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SINISTRA OMERTA'

L'interpretazione della democrazia e del conflitto di interessi nel centrosinistra locale
Ieri pomeriggio, occasione mondana, di quelle che chiamano a raccolta il bel mondo locale. Sono inivitato e vorrei davvero esserci, ci tengo alla festeggiata. Solo che ho un impengo di lavoro concomitante: niente di male, passerò qualche minuto prima a farle i miei auguri e a darle un piccolo regalino che ho scelto con mia moglie. Faccio così e arrivo alla festa prima che cominci.
Trovo la festeggiata insieme a un mio ex collega, ora  presidente della Spa che si occupa dei rifiuti dell'Ovest,  e segretario del PD di Grugliasco. Una rappresentazione vivente del conflitto di interesse - sapete quella roba per cui i benpensanti di sinistra arricciano il labbro atteggiando la boccuccia a un'aria schifata? - che se la vive proprio bene, senza imbarazzo perché gli ex-comunisti giudicano gli altri con severità almeno pari all'indulgenza con cui giustificano se stessi. Suvvia, è lì per meriti professionali, mica per nomina politica!

STATO E COMUNI, IL BARATTO DI UN PEZZO DELL'ITALIA

 di Mario Tozzi (da La Stampa del 28 giugno 2010)

E' un articolo che illustra finalmente in modo chiaro le implicazioni del "federalismo demaniale" sul consumo di suolo, sulla tutela die paesaggi e sulla speculazione immobiliare. Buona lettura e... cominciamo a preoccuparci sul serio!

Quanto vale una spiaggia dell'arcipelago toscano o una torre calcarea delle Dolomiti? O, come sembra paventarsi in questi giorni, l'isoletta di Folegandros in Grecia? O, comunque, quanto vale una bellezza naturale nel mondo del terzo millennio, dilaniato da una crisi economica che rischia di confondere i valori con i prezzi?
In Italia la risposta a questa domanda è obbligata: nessun valore economico o finanziario può essere assegnato ai beni culturali a carattere naturalistico, semplicemente perché il solo pensare di metterli in vendita (o porli a garanzia di prestiti bancari) è pura follia. Sarebbe come alienare i gioielli di famiglia nella speranza di una congiuntura migliore che, però, sempre provvisoria sarà. E non si capisce cosa si potrà mettere in vendita la volta successiva.
Non sappiamo ancora se il passaggio dei beni demaniali alle amministrazioni locali diventerà realtà, permettendo di fare merce di natura e paesaggio. Quello che è certo è che la tutela sarà allentata, per almeno due ragioni.
La prima è che i sindaci hanno, come si è visto recentemente, il cappio stretto al collo, e non riescono a fare cassa neppure per garantire servizi essenziali come sanità e trasporti. Figuriamoci l'ambiente.
La seconda è che un'autorità statale è sempre più efficace quando deve agire in termini di tutela, mentre nessun amministratore è in grado di resistere al corteggiamento del parente o dell'amico degli amici, visto che ne risponderà, poi, in prima persona - e sul posto - dopo cinque anni. Se c'è un settore che paga la crisi economica, in Grecia come in Italia o dovunque ci sia patrimonio naturale di pregio, quello è l'ambiente. E più la crisi colpisce duro, peggio sarà per i tesori naturali: se fosse vera la notizia di Mykonos parzialmente in vendita sarebbe gravissimo, ma già è grave che solo se ne parli.
Quei pezzi d'Italia sono il nostro bene più prezioso, perché non è tanto la somma di monumenti e bellezze naturali, ma il contesto, a rendere unico in tutto il mondo un Paese che dovrebbe porre a fulcro della propria identità nazionale e della propria memoria collettiva il patrimonio culturale e naturalistico. Questo il motivo per cui a Venezia non sono stati innalzati grattacieli, la Torre a Pisa non crolla e Siena è ancora medievale; questa anche la ragione per cui a L'Aquila terremotata si ricostruiscono le chiese insieme alle case e non dopo.
Invece, in una sciagurata storia che inizia da quando si cominciò a parlare di monumenti e territorio come «petrolio d'Italia» (!), il valore venale del patrimonio culturale e naturalistico diventa qualcosa da investire per fare altro (le opere pubbliche), una risorsa da spremere, dando la tragicomica impressione di essere arrivati al fondo del barile mentre si hanno aspirazioni da quinta potenza industriale del mondo. Nessuno dice che si porrà in vendita l'isola della Maddalena, ma è grave che intanto possa diventare teoricamente possibile, come una specie di miccia sempre accesa in prossimità di un bomba che distruggerebbe non solo beni, ma anche cultura e identità nazionale. Se si gestiscono i beni ambientali e culturali in pure ottiche di mercato, il cittadino viene alienato di un patrimonio che è prima di tutto collettivo e viene trasformato in un mero consumatore.
Anche se sono in pochi, oggi, a pensare che il paesaggio non sia un bene culturale e che un parco non vada tutelato né più né meno di come si fa con la Cappella Sistina o con Venezia, siamo arrivati al punto di ipotizzare la privatizzazione anche dei parchi nazionali. Ma a cosa servono un parco naturale o un'area protetta? Semplicemente, migliorano la qualità delle nostre esistenze e, spesso, portano il valore aggiunto di uno sviluppo economico basato su pratiche eco-sostenibili. Un parco conserva la biodiversità del pianeta Terra, una specie di polizza sulla vita della nostra specie, che riuscirà a sopravvivere solo fintanto che saranno garantite varietà biologica e evoluzione naturale. Tutti i giorni godiamo dei servizi che la natura gratuitamente offre senza nemmeno darvi troppo peso, dall'acqua all'aria, al cibo o alla protezione da eventi catastrofici. Ma quando si tratta di garantire un futuro alla natura nessuno ricorda quei servizi e sembra che se ne possa fare a meno, tanto è che si discute se dare o meno alla gestione dei parchi italiani l'equivalente di una tazzina di caffè all'anno per ciascun cittadino. Si tratta di ballon d'essai estivi per «vedere che aria tira»? Può darsi, ma intanto, in tema di natura e paesaggio, è bene agire preventivamente: aver sottovalutato il problema ha solo sconciato il territorio nazionale ai limiti dell'irreparabile

