NOVITA'
latest

468x60

header-ad

GAROFANI ROSSI E RAGAZZI BIANCONERI

Perfino fra una partita della Juventus e un incontro con un vu' cumprà si può trovare la Resistenza…
25 aprile 1974
Strada centrale (pedonale) di Lisbona, 24 aprile di pomeriggio. Una folla che non si passa, parecchi giovani agghindati di bianconero, la gran parte palesemente arrivati lì per la partita serale Benfica-Juventus in mattinata e destinati a ripartire appena consumato l’evento sportivo. Consueto corollario di statue viventi, artisti di strada, venditori di ogni genere di cose inutili, insomma un simpatico clima da pomeriggio prefestivo.
Dovunque manifesti, striscioni, avvisi e  annunci delle manifestazioni della serata e del giorno dopo, 25 aprile. Foto in bianco e nero di soldati impreziosite da scritte (sono 40 anni! libertà…) e fiori: garofani rossi.
Già, quarant’anni fa il Portogallo usciva da una delle dittature più lunghe e feroci che la storia ricordi, quella cominciata con il colpo di stato del 1926  e conclusa nel 1974, il 25 aprile. Gran parte dei 46 anni di dittatura avevano visto Salazar (dal 1928 al 1970, anno della sua morte) gestire il potere in nome e per conto delle oligarchie della Chiesa, dei vertici dell’esercito e delle poche rendite economiche di rilievo.

BUONA PASQUA

Anche quest’anno è arrivata…
Rinascere?
Alberi  frondosi testimoniano il risveglio della natura, fanciulle in fiore esibiscono i doni di natura senza più tremare per il freddo, giovanotti foruncolosi cercano di tenere a bada ormoni grandi come pidocchi che viaggiano in ogni dove come schegge impazzite. Perfino i vecchi sembrano più giovani e badano ai nipoti con ritrovata energia e un pizzico di invidia verso i figli ancora nel pieno della vita eppure già così svaccati.
Nei comuni dove ci sono le elezioni è tutto un fervere di asfaltature e potature, negli altri ciccia. In compenso, sugli autobus affollati si ricomincia sentire quell’afrore di sudore mischiato a deodorante al pino silvestre, a volte combinato con l’aroma del chewing gum o della sigaretta elettronica al gusto cannella. E’ esplosa la primavera, miei cari.
Ci prende quella sonnolenza tipica della stagione e dobbiamo lottare perché l’indolenza non ci induca nell’errore di pensare che le ferie sono vicine. Attenti, miei cari, la natura si prende gioco di noi illudendoci, l’aveva già detto Leopardi e lui di disgrazie se ne intendeva!
La primavera si porta dietro i primi brividi dello studente che ha molte insufficienze: comincia a realizzare che potrebbe lasciarci le penne. La sua famiglia si accorge adesso che esiste la scuola, che il pargoletto l’ha frequentata, non si sa con quale profitto, per più di sei mesi, che gli insegnanti sono colpevoli perché ce l’hanno tutti con lui e che il loro bimbo ha i genitori migliori della Terra.
E’ tempo di rinascita, di risveglio, di cambiamento. E’ tempo di fare progetti e di rialzare la testa. C’è anche una bella festa (l’unica che mi piaccia davvero) che ricorda vicende di resurrezione, di perdono, di redenzione, di ritorno al mondo: Pasqua.
Quest’anno una Pasqua coi fiocchi, piena di ponti, entusiasmante, da farci mille progetti.
Questo per chi ha un lavoro. Per chi non ce l’ha e di ponti ne fa perciò anche troppi, chissà che la rinascita non arrivi davvero ad aiutare a cambiare le cose.
Tanti auguri.

