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INFORMATICA E TECNOLOGIA: SEMPRE MENO DONNE, MA QUALCOSA SI MUOVE

Come mai le "tante bambine" che nella scuola primaria eccellono nella tecnologia e nell'informatica, diventano "qualche ragazza" nelle scuole secondarie di primo grado, "un'esigua impalpabile minoranza" nella scuola superiore di secondo grado, fino a scendere oggi sotto il 10% sul totale degli iscritti alle facoltà di Informatica, dopo performances di ben altra portata negli anni '70 e '80 del secolo scorso? 
A questa domanda - e al bisogno urgente che segnala - prova  rispondere con proposte e attività l'associazione Rosadigitale, movimento per le pari opportunità nell'ambito della tecnologia e dell'informatica, che si definisce "una comunità di donne, uomini, ragazzi e ragazze che si impegna nell'abbattere la disuguaglianza di genere". Un fiorire di "petali" - così chiamano le loro iniziative e gli eventi in tutta Italia e non solo - che è sbocciata non a caso nei giorni a cavallo dell'8 marzo: presentazioni  nelle scuole, convegni, laboratori, tutto finalizzato a sensibilizzare, preparare coinvolgere e appassionare ragazzi e ragazze al digitale.

In Piemonte, ad esempio, una scuola superiore storicamente all'avanguardia nelle tecnologie digitali, l'ITIS Maiorana di Grugliasco (TO), ha realizzato un laboratorio di programmazione di videogiochi con un software educativo open source, Scratch, interamente gestito dagli studenti e dalle studentesse della scuola e rivolto alle ragazze e ai ragazzi di una  scuola media della città. Completandolo con una app da loro appositamente realizzata che sfrutta la realtà aumentata per presentare in modo interattivo una galleria di donne che hanno "fatto la tecnologia e la scienza".
Non per caso le prof. Baldino e Danesino, docenti di informatica dell'istituto, si sono fatte carico dell'impresa: sono anche loro l'espressione di un impegno al femminile, ormai raro nel campo dell'Informatica, un settore che ha nuovamente virato al maschile. Hanno organizzato  e condotto tre giorni di attività con oltre 100 studenti coinvolti e uno stimolo alle ragazze presenti a farsi portatrici di una nuova spinta verso il digitale, in particolare verso il cuore dell'informatica: il coding, la programmazione.
Perché è questa attività a mettere in luce la clamorosa contraddizione fra un universo femminile all'assalto di mondi preclusi fino a pochi decenni fa e la constatazione di quanto siano squilibrati i rapporti numerici fra i sessi nelle classi tecnologiche e informatiche delle scuole secondarie, carenza che poi si riflette sulle iscrizioni universitarie.
La questione, fra l'altro, riguarda tutti i paesi europei: il divario di genere in questo segmento di istruzione, attività e sviluppo economico, costituisce un problema con cui l'azione politica e la capacità di governo  si misurano, fuori dall'Italia, con interventi anche originali sui sistemi scolastici, sui contenuti dei programmi e sulle modalità di apprendimento. Il genere femminile porta maggiore varietà originalità e ricchezza: l'informatica ne avrebbe un bisogno spasmodico.
Il digital divide, dunque, non dipende solamente dall'età e dal grado di scolarità e benessere economico, come siamo abituati a pensare. E' anche un problema di genere e questo ce lo dicono con chiarezza gli orientamenti scolastici e  professionali delle giovani generazioni. Vale a dire del prodotto di una società in cui non mancano certamente i modelli femminili positivi, ma dove ancora la sensibilità e l'attitudine vengono plasmate da modelli che - attraverso pubblicità e strereotipi famigliari - finiscono per orientare drasticamente la scelta del corso di studi e degli orizzonti professionali.
Non siamo ancora pronti a non stupirci se una bambina si interessa di circuiti, di programmazione di videogiochi, se è incuriosita dal funzionamento di oggetti tecnologici. Non lo sono neanche i pubblicitari e  gli esperti di marketing. Un tardo pomeriggio a guardare i programmi tv per le bambine spiega più di mille parole. Per fortuna anche in Italia qualcosa si muove.
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