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FELICE 2017


LA SBERLA

A risultati acquisiti, sono tanti che non capiscono o che fanno finta di non capire...

Queruli e piangenti i fan di Renzi continuano a fare come i bambini quando perdono e scrivono/dicono: "Adesso vogliamo proprio vedere che cosa faranno quelli del NO", come se si trattasse di un partito e non di un insieme di elettori - la maggioranza - che ha espresso, con le più svariate motivazioni, un giudizio negativo su un progetto di riforma della Costituzione.
"Quelli del NO" sono 19 milioni e hanno così votato: piaccia o non piaccia, questa è la democrazia. Continuare a classificarli come "quelli che non hanno avuto il coraggio di cambiare" o che "hanno avuto paura di osare" o, peggio, come vittime dei "populisti", è continuare a insultare "l'accozzaglia" dimostrando di non capire e di non volerlo fare. Perché hanno scelto questa opzione, invece di abbandonarsi al mantra renziano del cambiamento fine a se stesso, è materia di dibattito e discussione, di analisi politiche e sociologiche, di riflessioni su cosa è diventato questo paese. Non può continuare questa lagna perché, così facendo, si allarga quel solco che proprio la protervia e l'incoscienza del premier ha già scavato in profondità.

REFERENDUM?

Oramai tutto quello ce c'era da dire è stato detto e quello che c'era da fare è stato fatto... Forse è il tempo di riflettere sul senso di tutto quello che è accaduto e sta ancora accadendo intorno a questo referendum/fuffa
Se fosse necessario raggiungere il quorum per validarlo (come per i referendum abrogativi), non avrei avuto alcun dubbio fin da subito: avrei lavorato per l'astensione. La questione è mal posta, il compito è fatto male e, ancora una volta, per dare risposta a un problema vero si sceglie la strada della demagogia della propaganda, del cambiare tutto perché non cambi nulla.
L'abbiamo già visto con la "modernizzazione del lavoro" in inglese, i salvataggi delle banche, gli 80 euro, la buona scuola, senza insegnanti ancora oggi, e così via. Non una di queste pseudo riforme aveva aggredito il problema alla radice con soluzioni capaci di segnare una svolta vera: fuffa in prevalenza e tanta, tanta propaganda. Giusto ciò di cui penso questo paese non abbia proprio bisogno.
Se poi avessi avuto ancora qualche dubbio, avrei gettato uno sguardo sugli effetti concreti della cosiddetta "abolizione delle province", la legge Del Rio. Ero anche io fanaticamente convinto che fosse una cosa da fare, speravo che si facesse con competenza, trasferendo prerogative e risorse in modo che i compiti delle province passassero a comuni e regioni. Se qualcuno ancora pensasse che davvero è andata così, vada a vedere lo scempio delle scuole superiori, prive di manutenzione e interventi al punto che non si taglia neanche più l'erba nei cortili...

L'INVIDIA

Brutto sentimento, specie quando le cose non vanno poi così bene e appare naturale cominciare a guardarsi intorno per sminuire quelli a cui va meglio che a noi. Con effetti disgustosi e tossici

"Hai visto quella? Non le daresti un centesimo eppure ha fatto carriera. Chissà a quanti l'ha data! Io, che non sono una zoccola, sono ancora qui ad arrancare e a sperare in un contratto a tempo indeterminato...". "Ma no, guarda che è davvero brava. Un tantino legnosetta e sempre molto precisina: sarà per quello che tutti i pazienti chiedono di lei... Sai, arrivano qui in condizioni tali che non stanno mica a guardare se una è simpatica o no. Disperati come sono, cercano quella che pensano essere più brava..."
"Quello fa il santarellino, tutto dalla parte della legalità e del merito, ma se solo sapessi che cosa ha combinato e che individuo turpe esso sia..". "Ma davvero, non l'avrei mai detto. Fammi qualche esempio, spiegami, perché sono molto sorpresa". "Ah, ma allora stai dalla sua parte!"
Questi e altri esempi di conversazioni che si colgono nelle sedi in cui si può ancora origliare rendono bene l'idea di un paese che, non sapendo più cosa fare per contrastare l'immiserimento, convoglia le sue energie residue nell'invidiare il prossimo. Più vai giù, più vorresti portarci quelli che, a tuo dire, stanno meglio di te. Così non rifletti mai sinceramente sulle cause del tuo sprofondare e sulle misure che potresti provare ad adottare per fermare la discesa e, magari, invertire la direzione.

