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SANITA’ E DELIRI

Questo paese va a picco: lo diciamo spesso per esorcizzare la paura che succeda sul serio. Eppure c’è tanta gente che lavora perché a picco ci si vada davvero… Provate a cambiare medico!

In questo paese complicato ne succedono davvero di tutti i colori. le storie di vessazione da parte della Pubblica Amministrazione sono però tra le più inquietanti perché ci confermano l’idea di essere nelle mani di delinquenti patentati, svogliati e a volte corrotti. Sentite questa storia.
Una signora, che chiameremo Anna, decide di trasferire la sua abitazione per avvicinarsi ai figli: deve aiutarli in negozio e badando ai nipoti quando i loro genitori sono l lavoro. Meglio stare a Grugliasco, nei paraggi, è più comodo per tutti. Le dispiaceva però di lasciare, insieme all’abitazione a Torino città, anche il suo medico di famiglia. Va da lui e gli chiede come fare (se si può) per mantenerlo come medico della mutua. Lui, gentile, rilascia una dichiarazione di disponibilità a continuare a prendersi cura della signora Anna, anche se, cambiando abitazione cambierà anche ASL. Nel frattempo Anna si è trasferita e, dieci giorni dopo l’avvenuto accertamento del cambio di residenza, ha anche ricevuto la comunicazione della vecchia ASL che le faceva sapere che non aveva più il medico della mutua e che avrebbe dovuto cercarsene uno nella nuova ASL in cui era andata a stare.
Accidenti! - aveva pensato Anna quando aveva ricevuto il plico al suo nuovo indirizzo - davvero l’informatica ha fatto miracoli… il collegamento fra le banche dati ha permesso all’ASL di sapere in tempo reale che avevo cambiato casa e di invitami a regolarizzare la situazione per quanto riguarda la scelta del medico di base.

VENARIA, MON AMOUR

Non è il solito post celebrativo delle meraviglie del passato, tornate a risplendere e ad attrarre turisti e curiosi, si tratta invece di
Un presente che incoraggia
Oltre 2500 voti al primo turno (il 17%, risultato in linea con le liste grilline), 9150 al ballottaggio (quasi il 70%) contro il candidato della nomenklatura PD. Con questo risultato Roberto Falcone si appresta a governare una città di 35 mila abitanti con 15 consiglieri comunali (su 24), tutti new entries nelle istituzioni cittadine. Una bella soddisfazione per lui, i suoi compagni di avventura e per i molti che, come me, nella sua vittoria ci speravano tanto per mandare a casa il peggiore PD (sempre che esista ancora uno migliore) insieme ai suoi usi, costumi, metodi, cooperative e camarille.
E’ inutile negare che questo risultato è stato reso possibile dalla frammentazione di liste e candidati a sindaco. Credo, per esempio, che siano incomprensibili ai più le ragioni che hanno prodotto la divisione fra le liste a sostegno di Saverio Mercadante e Fosca Gennari (insieme circa il 20% al primo turno), ma il M5S è stato bravo a cogliere le contraddizioni di un partito senza più nerbo e radicamento sociale.

LO STATO STRAPPATO

Una nuova ondata di arresti torna a ricordarci che mafia Capitale non ha ancora terminato di mostrarci di perversi effetti di un sistema di potere che va ben oltre la città di Roma…
La retata, parte seconda
Consiglieri comunali del PD e di FI, affaristi legati alle uniche attività redditizie rimaste in Italia, quelle collegate allo spolpamento di ciò che resta di questo Stato. Uno spregiudicato intreccio fra malavita e politica che neanche i romanzi più fantasiosi avrebbero potuto raccontare senza che gli autori scivolassero nel ridicolo. Attività economiche inventate per dragare fondi pubblici - magari persino speculando sui lavoratori impegnati, costretti a diventare “soci” di cooperative che di solidale hanno solo il nome – con i quali finanziare questo o quel personaggio pubblico, le sue campagne elettorali, le sue clientele e i suoi interessi personali. Costui, a sua volta, finanzia la corrente del partito che lo porta e, se proprio occorre, la campagna elettorale di tutta l’organizzazione.
Si è rovesciata la gerarchia della democrazia. Essa prevedeva che i partiti – organizzazioni sociali volte a promuovere progetti di trasformazione della società,  selezionando le persone idonee a realizzare al meglio sia il successo elettorale che la realizzazione del programma stesso – costruissero attraverso la discussione, la militanza, la propaganda e l’azione classi dirigenti capaci di governare nel momento in cui il partito sarebbe stato chiamato a farlo.

