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RICORSI ELETTORALI: LO SPECCHIO DELL'IMPOTENZA

Domani un'altra puntata al Consiglio di Stato

Domani a Roma il Consiglio di Stato discute la richiesta di sospensiva della sentenza del riconteggio presentata dai legali di Cota, che puntano ad accelerare i tempi della discussione del merito, ovvero se il riconteggio di debba fare (come ha sentenziato il TAR Piemonte) o no. Una nuova puntata, alla quale se ne vanno aggiungendo delle alte che renderanno l'autunno davvero caldo anche su questo fronte.
Torna alla ribalta la questione della lista Giovine, della sua illegittimità e, perciò, dei provvedimenti da assumere per riconsiderare il risultato elettorale alla luce di tutto questo.

Era il 29 marzo quando si scrutinarono i voti delle elezioni regionali, cinque mesi fa. Da quattro mesi il Consiglio regionale e la Giunta sono insediati e funzionano a ritmo sincopato, come se avessero il freno a mano tirato. Si odono ragionamenti che sposano ora il profilo della convenienza dei singoli ora i proclami strumentali, ciclicamente l'ondivaga Bresso esterna e tavana, i capi del centrosinistra gestiscono l'imbarazzo con imbarazzante nonchalance, il centrodestra fa barricate e non si assume la responsabilità politica delle alleanze imbarazzanti - dai metodi imbarazzanti - che stanno mettendo in dubbio la sua vittoria.
E il freno continua ad essere tirato, si aspetta prima il TAR, poi il Consiglio di Stata, con la segreta speranza che una qualche sentenza imponga ciò che è oramai chiaro per tutti: onde evitare altri pasticci, conviene rifare le elezioni, magari abbinate con le politiche venture o con le amministrative di primavera. 

GHEDDAFI E LE ESCORT, L'ITALIA CHE VOGLIAMO

Si è sparsa la voce, oramai anche gli stranieri vengono a escort in Italia

Reclutate le solite centinaia di hostess nostrane che devono sentire i sermoni del leader libico e, se possibile, convertirsi all'Islam, comincia lo spettacolo indecente che ci spiega bene come siamo caduti in basso, ma proprio in basso.

Non è tanto lo zoccolume locale a impressionare - a proposito, 4 hostess annunciano di essersi convertite e le agenzie informano che non sono solo le donne ad essere reclutate, ci sono anche 48 maschi - , è il silenzio assordante di chi dovrebbe occuparsi della reputazione del nostro paese e della decenza delle sue istituzioni.

Arriva in aereo e viene accolto dal Ministro degli Esteri, si porta dietro le amazzoni in parata militare, pianta le tende in un parco e nessuno dice nulla, riceve autorità e grandi commis dello stato italiano come se fosse il monarca sceso in mezzo alla plebe, esterna con giornalisti pronti ad amplificare le sue cavolate. Poi incontra il suo amico Berlusconi con cui ragiona di affari privati, ovviamente nel contesto di un viaggio di stato.

UN TORMENTO SENZA FINE

Perché non si fanno le primarie dei principi, delle proposte, dei progetti?

Stamattina. "con lui abbiamo gia' perso in un sol colpo governo, alleanze ed elezioni", queste dichiarazioni (virgolettate) sono della Presidente nazionale del PD, Rosy Bindi e si riferiscono a Veltroni, di recente autocandidatosi (forse) alle primarie che (forse) si faranno per individuare il candidato premier del centrosinistra nel caso in cui si vada a elezioni anticipate. Quelle della Bindi sono parole che rispecchiano pensieri che in tanti abbiamo avuto e che suscitano timori per il futuro prossimo di qual partito, certamente in crisi, ma fondamentale per mandare a casa B. e liberare il paese dal soft-fascismo.
Il centrodestra è allo sbando, nel paese trionfa l'individualismo egoista che trascina la società verso il fondo come il disperato che, non sapendo nuotare,  si aggrappa al suo potenziale salvatore facendolo annegare con lui.
Quelli che ancora ce la fanno a stare a galla guardano ammutoliti la fine del berlusconismo, ma anche la dissoluzione di qualunque speranza che un progetto politico susciti gli entusiasmi necessari a segnare la riscossa.