BERTOLDO, LEOPOLDINI E CACASENNI

Si è conclusa una Leopolda, la settima, in tono decisamente minore, ma assai utile ad aiutare Bertoldo, che è anche presidente del Consiglio, a occupare ancora di più (se possibile) giornali e televisioni. 
Per la verità, i giornali meno delle Leopolde precedenti: vuoi vedere che comincia a stufare o che, i giornalisti, notoriamente sensibili ai cambi padronali, hanno fiutato l'aria?
Non è però neanche giusto dare sempre l'interpretazione peggiore a questo come ad altri avvenimenti simili. Conosco gente di Comunione e Liberazione che rinuncerebbe a tutto il mese di ferie pur di avere il tempo di andare come volontario per pochi giorni al Meeting annuale a Rimini. Lo stesso per i sempre più rari volontari delle Feste dell'Unità. Persone ammirabili che si ammazzano di fatica, gratis e sottraendo tempo alla loro ricreazione, alle ferie, al riposo. Perché la loro ricreazione è anche questo: fare qualcosa di utile al servizio di un'idea cogliendo nel contempo l'occasione di incontrare tanti altri che sono lì per la sessa passione e lo stesso slancio. Scambiare quattro chiacchiere, lavorare insieme, accogliere i visitatori, condividere esperienze, storie, obbiettivi speranze e, a volte, illusioni. Poi c'è anche il trovarsi a diretto contatto con personaggi famosi, non solo della politica, di quelli che vivono su un altro pianeta, che li vedi solo in televisione. C'è la libertà di spezzare la monotonia della vita di tutti i giorni con un periodo di socialità accentuata e paritaria.
La Leopolda nasce e ha successo anche per questo: sono questi i tempi in cui la politica è insulto sul web - trionfo di mediocrità che si credono divinità e fanno danni che ogni giorno dovrebbero essere riparati e che invece ne generano altri - ed enunciazione di asserzioni autoreferenziali.

RENZI'S LAUNDROMAT

Nelle grandi città del mondo ci sono tantissimi negozi di ogni genere e qualità. Ce ne sono anche alcuni che nelle nostre città scarseggiano: le lavanderie a gettone, LAUNDROMAT in inglese dal sapore renziano. 
Adesso Renzi e Padoan ce ne hanno confezionata una addirittura generalizzata, governativa, con sedi capillarmente distribuire in tutti gli angoli di questa infelice Italia, gli uffici dell'Agenzia delle Entrate e gli sportelli dei commercialisti. 
Solo che nelle Renzi's laundromat si laveranno solamente i soldi sporchi, per la biancheria rivolgersi altrove. Il solo fatto di chiamare in inglese un condono - l'ennesimo, ancora più schifoso di quelli di Berlusconi e dei governi prima di lui - da la misura di quanto questo paese sia disposto a farsi prendere in giro. Almeno così viene immaginato da chi lo governa.

