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TAV-ANANDO

Un post di Franco Maletti, mi ha stimolato a riprendere la questione, provando (proprio come lui) a proporre un punto di vista “normale”, come un un forestiero che cercasse di capirne le ragioni e i modi per uscirne. Il post di Franco è "No-tavando sulla spiaggia di Rimini con un  tedesco". Leggetelo, è davvero interessante!
La mistificazione del treno
Io sono favorevole al treno, molto. Mi piace anche che vada veloce, che arrivi in orario e che sia confortevole. Se poi costasse anche un po’ meno di quelli di oggi, lo prenderei ancora più volentieri e sarei ancora più favorevole a investimenti pubblici per costruire nuove linee e ammodernare quelle esistenti. Credo di esprimere con queste banalissime parole un’idea comune a NO TAV e SI TAV, anche di quelli fra loro che viaggiano in auto invece che in treno.
Poi credo che sia evidente a tutti che la Torino-Modane è una linea che ha bisogno di interventi decisi per essere efficiente e tornare a riprendere almeno il flusso di convogli che aveva nel passato recente e che oggi non ha più, non certo per colpa dei NO TAV, ma perché sono cambiati i flussi del traffico merci. Eseguire opere di ammodernamento e ristrutturazione richiede investimenti, sacrifici delle popolazioni interessate, tempi certi, poca malavita e tanta volontà di arrivare bene e in fretta alla fine dell’opera. Dunque, secondo lo schema classificatorio tanto in uso quassù, dovrei essere SI TAV?
Di comitati che osteggiano questa o quella opera pubblica, che fanno presente che i costi e i ricavi non sempre sono quelli dichiarati, che da noi le strade e le ferrovie costano cinque volte di più che nel resto d’Europa perché bisogna pagare corruzione e malavita, che il paesaggio deve essere tutelato perché è la ricchezza di oggi e di domani… ce ne sono dovunque. Alcuni sono ragionevolmente disponibili a mediare e a cercare la soluzione giusta e condivisa, altri sono più radicali e interpretano i giusti temi per i quali combattono come barriere invalicabili, totem inviolabili a cui i favorevoli all’opera oppongono totem esattamente contrari. Nello stesso modo e con le stesse parole. Alla fine, le opere importanti però si sono fatte… perfino quella variante di valico fra Firenze e Bologna che tanto contrappose il Ministro Di Pietro agli ambientalisti locali, che oggi scoprono di aver avuto ragione quando oramai il disastro è fatto. Perché, allora, la TAV non va avanti?
Perché è un’opera che doveva essere cofinanziata dal pubblico e dal privato e oggi di privati che pagano non ce n’è nemmeno uno: hanno capito prima di tutti che si trattava di un’opera troppo costosa, impossibile rientrare con gli investimenti.
Perché è forte l’impressione che chi se ne occupa non sappia di cosa parla: ancora di recente Monti spiegava i vantaggi nella diminuzione dei tempi di percorrenza lasciando intendere che si parlava di treni passeggeri, invece la TAV è per le merci. Almeno così dichiarano i referenti del progetto. Ma è per i passeggeri o per le merci, oppure per entrambi i servizi? Salireste su un’auto il cui conducente mostra di non sapere come si guida e dove vuole andare?
Le altre ragioni NO TAV (malavita, corruzione, perfino gli sconquassi ambientali pure terribili) potrebbero essere governate con intelligenza e ridotte nell’impatto, come accade in tutti i paesi quando si deve realizzare un’opera pubblica. Alla fine il treno migliora la qualità del servizio e val bene qualche sacrificio aggiuntivo.
La questione è chiara oramai a tutti e, se una fetta consistente degli opinion leaders (anche non di sinistra) comincia a dubitare delle ragioni dei SI TAV una ragione ci sarà pure. Ancora ieri sera Gad Lerner in televisione evocava le considerazione della parte più ragionevole dei TAV scettici (a cui mi onoro di appartenere) e il ragionamento non faceva una grinza, soprattutto perché sfuggiva alla classificazione sbrigativa che sta diventando francamente insopportabile.
Se la lotta contro la TAV in val di Susa è diventata quello che conosciamo – raccogliendo il meglio dell’estremismo italico, come se fosse la nuova frontiera del comunismo rivoluzionario e dell’anarchismo – le responsabilità stanno anche nella miseria e nella pochezza di chi ha strumentalizzato e strumentalizza buone ragioni e inutili paure, velleità muscolari e interessi inconfessabili.
La politica deve occuparsi di progetti, istruire le pratiche per la decisione, sottoporle ai cittadini, raccogliere le idee e le proposte, poi decidere, prendendosene le responsabilità e dettando tempi e modalità certi. Anche quelle che derivano dal trasformare una valle in un campo di battaglia, sperando così che nessuno metta gli occhi nei conti e nei progetti, occupato a schivare i bastoni e fumogeni di un pericoloso gioco di indiani e cow boys.

Mariano
 
Rimetto il link del posto di Franco Maletti
( NOTAVANDO” SULLA SPIAGGIA DI RIMINI CON UN TURISTA TEDESCO )


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