NON PODEMOS, MA ESPERAMOS

La faccia della Moretti domenica notte: pura poesia! E  Serracchiani e soci che, col solito sussiego, davano agli “altri” la colpa della sonora trombatura della Paita in Liguria…
Il gufo
… mi ha fatto piacere. Ancora più piacere mi ha dato lo strano modo con cui De Luca festeggiava la sua vittoria. E ancora, i musi scuri dei candidati del PD, tutti convinti che il partito avrebbe fatto sfracelli e che perciò avrebbero posato i loro culetti democratici nei consigli regionali, e riportati alla dura realtà da percentuali meno che bersaniane (perfino i loro elettori più fedeli sono stati costretti a catapultarsi sulle finte liste civiche e sostegno del loro candidati a presidente, pur di non votare quel simbolo e quella gente).
Il topos però è stato Renzi pateticamente vestito da soldato a fingere per le TV di essere uomo di stato, preoccupato non già delle elezioni regionali, ma della salute dei “nostri ragazzi” in missione umanitaria all’estero. A Roma le vallette e i valletti si apprestavano ad arginare le palate di cacca che, in parte, avevano previsto in arrivo per via dei sondaggi segreti a ridosso del voto. La buona retorica guerrafondaia prevede che, nei momenti difficili, il comandante stia con le prime linee per dare l’esempio e spronare i soldati fedeli. Renzi se la batte sistematicamente ogni volta che sente odore di difficoltà o di insuccesso lasciando i suoi a svolgere il compito più ingrato. Anche questo deve essere “rottamismo”, ma è certamente un modo di fare e di essere che dice parecchio del personaggio. Molto piacere mi ha fatto scoprire che il successo di Salvini è semplicemente un parziale travaso dei voti del PdL alla Lega, l’area elettorale del centrodestra e la sua consistenza sono all’incirca le stesse.
Ancora più piacere mi ha fatto scoprire quello che provavo di fronte alle notizie che davano conto dei risultati delle elezioni: non mi importava nulla che in Lombardia e Veneto avesse vinto il centrodestra, che il PD fosse andato indietro, che perfino il M5S avesse perso qualcosa.

LA SCUOLA IN SUBBUGLIO

Scioperi con partecipazioni altissime, discussioni acese sulla riforme di cui la scuola avrebbe bisogno, insomma un gran parlare di istruzione e formazione. E allora…
Ma cosa sta succedendo?
Solo il progetto di riforma Berlinguer (oramai 15/16 anni fa) era riuscito a provocare discussioni e prese di posizioni accese e perentorie come quelle d’oggi. E dire che il cosiddetto decreto “La buona scuola” - a leggerlo con occhi laici e ripuliti dai dubbi e delle legittime diffidenze – è poco più che un’aggiustatina risparmiosa con la quale Mr Bean e le sue donzelle pensano di mettere insieme le sentenze dell’Europa e la voglia di glamour. Se non ci fossero di mezzo le stabilizzazioni dei precari e le misure per dotare finalmente le scuole di un organico che comprenda anche gli insegnanti necessari alle supplenze e alle attività aggiuntive, si potrebbe parlare della solita burletta in salsa renziana: prendi una leggina mal scritta, la battezzi con un roboante nome inglese, cominci a definirla “riforma” e fai finta che cambi il paese. La mai varata riforma Berlinguer era davvero qualcosa di più di questa sciacquetta buona per menare il torrone fino alle elezioni regionali di fine maggio, che se ne pensi bene o meno.
Proprio le mediocrità e il pressapochismo superficiali di questa legge - ora in fase di approvazione alla Camera per poi passare al Senato per una nuova finta battaglia delle opposizioni e minoranze varie - semmai rendono evidente meglio di altre iniziative l’incoscienza di un ceto politico che non sa più che direzione prendere, vivendo di slogan vuoti e di apparenze vistose in attesa che capiti qualcosa.