LA PENSIONE

In casa cominciano ad abusare di me, come si fa con chi "già che sei in pensione...". Gli amici mi coinvolgono in imprese mirabolanti, adesso posso. Poi ci sono i politici locali...
Quando due sconosciuti si incontrano - per casualità, per interesse reciproco o perché dovranno fare qualcosa insieme - la prima informazione che si scambiano è il nome, a volte anche il cognome. Di solito seguono l'origine o l'abitazione, poi l'occupazione, il lavoro che fanno. Prima dell'età e di di tutte le altre informazioni importanti sul piano personale e su quello sociale. Il lavoro che fai ti definisce assai più compiutamente di altri aspetti della tua persona: racconta la tua storia, le tue passioni, le tue aspettative e la tua proiezione in mezzo agli altri individui con cui ti incontri/scontri da quando sei al mondo. Dice quali esperienze ti hanno arricchito, come hai trascorso gran parte del tuo tempo, che cosa sei diventato nel corso degli anni. Sovente basta l'annuncio della tua occupazione a trasmettere i sentimenti che, dentro e fuori da te, la accompagnano nella vita di tutti i giorni.
Andare in pensione significa perdere tutto questo: non è avere improvvisamente più tempo e correre perciò il rischio di lasciarsi andare all'anarchia di una vita senza orari. Non è nemmeno lo scoprire all'improvviso quante energie e quanta cura il lavoro richiedeva, anche oltre l'orario delle prestazioni quotidiane. E' piuttosto perdere un ruolo che hai indossato per così tanto tempo che è diventato il tratto caratteristico del tuo essere...
Specie se, come è capitato a me, hai fatto un lavoro bellissimo e... ancora lo faresti, se solo il nostro mondo fosse organizzato in modo più umano. In pensione dal primo settembre di quest'anno, non credo che sprofonderò della depressione o che vivrò la perdita dell'identità professionale come se fosse quella di un'arto, soprattutto perché so che ne coltiverò altre che erano rimaste in secondo piano e qualcuna di nuova riuscirò perfino ad inventarmela.
Ho cominciato a lavorare stabilmente a scuola il 1 aprile del 1973 (prima avevo lavorato qualche mese come precario e in fabbrica, durante le superiori) e non ho più smesso, se non nei cinque anni in cui sono stato in aspettativa come consigliere regionale. Dunque 43 anni e qualche mese, parecchio. Così tanto da veder cambiare tutto e niente insieme: quante similitudini fa la società spezzettata di oggi e quella problematica delle ondate migratorie interne dei primi anni '70! Il degrado di alcune famiglie (e dei bambini), frutto di ignoranza e di indigenza impastati insieme, lo si ritrova anche oggi sotto spoglie diverse, ma sostanzialmente con gli stessi effetti di straniamento e di esclusione sociale. L'eterno conflitto fra l'individualismo sfrenato dei diritti senza doveri e la voglia di costruire progetti e lavorare per speranze comuni ha accompagnato tutti questi anni; fra alti e bassi si ha spesso l'impressione di tornare daccapo, sommersi dai cafoni e dagli opportunismi, come se non avessimo imparato niente dalla Storia e dalle storie. Pronti a ripetere gli stessi errori e a coltivare le stesse speranze, come se fossimo in un loop che ripropone la stessa sequenza, ininterrottamente e per sempre.
Il tempo è passato, non solo sono diventato "vecchio e saggio" (!), ma mi ritrovo più ricco delle tante esperienze e delle tante relazioni, pieno e forte di una consapevolezza che, sono sicuro, non riuscirò a trasmettere se non in minima parte. Curioso come una scimmia, ancora di più di quanto non lo sia stato in gioventù, e armato di quella incoscienza che attribuiamo a stagioni della vita, ma che in realtà sono più delle persone che delle età.
Finora ho avuto un culo pazzesco: ho lavorato in ambienti che mi hanno gratificato, con persone che mi hanno voluto bene e a cui ne voglio molto anche io. Migliaia (ebbene sì!) di studenti dei quali conservo storie e ricordi unici, generosi donatori di saggezza e di freschezza da cui ho sempre attinto senza risparmiare. Altrettanti colleghi che hanno contribuito a rendere piacevole, istruttiva a gratificante la lunga permanenza a scuola. Di loro sento già la mancanza, non con nostalgia, ma con la pienezza d'animo di un'esperienza bella e compiuta.
Il bello della pensione è che riesci finalmente a trovare il tempo per scrivere un post come questo. Ma anche che puoi lavorare per smettere di "essere in pensione" prima che il richiamo dei cantieri abbia il sopravvento su di te.
Mariano

IL TRAMONTO DEL BICCHIERE

Mangiare la marmellata a cucchiaiate facendo bene attenzione a che lungo il bordo rimanesse compatta, lo stesso con la nutella...
... ma la trasgressione più hard della mia giovinezza era di sicuro bere direttamente alla bottiglia: una cosa che non si poteva proprio fare e a cui, come altre pratiche intime, ci si abbandonava per svacco, disperazione, abiezione. Avvicinarsi al frigo di soppiatto, controllare con una panoramica che nessuno vedesse e poi... un sorso direttamente alla bottiglia. Aranciata, latte, acqua, non importa, richiudere la bottiglia e rimetterla al suo posto, che nessuno se ne accorga!
Immaginarsi quindi la meraviglia quando questo gesto l'abbiamo visto compiere nei telefilm americani senza che nessuno si scandalizzasse: adolescenti che inforcano il bottiglione in plastica da cinque litri di latte e ci bevono direttamente senza usare il bicchiere, uomini stanchi dopo una giornata di lavoro che aprono la birra e se la scolano dalla lattina senza mediazione alcuna. Farmers abbronzati e impolverati che sbevazzano da enormi trogoli senza porsi il problema di cosa ciascuno lascia in eredità a quelli che berranno dopo. Tutta roba che cominciò a mettere in dubbio le nostre usanze secolari. Fino a quel momento solo Coppi e Bartali avevano potuto bere dalla bottiglietta: i ciclisti erano gli unici a portarsene una dietro e a non usare il bicchiere, vista l'indisponibilità delle mani, diversamente impegnate. Adesso quelle bottigliette termiche sono il must di ogni ecologista che non vuole sprecare plastica.
Proprio l'invasione dei telefilm cominciò anche da noi ad accreditare l'idea che il bicchiere fosse una delle tante mollezze europee da superare il prima possibile a favore della rude immediatezza utilitaristica americana. Via il calice, solo alle feste importanti, via anche il semplice bicchiere in vetro e ora... via anche quello di plastica. Si beve direttamente alla bottiglia e nessuno ha nulla da ridire.

