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PALERMO O CAPORETTO?

Continua il rosario delle debacles democratiche… Le primarie come strumento di lotta interna cominciano a fare vittime illustri. E se tornassimo all’idea delle primarie vere, quelle che debbono selezionare la classe politica?
Il PD porta male?
Non solo il Pd eccelle nel precostituire situazioni in cui i suoi candidati vanno al macello, addirittura porta sfiga a quelli che, pur non iscritti, accettano il suo appoggio. E’ il caso di Rita Borsellino, una bella figura, fra l’altro gratificata di consensi oltre ogni misura alle recenti elezioni del parlamento europeo. Ebbene a Palermo anche lei è stata trombata, seppure di misura, alle primarie per il candidato a sindaco del centrosinistra. Vince il “giovane arrabbiato”, ma già gli altri candidati avanzano il sospetto che si siano mosse le truppe di Lombardo per orientare il risultato elettorale in un senso piuttosto che in un altro. E’ in corso il riconteggio di voti, ma si parla già di mafia…
Cominciamo bene, in una città sgovernata da un sindaco PdL (Cammarata) cacciato a furia di scandali e manifesta incapacità, dove quindi il centrosinistra avrebbe dovuto fare di tutto per presentare un’immagine unita e decisa a risolvere i problemi secolari. Litigano e se ne dicono di tutti i colori, cosa che preclude a una presentazione divisi alle elezioni, quelle vere. Come a Napoli.
Un’altra città in cui le primarie dividono, un altro posto in cui la protervia e la sicumera del PD (e non solo quella) determinano una situazione tafazziana. 

Ecco cosa scrive Ugo Magri su La Stampa di oggi: “Aspettiamoci giorni di polemiche a sinistra e di «tiro al Bersani», contro il quale certamente si sfogheranno parecchie frustrazioni interne. E a ben vedere, il principale partito riformista italiano non scoppia di salute. Il suo male oscuro è questa distanza, che si va trasformando in un baratro, tra le scelte centrali e la realtà dei territori. Una separatezza capace di fornire puntualmente le risposte sbagliate, di determinare costanti errori nella valutazione dei candidati, per cui quelli adottati dai vertici del Pd sono sempre destinati a sicura sconfitta.
In questa chiave è lecito discutere il meccanismo delle primarie e domandarsi se in fondo non stiano trasformandosi, da strumento di democrazia, in un terreno di lotte intestine. Ci si può interrogare anche sul peso crescente dell'antipolitica, che premia senza dubbio i più «arrabbiati». Ma la verità sotto gli occhi di tutti è che dalla Puglia a Milano, da Napoli a Torino, da Genova a Palermo, il gruppo dirigente del Pd mette sempre il cappello sulla soluzione perdente. Mai che ci azzecchi, una volta. A salvare Bersani, la sera del 7 maggio prossimo, quando sui tigì compariranno i risultati delle Amministrative, sarà il conto delle bandierine.
Su 28 Comuni capoluogo, il Pdl ne aveva 18 e stavolta gliene resteranno ben pochi. Cosicché il Pd potrà cantare vittoria. Ma non occorre la sfera di cristallo per prevedere che ben pochi dei sindaci eletti saranno diretta emanazione del partito, e che i voti di lista subiranno un'erosione a vantaggio delle liste civiche e dei diretti concorrenti, da Vendola a Di Pietro. Insomma, il gruppo dirigente avrà ben poco di cui rallegrarsi
”.

Sinceramente del gruppo dirigente del PD non mi importa granché, non sono in grado di fare nulla perché sia diverso, però la situazione è davvero preoccupante. Il pensiero non può che tornarmi alle vicende grugliaschesi… e mi viene una voglia e una speranza.

Spero che il giovanotto vincitore vinca poi le elezioni e diventi un bravo sindaco per Palermo, ma mi aspetto una campagna piena di veleni e tranelli, qui come laggiù.

Mariano
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