavorare come amministratrice di condomini. Basta così con la presentazione del personaggio, ora la parola a lei.
Per quale ragione hai deciso di candidarti con la lista di Green Italia-Verdi Europei?
E' stato un prolungamento naturale della mia candidatura negli Ecologisti e Reti Civiche, di cui sono consigliere comunale a Grugliasco. D'altronde è da troppo tempo che le istanze ecologiste a livello nazionale si risolvono in proclami elettorali senza una realizzazione concreta. Era ora che in maniera compiuta si riportassero i temi “green” sulla scena politica.
Dove per “green” si intendono ovviamente i temi ambientalisti, ma anche quelli della “pulizia” e trasparenza dell'attività politica (anch'io ho sottoscritto la campagna “Riparte il futuro” contro la corruzione) a tutti i livelli, quelli della Green Economy, quelli del lavoro con standard minimi garantiti, sia in termini di stipendio che di sicurezza e garanzie sociali. Lo stiamo facendo partendo dal Parlamento Europeo, in cui i Verdi sono il quarto partito e vogliamo che questi temi tornino a far parte dell'agenda nazionale.
Quali sono gli aspetti di cui vorrebbe che l'Europa di occupasse maggiormente?
Innanzitutto, considerando l'attuale crisi in Ucraina, i temi dell'energia sostenibile, volàno economico che consente la creazione di nuovi posti di lavoro. E poi la ri-regolamentazione della finanza, attraverso la messa al bando dei prodotti finanziari a rischio, alla separazione delle banche di investimento da quelle commerciali e la creazione di una forte Unione Bancaria Europea.
Che governo vorrebbe per l'Europa? Quale politica economica e quale politica monetaria?
Vorrei gli Stati Uniti d'Europa, in cui i cittadini si sentono prima di tutto europei; quell'Europa sognata da Rossi e Spinelli e in cui Green Italia crede fermamente. In un'Europa di questo tipo non esistono gli stati “buoni” e quelli “cattivi”, non si va a due velocità. Per fare questo bisogna, da un alto, rafforzare il potere del Parlamento Europeo, unico organo realmente eletto dai cittadini, in modo che possa vigilare sulle lobbies e dare voce ai cittadini. Dall'altro, in un'ottica di questo tipo, sul piano economico, dobbiamo puntare all'abolizione del Fiscal Compact, istituire un fondo europeo di redenzione (simile a quello adottato nei confronti della Germania alla fine del secondo scontro mondiale) e strumenti di debito comune come gli Eurobond, con vincoli fiscali comuni chiari e realistici.
Quali sono i temi centrali della proposta ecologista europea?
Siamo convinti che per cambiare questa Europa sia necessario un Green new Deal, un nuovo patto sociale per lo sviluppo che grazie all'innovazione dia ulteriore impulso a quella green economy che in questi anni – nonostante la forte crisi – non ha dato segni di cedimento. Sono necessari allora investimenti non solo nell'industria, ma anche in un'agricoltura biologica e di qualità, un'economia pulita ed efficiente, che crea nuovi posti di lavoro, nel rispetto dell'ambiente e delle persone.
Lei sa che è difficile che la lista Green Italia superi in Italia lo sbarramento del 4%, non ritiene perciò che un voto alla sua lista sia un voto sprecato?​
Intanto, come già accaduto in Germania, dove hanno vinto, anche noi abbiamo fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro la soglia di sbarramento: se il sistema è proporzionale puro, la soglia è solo un modo per evitare che ci siano europarlamentari non vincolati alle lobbies dei due grandi schieramenti, Ppe e Pse. Speriamo di vincere questa battaglia, come quella che all'inizio ci ha visto esclusi dalla competizione elettorale. E poi non mi piace sentire parlare di “voto sprecato”. L'unico voto realmente sprecato è quello non dato, quando si delega ad altri. L'importante è che si voti consapevolmente, conoscendo i programmi e le persone che si scelgono. Green Italia è uno dei pochi partiti con liste “pulite”, senza condannati o indagati.
Se dovesse mandare un sms ai suoi amici e conoscenti per chiedere il loro voto, che cosa cu scriverebbe?
IL TUO VOTO CONTA. AIUTAMI A CAMBIARE L'EUROPA – VOTA GREEN ITALIA VERDI EUROPEI – SCRIVI GIARGIA
Perché non farlo?
Mariano