GB: GOODBYE AND THANKS!

Sorpresa: gli Inglesi escono dall'Unione Europea. Delle cause si sa, delle conseguenze assai meno... e dei politologi ed economisti, come si vede, non c'è da fidarsi! 

La politica tedesca - di fatto sono loro i veri padroni dell'UE - esce sconfitta su tutta la linea: d'ora in poi con un semplice referendum si può uscire, dando un calcio all'austerità e a tutte quelle strane regole che sanno tanto di favore verso i teutonici. Infatti adesso sarà tutta una gara a costruire movimenti politici che chiedono l'uscita dall'UE, facile prevedere che saranno ancora più forti nei paesi che hanno l'euro come moneta. E' la vendetta della Grecia, prima allettata a fare debiti, a spendere e spandere, e poi vessata con l'imposizione di clausole e misure eccessive perfino per gli amanti dell'austerità, fino a sospettare che si trattasse di una punizione.
Gli altri grandi paesi europei non vincono e non perdono perché non ci sono. La Francia ha inaugurato la stagione dei referendum al buio (ricordate quello, perso, sulla Costituzione europea?). Ha spianato la strada all'Europa come optional e ora osserva la sua irrilevanza internazionale dall'alto delle autoblindo con cui la Police cerca di tenere a bada manifestazioni massicce e feroci contro il governo delle sinistre. L'Italia non ha mai contato nulla, almeno negli ultimi dieci anni, e continua sulla stessa strada con la Mogherini, scomparsa dai radar, e il ganassa occupato a messaggiare sul cellulare d'ordinanza, annunciando cose a cui non credono neppure più i giornalisti lecca lecca che ha messo ai vertici delle tivù.  Poi ci sono quelli entrati di recente, ammaliati dai fondi che fluiscono anche oggi copiosamente per alimentare le loro politiche di sviluppo.

GIOVANI & VECCHI, BALLE E BALLOTTAGGI

Tempo di ballottaggi: vuoi vedere che stavolta cambia qualcosa?

Non serve di certo richiamare qui le colte e dote analisi che, nei giorni successivi al primo turno, ci hanno spiegato, fra l’altro, che il PD a volte si rende ridicolo perfino quando si confronta con la crudezza dei numeri. In sintesi: bene M5S quando ha candidati convincenti, male il PD perché non ne ha quasi più e i pochi sono soffocati dal ganassa fiorentino, consensi risicati alla sinistra, centrodestra ancora capace di exploit importanti se dall’altra parte ci sono dei Sala o personaggi incolori del genere. Astensione abbastanza ampia, ma non scandalosa. Appetitosa, perché sarebbe tempo che ci si occupasse di capire quale prodotto politico potrebbe riportare al voto gente che ha rinunciato e in quale misura potrebbe cambiare la politica italiana.
Torino rappresenta abbastanza bene lo snodo: vecchio, usato e stantio, ma ancora abbastanza in forma? Oppure, nuovo, anzi nuova, tenace e mite, esperta e ingenua, fresca ma non fessa?
Il primo, il vecchio, ha già dimostrato cosa sa fare: come personaggio politico di primo piano, come ministro della Repubblica, come aspirante banchiere, come sindaco. Ha soprattutto dimostrato la sua capacità di essere garante di quel Sistema Torino che ha dato alla città fasti e risorse nel momento in cui la crisi dell’industria la metteva in ginocchio. Quel sistema lo troviamo dappertutto, non solo fra le damazze e i principini della collina torinese che, quando scendono in città, curano anche oggi i loro interessi in modo mirabile.

