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I BAMBINI DI SALVINI

Agghiacciante è la protervia del Ministro degli Interni, ma ancora più quella degli infanti che ne celebrano le gesta e ne seguono le evoluzioni.
Salvini tratta la platea elettorale - definire diversamente noi, il popolo bue, sarebbe davvero un azzardo e un lusso che non possiamo più permetterci - come una scolaresca di bambini della scuola materna, rincretiniti fin dalla più tenera età dalle colpevoli premure della loro famiglia, allargata o ristretta fa lo stesso.
Uno dei pargoli - potrebbe essere chiunque di noi - cade e si sbuccia un ginocchio. Salvineggiando, due le reazioni possibili.

Prima reazione. L'adulto picchia con finta foga il suolo dove il sacro ginocchio del pargolo ha sfregato sbucciandosi. Accompagna il gesto con espressioni tipo: "Cattivo suolo che hai fatto male al bambino", "Tiè, tiè tiè brutta terra che fai la bua al mio tesoro...". L'adulto non si sogna neppure di dire al frugoletto che, se solo guardasse dove mette i piedi, avrebbe potuto agevolmente evitare la caduta; il bambino potrebbe rimproverare all'adulto questa attribuzione di responsabilità. Il bimbo è innocente, bello e  bravo per definizione ed educazione, se lo contraddici si cerca un altro adulto a cui guardare con adorazione.

Seconda reazione. Dato che il bimbo piange disperato, forse più per lo spavento delle tracce di sangue che dal dolore che prova, distrarlo subito indicando col dito qualche fenomeno, cosa, animale, situazione che, attirando la sua attenzione, la distoglieranno dalla contemplazione autocommiserata del ginocchio sbucciato. "Guarda quell'uccello nel cielo, ti sta salutando. Su, salutalo anche tu!", "Presto! Presto, vieni a vedere la formica che sta trasportando il cibo verso la tana! Salutala con la manina e falle un bel sorriso. Non vedi che ti sta guardando?". Il pargolo si dimentica della sbucciatura, ha altro su cui concentrarsi e si abbandona del tutto all'adulto che gli ha fatto passare la bua in un istante.

In entrambi i casi il frugoletto, - abilmente distolto - cessa di frignare, è contento perché nessuno lo ha richiamato alle sue responsabilità, veleggia felice verso la prossima caduta già convinto che l'adulto saprà proteggerlo adeguatamente dalle insidie del mondo. Fino alla volta dopo. Intanto il tempo passa, lui non cresce mai e ha sempre più bisogno di un adulto che si occupi di lui anche quando sarebbe il caso che ci pensasse da sé.
C'è chi sostiene che i pargoli sono quasi pronti per il salto successivo, una volta più grandicelli: colpa della maestra, del vicino di casa, dell'immigrato, del drogato, del padrone, dell'impiegato del comune, del sindaco... Insomma: colpa della società, di tutti meno che sua!
Mariano
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