KARI

Ha amato profondamente questa città e seguito la crescita di tre generazioni di bambini. Era suo desiderio lasciare un saluto a tutti coloro che hanno condiviso con lei il meraviglioso cammino della vita”, questo il manifesto affisso in città dalle figlie
Lasciare tracce indelebili
imageSono passati 42 ani da quando un medico scolastico mi guardò con occhi azzurri e un po’ freddi per chiedermi come mai non mi fossi presentato a ritirare le pastigline di fluoro da somministrare ai ragazzini della mia classe. Balbettai qualche giustificazione scomposta (me ne ero semplicemente dimenticato) e feci così la conoscenza di Kari Norstrom. Quasi mezzo secolo fa a Grugliasco nelle scuole c’era un medico che teneva sott’occhio la salute dei ragazzi, che li visitava periodicamente e che interveniva quando osservava la necessità di specialisti o di intervento sulla famiglia. Non erano infrequenti casi di denutrizione e di malnutrizione, spesso il pasto a scuola era anche l’unico della giornata e le condizioni delle abitazioni lasciavano a  desiderare. Kari, capelli biondissimi, statuaria quanto basta per una donna del nord, occhi azzurro chiaro e un fare diretto perfino un po’ esagerato, faceva questo mestiere. Di bambini ne vedeva tantissimi (circa 1200, ciascuno tre volte l’anno almeno), li osservava muoversi nella scuola, interrogava gli insegnanti, poi li esaminava ciclicamente per cogliere eventuali segni di problemi alla salute, in special modo allo scheletro. Si capiva anche quanto li amasse perché li guardava con gli occhi di chi vede in loro il futuro e la speranza di un mondo più giusto e armonico.
Kari aveva sistemi di riferimento ben chiari, sapeva dove voleva stare. Già allora era una persona eccezionale, una di quelle che vorresti frequentare per assorbire tutto il possibile, una persona capace di grandi sofferenze e di altrettanto grandi gioie.

GLI ULTRAS DEL NULLA

Movimenti di protesta che si fanno soffiare le manifestazioni da incappucciati organizzati, perbenismo a pene mani e una spaventosa incapacità a garantire la sicurezza della gente…
Rompi e disfa, che ti passa!
Mesi e mesi di propaganda televisiva per inculcarci per bene l’idea che i barconi di migranti (quelli che riescono ad arrivare sulle nostre coste, per gli altri una lacrimuccia e via) rappresentano un grave pericolo e  una minaccia alla sicurezza delle nostre vite. Un pomeriggio di violenza a Milano distrugge tutto il formidabile lavorio fin qui svolto.
Eh già, cari miei, le minacce alla nostra sicurezza ce le abbiamo in casa. Li abbiamo allevati noi, li intratteniamo a scuola, li foraggiamo con paghette multiple, ci illudiamo di controllarli con i telefonini sempre più costosi di cui li dotiamo, li giustifichiamo perché quello che fanno “sono solo ragazzate” (leggi). I nostri bravi ragazzi possono scegliere fra l’intruppamento in una qualche fazione degli ultras al seguito delle squadre di calcio o, da almeno qualche lustro, possono comperarsi la divisa d’ordinanza e trasformarsi in black block. Da ultras del calcio potranno devastare le zone nei pressi dello stadio, sfondare reti di separazione una volta dentro, svaligiare autogrill quando seguono la squadra in trasferta… oppure tutte e tre le cose insieme, magari arricchite da aggressioni singole, partecipazione a squadracce per punire il nemico e via immaginando.
Da black block potranno scegliere la manifestazione giusta, infilarvicisi (magari contando anche sulla possibilità che qualche altro manifestante li protegga, li assecondi e magari li segua pure)...