FONDI EUROPEI, SPRECHI E MANEGGI. PARLA IL TAR

Questa è la storia di un’opera pubblica, dei finanziamenti europei, della incredibile gestione delle spese necessarie per realizzarla, delle interminabili vicende giudiziarie che l’hanno accompagnata e delle sentenze che, finalmente, cominciano ad arrivare a dire come stanno (e stavano) le cose. Ma soprattutto del comportamento irresponsabile di amministratori pubblici di successo. Come tutte le storie di malapolitica è complicata, contorta. Proveremo lo stesso a raccontarla, con l’occhio rivolto al presente e al futuro. 
Il 9 febbraio del 2007  “La Stampa” pubblica un articolo di Marco Sodano dal titolo eloquente: “GRUGLIASCO, L’INFINITO CANTIERE MANGIA-SOLDI”. Racconta la storia di un cantiere, quello per la ristrutturazione di Villa Claretta, un edificio storico di Grugliasco oggi Museo del Torino, realizzato dal Comune utilizzando fondi europei erogati da un bando regionale collegato. Il giornalista dava conto del contenuto di un esposto che il sottoscritto aveva presentato in Procura, allarmato dal lievitare dei costi senza che lievitassero anche i lavori. Giusto per dare la dimensione, la ristrutturazione di Villa Claretta sarebbe dovuto costare 5.787.459,41 euro, di cui 4.051.221,59 erogati a fondo perduto dalla Regione Piemonte nell’ambito del programma Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. La Regione, attraverso la sua Direzione Industria,  aveva peraltro anche il dovere di monitorare opera e spese per intervenire in caso di dubbi. La somma totale era stata individuata sulla base dei progetti - redatti da professionisti incaricati dall’Amministrazione, più avanti vedremo come, e pagati in larga parte coi fondi regionali – e del capitolato d’appalto che essi avevano redatto. 

FACCE DI TOLLA

La distanza fra le parole e i comportamenti "sul campo" a volte è talmente grossa che vanifica ogni velleità di cambiamento. Leggete di questo impunito...

Ogni anno mafiosi, corrotti ed evasori fiscali sottraggono agli italiani ingentissime risorse che potrebbero essere utilizzate per finanziare servizi che riconoscono diritti fondamentali ai cittadini. Si tratta di una situazione non più tollerabile che è necessario cambiare. La politica deve essere protagonista di questo cambiamento. Per questo, abbiamo deciso di lanciare questo appello. Occorre che, a partire da questa tornata elettorale, i candidati a ricoprire un incarico negli enti locali si impegnino a praticare, difendere e diffondere la buona politica, dando importanza in particolar modo ai temi della legalità, della trasparenza, della responsabilità, dell’etica, del contrasto alle mafie e alla corruzione”, ha dichiarato il Presidente di Avviso Pubblico (leggi)
Questo l'incipit del comunicato stampa con cui l'Associazione Nazionale "Avviso Pubblico", con sede in comune a Grugliasco, ha lanciato una sua ficcante iniziativa: "Sette principi per una politica credibile e responsabile", un appello pieno di buone intenzioni che dovrebbe essere firmato da quelli che si candidano alle elezioni prossime venture (leggi i principi). 

AVERE PAURA

Le stragi di Bruxelles sollevano l'asticella della paura. I racconti di quello che succede nell'Asia minore anche, lo stesso i profughi che muoiono nel Mediterraneo. Un assedio, il terrore...
La paura è un sentimento difficile da controllare: ti entra dentro e ti prende un po' per volta spingendoti prima a cambiare il tuo modo di vedere il mondo, poi a diffidare dei tuoi vicini, infine a cercare modi per barricarti, per tenere gli altri lontano. Ricostruisci la tua esistenza intorno alla sindrome dell'accerchiamento che si accompagna, di solito, con una visione pessimistica del futuro.Se bastano la ripetizione ossessiva di previsioni meteo non belle per tenere le persone lontane dai luoghi di villeggiatura, l'annuncio di un fronte nuvoloso per farci barricare in casa, la scoperta che mangiare troppo fa ingrassare, magari ripetuta compulsivamente in tutti i talk show del pomeriggio... per indurre in noi quell'ansia che ben presto diventa una senso irrazionale ma reale di panico diffuso, figurarsi quando i tg raccontano di bombe, kamikaze, aerei dirottati, innocenti massacrati e vite distrutte.
Dopo la metà degli anni '70 abbiamo avuto paura di partecipare alle manifestazioni politiche: finire sparati da esaltati con le P38 o essere scambiati per fiancheggiatori del terrorismo era un rischio troppo alto, meglio stare a casa. Quelli che non ci stavano potevano finire come a Brescia, saltati in aria insieme al cestino dei rifiuti dove qualcuno aveva messo la bomba.