IL DIS/ORIENTAMENTO

Di gran moda i test on line per capire “di che tendenza politica sei” per delle elezioni ormai prossime. Un mio studente…
Il test elettorale
Un mio studente ne ha fatto uno, evidentemente cercando un’indicazione “oggettiva” che gli permettesse di andare oltre la babele di grida e palle che sente in tivu. E’ quello di openpolis e non sembra neanche male, sebbene forse un po’ orientato.
Mentre spiego i sistemi elettorali e le problematiche connesse a diciannovenni con ben altri pensieri per la testa e un’attenzione che benevolmente posso definire “a fasi alterne”, il discorso scivola inevitabilmente sulle elezioni ormai prossime. Dato che mi conosco e so che, se opportunamente stimolato, non riesco proprio a a trattenermi dall’esprimere le mie opinioni, preferisco glissare e portare il discorso su lidi più tranquilli. Niente da fare, tornano sempre li.
Uno dei più interessati e brillanti dice: “Quest’anno sono davvero indeciso su chi votare (si parla di Europee). Ho guardato poco le trasmissioni in televisione e non mi sono fatto una opinione fondata, anche perché le questioni europee sono complicate.
Allora ho fatto un test online: è venuto fuori che sono di sinistra ed ecologista”.
Lì non ce l’ho proprio più fatta a trattenermi. E’ partita la filippica: ma come! Ti fai dire per chi votare da un test on line, possibile che tu non capisca l’importanza del voto e la necessità che tu ti impegni a cercare le informazioni utili a costruire consapevolezza, come può funzionare una democrazia fondata su un simile disinteresse e sui test buoni per tutto? E via ancora a decantare le eroiche azioni dei nostri martiri perché tutti avessero il diritto di votare, a rivendicare la consapevolezza come nuova virtù che gli Italiani debbono assolutamente ricercare e possedere se vorranno uscire da questo pantano… e molto altro ancora che taccio per vergogna.

La classe prestava più attenzione del solito, in attesa che finisse il pippone. Lui stava immoto al suo posto, guardandomi con un’aria divertita e meravigliata. Poi ho smesso e la lezione è andata avanti fino alla fine, interrotta solo da qualche commento salace su un filmato nel quale si vede il mio scatto felino a scartare un loro compagno durante una partita di calcetto di qualche giorno prima. Durante l’intervallo che è seguito, ho visto un suo messaggio sul mio cellulare: era il link del sito del test di orientamento elettorale. Senza altri commenti.
Lo stesso pomeriggio ero precettato a una conferenza noiosissima, ho fatto come loro con me quando li annoio: mi sono messo a giocare col cellulare e ho fatto il test. Di sinistra ed ecologista anche io; più o meno sono proprio così, mi piace la giustizia sociale e un po’ di pulizia, dell’ambiente e delle persone, delle relazioni e delle economie.
Bravo il mio studente! Senza troppe parole, mi ha smontato. Il giorno dopo gliel’ho detto, ovviamente davanti a tutti e mi è sembrato inorgoglito. Dato che mi piace rilanciare sempre, ho subito proposto un test a tutta la classe, utile a discernere fra destra e sinistra. Il test è questo: pensi che la tassazione dei redditi debba essere in percentuale fissa o secondo aliquote progressive all’ammontare del reddito lordo (come da nostra Costituzione)? La metà circa dei ragazzi ha scelto la prima opzione, ma ci è rimasta molto male quando, per questo, ho detto loro che sono tendenzialmente di destra.
Chissà perché si sono risentiti e hanno cominciato a giustificarsi…
Mariano

