di Paolo Turati
L'Indicatore dei consumi Confcommercio (Icc), segnalato sul sito della medesima organizzazione, indica a gennaio 2008, ininterrottamente -dopo il -0,9% di novembre e il -0,8% di dicembre 2007- da tre mesi, una flessione annua dell'1,1%, dato peggiore degli ultimi tre anni e maggiore variazione negativa. Il dato di gennaio dell'ICC seguita a segnalare uno sviluppo negativo della domanda di beni (-2,5% rispetto all'analogo dato quantitativo dello stesso mese del 2007) a cui si contrappone, parzialmente, una crescita per i servizi (+2,1%).
Il perdurare delle tensioni sui beni alimentari e sugli energetici ha determinato una ulteriore accelerazione, soprattutto per la componente relativa ai medesimi beni (+3,1%), in presenza nel contempo (com’è purtroppo ovvio) di una fase inflattiva per i beni a rapido consumo (alimentari, appunto, ma anche giornali, sigarette e quant ’altro) ormai preoccupantemente a ridosso del 5%, mentre per i servizi la crescita risulta molto più contenuta (+1,1%, con picchi del 7,7%, quasi due punti e mezzo percentuali in più che a dicembre, per quelli relativi alle telecomunicazioni).
Il peggioramento in atto sul lato della domanda per consumi da parte delle famiglie è confermato dalla discesa dello 0,6% registrata in termini congiunturali dall'Icc nel mese di gennaio. Il dato riflette complessivamente una flessione dello 0,7% per i beni e dello 0,2% per i servizi: risultanza che si evidenzia come particolarmente grave per quanto attiene alla mobilità (quasi quattro punti percentuali in meno: ovvia conseguenza dell’aumento dei carburanti), ed in lieve ripresa (mezzo punto di crescita, dopo mesi negativi) per i beni a rapido consumo, della cui dinamica congiunturale abbiamo detto sopra.
Dunque, ci siamo? Siamo “finalmente” in recessione o, quantomeno, in “stagnazione”? A rigore, questi sintomi di deterioramento economico andrebbero confermati per almeno due trimestri consecutivi, ma la sensazione è che il rischio sia ormai tangibile. Quantomeno per l’Italia, unico
fra i Paesi maggiormente industrializzati a mostrare sin d’ora elementi (anche in ordine ai risultati societari: la Telecom Italia ne è un esempio lampante) la cui estrapolazione pare indirizzare più univocamente degli altri verso quella, malaugurata, congiuntura.
Ma perché noi forse sì e gli altri magari no?