IL METODO DELLA RISSA

Chi grida più forte, chi esaspera le situazioni per sostituire le buone ragioni con le relazioni spazzatura. Chi vince, chi perde, cosa si vince e cosa si perde…
Grida & minaccia, che qualcosa ottieni!
E’ oramai diventato difficile immaginare un contesto con più di due persone dove non ci sia uno dei partecipanti che cerca con prepotenza, urla e minacce di avere la meglio sugli altri. Che di solito gliela danno vinta – non hanno voglia, coraggio, energie per combattere con gli stronzi urlanti – abbandonando il campo e rifugiandosi in nicchie appositamente create per garantire la sopravvivenza stentata alle persone miti.
E’ successo nella politica - sembrano spariti quelli capaci di ragionamenti più lunghi di un tweet o capaci di ascoltare le argomentazioni altrui per cercare, se possibile, una sintesi comune –, nell’economia, nei mass media, nella cultura, nello sport e anche nei rapporti famigliari. Stabilire relazioni si trasforma automaticamente un una specie di corsa a far vedere chi la vince, a gareggiare spietatamente con ogni mezzo con l’obiettivo non di prevalere, ma di annientare l’altro e gli altri, costruendo così l’illusione che potremo trionfare in solitaria e che il nostro Io elastico si potrà tendere fino a comprendere tutto il mondo che ci interessa.
Se non gridi, se non minacci, non ti calcola nessuno. Questo è il modello che si è affermato nel nostro paese e che è causa e generazione dei disastri di oggi. Il virus si è diffuso dapprima senza quasi che ce ne accorgessimo...

MELE FOR PRESIDENT

L’ex parlamentare dell’UDC, condannato per i festini con prostitute e cocaina, è il candidato a sindaco anche del PD alle elezioni comunali di Carovigno in Puglia. Anzi, no
Il segno dei tempi
Di lui si occuparono le cronache del tempo: era il 2007 e Cosimo Mele, deputato, venne scoperto in una camera d’albergo adibita a sede di orge a base di sesso e droga. Una delle donne che partecipava al festino era stata male e si era reso necessario chiamare l’ambulanza, con tutto il corollario di pubblicità che ne derivò. Il soggetto finì per qualche tempo nell’oblio, ma la tentazione italica si sa che è forte: non appena possibile, si candidò a sindaco nel suo paese e gli elettori lo votarono entusiasti, chi meglio di un perbenista puttaniere e drogato può guidare una pubblica amministrazione efficiente e giusta? O forse, gli altri candidati erano perfino peggio di lui e gli elettori hanno scelto il meno peggio? Non lo sappiamo, ma il Mele nel 2013 viene eletto sindaco.
Il PD sta all’opposizione, ma l’astinenza dura solo un anno: all’inizio del 2014 anche il PD entra nella giunta di Mele con un assessore, grazie ai buoni uffici del Presidente del Consiglio, ex segretario provinciale proprio del PD. Un bel miscuglio, non c’è che dire. Ma c’è di più.
Anche a Carovigno il centrodestra è in disfacimento e i supporter originari di Mele cominciano a litigare, fra loro e con lui. Così il sindaco multicolore questa primavera si dimette: il comune  andrà alle elezioni il 31 maggio di nuovo con lui candidato in pole position.