PICCOLI DEMOS CRESCONO...

Noi che abbiamo allevato bambini per molto tempo (e non solo figli nostri), ben sappiamo che un lieve cedimento sulle regole a volte determina il fallimenti di anni di sforzi...
Dunque, anche le elezioni del segretario nazionale dei Giovani Democratici sono finite in rissa prima e burla poi (leggi). A dimostrazione che i giovanotti e le signorine di fede dem hanno già imparato i vizietti dei loro più anziani compagni di taxi, eccoti arrivare la due giorni della democrazia: gazebo dovunque e sezioni spalancate alle migliaia, decine, centinaia di migliaia di giovani democratici che avrebbero dovuto eleggere i vertici nazionali del movimento.
Solo che gli iscritti non si sono presentati, forse non c'erano mai stati per davvero e e tessere erano una fioritura primaverile anticipata. Un tempo si tesseravano i morti, non gli appena nati. Ma, si sa, siamo nel paese dell'impossibile e cosa vorrete mai che sia una taroccatura nelle tessere.. è tutto a fin di bene, serve a far crescere la democrazia. Due erano i candidati all'ambita carica, ma uno dei due si è ritirato durante le votazioni, invitando i suoi fans a disertare le urne.

LA SPINTA REPULSIVA...DELLE PRIMARIE

Primarie a Roma, Napoli e in tanti altri posti: dal trionfo delle democrazia alla peggiore rappresentazione del marciume morale della politica. Non c'è strumento "buono" che tenga, se chi lo adopera è marcio dentro

A Roma vanno a votare  pochi intimi, ancora adesso non si sa esattamente quanti, ed è tutta una corsa a nascondere, minimizzare, parlare d'altro. Ci siamo abituati, dunque niente di nuovo. A Napoli hanno fatto di meglio: hanno mandato la gente a votare rimborsando l'obolo in anticipo, qualcuno ha ripreso (sarà un caso?) e adesso è bufera. Soprattutto perché si scopre che non è vero che sono andati in tanti a votare, ma sono pochi che hanno votato in tanti posti. Una miseria umana come nessuno avrebbe potuto immaginare, anzi no.
Se nelle grandi città l'attenzione dei media è alta e dunque è più difficile farla franca, nei comuni più piccoli durante la "festa della democrazia" succede già da tempo di tutto e di più, solo che tutti quelli che contano si voltano dall'altra parte e fanno finta che vada tutto bene . In tempi non sospetti avevo raccontato cosa è successo nelle primarie della mia cittadina (leggi), quella che esprime - pensate un po' - un sindaco addirittura presidente nazionale di Avviso Pubblico, associazione per la legalità. Lo stesso che non paga le tasse ed è stata beccato anche a raccontare balle.

ZOTICI E FURBACCHIONI. L'ITALIA RIPARTE COSI'?

I fatti che hanno portato all'approvazione della legge sulle unioni civili sono l'esatto paradigma del dilemma di questo povero paese...

In tempi di crisi economica, di annunci clamorosi che non diventano mai fatti compiuti, di sfiducia, di scazzo, di voglia di lasciar perdere o di scappare... il tema dei diritti civili (sacrosanti, per carità!) rischia di essere il diversivo giusto per distogliere l'attenzione dai drammi di questi nostri tempi. L'UE ci condanna e ci sgrida perché non abbiamo una legge sulle unioni civili, lo fa da tempo e nessuno se ne era mai preoccupato più di tanto. Adesso anche questo dovere diventa - in assenza di competizioni pseudosportive internazionali, di campionati avvincenti, di fatti di cronaca particolarmente cruenti - il modo per fare un po' di fumo. Infatti il governo, mentre il Senato si scanna sulla stepchild adoption, regala le nostre case alla banche senza che nessuno se ne accorga. Addirittura progetta un intervento militare in Libia del quale apprendiamo dalle conferenze stampa degli statunitensi che danno il permesso via etere. 
Gli scandali delle banche amiche passano in terzo e quarto piano, nel Mediterraneo non muore più nessuno e dei profughi se ne occupano gli altri paesi europei nei modi che vediamo. Il governo italiano no, non ha tempo perché deve occuparsi di coordinare la prossima guerra di Libia (la seconda in cui si imbarca l'Italia, la prima nel 1911), naturalmente di nascosto al paese.