IL TEATRINO DELLA POLITICA D'AGOSTO

Lo specchio del degrado nazionale, la speranza di una riscossa morale

Mentre il mondo è alle prese con alcune catastrofi - politiche, umanitarie, morali - in Italia un intero mese se ne è andato a discettare dei tentativi di impacchettamento del berlusca e delle contromosse, sue e dei suoi, per sventare il pericolo. Il tutto con condimento di scandali, tette e culi, toraci maschili depilati, tronisti che si danno al porno, zoccole e prosseneti di regime che dettano le linee della morale d'autunno.
Sì, perché da noi i valori li danno le veline, i calciatori, i tronisti, le amiche mie, la santanché e, a quelli critici verso il sistema, i beppegrilli. Tutti la sparano sempre più grossa, così non cambia mai nulla.

In Pakistan è in atto una catastrofe umanitaria di proporzioni colossali? Noi leggiamo della cucina Scavolini di Fini.
L'esercito USA abbbandona l'Iraq - oramai pacificato, perché si sa che la guerra è finita - e nessuno si chiede che ne è dei militari italiani? Nessun problema, bisogna dedicare pagine e pagine insieme a ore ed ore di televisione a scìogliere il dilemma dell'UDC: dentro o fuori dal governo?
Sempre in Iraq si moltiplicano gli attentati e i civili tornano a morire come le mosche e nessun leader dell'occidente si sente resonsabile del disastro che si è creato laggiù? Che ce ne frega, noi dobbiamo occuparci della Tulliani e della sua imbarazzante famiglia.

PIACERI D'AGOSTO A TORINO

Tango e milonga in galleria...

C'è ancora chi sostiene che i Torinesi non sanno apprezzare i piaceri della vita, forse per alcuni è ancora vero.

Certamente l'esercito dei goduriosi si deve essere ben ingrandito se può accadere che un giovedì sera d'agosto - centro completamente deserto, così deserto che non c'è nessuno parcheggiato in divieto di sosta, nessuno che schiamazza, niente che turbi il ritmo vacanziero dei rimasti - nella galleria del Lux ci si imbatta in una nutrita pattuglia di tangheros all'opera
Musica melanconica e avvolgente, giovani e  meno giovani che ballano passi complicati, si sdrusciano e si incastrano come la danza prevede, testimoniano ai passanti una dedizione e un impegno certamente non occasionali.

I volteggi ammaliano i rari passanti e gli ancora più rari clienti dell'ultimo spettacolo al Cinema Lux. Ogni tanto una pausa per rifiatare, non tutti sono giovanissimi e quelli un po' in carne sono di più degli esili e delle filiformi.
In attesa che cominci l'ultimo spettacolo al cinema si raduna un discreto capannello di persone che si divertono a guardare i volteggi e che finiscono per dondolarsi anche loro al ritmo delle milonghe, forse immaginando (alla Conte) una bel viaggio un Argentina alla ricerca delle nostre parentele perdute.
Non un commento meno che benevolo sui ballerini non sempre impeccabili, solo un "chissà che male ai piedi, con quei tacchi" che sfugge a una signora che osserva la ballerina dal sandalo sado-maso con cui si lancia in volteggi equilibristici ammirabili.

MONDADORI: IL CORAGGIO DEGLI INTELLETTUALI

I dilemmi terreni del teologo Mancuso e le risposte spirituali degli intellettuali dal culo di pietra. 

Nel silenzio pressoché generale dei mezzi di informazione, si sta sviluppando un dibattito/polemica che davvero rappresenta con chiarissima crudezza lo stato del nostro paese, ben più di tante analisi sociologiche.

