L’aria che si respira da qualche tempo in città somiglia davvero troppo a quella che si respirava trent’anni fa. Allora si capiva che gli eredi del PCI, soprattutto il PDS, erano giunti al capolinea di una fase. Un po’ per le vicende nazionali, molto perché quel partito era stato occupato da una cordata organizzata da un ex-sindaco, nominato dal partito in organi superiori, che aveva progressivamente “fatto fuori” tutti i non conformi e ridotto all’obbedienza coloro che ancora ambivano a ruoli politici in città. Si erano adeguati perfino i partiti satelliti, anche loro alle prese non più con dibattiti e confronti di carattere politico, ma con contese fra cordate più piccole aventi come unico oggetto la conquista di qualche posizione di potere o la conservazione di quelle già in essere.
Di fare piazza pulita se ne occupò, purtroppo, la
magistratura. La politica cittadina non ce l’aveva fatta, nonostante gruppi
cospicui di cittadini – anche del PDS - ci avessero provato a costruire
un’offerta politica di sinistra, lontana mille miglia dalla politica del pissi
pissi e degli accordi interpersonali che tenevano in piedi le mafiette che
si erano ahimè sostituite alle dinamiche della politica militante. Grugliasco
finì su tutti i giornali per gli arresti di suoi amministratori, carriere
politiche e vite personali di uomini e donne rispettabili finirono nella
polvere, vittime e autori di una degenerazione che aveva capovolto i valori
fondanti di qualunque impegno sociale e politico.
Così proprio quella “riserva” che aveva provato a sconfiggere
le cattive pratiche con la proposta politica, e aveva perso, diventò il fulcro
intorno al quale ricostruire una città in ginocchio. Nella riserva, seppure con
posizioni secondarie, si trovavano anche i due sindaci che hanno governato
Grugliasco al termine dei mandati del sottoscritto, cioè dal 2002 al 2022.
Spiace anche per questo che siano diventati l’emblema di un potere che si
costituisce non già per cambiare le cose, per migliorare l’offerta di servizi,
per costruire occasioni, per dare voce e fiato a ciò che innova e rilancia la
città, ma per preservare se stesso e basta. Un potere funzionale, ben che vada,
alle carriere personali, che si fonda sull’arroganza, sulla prevaricazione, sul
soffocamento di tutto ciò che si muove senza controllo e che può generare
ricambio e novità. Un potere gestito con tracotanza anche nel sottomettere la
vivacità della buona politica alle forche caudine della sottomissione e del
conformismo. Un potere che nomina a mezzo stampa il delfino a succedergli,
indipendentemente da chi è e che cosa sa fare.
E così, a chi ha prima segnalato e poi denunciato il rischio
di appalti milionari con un solo concorrente, fatti e rifatti poi assegnati
senza battere ciglio, si è risposto classificando l’allarme come figlio di personalismi,
e risolvendo la necessità di legalità sostanziale con il bollino giusto, quello
di Avviso Pubblico.
A chi ricordava che gli amministratori pubblici devono dare il
buon esempio nel rispetto delle regole e degli obblighi di qualunque cittadino
comune, perfino di più proprio in quanto personaggi pubblici, si è risposto con
la favoletta degli “attacchi personali”, forse confondendo vizi privati con
pubbliche virtù e accreditando l’idea dell’onnipotenza di chi è eletto a
governare temporaneamente una città.
A chi segnalava la trasformazione di una società interamente
del Comune in “Mangiatoia”, utile strumento per incoraggiare clientele e
operazioni che diversamente non sarebbero state possibili si è risposto con
un’alzata di spalle e qualche minaccia a chi osava chiedere spiegazioni. Lo
stesso per tante vicende poco edificanti che hanno condito questi vent’anni di
amministrazione sempre più immobile. “Amici” da piazzare e aiutare (non si sa
mai), “nemici” intorno ai quali cercare di fare il vuoto in ogni modo. Alla
maniera dei mafiosi.
Ogni passaggio ha costituito uno strappo al già fragile
tessuto democratico della città, accreditando l’idea che comportamenti,
decisioni e stili pubblici siano l’espressione di una normalità che invece è
tale solo in una città anestetizzata.
La Grugliasco di oggi è difficile da riconoscere, a cominciare
dal suo tessuto associativo, per arrivare all’attenzione verso i servizi e le
persone. La pandemia ha parzialmente “coperto” questo tornare a essere un ”oscuro
paesone di periferia” (Bossi 1993) - dove hai sempre l’impressione che le
decisioni vengano prese altrove e da qualcun altro -, ma ne ha solo rallentato
l’esplosione.
Ecco, nella nostra carenza di anticorpi (coraggio,
disinteresse, lungimiranza, umiltà) siamo diventati un posto come tanti altri
in un paese dove proprio la mancanza di quegli anticorpi produce un declino
inarrestabile perfino quando ci sono i soldi per fare le cose, perché nessuno
sa qual è la direzione e, anche quando c’è, hai l’impressione che venga
definita altrove e da qualcun altro di diverso dagli eletti.
I due ultimi sindaci - che come ricordavo provenivano il primo
dalle seconde fila di un’esperienza che aveva tutt’altro segno - ricordano troppo da vicino trasmigrazioni
recenti e conversioni sulla via di Grugliasco (e anche di Roma)
finalizzate a garantirsi un lavoro, prebende e una carriera sempre più
incentrata sulla cordata con i cui partecipanti cercano di costruire le
condizioni per ruotare negli incarichi, ciascuno garantito dall’asservimento degli
altri.
Così il paese non va avanti, così non va avanti neanche la
nostra città, la cui storia contiene vicende che dovrebbero aver insegnato –
anche alle forze politiche – che la corsa al ribasso a un certo punto finisce.
Se non la fai finire tu, sarà qualcos’altro che provvederà. Città perfino più
rosse della nostra sono finite in mano alla destra, i cittadini l’hanno
individuata come unica residua possibilità di liberazione. E non sono i
richiami all’antifascismo a rendere accettabili comportamenti e politiche
insostenibili.
Le elezioni di primavera possono essere l’occasione per
costruire un’inversione di rotta. Esigiamo competenza, trasparenza, democrazia,
rispetto, così ri/facciamo grande la città. Ancora più che in passato, il
futuro di Grugliasco dipende anche dalla nostra capacità di fare le scelte
giuste.
Grugliasco, 18
febbraio 2022
Mariano Turigliatto
scarica qui la lettera firmata
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