TOPOLINIA: VIZI PUBBLICI E POCHISSIME VIRTU'

Continua a Topolinia la caccia al coraggio: il problema è che non se trova davvero più in giro. Chi ne aveva un po' - e lo sbandierava al vento come Rocco Siffredi la minchia - l'ha venduto in cambio di qualcosa; bisognava sentirli i topolini coraggiosi in passato, sempre pronti a puntare il ditino e a rivendicare partecipazione, democrazia, discussione, attenzione a come si spendono i soldi pubblici, a mettere topolini capaci nei posti giusti perché facciano il bene di tutti.
Si sussurra che, per timore delle bizze del topolinocapo, tutti tacciano chinando la testa anche di fronte alle pretese più clamorose. Poi, appena lontani dalla sua regale figura, si lanciano in proclami coraggiosi, in critiche talmente crudeli e aspre da far presagire un imminente rivoluzione. Non c'è bisogno di posti, basta la promessa o la speranza di poterne occupare prima o poi uno... tutto si smorza e si vogliono di nuovo tutti bene. E i topolini sudditi stanno a guardare, qualcuno si flagella per punirsi del voto che ha dato in cambio della promessa di un piatto di lenticchie.
La corte intanto fa quadrato: teme il peggio e allora mischia il sacro col profano. Scambia la follia del comune nel parco con la giusta necessità di spostare il palazzo, il sovvertimento delle regole con lo snellimento. Quialche cortigiano va perfino al mercato a raccogliere firme contro la privatizzazione dell'acqua, ma quando cambia casacca accetta la privatizzazione dei nidi, la scomparsa delle squadre di manutenzione di Topolinia e parecchie altre furbate del genere.
Da mesi un gruppo di topolini presidia una fabbrica, appena chiusa dall'imprenditore topo di turno, con pochisisme speranze di ripresa del lavoro e tante chiacchiere delle politica: l'impresa si chiama Local Mouse Business.

TECNOLOGIA E SCUOLA: EPPUR SI MUOVE!

Le buone idee camminano con le gambe delle persone in gamba.