Il fatto: con un codicillo ad aziendam la Mondadori - di proprietà di Silvio Berlusconi, presidente del consiglio - riceve un regalo di oltre 350 milioni di euro, oggetto di un contenzioso fiscale con lo Stato. Il sistema è sempre lo stesso: inserire nei decreti un emendamento apparentemente innocuo che serve a mettere a posto qualcuna delle situazioni scabrose del premier o delle sue imprese. La Mondadori approfitta dell'opportunità e chiude il contenzioso ventennale col fisco sborsando circa 8,6 milioni di euro invece del 350 oggetto delle controversia.
Massimo Giannini denuncia la questione in un pezzo su Repubblica del 19 agosto scorso (leggi)

A fronte di questo ennesimo strappo, il teologo Vito Mancuso - direttore di una collana della Mondandori, dunque "dipendente" della stessa società - pone un quesito etico che potrebbe più o meno suonare così.
Finora non ho considerato una contraddizione il lavorare per la Mondadori (di proprietà di Berlusconi) e la disapprovazione per i suoi conflitti di interesse, le leggi ad personam e tutto il resto. Alla Mondadori ho sempre goduto di libertà assoluta e mi sono sempre trovato a collaborare con responsabili aziendali rispettosi delle opinioni e del mio lavoro; questo mi ha permesso di tenere sempre ben distinto il piano dell'azienda Mondadori e quello del suo proprietario Berlusconi. Ora le cose non stanno più così, visto che l'azienda per cui lavoro ha usufruito di una legge "ad aziendam" che ha come artefice il suo proprietario, nelle vesti dei presidente del consiglio. E' giusto che io continui a lavorare per questa azienda o il farlo rappresenterebbe una contraddizione etica personale troppo forte?
Mancuso gira questo dilemma agli intellettuali, ai giornalisti e ai politici che pubblicano con Mondadori, salvo criticare e osteggiare il suo padrone quando si occupa della politica a modo suo (leggi)

COTA O NON COTA, CHE DILEMMA!

Un nuovo exploit del PD piemontese
Nessun leader della Lega parteciperà alle iniziative della Festa nazionale del PD di Torino, lo impariamo dai giornali di oggi, ma già da qualche giorno si ventilava questa terribile mutilazione del pluralismo. Non potremo sapere - se frequenteremo gli stands della festa - cosa ne pensano i vari Bossi, Maroni, Calderoli eccetera dei tanti argomenti che travagliano la vita di questo nostor Bel Paese. Ce ne faremo una ragione.

Non riesco a farmi una ragione, invece, del comportamento degli organizzatori della Festa che, interrogati sui motivi che li hanno spinti a non invitare Cota, hanno accampato la scusa che non è il presidente legittimo della Regione.
Ma sono matti? Non sono mica loro a decidere chi è il presidente e chi no, a meno che non si siano così berluconizzati da ragionare come lui senza nemmeno averne i mezzi. Alla domanda avrebbero semplicemente potuto rispondere che, essendo la Festa del PD, sta al PD decidere chi invitare e chi no; così avrebbero risposto anche a tutti quelli che avrebero tanto voluto essere invitati, con tanto di nome sul programma in corrispondenzza di un dibatitto su qualunque cosa, e non lo sono stati. Niente, fra tutte le risposte, gli organizzatori hanno dato quella peggiore.

Non varrebbe nemmeno la pena di commentare se non fosse che questo atteggiamento fastidioso e presuntuoso lo ritrovi in molte delle azioni e delle decisioni dei demos, non so a livello nazionale, ma certamente nei nostri comuni. Hanno sempre la boccuccia a culo di gallina pronta per deplorare ciò che mette in crisi le loro poltroncine, praticano la doppiezza nelle opinioni come sarebe bene che facessero solo i veri tifosi di calcio, confondono la dialettica con lo squadrismo, sempre pronti a puntare il ditino verso gli  altri pur di non guardare le loro miserie, hanno sempre quell'aria di saputelli disinteressati a volte così ben mascherata che ti verrebbe voglia di credere loro. E pronti a sostenere tutto e il contrario di tutto, salvo poi quando mala tempora currunt, scaricare i loro amici con dissociazioni così plateali da rendere ridicole anche le loro idee.

