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REGIONI: IL POTERE DEI SOLDI

Se non provi non capisci. Quando poi capisci, l'anestetico sta già facendo effetto...
Essere casta
Non avrei mai immaginato di scrivere questo post, ma gli avvenimenti di questi giorni mi trascinano a parlare nuovamente della mia esperienza di consigliere regionale, conclusa oramai due anni fa.
In questi giorni ne leggiamo e sentiamo di tutti i colori (e ancora tante ne vedremo e sentiremo nei prossimi) sui trattamenti economici della casta regionale, benefit e fuori-busta compresi. Più difficile trovare un'analisi "dal di dentro" del fenomeno, della lievitazione dei privilegi e dei soldi, oltre che della crescita esponenziale della voracità dei singoli e dei gruppi.
Nei cinque anni in cui sono stato in Regione non mi sono mai fatto rimborsare benzina, autostrada, pasti, missioni e altre cose di cui in questi giorni si tratta diffusamente: il mio lauto stipendio bastava e avanzava a coprire anche le spese vive del mio vagabondare per il Piemonte e a consumare qualche pasto mentre ero in trasferta "per servizio".
Il denaro destinato al finanziamento delle attività del gruppo consiliare l'ho speso per le funzioni per le quali era destinato: bollette di telefono (dell'ufficio, non del mio!), fotocopie e materiali da riprodurre, giornali e pubblicazioni di commento politico e resoconto dell'attività in Regione, stipendi del personale di segreteria e dei collaboratori, qualche raro convegno (vero) e iniziativa di carattere seminariale. Sempre tutto puntualmente rendicontato all'Ufficio di Presidenza della Regione Piemonte che, a volte, mi ha chiesto chiarimenti, altre approfondimenti di spese. Di tutto conservo copia, non si sa mai.
Sono del tutto convinto che una buona parte dei consiglieri regionali ha agito esattamente come me, già ben felice del lauto stipendio e delle facilitazioni di cui usufruivamo (e ancora usufruiscono). Certo, ci sono anche quelli che spostano la residenza lontano dalla sede del Consiglio per avere tanti rimborsi, quelli che "non basta mai", ma sono eccezioni, spesso troppo valorizzate perché i loro voti, nei momenti di difficoltà diventano preziosi e la tentazione di comprarli è sempre in agguato (proprio come capita nel mondo reale).

Quando nel 2005 sono stato eletto in Regione mi sono ben presto reso conto del salto fra l'attività politica in Comune e quella di militante che si paga tutto e che, anzi, mette anche qualche soldo per far andare avanti il gruppo, insieme al tempo sottratto alla famiglia e alla carriera: tutto diventava più facile e più comodo. Un ufficio, dunque una base, qualche mezzo per far sapere in giro cosa fai, e perfino in centro città; una struttura per mantenere il contatto con le persone e per raccogliere sollecitazioni e indicazioni per lavorare al meglio. Archivi, documentazione, uffici: tutto accessibile e pronto a fornirti l'appoggio per realizzare ciò per cui sei lì, insomma una pacchia e una grande opportunità per crescere, fare cose importanti e toglierti perfino qualche soddisfazione.
L'altra faccia della medaglia: il torpore del danaro, quella pigra mollezza che l'eccessiva comodità ti induce un po' alla volta, la lenta assuefazione a un ambiente dove vivi in modo per te innaturale, dove il cittadino lo incontri se vuoi tu e non perché devi, dove quelli con cui hai a che fare sono mediamente deferenti perché sanno che potrebbero avere bisogno. E l'appartenenza a una coalizione, la lealtà che devi anche quando vorresti mandare tutto all'aria, le difficoltà a mettere insieme il perseguimento dell'opportuno con la ricerca del giusto, la fatica di far convivere la miseria del quotidiano con la ricchezza delle idee. Una coalizione dove sovente si sta insieme per convenienza piuttosto che per contiguità ideale, dove gli sgambetto sono più delle carezze, dove non sai mai chi è davvero l'amico con cui trascorri buona parte delle tue giornate in un ambiente dove la ritualità sovente soffoca qualunque slancio e passione, facendoti sprecare tempo e opportunità in sedute interminabili dove si sa in anticipo che non si concluderà nulla. Questo giorno dopo giorno.

Il salto ti mette veramente alla prova. Se non sei più che strutturato, perdi ben presto l'orientamento: cominci a crederti insostituibile, a vivere come guadagni e a considerare ciò che ti viene provvisoriamente dato come un dovere che la società ha nei confronti dei figaccioni come te. Invece di chiederti che senso ha il tuo ruolo e quello dei tuoi colleghi, cominci a convincerti che sarebbero tutti più impoveriti se tu non ci fossi...
Ne ho vista di gente rovinarsi così, ubriaca di soldi e di comfort, asservita al capo per non perdere questo improvviso benessere, pronta a cambiare casacca a riferimento al primo alito di vento, soprattutto però totalmente disorientata nel suo sistema di valori: drogata dal ruolo, dai soldi, dall'ambiente e dal contesto. Guardarli mi è servito a non cadere nel tranello, ma mi ha aiutato a capire come si crea e funziona il meccanismo della casta: se ne fai parte le regole che devi osservare sono altre da quelle che la politica enuncia di solito, se non hai un lavoro a cui tornare, magari soddisfacente, devi sottometterti sempre più, intossicarti e lavorare con intensità per continuare a farne parte, proprio come un criceto che compulsivamente fa girare la ruota per poter continuare girare con essa. Me ne sono accorto quando ho cominciato a occuparmi di questioni scottanti, sfiorando le cooperative rosse per difendere i cittadini che ne patiscono i soprusi, quando col giornale ho dato fastidio alla nomenklatura democrat della zona ovest di Torino, denunciando le loro malefatte e gli affari torbidi, di varianti urbanistiche mozzafiato, di rifiuti: scendendo dalla ruota, mi hanno ricordato che il paese dei balocchi comportava che io mi facessi gli affari miei...
Come è andata si sa e oggi sono davvero felice di essere stato aiutato dalla buona sorte.
Per tutto questo diffido dei politici di professione, di quelli che non hanno un lavoro e una vita personale generosa e opulenta, di quelli che non hanno mai fatto altro che mettersi sotto la protezione di qualcuno più potente di loro nella speranza, prima o poi, di fargli le scarpe o di diventarne successori per intervenuto decesso del titolare: se ci decidessero di smettere (o ne fossero costretti da una trombatura, vedasi il sottoscritto) cosa potrebbero mai fare? Soprattutto, come potrebbero assorbire il colpo di tornare ad avere un reddito normale, un po' di sano anonimato e perfino qualcuno che ti manda al diavolo?

Perdere la misura genera voracità, soprattutto in tempi come questi. La politica è senza regole e nessuno controlla, dal di dentro, cose succede per poter segnalare le anomalie e permettere a chi deve di intervenire prima che scoppi il bubbone. Nessuno può più intervenire, o ci riesce, perché i partiti-taxi hanno generato un discreto flusso di passeggeri che scendono e salgono con disarmante facilità. Ho sempre sospettato che questo genere di persone fosse quello giusto per i segretari di partito di oggi: spregiudicati, cinici, fedeli come i cani al padrone, senza idee e ricattabili. Come meravigliarsi che, date le spese che sostengono per campagne elettorali sempre più faraoniche, cerchino di rosicchiare tutto quello che possono nel momento in cui ce la fanno a raggiungere il piatto?

Adesso siamo al capolinea, almeno spero. Senza una vera riflessione sulle cause di questo disastro, temo che ne prepareremo ben presto un altro, perfino più caro.

Mariano
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