FACCE DA GRILL

Posti di lavoro inesistenti con inserzioni che illudono i ragazzi, promessa di scatole di caffè… grigliate con amici e clienti agli Orti Urbani comunali. E' tempo di moderazione
Magna magna
Qualche tempo fa avevo raccontato la storia delle abboffate alla casetta degli orti urbani della città in cui abito (leggi). Ovviamente la pubblicazione del post ha avuto uno strascico di piccole minacce, commenti divertiti, qualche faccia preoccupata e tanta indignazione. Tutto nella norma, siamo in Italia, mica in Europa.
Che cosa ne è di tutto questo? Quasi nulla. Sabato sera erano di nuovo lì: cosa c’è di meglio di una grigliata con gli amici, una serata di relax in compagnia a parlare di tutto e di niente, mentre le braciole sfrigolano sul fuoco e ciascuno dei presenti ha come massima preoccupazione quella di decidere se salsiccia o ala di pollo? E intanto scambiarsi battute salaci sulle donne e alludere comicamente all’atto, declinandolo in tutte le sue coordinate e sfaccettature? Se poi lo fai gratis in una struttura pubblica, meglio ancora, così non hai il fastidio di sporcarti la casa e trovarti con le solite pile di piatti sporchi il giorno dopo.
D’altra parte le elezioni sono alle porte: cosa c’è di meglio che rinsaldare i rapporti con le clientele per lanciarle nell’ultima settimana di raccolta dei voti prima della messe finale? Anche il grande elettore più fedele deve essere curato un pochino per evitare che si venda a un altro miglior offerente. Nella mia città ci sono più candidati che anime, dunque la concorrenza si fa davvero aspra.
Dilettanti i miei concittadini da barbecue, in confronto ai vicini Collegnesi che millantano posti di lavoro e promettono pacchi di caffè (leggi): si chiama “voto di scambio”, ma sono talmente ignoranti che non sanno neanche che è un reato. Speravo in un po’ più di coraggio da parte degli ortolani, invece niente.
Sinceramente speravo che, in un sussulto di orgoglio e di amore per la città, cacciassero a pedate questi grigliatori della cosa pubblica. Che io sappia, niente. Borbottano quando nessuno li sente, come fanno in genere la banderuole italiche di ogni paese e villaggio, ma non si espongono neanche se li ammazzi. 
Forse fanno bene i compari della grigliata: di capibastone fedeli c’è sempre un gran bisogno, specialmente in tempi in cui la politica si fa con lo stomaco, non con la testa. Tantomeno col cuore.
Mariano

LA DOPPIA MORALE

Il caso Greganti, prima il “sistema Sesto”, l’atteggiamento assurdo verso la richiesta di arresto di Genovese… in che direzione marcia il PD?
Etica e convenienza
La nuova stagione giudiziaria del PD comincia due anni fa con  il “sistema Sesto” di Penati & C, riedizione in grande del “sistema Grugliasco” di vent’anni fa (stesse storie, stessi intrecci, stesse dinamiche): metti un’amministrazione disponibile e un pool di imprenditori interessati, mescola bene il tutto, cercando di piegare  le regole al progetto, servi caldo ai concittadini blaterando di posti di lavoro e di progresso.
Altri scandali qua e là, farne l’elenco sarebbe lungo e inutile, poi scoppia il caso Expo e torna in pista Greganti, autorevole membro della cupola di cui farebbero parte anche Frigerio e imprenditori interessanti. Succede davvero di tutto in questo strano paese, perfino ritorni dall’aldilà, ma fin qui da meravigliarsi c’è poco.
Lo stupore aumenta considerevolmente quando si analizzano le reazioni dei vertici del PD alla notizia: tutti si affrettano a spiegare che Greganti non è dei loro, che ha operato per sé e che non rappresenta in alcun modo il PD. Ci mancherebbe ancora, ma è un fatto che Greganti non è un tesserato per affetto, qui a Torino lo si vede normalmente alle iniziative di partito e anche insieme ai notabili locali.

LA GRANDE ABBUFFATA

Il ritorno di Greganti e Frigerio lascia ben sperare in una fine repentina della seconda repubblica, come fu per la prima. Il PD non c‘entra niente, sono gli altri che sono cattivi e le grandi opere da noi costano più care perché ci sono i piccoli partiti…
Tangentopoli returns
Vent’anni dopo tornano le storie che hanno segnato la fine della prima repubblica: corruzione, tangenti, paralisi politica e amministrativa, decadimento. disaffezione, lacerazione del tessuto sociale, crisi economica. Stavolta è tutto più drammatico perché queste macigni si posano  su un paese provato dalla distruzione di buona parte del suo apparato produttivo, indebolito dalla disoccupazione (giovanile e non), da bassi salari e dalla fine delle garanzie per chi sta peggio. Un paese in cui le uniche liberalizzazioni sono quelle che hanno favorito l’accumulo di ricchezza non investita in attività economiche e l’aumento del divario fra le fasce della popolazione. Un paese meno giusto e meno uguale, dove il ceto medio è già in parte scomparso.
Bene, ci risiamo: evidentemente il sistema economico non era più in grado di sopportare una corruzione invasiva e troppo vorace. Di qui l’intervento della magistratura con tutto io corollario che andremo a scoprire nei prossimi mesi. Per intanto già sappiamo che i sistemi di Tangentopoli 1 sono transitati direttamente nella seconda repubblica.