Sempre alla moda, non perdono un colpo: come coi pantaloni a zampa d'elefante. Se va di moda la legalità... pronti! essi non parlano d'altro, se va di moda l'efficienza.... eh non è che si possono rispettare proprio tutte le regole, sennò perdiamo tempo. Se va di moda la lotta alla malavita organizzata corrono tutti in Sicilia, tifosi di Fini quando sollecita gli indagati per reati contro la pubblica amministrazione a farsi da parte e difensori ad oltranza dei loro amichetti sotto processo per concussione. E se qualcuno dei loro osa criticare... zac! Un taglio alle teste pensanti e di nuovo tutti nei ranghi. Naturalmente sono per l'unità della sinistra, le primarie solo se devono fare fuori qualcuno, tutti quelli che non obbediscono ai simulacri di ceto politico che ancora hanno in campo sono dei traditori, oggettivamente complici della destra berlusconiana.

PORTI E BARCHE: L'INVISIBILITA' FISCALE

Impressioni d'agosto in un Italia alla deriva

In questi giorni di vacanza capita a tutti quelli che hanno qualche giorno di ferie e qualche soldo da spendere di tentare di raggiungere il mare. Non importa dove, una località qualunque, tanto oramai si somigliano tutte. Oltre alle solite rapine mascherate da compravendita, a una certa arroganza e a una trascuratezza che ci ricordano che siamo in Italia, si cominciano a notare le profonde modificazioni che sono state operate al paesaggio marino dall'irresponsabilità degli amministratori pubblici "del fare".
Non mi riferisco solo alle case - che specie in Liguria oramai sorgono perfino nei luoghi più improbabili e vantano prezzi proibitivi - segnalo i porticcioli turistici.
Oramai ogni comunello della Liguria (ho osservato particolarmente questa regione, ma immagino che sia così dappertutto) ha il suo porticcio con centinaia - a volte migliaia - di posti barca in vendita al prezzo di due box nel centro di una metropoli... e tutti vendutiL Qualche volta già occupati da barche e barchette che anche ad agosto, nel mezzo della giornata e col sole splendente nel cielo, erano ormeggiate lì a dondolare sull'acqua. Di porticcioli pieni di barche ce c'è davvero dappertutto, mi sembra tra l'altro che si siano moltiplicati a ritmo vertiginoso in questi ultimi anni.
"Va bene Scajola - mi sono detto - e il suo corredo di amministratori cementificatori che i Liguri si votano oramai ad ogni elezioni, ma possibile che a nessuno venga in mente di censire le barche e fare una bella indagine fiscale sui proprietari?". E' davvero semplicissimo, non c'è neanche bisogno di scomodare la ditta privata dell'amico dell'amico perché faccia questo lavoro, basta l'anagrafe comunale... eppure sembra proprio che nessuno se ne occupi,. forse perché troppo impegnato a lamentarsi dell'evasione fiscale.

L'IMPOTENTE GRANDEZZA DEL CAVALIERE

di Barbara Spinelli, da La Stampa di ferragosto
Un'analisi decisiva per comprendere il senso degli avvenimenti di questi giorni e per immaginare cosa possiamo attenderci. Buona lettura e buon ferragosto!
 