POI RECUPERO…

Mesi e mesi di insufficienze, di interrogazioni saltate, di assenze strategiche, di scopiazzamenti l’ora prima per quella dopo…
Il mantra dello studente
… e ogni volta che veniva colto in castagna rispondeve a se stesso e agli altri con un bel “POI RECUPERO”. Solo che evitava di precisare quando mai sarebbe arrivato questo POI e, per conseguenza, come avrebbe fatto a recuperare gli arretrati che nel frattempo si andavano accumulando.
Prima di Natale, tirando le somme in vista della fine del primo quadrimestre - ultimo sforzo nei primi giorni di gennaio, al rientro dalle vacanze e giusto prima dello scrutinio di metà anno –, il/la giovane immaginava lunghe studiate invernali fra un ingozzo e l’altro, una festa e un viaggetto, una cena coi parenti e la messa di mezzanotte. Così, al ritorno a scuola avrebbe stracciato quei queruli insegnanti con sufficienze a go go. Quasi per nessuno è andata così: nelle vacanze di Natale hanno fatto lo stesso di prima, i libri sono rimasti ad ammuffire, gli insegnanti al ritorno sono rimasti queruli e allo scrutinio hanno caricato di insufficienze i poveri malcapitati.

VENDO TUTTO

Per tamponare la situazione si vende tutto quello che altri prima hanno faticosamente costruito. Non è solo il triste destino delle famiglie italiane, anche i sindaci fanno…
Folli s/conti
Una costante della storia degli ultimi vent’anni del nostro paese è la corsa alle cosiddette “privatizzazioni”. In nome della bontà e della “convenienza per il cittadino” e del “mercato che abbatte i privilegi”, lo Stato, i comuni e le Regioni hanno cominciato a dismettere – sovente senza gara pubblica o con procedure dove spesso si sapeva prima chi avrebbe poi preso il piatto – servizi pubblici e attività economiche costruite negli anni e sempre con risorse pubbliche. Sovente l’hanno fatto senza criterio e accompagnando lo smantellamento dell’economia pubblica con operazioni di ingegneria finanziaria condotte da politici, locali e nazionali, con i soldi dei cittadini. Qualche esempio luminoso delle perdite che hanno inflitto alle loro comunità ce l’abbiamo anche noi qui vicino (Settimo docet).  Così, poco per volta, in nome dell’efficienza e dell’economicità i comuni hanno smantellato gli uffici delegando a privati la gestione di servizi pubblici, qualche volta anche la loro programmazione.

LA POLITICA “DI SERVIZIO”

Finita la stagione della “politica di servizio”, naturalmente alla collettività, al paese. Dagli ultimi scandali emerge un nuovo modo di intendere il “servizio”…
Le ultime ruote del carro
Se c’è una cosa che emerge con forza dalle cronache degli ultimi scandali è l’irrilevanza complessiva dei politici coinvolti: semplici comprimari, sovente neanche quello, meri esecutori di ordini e consegne dei veri capi: ingegneri di truffe e ruberie sempre più sofisticate, ma che ripercorrono sempre lo stesso vetusto schema.
La tangentopoli di vent’anni fa aveva scoperchiato un sistema che tutti in fondo conoscevano e che vedeva i politici dediti a rubacchiare per il partito, la corrente, qualcuno per sé, da posizioni di comando. Erano anch’essi ingranaggi in un sistema che predicava la libera concorrenza (quella del mercato) e praticava la scorciatoia della mazzetta, ma erano centrali. Spesso erano loro stessi a ingegnerizzare le dazioni, stabilendone modalità, importi e forme. Il sottobosco politico, ma anche quello delle imprese che volevano lavorare erano i destinatari delle richieste e i complici fintamente sottomessi della politica vorace. Capitava perciò che alcuni dei manager di società coinvolte approfittassero dei soldi in nero da dare ai politici per farci la cresta; ricordo almeno un paio di vicende giudiziarie dove, accanto ai filoni seri delle inchieste, comparivano anche questi personaggi da “ufficio acquisti” beccati con le mani nel sacco per via delle discordanza fra quanto confessato dai politici e quanto sborsato dal vertiti delle loro aziende.