TERZA SETTIMANA

Mentre parecchi chiacchierano di nuove povertà, c’è chi fa: tanto e bene
Una mano a chi annaspa
S
abato scorso ho partecipato a una iniziativa davvero interessante: i volontari dell’Associazione Terza settimana (guarda qui che cosa fanno) festeggiavano la loro attività, facendo un bilancio dei progetti in corso e delle speranze per il futuro. Il bilancio l’hanno fatto discorrendo con tre persone molto diverse fra loro: Pierluigi Dovis (direttore Caritas Diocesana), Nicolò Bongiorno, responsabile della Fondazione dedicata al padre Mike,  e il sottoscritto.
Siamo stati chiamati tutti e tre a dire la nostra sul  “Guardare oltre” e ciascuno di noi ha sviluppato il tema secondo la sua sensibilità incalzati da Gaia, studentessa del V anno del Liceo Gioberti e volontaria di punta dell’associazione. Con noi, tre “assistiti” dall’associazione che, nell’ottica della restituzione, hanno anche scelto di diventare a loro volta “volontari”: tre storie di discesa e di risalita davvero esemplari per come si sono sviluppate nel tempo e per come sono state raccontate dai protagonisti. Parecchi ragazzi e ragazze a fare da stimolo con la loro attenzione impegnata e simpatica.
Il presidente dell’associazione, Bruno Ferragatta ha introdotto la discussione “dando i numeri” dell’attività dell’anno appena chiuso:
65 adulti e 130 studenti delle scuole medie superiori come volontari impegnati nell’attività quotidiana, per un totale di 9932 ore di impegno ripartite su 48 settimane.
Aperte tre sedi, due social-market a Torino e 1 a Milano (nel 2014 è prevista l’apertura di una nuova sede a Torino nella zona nord). Consegnate spese a domicilio in 185 punti a Torino, 12 a Moncalieri, 11 Rivoli, 6 Nichelino, 5 Beinasco, 3 Venaria, 3 Collegno 3 Grugliasco, 2 Orbassano, 2 san Mauro, 1 Settimo Torinese, per un totale di 76.000 kg. di ortofrutta consegnati. 230 famiglie segnalate dalla Caritas, 400 dall’ Ufficio Pio, 50 dalla cooperativa di Vittorio, san Gioacchino, Regina delle Missioni, santa Maria Goretti, Buon Pastore servita dall’Associazione con rifornimenti alimentari. In totale  2287 persone assistite, di cui 597 bambini di età inferiore ai 10 anni. Consegnate 9589 spese.
79 assistiti si sono resi disponibili ad effettuare alcune ore di volontariato presso l’associazione. 48 bambini hanno avuto accesso alle cure dentistiche nell’ambito di un progetto dell’associazione denominato SMILE. Scusate se è poco...
Al termine gli studenti hanno ritirato la dichiarazione da portare a scuola per ottenere il credito formativo. La cosa più importante la ritirano giorno per giorno nella loro attività nell'Associazione: sono pillole ricostituenti di quella dimensione che sembra oggi mancare a tanti. Noi la chiamiamo "senso della vita".

VERGOGNE NAZIONALI

Il dito medio di Fassino, la trattative con gli ultras, gli applausi dei poliziotti ai colleghi, il gioco delle tre carte coi soldi della gente…
Il dito medio
Fino a due anni fa la vergogna nazionale era Berlusconi, accompagnato dall’eco dei suoi scandali e dalla gravità dei reati per cui era già stato condannato. Andavi all’estero e ti capitava spesso di essere interrogato sull’apparente (?) impazzimento nazionale, visti i consensi di cui continuava e continua a godere. L’interrogato si giustificava balbettando scuse e spiegando che B era solo una faccia di una medaglia che vedeva dall’altra parte la sinistra più asservita e egoista della storia mondiale.
Poi l’hanno fatto fuori a favore del più sobrio Monti: non si è trattato di un colpo di stato, tuttavia l’operazione politica non è stata esattamente democratica; va detto qualche beneficio l’ha pur prodotto. La reputazione del nostro paese, – almeno stando a quello che i giornalisti hanno cominciato a raccontare – è migliorata, lo spread è sceso e le nostre pensioni hanno preso il volo, senza che uno straccio di riforma strutturale disegnasse un futuro per le giovani generazioni di questo paese.
L’uomo col loden verde si è montato la testa e ha pensato di mettersi in proprio con gli esiti che conosciamo. Elezioni, vince Grillo, Bersani ci prova e Letta va al governo con Berlusconi.
Della reputazione italiana non parla quasi più nessuno: credo che sia davvero difficile immaginare di convincere un forestiero che fare un governo con un pregiudicato, carico di processi e di scandali, è cosa buona e giusta.
Il PD e i suoi giornalisti cercano di accreditare l’idea che non si sarebbe potuto fare diverso, vista l’indisponibilità del M5S: viene “silenziata” perfino la Serafini (deputata e moglie di Fassino) che bene spiega che mai loro del PD avevano avuto l’intenzione di collaborare per davvero e alla pari con Grillo. Il resto è attualità, con Letta silurato da Renzi: il primo annunciava poco e non faceva nulla, il secondo è tutto un annuncio a risultati zero. Chissà il prestigio internazionale… certo non credo che qualcuno possa sostenere che il nostro è un paese in cui la democrazia funziona e la trasparenza la fa da padrona.