E’ venuta l’ora di analizzare la morte di quella che è stata chiamata, in gran fretta e proditoriamente, Seconda Repubblica. Doveva essere qualcosa che somigliava alla quinta repubblica di De Gaulle, inaugurata alla fine degli Anni 50: un sistema che restituisse alla politica la nobiltà, lo sguardo lungo, l’efficacia che il predominio di fazioni e partiti le aveva tolto. Doveva, partendo dalla simultanea svolta avvenuta a Nord con Mani Pulite e a Sud con l’offensiva contro la mafia di Falcone e Borsellino, rigenerare un ceto politico corrotto da anni di democrazia senza alternanza, di poteri paralleli e illegali. Le forze che dopo il ’45 avevano ricostruito il Paese gli avevano dato una Costituzione vigile sulla democrazia, ma antichi mali, non curati, si erano incancreniti: il rapporto degli italiani e dei politici con lo Stato in primo luogo, e la maleducazione civile, lo sprezzo della legalità, del bene comune.
Tutti questi mali sopravvissero alla Prima Repubblica, e per questo anche la seconda sta morendo.
Quel che mancò, nei primi Anni ’90, fu la rigenerazione delle classi dirigenti. La politica abdicò, accettò di farsi screditare, e forze estranee ad essa se ne appropriarono. Furono queste ultime ad annunciare l’avvento del Nuovo: nuovi uomini, non prigionieri dei vecchi partiti; nuova attitudine manageriale al comando; nuova fermezza nel decidere. La Seconda Repubblica è stata innanzitutto un sistema di dominio il cui scopo era di radicare quest’immagine del potere nelle menti di italiani stanchi di lungaggini, assetati di efficacia. Altri obiettivi non esistevano, se non la libertà del leader da ogni vincolo. Il conflitto d’interessi non era un ostacolo: sanciva tale libertà. Ovvio che la rigenerazione dello Stato e della legalità divenne non solo impossibile ma esecrata. Mani Pulite e Falcone-Borsellino erano escrescenze di una Prima Repubblica caduta per motivi che restando arcani non insegnavano nulla se non più furbizia e più menzogne.

IL SACCO DI TOPOLINIA, parte seconda

Dopo la villa nel campo, lo spaccio nell'orto

Nella prima parte vi avevamo raccontato  di come si fa  a costruirsi una villa dove gli altri, quelli senza appoggi topolineschi, non possono.
Adesso vi spieghiamo cose si fa a valorizzare il terreno prima coltivato, adesso neanche più quello, solo più in attesa di accogliere le fondazioni di un nuovo edificio.
Ora che in mezzo all'area agricola c'è la villa, vorrete mica che tutto quel terreno che sta intorno alla casa sia abbandonato a se stesso? Quasi quasi facciamo una variante!

Dovete sapere - cari lettori - che a Topolinia gira un virus che si chiama variante continua. E' un virus pericoloso perché distrugge il territorio, ingrassa sempre gli stessi e mette in pericolo le casse del municipio, ma i topolini capi non se ne preoccupano. Loro fanno solo alta politica e debbono occuparsi del loro futuro, magari toccando i tasti giusti e compiacendo i poteri che potrebbero venire utili. Come è noto i dissenzienti politici e i cittadini incazzati li denunci, li intimidisci o li compri.
E allora, già che ci siamo, ecco che i topolini capi - alcuni dei quali transitati direttamente da lotta continua a variante continua, passando per vacanza continua - decidono di occupare un po' meglio quel terreno, nominalmente ancora agricolo, ma nei fatti già compromesso: spostiamoci lo spaccio di una nota azienda di Topolinia che adesso vanta un bell'immobile su corso Paperopoli, che potrebbe valorizzare anche per trarsi fuori da una situazione economica non felice.
Così, l'artefice dell'operazione "villa pulita" può comprare quell'immobile, magari per metterci dentro una concessionaria d'auto e farci su qualche soldo.

BRUTTO CLIMA, RISCHIO DEMOCRATICO

Un articolo di Flores D'Arcais sul Fatto

Il Presidente del Consiglio chiama a raccolta i suoi utilizzando un linguaggio fascista e sottintendendeo contenuti fascisti. In tutta risposta il meglio del gotha democratico cinciscia in tatticismi tardocomunisti, i leaders dei partiti gocano a distinguersi e tutti fanno finta che sia normale.

Non è normale, lo vede anche un bambino. Non è normale che si usi un linguaggio eversivo caricando di pathos una battaglia politica che è sempre più virulenta. Non è normale che nessuno dei centrosinistri racconti le storie che sentiamo dai vari Bocchino e Granata, diventati all'improvviso fustigatori di costumi e giustizieri della corruzione. Non è normale che si sia rinunciato a spiegare a questo paese che il premier è un delinquente, condanato e acclarato... e tutto questo in nome di strani tatticismi della cui bontà sembrano convinti solo più i commentatori al soldo del cavaliere.
Non è normale che i nostri siano soventi troppo simili agli altri, avendo sposato una visione del potere che scavalca l'istituzione,  viola le regole trattandole al più come strumento per raggiungere scopi e obbiettivi di parte.

