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MONDADORI: IL CORAGGIO DEGLI INTELLETTUALI

I dilemmi terreni del teologo Mancuso e le risposte spirituali degli intellettuali dal culo di pietra. 

Nel silenzio pressoché generale dei mezzi di informazione, si sta sviluppando un dibattito/polemica che davvero rappresenta con chiarissima crudezza lo stato del nostro paese, ben più di tante analisi sociologiche.

Il fatto: con un codicillo ad aziendam la Mondadori - di proprietà di Silvio Berlusconi, presidente del consiglio - riceve un regalo di oltre 350 milioni di euro, oggetto di un contenzioso fiscale con lo Stato. Il sistema è sempre lo stesso: inserire nei decreti un emendamento apparentemente innocuo che serve a mettere a posto qualcuna delle situazioni scabrose del premier o delle sue imprese. La Mondadori approfitta dell'opportunità e chiude il contenzioso ventennale col fisco sborsando circa 8,6 milioni di euro invece del 350 oggetto delle controversia.
Massimo Giannini denuncia la questione in un pezzo su Repubblica del 19 agosto scorso (leggi)

A fronte di questo ennesimo strappo, il teologo Vito Mancuso - direttore di una collana della Mondandori, dunque "dipendente" della stessa società - pone un quesito etico che potrebbe più o meno suonare così.
Finora non ho considerato una contraddizione il lavorare per la Mondadori (di proprietà di Berlusconi) e la disapprovazione per i suoi conflitti di interesse, le leggi ad personam e tutto il resto. Alla Mondadori ho sempre goduto di libertà assoluta e mi sono sempre trovato a collaborare con responsabili aziendali rispettosi delle opinioni e del mio lavoro; questo mi ha permesso di tenere sempre ben distinto il piano dell'azienda Mondadori e quello del suo proprietario Berlusconi. Ora le cose non stanno più così, visto che l'azienda per cui lavoro ha usufruito di una legge "ad aziendam" che ha come artefice il suo proprietario, nelle vesti dei presidente del consiglio. E' giusto che io continui a lavorare per questa azienda o il farlo rappresenterebbe una contraddizione etica personale troppo forte?
Mancuso gira questo dilemma agli intellettuali, ai giornalisti e ai politici che pubblicano con Mondadori, salvo criticare e osteggiare il suo padrone quando si occupa della politica a modo suo (leggi)

E riceve risposte, tante risposte. Sono istruttive, perciò suggerisco di leggerle. Ma il liet motiv che contengono quasi tutte le repliche è il seguente: siccome la Mondadori mi lascia libero di scrivere quello che voglio, non capisco perché dovrei abbandonare questa collaborazione. E se lo dico io che ci lascia liberi, state pur certi che è così. 

Insomma il teologo Mancuso argomenta  con numeri e dati, gli intellettuali chiedono a tutti noi una testimonianza di fede: certificano loro la bontà della loro posizione, perbacco!

Alcuni di loro hanno raccontato nei loro libri di come l'affermazione del fasciscmo sia stata agevolata dall'arrendevolezza di coloro che - pur avendo compreso il pericolo che rappresentava - hanno curato i loro interessi, lasciando gli inutili eroismi alla bassa plebe, quella che ancora si pone il dilemma di come sia possibile vivere senza fare ogni giorno il contrario di quello che si predica.
Un male italico, quello delle elites che si credono e si comportano come se tutto ciò che è riferito a loro sia buono per definizione, indipendentemente dal contesto e dalle condizioni.
Anche la Mondadori ha risposto a Mancuso, con una lettera non firmata apparsa ieri su Repubblica. A questa oggi replica Mancuso con una lettera che testimonia il tormento e il rigore di un intellettuale come ce ne vorrebbero (leggi

Un dato per riflettere: come mai un dibattito così importante e significativo, soprattutto perché collegato al tramonto del berlusconismo, avviene sotto silenzio dei giornali, ad esclusione i Repubblica, come se fosse affare loro e non una grande questione di democrazia?

Per adesso solo Don Gallo ha annunciato che non pubblicherà più per Mondadori.

Mariano
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