A rinforzare l’idea che si stia continuando ad andare verso il fondo, arrivano le trattative delle massime autorità con i capi ultras, assurti a rango di autorevoli negoziatori per evitare “guai peggiori” in situazioni sfuggite al controllo di chi doveva occuparsene. Ne sta parlando tutto il mondo e senza il divertimento del bunga bunga, semmai con la preoccupazione di un corto circuito fra malavita e apparati dello Stato.
Il calcio diventa il paradigma di un paese nel caos e nella disperazione. Gli applausi dei colleghi ai poliziotti che hanno ucciso un ragazzo, la diffusa sensazione di essere nelle mani dei prepotenti, dei cafoni e dei delinquenti, che albergano e proliferano oramai in ogni settore e professione, sono indizi della lacerazione ben più che i fischi all’inno nazionale.
Normalmente i leader demos deplorano tutto questo: mettono su quell’arietta saputella, storcono la bocca in una smorfia di disappunto e deprecano, stigmatizzano e condannano. Lo fa Renzi, lo fanno i big del partito, lo fa anche Fassino. Naturalmente loro non hanno mai alcuna responsabilità e sono corretti e garbati perfino quando debbono affrontare la piazza a muso duro; come potrebbe essere diverso, loro sono superiori perfino quando trafficano.

Ieri Fassino ha salutato i tifosi del Toro, che lo contestavano durante la cerimonia commemorativa della tragedia di Superga, alzando repentinamente il suo dito medio. Eleganza del gesto e profondo rispetto per il dissenso. Vabbè, si potrebbe obiettare, non dovrebbe succedere, ma un momento di debolezza è umano.
E’ vero, ma è assai meno umano smentire di averlo fatto ed essere poi smascherati dal solito video che ristabilisce la verità dei fatti. Chissà cosa si inventeranno i suoi compagni di partito per giustificare l’ingiustificabile, chissà che cosa studieranno i suoi sponsor alla successione di Napolitano per spiegarci che, ancora una volta, siamo noi che non abbiamo capito.