LA COAZIONE A RIPETERE

L’ennesimo grave scandalo che tocca, stavolta, direttamente il governo Renzi rischia di essere insabbiato come gli altri e, come gli altri, di confermare che il paese non ha vie d’uscita
Un paese senza speranza?
Un ministro intoccabile finisce in un’inchiesta che racconta della solita Italia, dell’infinita mangiatoia della grandi opere, dell’impunità degli alti tecnici da cui dipendono i canali di consenso - e dei quattrini  necessari a conquistarlo e conservarlo – della politichetta italiana, sempre più tossica e nociva. Il premier se ne sta lontano, manda avanti i suoi schierani che, con fare imbarazzato, ripetono gli slogan degli amanti della legalità per finta. Fra questi “Abbiamo fiducia nella Magistratura e attendiamo che le indagini mettano in luce le responsabilità”, “Fino alla condanna definitiva c’è la presunzione di innocenza”.
Scambiano le garanzie, che ogni paese civile deve fornire a privati cittadini accusati di aver commesso un reato, con la dignità che deve produrre chi serve il paese: è come se, pensandosi naturalmente delinquenti, già si difendessero coma farebbero i loro legali in tribunale. E’ qui il cortocircuito della politica. Del mondo rarefatto e impastato di debolezze umane, occasioni ghiotte e presunte impunità che porta alla rovina il paese e le sue buone speranze.

LA UNO ROSSA

Sono passati più di vent’anni, ma mi sembra ancora di vederla sfrecciare per le strade della mia città. A bordo le Thelma & Louise di quassù…
Passioni, ricordi e assenze
Ieri ho visto una Uno rossa, tutta scalcagnata e dalla vernice sbiadita. Mi ha scatenato ricordi, nostalgie e strani sentimenti, soprattutto un pensiero insistente con al centro una persona che non c’è più.
Spiegami bene che cosa possiamo fare e cosa no. Dimmi cosa devo dire a Vigili e Carabinieri se ci fermano mentre attacchiamo i tuoi manifesti… scusa i nostri manifesti, soprattutto se posso prendere a cazzotti quegli … che li staccano”, mi chiedeva Thelma con aria perentoria mentre la sua socia, Louise, sbatteva con decisione il secchiello con la colla da tappezziere che aveva preparato qualche ora prima, lasciandola maturare fino a farne un impasto denso. Non aveva ancora aggiunto il vinavil che sarebbe poi servito a rendere il tutto così appiccicoso che nulla si sarebbe più staccato dai tabelloni elettorali.
Thelma e Louise, le chiamavamo così per sfotterle e vezzeggiarle insieme. Ricordavano le due eroine del film, solo meno disperate e infinitamente più perbene. Erano le pasionarie della lista civica che avevano contribuito a mettere in piedi – più donne che uomini, buon segno di buona salute - con l’obiettivo dichiarato di convincere gli elettori a fare loro lo slogan “Non farti incantare, scegli chi è come te”.

IL SINDACO BLAGUEUR

Una storiella di arroganza e ignoranza, ma questa è l’Italia di oggi
Politicanti sull’orlo di una crisi di nervi
Adesso chiamo la Polizia Postale e mi faccio dire chi è stato a girare la mia e-mail a Turigliatto”. Questa è più o meno la frase con cui il sindaco della mia città ha minacciato i consiglieri di maggioranza, immagino col suo solito fare fra i minaccioso e il ricattatorio. Io, Turigliatto, non c’ero, ma la storia me l’hanno raccontata ben tre dei numerosi supporters presenti (uno all’insaputa dell’altro), ancora stupefatti per la sicumera e la follia del primo cittadino, costretto dalla sua disperazione a parlare della Polizia Postale come di un servizio di vigilantes a sua disposizione per la persecuzione dell’opposizione e dei pochi pensanti del suo partito rimasti. Ma cosa era successo di così grave da farlo sbroccare in questo modo preoccupante?
Ecco la storia. Nella ridente cittadina in cui vivo – ridente per modo di dire. visto che i capelli da strappare sono già stati cavati e le lacrime tutte versate – l’amministrazione comunale decide di privatizzare l’unico nido pubblico rimasto (leggi). Una misura che va a sommarsi ad altre pietose inefficienza della giunta, così che sembra davvero che il Comune voglia fare cassa tagliando sulla scuola e sui servizi ai giovani. Scoppia un putiferio, alimentato prevalentemente dalle mamme e dai papà dei bimbi del nido, preoccupati non tanto per i loro pupi, ma per quelli che verranno dopo.