LA FUITINA

Dell’Utri se la ride dal Libano… ancora una volta l’Italia è all’altezza dei proclami dei suoi governanti
Bye Bye Italy
Chissà come se la starà spassando Dell’Utri nel suo letto d’ospedale in Beirut, Libano… chissà quante risate si farà leggendo i giornali, le articolesse dei soloni a servizio, le dichiarazioni dei suoi colleghi politici, le complesse giustificazioni del Ministro dell’Interno Alfano, fino a qualche mese fa anche suo compagno di partito.
In fondo lui, siculo, ha fatto ciò che le coppie di fidanzati promessi fanno da secoli nella sua terra: la fuitina, per mettere i parenti e gli amici di fronte al “fatto compiuto”. Lei non è più immacolata, lui l’ha compromessa e vuole sposarla, dunque cosa c’è di meglio di un bel matrimonio riparatore? Le rispettive famiglie saranno obbligate ad acconsentire alle nozze e le mamme (che tutto sapevano in anticipo e che segretamente avevano istruito i due sul da farsi) belle felici a preparare le nozze e la casa di piccioncini.
Meno prosaicamente Dell’Utri ha fatto la stessa cosa: prima che gli altri decidessero per lui (leggasi la Cassazione) ha messo tutti davanti al fatto compiuto: un bel passaporto di Stato, potenti appoggi e denaro a volontà. Gli ingredienti per la fuga ci sono tutti, manca solo un paese compiacente e particolarmente attento alle problematiche di salute di coloro che dovrebbe espellere su richiesta dei governi amici. Arriva in albergo, viene fermato su richiesta del governo italiano, proditoriamente si ammala e viene ricoverato in ospedale.
Chi glielo dice ai Libanesi che era tutto pianificato, che suo fratello aveva con lui realizzato il piano e costruita la storia fin nei minimi dettagli, affinché non dovesse passare l’ultima parte della sua vita in galera, nientemeno che condannato per mafia? Chi glielo spiega che quel soggetto, insieme al suo amico e socio più caro, ha gestito per vent’anni questo paese (e ancora non è finita) lasciando le briciole agli ex-comunisti, perché lo lasciassero fare quasi senza obiezioni? Chi glielo dice che, se non stanno attenti, quello è capace di mettere in piedi lo stesso sistema anche in Libano. Un paese che, di guai, ne avrebbe già abbastanza…
Mi sa che Dell’Utri l’Italia non lo vedrà più; che resterà laggiù (o in un altro posto altrettanto blindato), o fino alla fine dei suoi giorni o soltanto il tempo necessario per trasformarsi in martire. Sufficientemente longevo da tornare un giorno in Italia acclamato esule, finalmente premiato per la fedeltà e l’attaccamento al suo paese. Verrà ricevuto dal Ministro dell’Interno del tempo in persona: Alfano, ancora lui. Ancora in attesa che qualcuno chieda seriamente le sue dimissioni.
Mariano