LA CAPITALE AMORALE

A Roma tocca da sempre l'appellativo di Capitale amorale,  senza interruzioni da Romolo a Buzzi&Carminati. A Milano tocca di diritto quello di Capitale immorale. E dire che giornali e  tv hanno fatto a gara per farci credere che fosse un esempio di virtù...

"Se bastasse un Pisapia a cambiare una città...", lo sussurrava la settimana scorsa sul treno una signora attempata commentando lo scandalo della sanità della Regione Lombardia. L'ultimo di una lunga serie, dalla Clinica S. Anna in avanti, tutti localizzati in quella regione il cui sistema sanitario - a detta di tutti i commentatori e tuttologi - rappresenta l'eccellenza italiana. Di solito si invitano le altre regioni a prendere esempio dalla Lombardia: cittadini soddisfatti, spesa sotto controllo, ricerca e cura, pubblico e  privato che cinguettano allegramente e servire al meglio il cittadino fortunato di essere nato in un simile bengodi.
Si scoprono, oltre ai soliti giri di mazzette, apparecchiature e attrezzature di qualità scadente pagate per eccelse, protesi dentarie che neanche nel Terzo Mondo, amici e amichette a gogò. Il tutto secondo lo schema, mai abbastanza collaudato, che discende direttamente da Mario Chiesa e dal Pio Albergo Trivulzio, il luogo da cui prese il via il crollo della Prima repubblica e la successiva stagione di Tangentopoli. Stesse storie, sovente stessi personaggi e stesse narrazioni, sembra che non sia cambiato davvero nulla tranne che...

INDIZI CHE INQUIETANO

Quando i tempi si fanno cupi, gli individui mediocri che sono rimasti nelle fogne fino a quel momento, se ne escono a conquistarsi il momento di gloria. E non finisce mai bene

Ce lo insegna la Storia - e quella più recente non si è limitata ad insegnarcelo, ce lo ha invano ripetuto un'infinità di volte - che a ogni difficoltà, politica sociale economica, la paura trionfa e con lei il bisogno di sicurezza, di ordine, di ciò che può garantire un po' di tranquillità. Se si deve, in nome di tutto questo, rinunciare a un po' dei nostri diritti di cittadini... pazienza! Li ritroveremo quando tutto sarà tornato normale.
Invece non li troviamo più: loro non esistono una volta per tutte, sono il prodotto di dialettiche, lotte e equilibri fra i diversi interessi di una società che va avanti, non aspetta proprio nessuno. Nel'ambito dell'analisi politica e sociale molti indizi non fanno una prova, tuttavia inquietano e gettano allarme perché l'oggi è tutto troppo uguale a un passato che tutti diciamo di non voler ritrovare e che, invece, sembra proprio tornare a farsi presente e, magari, futuro. Ecco qualche indizio:

PRIMARIE IN SALSA DI SOIA

Lo scandalo non sono i cinesi milanesi ai seggi del centrosinistra milanese, la vergogna è la "normalizzazione" di una pratica schifosa che ammazza la democrazia... 

I consueti cinguettii di sdegno della minoranza PD, dei satelliti dalle anime candide e dalle voglie poderose, della società civile perbene, quella sempre pronta a stigmatizzare la gestione padronale del M5S, sono tutti ingredienti che oggi condiscono gli articoli dei quotidiani che raccontano delle primarie per il sindaco di Milano. Un'altra volta si svegliano - ovviamente in ritardo - e fingono di denunciare una pratica che nel PD è ampiamente diffusa. Ce lo raccontano le cronache della Liguria, per trattare solo l'ultima delle occasioni, ma anche di Napoli, di tantissimi altri luoghi dove le primarie sono diventate l'occasione per gigantesche opere di cammellaggio (pago, con soldi con promesse con favori,  la gente perché vada a votare il mio candidato) da far impallidire i maestri americani del bui anni '50.
Ma tutti fanno finta di niente: il PD e i satelliti continuano a comportarsi come se niente fosse...

GIOCHIAMO AL DOTTORE?

