di Dotturbo
Ma perché lo fanno? I risparmiatori, perché affidano quasi senza discernimento i propri denari a strutture come banche, società di gestione del risparmio o assicurazioni le quali, ormai da tempo, hanno abdicato alla loro funzione istituzionale per abbracciare quella imprenditoriale, operando dunque, com’è ovvio, per massimizzare il proprio utile. Oltretutto gli investitori sembrano fidarsi ciecamente, considerato che il monte complessivo del risparmio gestito in Italia (fra i maggiori del mondo) ha ampiamente superato i mille miliardi di euro. Il che garantisce al sistema degli operatori professionali ricavi lordi di almeno venti miliardi annui (il margine operativo lordo dei principali gruppi bancari è ormai rappresentato per oltre il 50% dai margini provvigionali sul risparmio gestito). Oggi, forse, lo fanno un po’ meno di ieri, vista la tendenza crescente di una dinamica di smobilizzo (che potrebbe anche in futuro rivelarsi imponente). Tuttavia il risvolto sociologico permane ed è interessante.
Appaiono evidenziarsi tre fattori predominanti, in questa corsa al delegare le sorti dei propri beni mobili da parte di gran parte della popolazione:
1) un senso di inferiorità nei confronti delle istituzioni (cosa che le banche e le assicurazioni non sono più, come si è ricordato, ma molta gente non se n’è ancora accorta). Avrebbe detto Roy Batty, l’androide di Blade Runner, se fosse stato un operatore finanziario pentito: " Ne ho viste, io, di cose che voi…non potreste immaginarvi". Capitani d’industria che, quando varcano la porte di un istituto bancario (e non le Porte di Tannhauser), cominciano a sentire il batticuore di fronte a settoristi dotati armi affilate come i Constant Maturity Swaps; imprenditori agricoli che, ipnotizzati non si sa come, investono tutti i loro liquidi in obbligazioni ad altissimo rischio del tipo Himalaya; ottuagenari che sottoscrivono polizze vita trentennali ad altissimo ricarico provvigionale per l’emittente...
2) un senso d’incompetenza, generato anche da tecniche commerciali e d’informazione spregiudicate, nei confronti del sistema finanziario globalizzato, quello che, in sostanza, definisce le cose in inglese e non più in italiano. In questo senso, il risparmiatore del ventunesimo secolo pare davvero la vittima di una regressione culturale rilevante. I suoi nonni erano tranquillamente in grado di investire autonomamente nei titoli del debito pubblico (i quali sono da sempre, nel lungo periodo e non solo, le forme più solide di investimento mobiliare). Loro non più. Devono affidarsi a un promotore o a uno sportellista che faccia loro sottoscrivere un fondo, una gestione o un'obbligazione strutturata ("ma c’è il legame ai BOT!") dal ricarico provvigionale cospicuo.
3) al senso d’inferiorità e di incompetenza (indotta da un’informazione che invece è, come si accennava, disinformazione organizzata scientificamente), si aggiunge l’esigenza di delegare almeno uno dei problemi della vita. Investire il proprio denaro è uno di questi…e può essere delegato! Appena le banche e le assicurazioni se ne sono accorte (in Italia all’inizio degli anni novanta, segnati dalla Legge 1/1/91 sulle Sim -Società di intermediazione mobiliare-, ma all’estero erano partiti anche prima), il gioco è stato fatto. L’essere umano che non può, per propria natura, farsi sostituire in un’operazione chirurgica, in una lite per affari o in una storia d’amore, era finalmente pronto per divenire un mandante (e la banca un delegato).
Che fare? Intanto bisogna ricordare che in ambito commerciale nessuno fa niente per niente. E in particolare, nel campo della finanza, dove non si crea valore come nell’industria, il saldo finale è sempre neutro. Se uno guadagna, un altro ci perde.
PICCOLA GUIDA DELL’INVESTITORE
1) Non sottoscrivere mai fondi o gestioni obbligazionarie o di liquidità. I principali titoli sottostanti a tali investimenti (titoli di Stato G8 ed equipollenti tipo Banca europea degli investimenti e Banca mondiale) possono essere acquistati direttamente in Banca o alla Posta, facendo un po’ di attenzione alle commissioni (venti o trenta centesimi sono plausibilmente ottenibili un po’ ovunque per l’acquisto di un titolo di Stato poliennale come BTP -Buoni Poliennali del Tesoro - o CCT -Certificati di Credito al Tesoro-). Così facendo, si evita il ricarico gestionale esplicito (che non è peraltro il solo: quello implicito, più o meno, lo raddoppia) ragguagliabile in un TER (Total Espanse Ratio) che in questa forma di investimento è mediamente superiore all’ 1% annuo;