CLIENTELE E ORTAGGI

Quando pensi che i politicanti piccoli piccoli abbiano dato il meglio di se stessi… quello è il momento in cui si superano.
Mani moderate sugli orti urbani
Giusto ieri un amico caro passa dalle parti degli Orti Urbani Municipali e intravede un manipolo di carrozzieri (adulti, vestiti con tute marchiate) che chiedevano agli astanti dove potevano accomodarsi.
Strano, che dei carrozzieri in tuta frequentino orti in rigoglio primaverile e ortolani orgogliosi dei prodotti della terra. Evidentemente qualcuno li aveva invitati lì, ma chi? Per fare cosa?
Per quelli che non conoscono il posto: gli Orti Urbani sono una istituzione benemerita del Comune. Oltre agli appezzamenti, circa 400, nel complesso c’è un grande capanno costruito dal Comune che funge da ritrovo degli ortolani: a volte ci fanno delle feste e non sono rare grigliate e momenti di divertimento che dovrebbero servire a sfruttare il benessere della socializzazione. Non voglio farmi bello, dunque non vi dico chi era il sindaco quando essi vennero realizzati, sfruttando un’idea di un suo lontano e bravo predecessore, Franco Lorenzoni.
Come ogni istituzione pubblica che si rispetti, anche gli Orti Urbani hanno un Comitato di Gestione (eletto dagli ortolani stessi) e una Commissione comunale che gestisce le domande di concessione e tutto quanto attiene la partita amministrativa e tecnica. Solo che il presidente degli ortolani, Zuccarello e quello della commissione comunale Verduci hanno scambiato la carica col possesso: pensano che gli orti siano “cosa loro”, il capanno la sede delle loro attività, a metà fra la tavernetta di casa nostra (chi ce l’ha), la sede del proprio partito politico e il posto dove ricevi gli ospiti che tua moglie non vuole per casa.
Ecco cosa ci facevano i carrozzieri li: il presidente degli ortolani li accoglie, il Presidente della commissione comunale, pare, li ha invitati e li riceve. A sentire gli ortolani presenti, non sono nemmeno gli unici. Da quando un partito grugliaschese ha messo le mani sugli orti, sembrano essere diventati i padroni, millantando concessioni, interessamenti e poteri che hanno e non possono avere. Così il capanno è diventato sede di porchettate politiche, grigliate clientelari, assemblee e riunioni che nulla hanno a  che fare con l’istituzione e i suo beneficiari.
All’approssimarsi delle elezioni le iniziative si vanno moltiplicando e persino gli ortolani più scafati cominciano a manifestare una qualche insofferenza verso questo modo di fare. Forse si rendono confusamente conto che gli orti comunali sono la rappresentazione di questo paese e della sua dannazione: becchettato da tutte le parti da parassiti che ne impediscono lo sviluppo, con la silenziosa complicità dei più.
Ci toccherà fare un esposto ai Carabinieri e chiedere le dimissioni del presidente della commissione comunale, ma perché arrivare a questo punto?