Mariano

ASPETTARE

Fra tre settimana le elezioni "decisive" per il futuro di questo paese. Quindi continuiamo ad aspettare?
Non succede più nulla
Da almeno vent'anni in questo paese non succede più nulla (se non il declino), la sua irrilevanza ne è la testimonianza più chiara. Vuol forse dire che, giorno dopo giorno, non accadono più fatti di sangue, miracoli, catastrofi (naturali e cercate), ribaltoni eccetera?
No, no. Queste cose (e molte altre) accadono eccome, ma non sono più “storia”, vale a dire che non sono pezzi di un percorso con una direzione e un senso, non sono più parti di un cammino di evoluzione e progresso. Succedono, se ne parla, si presta attenzione, poi si dimenticano. Non del tutto, ma solo in quanto coperti dall’evento successivo, col quale quasi nessuno proverà a stabilire un nesso di causalità e di interrelazione.
Questo è il tratto caratteristico della cultura di massa dei nostri tempi: la giustapposizione al posto della concatenazione logica. I fatti e i processi sono accostati l‘uno all’altro senza alcun nesso di reciproca interdipendenza, come se la vita fosse un ripostiglio dove cacci alla rinfusa tutti gli oggetti che non sai dove diversamente mettere.
Un’alluvione devasta nuovamente zone già devastate in passato e puntualmente ricostruite nello stesso posto? Stesso stupore, stesse frasi di circostanza, stesse lacrime di coccodrillo. Si scopre che gli appalti delle grandi opere alimentano le associazioni mafiose e fanno lievitare i costi a livelli incomparabili con i paesi a noi vicini? Qualche mese di discussioni, di accuse, di leggi apparentemente draconiane e… niente cambia. la mafia continua a mangiare e a governare come e più di prima. Registri che nessuna delle promesse elettorali che ti hanno fatto per estorcerti il voto ha poi avuto seguito? Nessun problema, alle elezioni successive sei di nuovo pronto a farti prendere per il culo. Magari pensi che, questa volta, potresti essere tu il fortunato destinatario dei favori del politico a cui hai promesso il voto. Tanto potrai lamentartene negli anni successivi, fino al nuovo voto.
Guardi le varianti urbanistiche e ti viene il sospetto che tutto questo consumo di suolo serva a far lavorare i finanziatori della casta? Sei già pronto a rivendicarne una per te, quando e come ti tornerà utile. Copri di cemento tutto il copribile e ti indigni quando i grandi acquazzoni allagano cantine e case? Sei già pronto per una “ricostruzione” ancora più cementosa. Ti incazzi quando l’impiegato/a dietro allo sportello si fa i fatti suoi invece che servire te e quelli che sono in cosa? Nessun problema, probabilmente succede lo stesso quando dietro allo sportello ci sei tu. E tu, caro collega che ti lamenti della qualità e dell’impegno degli studenti, ti sei mai chiesto se non sei tu il modello?
Hai notato che troppa burocrazia favorisce l’arbitrio e la corruzione (troppe regole, nessuna regola)? Avanti con nuove leggi che regolamentano i regolamenti, tutto per non toccare mai l’unico tasto che potrebbe far cambiare le cose: la responsabilità personale. Vi risparmio il resto, cari lettori, lo conoscete benissimo.
Proprio perché non c’è più collegamento fra gli avvenimenti, i temi - proprio perché non si cercano più le cause e le conseguenze delle cose che succedono – viviamo in un presente eterno: se fai presente che c’è un prima un durante  e un dopo, magari cercando di dare profondità temporale ai temi all’attenzione, ti guardano come se fossi uno zombie, ritornato da un passato da incubo che prima si dimentica e meglio è. Così non si impara mai nulla, non di progetta niente, non si investe la cultura e le speranze in un percorso da costruire e realizzare per andare tutti insieme da un punto a un altro. Passiamo il tempo ad aspettare l’avvenimento successivo, in attesa che produca quei cambiamenti che, se verranno, aumenteranno la nostra frustrazione. Se non verranno nessuna paura: potremo buoni buoni attendere i successivi.
Mariano

PRIMO MAGGIO: COSA C’E’ DA FESTEGGIARE?

Mattina in piazza, pranzo fuori, pomeriggio a deplorare gli incidenti del mattino e il comportamento dei contendenti: Di lavoro e futuro neanche l’ombra.
L’Italia che (si) sfila
Anche quest'anno corteo del primo maggio. Quando siamo arrivati si erano già menati e gli spostamenti rapidi di poliziotti in tenuta antisommossa suscitavano più impressione e curiosità dei tanti cartelli e striscioni dei partecipanti.
Una mestizia e un magone che ti prendevano lo stomaco, la prima parte del corteo. Tanta rabbia e un pizzico di vitalità in più la seconda parte della sfilata. I due pezzi del serpentone (il primo più ridotto, il secondo assai ben frequentato) separati da servizi d’ordine e qualche filare di poliziotti. Ribadisco: una tristezza palpabile, il senso di qualcosa che è definitivamente finito, bisognerebbe solo prenderne atto. Più difficile dire esattamente che cosa è finito, ci provo.
E’ finito il lavoro come valore, come elemento capace di caratterizzare un’intera esistenza, vite, relazioni e ruolo sociale. Per tanti anni siamo stati ciò che facevamo, convinti che il nostro essere fosse diventato quello che era in virtù delle cose che avevamo combinato fin lì sul versante della nostra professione, quella che definiva anche il nostro ruolo nella società. Eravamo quello che facevamo, perfino nel privato e nel nostro tempo libero. Avere un buon lavoro – di quelli appaganti e di cui andare fieri - era normale; averne uno non tanto bello una questione di tempo: si trattava di una tappa transitoria in attesa di approdare finalmente all’appagamento professionale; non averlo una questione da sfigati e fannulloni. Fare e operare era una condizione che metteva a posto tutto e redimeva anche l’asociale più incallito. Pochi anni e tutto è cambiato.