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GLI ULTRAS DEL NULLA

Movimenti di protesta che si fanno soffiare le manifestazioni da incappucciati organizzati, perbenismo a pene mani e una spaventosa incapacità a garantire la sicurezza della gente…
Rompi e disfa, che ti passa!
Mesi e mesi di propaganda televisiva per inculcarci per bene l’idea che i barconi di migranti (quelli che riescono ad arrivare sulle nostre coste, per gli altri una lacrimuccia e via) rappresentano un grave pericolo e  una minaccia alla sicurezza delle nostre vite. Un pomeriggio di violenza a Milano distrugge tutto il formidabile lavorio fin qui svolto.
Eh già, cari miei, le minacce alla nostra sicurezza ce le abbiamo in casa. Li abbiamo allevati noi, li intratteniamo a scuola, li foraggiamo con paghette multiple, ci illudiamo di controllarli con i telefonini sempre più costosi di cui li dotiamo, li giustifichiamo perché quello che fanno “sono solo ragazzate” (leggi). I nostri bravi ragazzi possono scegliere fra l’intruppamento in una qualche fazione degli ultras al seguito delle squadre di calcio o, da almeno qualche lustro, possono comperarsi la divisa d’ordinanza e trasformarsi in black block. Da ultras del calcio potranno devastare le zone nei pressi dello stadio, sfondare reti di separazione una volta dentro, svaligiare autogrill quando seguono la squadra in trasferta… oppure tutte e tre le cose insieme, magari arricchite da aggressioni singole, partecipazione a squadracce per punire il nemico e via immaginando.
Da black block potranno scegliere la manifestazione giusta, infilarvicisi (magari contando anche sulla possibilità che qualche altro manifestante li protegga, li assecondi e magari li segua pure)...

... per ottenere l’impunità e barricarsi dietro la gente pacifica che si trova lì per una causa in cui crede, poi distruggere e scontrarsi con le forze dell’ordine. Facendo casino, bordello, parafrasando l’illustre ideologo ventenne intervistato dalla tv a Milano il giorno degli scontri (guarda). Lo stesso che il giorno dopo, senza cappuccio in testa, spiegava nell’ordine che: a) è bi-ripetente e non ha ancora finito le superiori; b) è stato trascinato alla manifestazione da un amico (la teoria delle cattive compagnie, che lava tutti i peccati!); c) gli è capitato di andare alle manifestazione due o tre volte (minimizzare…); d) ha dichiarato quelle cazzate perché era emotivamente coinvolto; e) è dispiaciutissimo e i suoi genitori sono molto arrabbiati; f) lui non ha fatto niente, ma se c’è da pulire si offre volontario; g) andrà a visitare l’Expo con la scuola, non sa se sia una cosa buona o no. Intervista e contenuti sanno di avvocato di mamma e papà da un chilometro, d’altra parte anche il pentimento deve essere inquadrato e assistito da tecnici capaci di rendere l’ipocrisia merce appetibile per i mass media (guarda).
A vedere una simile sceneggiata, viene da dire che in Italia nemmeno i black block sono una cosa seria. Seri sono però i danni e serie sono le dichiarazioni di buona parte della politica che stigmatizza, deplora, solidarizza e approfitta per chiedere limitazioni al diritto di manifestare. D’altra parte, chi oserà ancora indire e organizzare una manifestazione, visto l’alto rischio che si trasformi in un’occasione ghiotta per i gruppi che spaccano, verniciano e incendiano? Un bel casino, condito da un retropensiero: questi gruppi di nerovestiti e nullapensanti sono facile preda delle infiltrazioni da parte di chiunque e, dati i precedenti, sorge il sospetto che anche le forze dell’ordine non ne siano indenni. In un paese che non scrive mai la parola fine sulle sue vicende più dolorose e disastrose – da piazza Fontana al G8, passando per le stragi dell’Italicus e di Bologna – a causa di un impasto indistinguibile fra servizi segreti e forze eversive, qualche dubbio è lecito averlo. Se, poi, la strategia adottata a Milano fosse quella del minore danno o no, difficile dirlo e soprattutto non sono pubblici tutti gli elementi che hanno prodotto questa valutazione; ci penserà la Storia.
Quanto ai black block nostrani, finora ci si è interrogati intorno al fenomeno scomodando la sociologia: la società di massa, la spersonalizzazione, la rivolta contro il consumismo, la rabbia di chi non ha niente da perdere eccetera. Scomoderei anche l’attitudine tutta italica a giustificare tutto e il suo contrario, fenomeno nazionale che comincia dalla televisione e arriva, giù giù fino dentro nelle nostre case, a definire i rapporti fra i genitori e i figli.
Scandalizzati e pronti a rivendicare più severità nelle punizioni e nelle leggi, se si tratta di qualcun altro. Pronti a sposare perfino l’illogico in difesa del proprio figlio teppista, già predisposti a scandalizzarsi e a lottare fino alla morte se qualcuno proverà a chiedergli conto dei danni che ha provocato mettendo in stand by il suo cervello vuoto e lasciando che il suo Ego si allargasse a dismisura fagocitando quello degli altri. E poi “chiaggni e fotti” a go go.
Ci vediamo alla prossima.
Mariano  
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