TSIPRAS: E SE…

I nostri media, passata l’euforia per il braccio di ferro fra Tsipras e il resto del l’Europa, hanno cominciato a predire sciagure per il fresco vincitore delle elezioni greche. Ma…
Il realismo in salsa greca
Confesso che verso Tsipras ho sempre provato solo la simpatia che è naturale sentire per i deboli coraggiosi e  speranzosi, per quelli che ce la mettono tutta, per quelli che ci provano davvero a gettare il cuore oltre l’ostacolo, proponendosi imprese proibitive e destinate quasi sempre  e finire male anche per loro. Degli emuli nostrani di Syriza penso male: la somma di sigle e siglette che nessuno ricorda più che cosa abbiano di diverso l’una dall’altra, i leaderini che hanno vissuto tempi migliori, la retorica insopportabile fatta di proclami roboanti, accompagnata da una pratica quotidiana opposta, le declinazioni esasperate del rosso e del falcemartellismo fino a trasformare storie gloriose in parodie di una storia già consumata da tutti i furbacchioni della compagnia… Insomma, un partito di sinistra da noi ci sarà solo quando si riuscirà a togliere di mezzo tutti quelli che, con la presenza e l’infantile protagonismo, minano alle fondamenta ogni tentativo di costruzione di un soggetto politico di sinistra degno di questo nome. Sempre che interessi.
Tsipras i sinistri e ultrasinistri greci li ha messi tutti insieme, li ha fatti lavorare a soccorrere la gente azzoppata da governi irresponsabili prima e affamatori poi, li ha mandati a fare mense per i poveri, ambulatori, ripetizione e soccorso scolastico e chissà cos’altro ancora. Così hanno radicato una proposta politica...

TRABALLARE IN PIEMONTE

Mala tempora currunt per i centrosinistri al governo della Regione: uno dopo l’altro vengono al pettine i nodi di un sistema che è alla fine della corsa
Dimissioni?
Il presidente della Regione Sergio Chiamparino annuncia che a luglio si dimetterà se la Magistratura non avrà chiuso per allora le inchieste sulle firme false alle liste del PD e della lista del Monviso. Insomma, il presidente ha dato i tempi ai magistrati e dimostra tutta la sua debolezza minacciando le dimissioni che, come ben sanno i personaggi pubblici, non si annunciano mai, si danno e basta. Che cosa ne sarà di questa inchiesta, quali le risultanze e quali le conseguenze lo vedremo, certo che il governo regionale è pesantemente azzoppato e infangato da una situazione che ricorda troppo quella di Cota per passare in sottofondo, confidando magari nella proverbiale caducità della memoria dei cittadini italiani.
Intanto la Magistratura scopre appalti truccati nella Sanità e non solo: via con arresti inchieste e il solito copione tante volte rappresentato. Singolare la posizione dell’assessore alla Sanità, Saitta. Lui sostiene che non sapeva nulla, che la responsabilità è dei direttori… insomma il solito scaricabarile a cui siamo tristemente abituati. Eppure proprio lui, da consigliere regionale, le zone grigie della sanità aveva dimostrato di conoscerle piuttosto bene, denunciandole con efficacia rara.