I lettori affezionati del blog ricorderanno il progetto "Un PC per ogni studente" di cui sono stato promotore, insieme ad alcune persone speciali, importanti e decisive.
Questo progetto è stato pesantemente boicottato dal mondo della politica - l'ex-assessore regionale Pentenero in testa - per ragioni ancora a me oscure. In compenso ha trovato una vasta risonanza in tutta Italia - e anche in qualche angolo d'Europa - così da essere ripreso in tanti posti e diventare un riferimento per l'innovazione tecnologica educativa nelle scuole. Nel mio blog trovate una sezione apposita con tutti i materiali raccolti e prodotti.
Così in Abruzzo, ma anche in Trentino e in tanti altri posti, l'idea dell'innovazione tecnologica legata alla didattica nuova per i "nativi digitali" ha lasciato il segno e germogliano tante piante che cominciano a dare i primi frutti. Se ne occupano le riviste, gli insegnanti protagonisti del progetto sono oramai delle star. Ma - ed è la cosa più importante - proprio quando il progetto sembrava segnare il passo anche per effetto della mia scomparsa dal Consiglio regionale - ecco che rispunta sotto altre spoglie e con uno slancio ancora da apprezzare.

POMIGLIANO: CHI VINCE E CHI PERDE

Qualcuno si ricorda della marcia dei 40.000?

Il risultato del referendum di Pomigliano ha ancora una volta la capacità di sorprendere tutti: ci si attendeva una affluenza non entusiasmante e sono invece andati a votare tutti; ci si attendeva un plebiscito a favore del sì e invece i no sono stati oltre 1/3 dei votanti (a Nola i no hanno addirittura vinto); ci si aspettava che anche i sindacati favorevoli al sì evitassero di gioire troppo per questa bruta vicenda, invece li senti in tv fare i realisti più realisti del re...
Andiamo per ordine.

Il referendum - lo stesso modo in cui è nato, la natura delle questioni che poneva e l'enfatizzazione che lo ha accompagnato - ha da subito acquisito una valenza simbolica molto forte: il capitale, quello sano quello che investe in produzione e non si limita a speculare nell'alto mondo della finanza, contro i "privilegi" dei lavoratori, contro quei profittatori fannulloni che mandano a picco le nostre belle aziende italiane obbligandole a delocalizzare.

IL MIO AMICO ROBERTO E L'ARROGANZA DEL POTERE.


Sentite questa, è davvero una storia interessante... Un mio amico di nome Roberto, oramai già in età, ma ancora battagliero e soprattutto capace di lotte epiche contro gli arroganti, i mafiosi e i mediocri. Lui abita a Collegno, a pochi metri dal confine con Grugliasco, proprio nei paraggi di una parrocchia che ancora oggi è nota per aver ospitato una comparsata domenicale di Cota (invitato da Don Angelo, il parroco) mentre il sindaco di Grugliasco se ne stava pateticamente fuori dalla chiesa a distribuire volantini e anatemi contro questo sgarbo alla sua augusta persona e al suo grande e potente partito.
Torniamo al mio amico: come molti di noi, su pressioni sempre più minacciose della moglie, a inizio maggio decide finalmente di mettere ordine nella sua cantina. Ne viene fuori una bella giornata di lavoro in solitudine - si sa che gli amici in questi casi hanno un sacco di impegni - e una macchinata di rifiuti da smaltire. Il mio amico è ecologista, attento alle sorti del pianeta e rispettoso delle regole fino allo sfinimento, dunque i rifiuti vengono impacchettati per categorie onde poterli smaltire al meglio e caricati sull'auto, alla volta dell'ecocentro. Questo l'antefatto, entriamo ora nel cuore della storia.

TOPOLINIA: SI AVVICINA IL COMUNE NEL PARCO!

Gente stramba a Topolinia. Devono costruire una casetta per gli ecovolontari, dove la fanno? Nel parco, ovviamente! Non al bordo, o magari in una zona senza erba e piante... no nel prato, sotto le fresche frasche, con battuto in cemento e panchine all'esterno. Sono ambientalisti gli amministratori di Topolinia, mica come quei consumatori di suolo dei loro amici dei comuni vicini!
Talmente ambientalisti, amanti della natura e degli animali, che adesso davvero stanno per cominciare a spendere soldi pubblici per studiare la fattibilità del municipio nel parco. C'è bisogno di pagare qualcuno perché studi? Anche un bambino lo vede che non si può e si deve fare.
I topolini più accorti pensavano che l'istante di ebbrezza da vin santo del topo-capo lo avesso convinto - oltre che a baciare le pile con ancora maggiore intensità - anche a lasciar perdere questa follia. Niente: nemmeno l'ascoltato suo compare Gigi lo smilzo può nulla..., pare che perfino l'altro suo socio, Rebb no-job (nel senso che non ha mai lavorato fuori dalla politica in vita sua) abbia espresso parecchie perplessità abbandonando per un istante le sgomitate con il rivale Steve Omnibus (per via del suo lacerante conflitto interiore).