PRIMARIE: PER FARE COSA?

No alla solita marmellata, c'è un progetto?

Apri i giornali ed è tutto un parlare di tentativi di assassinio politico da una parte, di terzo polo dall'altra; alla nostra area politica, incapace di presentare una qualche posizione sostenuta da tutti per più di due ore, è assegnato il tema primarie.
Ogni giorno qualcuno di nuovo si aggiunge al rosario dei si dice, dei se me lo chiedono, se serve eccetera. Oggi siamo a tre: Vendola, Chiamparino e Bersani; si parla di un quarto candidato proposto da D'Alema, ma non siamo ancora degni di conoscene il nome. E' pre-tattica, ragazzi, mica siamo dei dilettanti della politica!

Tutto si svolge come se il centrosinistra fosse una specie di galassia di frattaglie dalle quali i dirigenti democratici pescano di volta i volta i pezzi più innocui. Pur avendo sempre perso negli ultimi anni, non hanno ancora abbandonato l'idea di egemonia e trattano la società italiana come un magma indifferenziato dove non cambia mai nulla. Se la sinista non cerca i segni del cambiamento per interpretarli e trasformarli in progetto politico, allora a cosa serve?

E dire che di segnali di cambiamento ce ne sono tanti. Prendiamone due che sono sotto gli occhi di tuti: l'aumento dell'astensionismo attivo, quello delle persone che scelgono di non andare a votare perché si sentono estranee - quando non ostili - al sistema dei partiti e delle loro rappresentanze. Sono poi elettori che rivendicano più moralità, che pretendono che le differenza fra le liste corrispondano a programmi chiari e a personaggi politici capaci di metterli in pratica una volta premiati dagli elettori, spiegando le mediazioni operate, gli eventuali cambi di rotta, le inversioni, i successi e le difficoltà incontrate.

DELITTI D'AGOSTO

C'è l'assassino,  il movente, manca il mandante.

Ogni estate ha il suo tormentone, di cosa vivrebbero i giornali e le tv in un paese dove non capita mai nulla e dove quello che capita non è degno di essere preso in considerazione e diffuso a tutti?

Non si parla ancora di grembiulini, di rigore e di crocifissi, oltre che di maggiore severità nella scuola della Gelmini; quell'argomento lo tratteremo a settembre, quando finalmente ci accorgeremo dei guasti che si vanno producendo e del disastro a cui sta andando incontro l'Italia a causa anche delle nuove generazioni ignoranti, viziate e in avanzata fase di rimbecillimento senza ritorno. La scuola va a picco e la sinistra si dibatte fra la difesa ad oltranza del vecchio e la volgia di un'innovazione di sostanza, ma poi solidarizza con tutti quelli che protestano, indipendentemente dalla ragione per cui lofanno. Naturalmente si guarda bene dal fare delle proposte, dunque non da ai protestanti alcuna ragione per lottare tutti insieme. Tanto è estate, a settembre avremo dimenticato tutto!

Non c'è ancora la solita contrapposizione fra chi è per la riapertura delle case chiuse e chi no. Intervista alle puttane, articolo che spiega la tratta e le sue implacabili regole, un cliente anonimo che racconta perché va a puttane e non se ne vergogna affatto, replica  della moglie di un puttaniere beccato sul fatto. I sindaci della Lega fanno a gara con le ordinanza bislacche (taglio del prepuzio dei clienti, eseguito dai vigili; se il cliente è nero, espulsione; se bianco, ramanzina) , quelli del PD seguono a ruota (no, il prepuzio no, fa molto antisemita e noi siamo per la solidarietà), sennò si lascia spazio alla xenofobia!

Nessun delitto che riempia le cronache: nè Garlasco, nè Cogne... Un disastro.

Un delitto importante, anzi eccellente, però c'è e riempie le pagine di tutti i giornali: la lenta asfissia del cavaliere ad opera dei suoi ex alleati.