PIEMONTE, BASSO IMPERO

Le dichiarazioni di Soria nel processo di appello a suo carico aprono nuovi interessanti squarci sul sistema di potere che governa anche oggi il Piemonte
L'odore del potere, la dolce impunità
Le dichiarazioni che Giuliano Soria ha rilasciato alla conclusione del dibattimento conclusivo in Appello del processo a suo carico sono uno spaccato del Piemonte di ieri, di quello di oggi e di quello che ci è stato preparato per il futuro (leggi e leggi). Soldi pubblici a fiumi per regalie, celebrazioni della vanità di questo o quella presidente di regione, tartufi agli amanti del tubero, partecipazione alle sontuose cene elettorali bipartisan, insomma di tutto e di più.
Viaggi all’estero per festeggiare non si sa bene cosa, restauri sovrastimati e rimborsati dalla Regione a piè di lista per fare un po’ di soldi in nero, giusto quello che serviva a pagare (anche questi in nero) i nani e le ballerine – giornalisti snob compresi – che ricevevano e davano lustro a una creatura monstre che risucchiava come un’idrovora risorse pubbliche in crescendo.
Non so se le dichiarazioni di Soria - in merito alle responsabilità di politici giornalisti e attori -corrispondano al vero, ma so che il clima negli anni dal 2005 al 2008 erano davvero di allegria, grande allegria.

LONTANE RISSE

Se le danno di santa ragione nelle aule che hanno visto la nascita dell’Italia democratica e l’approvazione della Costituzione… e sembra tutto molto, troppo lontano
Distanze siderali
In qualunque modo le si voglia leggere, le scazzottature parlamentari di mercoledì notte (leggi) lasceranno un segno indelebile: è forse la prima volta che il paese ne ne sbatte, che non si preoccupa neppure di striscio del pericolo, delle pesanti responsabilità di chi ha ridotto così l’istituto principale della rappresentanza democratica. Troppo comodo dire Renzi e basta: lui è l’ultimo anello di una catena che origina da molto lontano e che poggia le sua basi nell’idea (fascista e totalitaria) che il Parlamento rappresenti “una perdita di tempo, “un freno all’azione del governo, un inutile spreco di danaro pubblico”.
Non c’è bisogno di andare troppo lontano per ricordare che gli attuali parlamentari sono tutti “nominati” dai responsabili delle liste. Il PD si trincera dietro le sue ridicole “primarie”, del tutto equivalenti alle “parlamentarie” dei M5S, ma chissà perché non altrettanto stigmatizzate dai giornali. Che la legge elettorale che li ha messi lì è stata riconosciuta come anticostituzionale e che, per questo, in qualunque paese del mondo si sarebbe rivotato un parlamento legittimo, prima di fare qualunque cosa, riforme costituzionali comprese.

IL GRANELLO NELL’INGRANAGGIO

Da qualche giorno la Maserati produce le sue auto a regime ridotto, una parte dei dipendenti è a casa in attesa che… Un bel paradigma degli effetti indesiderati della globalizzazione
Globalizzazione & flessibilità
L
o stabilimento ipertecnologico della Maserati si ferma, manca un pezzo (pare) dell'impianto di alimentazione: i motori non possono essere completati, i dipendenti a casa in attesa che la crisi si risolva, ce lo racconta Stefano Parola su Repubblica di oggi. Il produttore del componente mancante a sua volta spiega di non aver potuto provvedere alla regolare consegna perché non ha ricevuto un sotto-componente altrettanto fondamentale da un produttore che sta dall'altra parte del mondo. Non sappiamo se quest'altro è a sua volta paralizzato da qualche altro difetto nella complessa catena che porta la materia prima a diventare una Maserati. Ci penseranno i vertici dell'azienda a trovare il bug, dunque è probabile che non lo sapremo mai.
Questo è uno dei risultati della globalizzazione e, in particolare, di uno degli aspetti che hanno cambiato radicalmente il modo di produrre, si chiama just in time.