BRRR! GELO DA RICORSO SULLA POLITICA PIEMONTESE.

"Il gelo è di sinistra, una fiaccolata per scaldare Cota"

Coll'avvicinarsi del giorno del giudizio, cresce la tensione nella politica piemontese per le conseguenze che potrebbero derivare da quanto il TAR deciderà il 1 luglio. Una decisione qualunque, non importa quale, darebbe il via a una valanga di cui nessuno oggi può stimare la portata distruttiva: dalla semplice pernacchia al caos.
Intanto alcuni risultati sono già sotto gli occhi di tutti: la Bresso ha fatto harakiri, andando a posarsi sullo scranno europeo di Presidente delle Regioni con i favori del PD, che ha così detto chiaramente che cosa pensa delle battaglie per la legalità e di quelli che le combattono fino in fondo; un ceto politico prima scettico sulla portata dell'iniziativa senza nemmeno essere entrato nel merito, poi preoccupato, adesso in trepidante attesa del responso; legalitari che diventano improvvisamente possibilisti, trattativisti che si scoprono intransigenti. Tutti a discettare di leggi e di principi, qualcuno da indagato, qualcun altro da corresponsabile, qualcun altro ancora di possibile "ripescato" dal gioco della democrazia all'italiana.
Il più buffo però è certamente il Presidente Cota: isterico, padano per caso, mal consigliato (possibile che i Presidenti della Regione Piemonte si scelgano collaboratori di così scarsa capacità?), invece di governare straparla. E' così poco sicuro di ciò che potrebbe succedere che continua a non dimettersi dal Parlamento (alla faccia delle regole e della necessità che le rispettino prima di tutto quelli che le fanno), aggiungendo alla beffa anche il danno arrecato a una Regione che avrebbe bisogno di essere governata, diretta, aiutata a superare la crisi con politiche innovative e radicate sul territorio.

Petrini-Rifkin: il nuovo patto per la natura

di Carlo Petrini e Jeremy Rifkin da Repubblicadel 09/06/10

Dalla tavola alle fonti rinnovabili. Due esperti spiegano come salvare il mondo cambiando le nostre abitudini quotidiane. Ecco il loro dialogo:

Petrini: Caro Jeremy, trovo ci siano straordinarie similitudini e parallelismi tra la nuova politica energetica che tu promuovi e la nuova politica alimentare che cerchiamo di portare avanti con Slow Food. La politica alimentare, infatti, si deve basare sul concetto che l’energia primaria della vita è il cibo. Se il cibo è energia allora dobbiamo prendere atto che l’attuale sistema di produzione alimentare è fallimentare. Le prime due idee che, secondo me, condividiamo sono il rifiuto di sistemi troppo centralizzati e il ritorno a una concezione olistica della nostra esistenza su questo pianeta. Il vero problema è che da un lato c’è una visione centralizzata dell’agricoltura, fatta di monoculture e allevamenti intensivi altamente insostenibili, e dall’altro è stata completamente rifiutata la logica olistica, che dovrebbe essere innata in agricoltura, per sposare logiche meccaniciste e riduzioniste. Una visione meccanicista finisce con il ridurre il valore del cibo a una mera commodity, una semplice merce. È per questo che, per quanto riguarda il cibo, abbiamo ormai perso la percezione della differenza tra valore e prezzo: facciamo tutti molta attenzione a quanto costa, ma non più al suo profondo significato. Inoltre, con questo sistema, abbiamo ridotto i contadini in ogni angolo del mondo alla disperazione. Non si può più andare avanti in questo modo, bisogna cambiare paradigma.

VERCELLI E "LA PROVINCIA CHE VOGLIAMO"

Due mesi fa Masoero, presidente della Provincia di Vercelli, è stato arrestato e rinviato a giudizio per reati contro la Pubblica Amministrazione. Si è ritirato dalla corsa per le regionali e si è ovviamente dimesso sia dalla carica di sindaco di Livorno Ferraris, sia da quella di presidente della provincia. Nella primavera prossima si terranno nuove elezioni e una novità importante si afferma nella sonnacchiosa provincia: un gruppo di persone sta cercando di dare vita a una scommessa politica che ribalti il destino, già segnato, delle prossime elezioni. Noi siamo con loro. Leggi l'appello.

I GIOVANI D'OGGI NON HANNO VOGLIA DI LAVORARE!