UN OBAMA TORINESE?

Ipocrisia sabauda o sincero ravvedimento?

Uno dei temi che agitano e allietano l'estate "che finì la prima repubblica" è chi sarà il candidato del centrosinistra alle elezioni di primavera a Torino. Ci sono gli autocandidati del PD, ovviamente un certo numero, non uno o due; poi ci sono quelli della società civile, che sono in realtà il prodotto dei salotti della città, un po' incartapecoriti perché gli anni passano per tutti.
Infine ci sono quelli che "sarebbe bello che..." frutto delle elucubrazioni degli stessi salotti e delle redazioni che contano dei due quotidiani nazionali con redazione torinese: La Stampa e Repubblica.

La moda di questi giorni è quella di reclamare della mancanza di un Obama 'd nuiautri, una specie di abbronzato torinese capace di tenere a bada Marchionne, risanare il bilancio pauroso della città, risolverne i problemi più spinosi in tempi di contrazione della spesa pubblica, programmare il rilancio della città, sviluppare nuove attitudini e progetti... il tutto facendo vibrare di passione il cuore dei cittadini disincantati, facendo loro immaginare il bel mondo che verrà. La teoria prende corpo e rischierebbe di occupare le pagine - altrimenti vuote - della cronaca locale nel mese di agosto.

IL SACCO DI TOPOLINIA, parte prima

Dunque, prendi un terreno agricolo - da molto tempo incolto anche perché si trova fra due delle strade più trafficate della intera cerchia metropolitana di cui Topolinia fa parte -, inventati una azienda agricola, semina qualcosa, giusto per far vedere che l'azienda agricola c'è per davvero e... oplà! Il gioco è fatto.
Subito dopo puoi andare al Municipio di Topolinia a presentare richiesta per la costruzione di una casa rurale: lo prevedono tutte le leggi, un agricoltore può costruire la sua casa anche su un'area che non è destinata alla residenza. Gli serve perché non potrebbe abitare in un posto diverso da dove coltiva, alleva, semina, raccoglie, munge e pascola.Ottenuto il permesso di costruire, puoi partire coi lavori: viene fuori una bella villazza, con muri di cinta intorno a un generoso giardino, ovviamente nel centro dell'azienda agricola... vabbè: mica il contadino deve vivere in un tugurio, no?
Tutto legale, anche se poi vai ad abitare nella villazza e smetti di coltivare... tutto legale. Così legale che i capi di Topolinia non solo non intervengono per limitare i danni di leggi poco belle e comportamenti banditeschi. Potrebbero almeno stare lontani da siffatti soggetti, invece partecipano ai festeggiamenti degli artefici di queste porcate.

FINE DEL BIPOLARISMO?

Dal fallimento di un'illusione, una nuova stagione per l'Italia

La rottura del PdL, al di là delle inevitabili personalizzazioni e degli strascichi ancora tutti da scoprire e godere, segna una cambio epocale nella poltiica italiana. La fine del bipolarismo, la fine dell'idea che tutta la politica italiana fosse riconducibile a due poli e che in ciascuno di questi si dovesse lavorare per il partito unico, quello che avrebbe finito per essere il polo stesso, inglobandone via via le varie componenti e riducendo ai minimi termini le forze politiche che non si schieravano o che i partiti maggiori non ritenevano degne di far parte del polo.

Cominciò il centrosinistra componendo l'Ulivo - nella sua prima edizione formato da PDS, Verdi e Popolari, dunque dagli eredi dei partiti di massa e dall'emergente ambientalismo - una aggregazione che era di più di una coalizione elettorale  edi meno di un vero e proprio partito. L'idea dell'Ulivo da sempre fu quella di superare se stesso per divenire la forza politica progressista del futuro: il Partito Democratico.
In molti - anche io ci ho creduto a lungo e ci ho anche messo delle energie e delle aspettative, tutte puntualmente deluse - celebrammo la nascita del PD come il compimento del processo che aspettavamo da almeno 10 anni, capace di cambiare la politica italiana e di innovare questo nostro paese cantando una canzone davvero nuova.