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LA RIVOLTA DEGLI INSEGNANTI

Una cosa buona del governo Monti: finalmente gli insegnanti si sono arrabbiati, qualcuno per ragioni nobili, qualcuno no. Ma il valore positivo resta l’arrabbiatura e il dibattito sulla scuola che ne sta derivando.
Profumo di scuola
Nella Legge di Stabilità di quest’autunno il Governo ci mette anche l’aumento di orario per gli insegnanti delle medie e delle superiori: sei ore in più alla settimana. Qualcuno (il sottosegretario) dice che si tratta di ore per attività complementari alla docenza, vale a dire correzione elaborati e preparazione delle lezioni, tutte cose che gli insegnanti già fanno. In questo caso la Legge recepisce ciò che è ovvio e che sarebbe inutile mettere in discussione.
Altre fonti dello stresso Governo spiegano che, invece, si tratta proprio di ore di lezione. Il provvedimento serve a risparmiare sulle supplenze e sugli incarichi a coprire posti vacanti. Per essere un governo dei tecnici di casino ne fanno parecchio, soprattutto perché non dicono nulla sull’Università, luogo in cui i docenti per contratto fanno 350 ore l’anno di lezione, una alla settimana!
Appena la notizia esce dalle segrete stanze, subito fa il giro delle scuole e l’allarme sale.
Scandalizzati gli insegnanti “a tassametro”, quelli che vogliono monetizzare tutto, perfino il sospiro studentesco a cui sono sottoposti e che, per converso, non fanno uno sciopero nemmeno sotto minaccia. Scandalizzati quelli da “ultima missione, la redenzione”, finalmente consapevoli che non è possibile farsi carico dei mali del mondo e che basterebbe già se riuscissimo ad attrezzare un servizio scolastico qualificato e rigoroso, capace di trasmettere cultura e civiltà anche in contesti oramai senza speranze.

Qualcuno – timidamente, per la verità – abbozza il discorso sulla tutela dei precari, ma non è tempo: da vent’anni ognuno pensa solo a se stesso; poi bisogna decidere una volta per tutte se la scuola deve essere il serbatoio di sfogo della disoccupazione intellettuale o un luogo dove anche per gli insegnanti valgono i criteri del merito. Qualcun altro spiega che, aumentando le ore, aumenteranno anche le classi, il carico dei compiti da correggere, dei consigli di classe, delle assemblee coi genitori… e che non resterà altro da fare che diminuire la frequenza di tutti questi eventi che segnano la scansione dell’anno scolastico.

Colleghi isolati ammettono con imbarazzo la difficoltà di sviluppare ragionamenti general generici sui carichi di lavoro dei docenti: dipendono parecchio dalla materia che insegnano e anche un po’ dalle caratteristiche della loro prestazione professionale. In alcune materie l’attività extradocenza è considerevole, in altre meno, alcuni hanno classi numerose, altri no.

Come si fa allora a dare una risposta giusta e coerente alla tavanate del governo Monti? Bisogna riprendere  a fare cultura, intanto spiegando che l’orario di docenza dei professori italiani è in linea con quello dei colleghi europei. Molti dei quali, però percepiscono uno stipendio decisamente superiore e fanno a scuola tutto quello che attiene al  loro lavoro, compresa la correzione degli elaborati e la preparazione delle lezioni.
Poi partecipando alle agitazioni sindacali, spronando i nostri rappresentanti a dare senso compiuto alle istanze della categoria. Infine imponendoci di qualificare il nostro lavoro, spiegandolo alle famiglie.
Magari con un sorriso, abbandonando per una volta quell’aria scazzata che alberga sui volti di molti di noi quando siamo a scuola. Non basta, ma aiuterebbe.

Mariano
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