"Allora, Mariano" - in tanti mi dicono in questi giorni di rientro a scuola dopo l'esperienza in Regione e la recente trombatura - "come trovi gli studenti di oggi? Hai notato che non hanno più voglia di studiare? Che sono peggiorati rispetto a quando sei andato via? Che con le famiglie è più difficile avere a che fare senza bisticciare? Che la scuola è peggiorata?". Qualcuno dei miei interlocutori si aspetta che io esprima un'opinione maturata in questi pochi giorni di attività, forte dei miei 38 (trentotto!) anni di servizio nelle scuole prima repubblicane, ora dell'Impero di Berlusconia.
Ma io un'opinione non ce l'ho.

Ho imparato che, per tenere su i pantaloni tenuti sotto la chiappa, si adoperano spille da balia per ancorarli alle mutande; che per questo non vanno bene le mutande di tessuto troppo fine perché cedono e si strappano. Che la calza va messa sotto la lingua della scarpa onde "gonfiare" la parte superiore del piede, che i capelli negli occhi sono emo e indicano una scelta di vita con una sua cultura, che le stringhe non ci devono proprio essere... Ho imparato che basta avviare un discorso con uno degli studenti per trovarsi sommersi di domande, curiosità, considerazioni ingenue e fancazziste, manifestazioni di disponibilità, tutte cose sospette in una scuola.

Ho anche imparato che i miei colleghi sono bravi, che si fanno mille problemi circa la loro professione, che non si rassegnano a una scuola sciatta che sono alla ricerca di modi più adatti per fare al meglio il loro lavoro. Ho imparato che alcuni di loro hanno paura degli studenti e sviluppano perciò atteggiamenti aggressivi nei loro confronti; avrebbero bisogno di un aiuto, di un avvio, di un confronto, ma fanno fatica a trovarlo un po' per non mostrare la loro fragilità, un po' perché ognuno si fa i fatti suoi, al massimo un caffè al bar!

TE LA DO IO LA ZTL!


Ecco che cosa ne fa la casta della ZTL e di tutte le polemiche di questi mesi...
Sabato sera, ieri, ore 22 circa in Via Cesare Battisti a Torino, a metà fra piazza Carlo Alberto e piazza Carignano. Un fiume di pedoni, orgia di gelati, panini, moscato, ravioli, banchetti di vestiti e orecchini, qualche turista, gente che, come me, aspetta che arrivi il tempo dell'ultimo spettacolo al cinema Romano e fa una passeggiata lì intorno con mogli incollate a vetrine di negozi, per fortuna chiusi.
Una mini rossa è parcheggiata sul bordo della strada, deploro il parcheggio in zona pedonale e comincio a smadonnare sui vigili che non ci sono mai quando servono e così via... quando leggo (e prontamente fotografo) il cartello affisso sul parabrezza anteriore dell'auto: REGIONE PIEMONTE- Gruppo Consigliare Popolo delle Libertà.
Dunque l'auto ha il permesso di stare lì anche se solo cinquanta metri più avanti potrebbe trovare pacheggio senza rompere le balle. Allora decido di fotografare anche la targa.
Naturalmente il proprietario era lì da qualche parte per assolvere importanti impegni istituzionali, naturalmente ci sarà una bella giustificazione per questa ostentazione di libero menefreghismo, condito dall'arroganza dei parvenu della casta.

LA SCUOLA REPUBBLICANA MUORE [1]

Non è un'esagerazione, le cose stanno proprio così. In tanti lo sanno, parecchi lo avvertono e ne hanno terrore, qualcuno lancia grida d'allarme, qualcun altro fa il conto di quanto gli manca per andare in pensione, qualche genitore si trascina per i corridoi a pietire la promozione del rampollo, altri si lamentano per le condizioni di lavoro, per il numero di allievi per classe, perché "gli studenti non sono più quelli di una volta". Difficilissimo imbastire una reazione che vada oltre la pur importante manifestazione estemporanea del sabato pomeriggio o la partecipazione a qualche convegno/assemblea sul tema.
La scuola pubblica statale l'hanno smontata e adesso la stanno facendo morire. Chi? Il centrodestra? Magari fossero solo loro!
La Moratti prima e la Gelmini poi hanno lavorato con criterio e determinazione per disfare tutto senza un'idea di cosa metterci al posto, ma hanno trovato la collaborazione un po' di tutti i soggetti che con la scuola hanno a che fare. Le generalizzazioni falsano la realtà, con questa avvertenza passiamo a "fare l'appello".