Mariano

CAMBIARE PER FINTA

Ogni giorno un annuncio di qualcosa a cui il Governo sta lavorando, ogni giorno una promessa nuova e una nuova faccia della conservazione da abbattere e…
L’annunciazione continua
Molti anni fa – quando i mass media facevano ancora i loro lavoro e si interrogavano sul ruolo che deve avere l’informazione in una democrazia compiuta –, un mio parente lungimirante mi disse: “Se annunci castagnate tutte le domeniche d’autunno e inviti quanta più gente puoi, specialmente quella che sta così lontano che non verrà, ci saranno tante più persone che sentiranno i bruciori di stomaco anche se non hanno partecipato all’evento”. Aveva ragione, l’annuncio, il semplice annuncio, riesce da solo a suscitare risposte del corpo e della mente come se fossero davvero seguiti i fatti.
Siamo fatti così, pieni di sano realismo, disingannati quanto basta, disincantati e smaliziati, ma… sempre pronti a cascarci, a illuderci che davvero l’annuncio si è fatto sostanza, perfino quando l’evidenza ci afferma il contrario.
Questa è di nuovo una stagione un po’ così: la gran parte degli Italiani è davvero convinta che Renzi abbia abolito le Provincie (e i costi conseguenti), non ha voglia di dare retta a quelli che mettono in guardia dai costi e dai rischi di una riforma fatta a metà, giusto per poter dire di averla fatta: sono disfattisti, gente che non ha a cuore il paese e che cerca di mettere i bastoni fra le ruote dell’ultimo che ci sta provando a cambiare davvero. Lo stesso per la legge elettorale, la cosiddetta abolizione del Senato: chi obietta o avanza riserve viene subito tacciato come un conservatore accanito, di quelli che si sono resi responsabili di aver condotto il paese a questo punto. Insomma Cassandre che – come i fastidiosi “professori” – avanzano paure e dubbi per il gusto di rovinare il compito del premier e sminuirne la portata innovatrice.
Il fatto è che i critici in malafede effettivamente non mancano: una categoria per tutte, quella che accusa Renzi di non essere il prodotto di un’elezione (e Monti? e Letta?), oppure di aver fatto un accordo con Berlusconi (e voi, cari PDini, non ci avete fatto dei governi insieme, non avete evitato il conflitto di interesse eccetera?). Stanno quasi tutti nello stesso partito che Renzi ha scalato così bene, avviandone anche una mutazione genetica dalla celerità sorprendente.
Il fatto che essi esistano non può, però, azzerare la critica e l'analisi delle cose che il governo sta dicendo (più che facendo): la legge elettorale è una cagata, forse peggiore del Porcellum: taglia fuori troppi elettori dalla rappresentanza e non garantisce la governabilità, visto che i governi cadono per le dinamiche dei grandi partiti, non per i ricatti dei piccoli, come vorrebbero far credere. Letta è caduto per i ricatti dei piccoli o per gli esiti di una battaglia politica di Renzi contro di lui?
L’abolizione del Senato è una non-riforma, che infatti lascia spazio alle critiche ed alle manovre di chi utilizza la battaglia contro la proposta Renzi per regolare i conti con lui. perfino un disperato Berlusconi comincia a prendere le distanze, avendo capito che non saranno prese misure di salvaguardia nei suoi confronti e che a stare appiattito su Renzi potrebbe finire in un angolo da cui non uscirebbe più. Sui rinnovi dei Consigli di Amministrazione degli Enti e della aziende di Stato, sembra che le procedure (e quindi gli esiti) non siano diverse da quelle dei suoi predecessori, sulla politica estera eccetera.
Il tempo passato è ancora troppo poco, attendiamo fiduciosi di conoscere le misure economiche e come il governo troverà i soldi per soddisfare la promessa degli 80 €; soprattutto attendiamo che il governo faccia conoscere le sue priorità, visto che non può fare tutto contemporaneamente quello che Renzi ha promesso e sta promettendo in giro. Una tempistica più definita aiuterebbe a trasformare “sparate” in “promesse” e queste in “impegni” precisi e finanziati.
Questa sarebbe la riforma più importante, sarebbe anche un grande segnale ai fantomatici “investitori stranieri”, talmente evocati in questi anni di declino come “nemici dell’Italia” da risultare credibili come il babau:
“L’Italia sta cambiando – sarebbe come dire – ad annunci seguono misure, a queste finanziamenti, infine verifiche sull’efficacia dei provvedimenti assunti”.
Finirebbe così quella pioggia di annunci, di lanci giornalistici, di precisazioni e puntualizzazioni, di smentite e di nuovi annunci. Tutti destinati ad aumentare la confusione e quel senso di panico che inevitabilmente pervade chi sta su una nave che sembra sempre sul punto di affondare.
Perché arriva il giorno in cui alla castagnata ci vengono tutti quelli che hai invitato. Allora sono guai, quando scoprono che di castagne non ce ne sono più perché se le sono già mangiate tutte quelli che erano lì per creare e documentare l’evento.
Mariano 

SHOPVILLE LE GRU: L’ESPOSTO FA NOTIZIA

Quattro mesi fa ho presentato un esposto alla Corte dei Conti su una questione scandalosa. Oggi La Stampa di Torino se ne è occupata, rompendo il silenzio…
Esseri incapaci e soldi che sfumano
Era l’ 11 novembre dell’anno passato quando mi risolsi a rivolgermi alla Corte dei Conti per segnalare una vicenda scandalosa dai risvolti economici ancora più scandalosi (leggi l’esposto). Oggi La Stampa se ne è occupata con un articolo di P. Romano, il corrispondente locale (leggi l’articolo). All’interno della Shopville Le Gru – uno dei pochi grandi centri commerciali che ancora funzionano per afflusso e per varietà di negozi e proposte – il Comune di Grugliasco dispone, fin dal 2002, di uno spazio di 1.800 mq, mai utilizzato e mai concesso a qualcuno perché lo facesse, magari in cambio di un congruo canone che desse sollievo alle case comunali e impedisse il solito salasso dei cittadini contribuenti.
Ricordiamo che il Comune divenne proprietario di quegli immobili giusto in occasione della conclusione della lunga controversia legale (leggi) collegata alla costruzione del Centro e alle mazzette allora pagate agli amministratori, locali e non (leggi). Per evitare ulteriori oneri, lo spazio in questione era allora al grezzo e lo è tutt’ora.