Il gioco rivela davvero e più di ogni altra attività i cambiamenti epocali che stanno trasformando il nostro mondo: quello "alto" e quello con cui facciamo i conti ogni giorno, qui a casa nostra
"Dai nonni, giochiamo al dottore?" ci fa la nostra nipotina quasi cinquenne sul finire della giornata. Vado a prendere lo stetoscopio e gli altri strumenti di plastica nella sua stanza e dico a mia moglie di fare lei la paziente, così io potrò essere l'infermiere. Ma non serve...
La nostra nipotina non degna di uno sguardo gli strumenti del mestiere, vuole una scrivania e dei pezzi di carta: ci ordina di farli a pezzi regolari e di passarle le penne perché vuole scriverci su qualcosa. Intanto sistema per bene il suo tavolinetto (ora scrivania professionale) mettendo in ordine cancelleria e foglietti. Il tavolo lo sistema in modo che il paziente stia il più possibile lontano da lei.
Il gioco può cominciare e consiste in questo: la nonna, che fa la paziente, entra dalla dottoressa, si siede sulle sedia davanti alla scrivania e il medico in erba la interroga. Nessun contatto fisico, neanche per sbaglio, nessun intervento con l'ausilio degli strumenti che le abbiamo regalato per Natale, solo l'interrogatorio che permette la diagnosi attraverso il racconto dei sintomi operato dalla paziente. Alla fine la dottoressa prescrive la cura scarabocchiando sui fogliettini (ecco a cosa servivano!) e congeda la paziente.

UN AMICO SBAGLIATO

Un amico racconta su fb di un conoscente che lo ha apostrofato perché "amico dell'amico sbagliato". Continua così: "Bene, da allora sono sempre più orgoglioso di essere amico dell'amico sbagliato". Seguono commenti, forse parlano di me
La barbarie che oramai attraversa anche i rapporti interpersonali non risparmia neppure quei legami informali, senza implicazioni di prestigio o di potere, giusto cordiali... un tempo si sarebbero detti "fra conoscenti". La politichetta locale (e anche quella nazionale) si nutre proprio di questa degradazione, fatta di minacce, pettegolezzi mischiati a vittimismo, allusioni offensive e azioni consumate nell'ombra. Tutto come se si potesse ridurre una vita, tante vite, a uno schema molto simile a quella del villaggio dell'ottocento, dove pratiche mafiose, intimidazioni e sottomissione stabilivano l'esatta collocazione di ogni individuo nella piccola società del luogo e del tempo.
Non è così solo nella politica, la barbarie ha contagiato oramai tutti i luoghi della socialità: dal lavoro agli amici del bar... giù giù fino al circolo sportivo o all'associazione di volontariato. Il pettegolare intorno agli altri è diventato acido, corrosivo, offensivo anche per chi lo fa, doloroso per chi lo subisce, insomma è il mondo che si è bullizzato.
Non dovrebbe sorprendere più di tanto che siano proprio quelli che hanno responsabilità collettive ad alimentare questa modalità di rapporti, forse convinti di poter primeggiare ulteriormente in una microsocietà dive tutti cercano di azzannarsi e, così facendo, si lasciano passare sulla testa travi spaventose.
Che la spiegazione sia questa o un'altra poco cambia per il clima complessivo sempre più truce, alla volte perfino al di sopra di ciò che si riterrebbe sopportabile.
In questo brodo sguazzano gli stronzi, quelli che - insensibili - approfittano di una condizione di sofferenza generale per imporre i loro interessi, per scandire le loro inutili e vane giaculatorie, per rimandare ancora una volta la resa dei conti. Che cosa volete che sia per questa gente l'amicizia? Ovviamente quella della malavita organizzata, dove il termine connota la totale subordinazione al capo, ai suoi voleri e alle sue decisioni, in cambio di tranquillità economica e di un ruolo sociale che altrimenti non si potrebbe avere. Anche quassù nel Nord la politica, l'economia, le relazioni industriali e quelle sindacali, quelle associative hanno il linguaggio e le forme della Mafia: il modello funziona, è abbastanza naturale e non è difficile da imparare e gestire. Molto meglio che sforzarsi di affermare la civiltà e l'igiene delle relazioni in un mondo che non ne vuole proprio...
Ho avuto anche io tanti "amici sbagliati": molti mi hanno dato tantissimo, tutti mi hanno insegnato parecchio, qualcuno ha anche fatto una brutta fine. Sono stati il condimento della mia esistenza e ancora lo sono perché non ho smesso di cercare, a volte insieme con loro.
Mi rendo conto che essermi amico è a volte faticoso e poco popolare, per questo sono grato a chi mi corrisponde in amicizia e affetto. Sono anche orgoglioso di avere tanti amici e di non averli persi quando il mio ruolo pubblico e la mia popolarità sono calati. Vorrei esserci di più per loro, ecco un buon proposito per il nuovo anno.
Mariano