I "ribelli" del PD pongono temi seri e cercano – a loro modo – di dare una svegliata a una sinistra afona e spompata. Sono credibili? Il piatto? Piange disperato
Lo scontro sulla legge elettorale – che sembra precludere quello più sostanzioso sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica – ha finalmente fatto emergere posizioni e sentimenti che covavano da tempo nella “base” dei demos e anche fra alcuni del loro esponenti di punta, ma che finora non avevano preso la forma che in tanti auspicavano da tempo. Civati che si dichiara “con un piede fuori” da mesi e non se ne va mai, neppure rientra; Fassina e compagni, che minacciano fuoco e fiamme e poi si afflosciano come palloncini bucati alla prima occasione di scontro vero; la vecchia guardia - Bersani, Bindi e simili - che “aveva dei problemi anche seri e non ragionava male” (Dalla). Insomma una parata di cuori di leone, dalle grandi velleità e dallo spessore di un foglio di grafene, il solito spettacolo democratico, ma non solo. E di poche settimane fa la fiducia sul Jobs Act, da tutti digerita senza colpo ferire.
Ora sembrerebbe che abbiano tirato fuori gli attributi e che si siano messi a fare su serio. Perché? Le ragioni saranno sicuramente molte, complesse e diversificate, visto che nessuno va d’accordo con nessuna altro, anzi spesso è in conflitto perfino con le parti del sua corpo più lontane dai centri di potere del momento.
Fare l'Europa? SI, si, ma le scuole medie si chiamano "Europa Unita " e non
"Unione Europea"
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*Bisogna "Fare l'Europa".*
OK, va bene! *Ma esattamente quale Europa?*
Come ho già ricordato, ci sarà bene un motivo se le scuole medie si
chiamano "Europa...