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SULL'AVENTINO CI SONO LE FARFALLE, IL POTERE È PIÙ SOTTO

Narrano gli storici dell'antichità che l'Aventino fu la zona di Roma che patì il saccheggio più feroce quando i Goti di Alarico nel 410 d.c. calarono sulla città...
 Questo perché lì sorgevano la case dei nobili, edifici ricchi di arredi e decori preziosi, pieni di soldi e tesori. Nei novecento anni precedenti il colle aveva fatto tempo a trasformarsi da luogo di rifugio della plebe nei momenti bui a zona-bene della Roma dei senatori e degli arricchiti dell'Impero. Forse per quello Renzi e ciò che resta del PD hanno deciso di ritirarsi lassù dopo l'ennesima rovinosa sconfitta elettorale.
E' davvero difficile spiegare a uno straniero come sia possibile che un partito che ha più che dimezzato i suoi voti in quattro anni continui a prendere ordini dal leader che l'ha condotto all'irrilevanza. Il problema, infatti, non è più se Renzi sia bello o brutto, bravo o cattivo, lungimirante o no...
E' che la sua strategia, il suo operato, la sua conduzione, le stesse scommesse politiche che ne decretarono inizialmente il successo, sono tutte miseramente fallite per decreto del popolo sovrano. In qualsiasi altro paese e dopo un simile fallimento, un leader con a cuore il bene del paese (e poi del suo partito) si sarebbe già fatto da parte per davvero. Magari con l'ambizione, preso atto del fallimento, di aiutare la rigenerazione di un ceto politico capace di sostituire al meglio quello che ha prodotto il disastro, con idee nuove, stili e progetti capaci di dare il segnale del cambiamento di rotta.
Invece pare che Renzi continui, senza dirlo, a governare il partito o almeno ciò che ne resta, sostanzialmente nell'imbarazzo dei supporters (ex?), dei suoi beneficati e di quelli che fanno finta di alzare la testa, forse solo per cercare di capire come riposizionarsi per non essere travolti dalla prossima ondata. Il problema non è lui - si può cominciare a provare a dirlo -, è che dietro c'è il deserto. Hanno lavorato per almeno dieci anni a selezionare al ribasso un ceto politico che, dopo tutto questo tempo, si è davvero affinato fino alla desolazione di oggi. E' il lascito dei Veltroni, Rutelli, D'Alema, Bersani e compagnia cantante. Renzi è il prodotto estremo di questa logica: loro a gestire il potere, determinando di volta in volta le condizioni con cambiamenti drastici nelle regole (a cominciare da quelle elettorali) così da garantirsi fedeltà dei nuovi aspiranti e perpetuazione per loro. Quando il processo è maturato, ecco che il partito è davvero diventato scalabile. Da una generazione più giovane d'età, più fresca, più cool e cinica come i padri, senza nemmeno più quel senso dello stato che aveva contenuto i danni di lotte e piazzamenti non sempre adeguatamente supportati da progetti di trasformazione sociale.
La realtà diventava una variabile dipendente, nel senso che se la descrivevano come volevano loro. Nessuna delle sconfitte elettorali di questi anni è riuscita a riportarli sulla terra, semplicemente perché non sono mai davvero stati obbligati a confrontarsi con il mondo vero, con il popolo, con i bisogni, con le richieste e con le necessità di elaborare teorie e strategie per rendere meno iniqua e dura la vita delle persone comuni. Non hanno mai imparato a vivere davvero nel mondo - al massimo sono riusciti a sopravvivere nelle segreterie o negli uffici stampa dei loro padrini politici, quelli di cui si sono prontamente sbarazzati appena hanno intravisto uno spiraglio - e non hanno oggi gli strumenti per fare una seria autocritica, per una delizioso bagno di umiltà, per farsi da parte per tornare a imparare qualcosa da chi ne sa un po' di più.
Li vedi in tv che ripetono come macchinette sempre le stesse frasi, modulate sul renzipensiero, ancora con quello stile, quel velato rimprovero alla gente perché "non capisce", non "ha apprezzato", è "populista" eccetera. Nessuno che si chieda che effetto producono questi atteggiamenti, soprattutto perché proprio gli 80 euro renziani sono stati, insieme all'abolizione dell'IMU sulla prima casa, una delle principali misure populiste. E la gente lo sa, così come registra che continuano a non capire, che sono pronti per la prossima batosta, ciascuno sperando ancora in qualche briciola per sé. .
Invece a un PD al 20% la composizione del parlamento offrirebbe oggi un'occasione storica. Non già entrare in una qualche maggioranza, semplicemente negoziare di volta in volta il voto su singoli provvedimenti, magari facendo precedere questa posizione da un negoziato in streaming perché gli elettori capiscano il ruolo e la funzione della politica secondo il PD, perché ne possano cogliere la rilevanza e l'impatto nella formazione del paese di domani. Perché, se si trattasse solo di gestione del potere, gli elettori cosa vogliono l'hanno già detto. E il PD non c'è.
Solo che questo presupporrebbe un partito abbastanza coeso, consapevole del suo ruolo, capace di metabolizzare una stagione disastrosa e dotato di una linea politica. Un partito che sappia andare oltre le sue difficoltà, ben convinto che il modello e le idee dei partiti socialdemocratici non rispondono più al bisogno di giustizia sociale e di sicurezza: sono in crisi dappertutto, si stanno ponendo il problema di darsi nuovi riferimenti sociali e  nuove parole d'ordine.
Il PD di oggi non è niente di tutto questo: è ancora infatuato delle Serracchiani, delle Boschi, dei quarantenni e di tutta la corte dei nani & ballerine del prerenzismo e dell'ultima stagione. Al massimo rimpiange i tempi della Ditta, giusto quelli che hanno spalancato la strada al renzismo. Il tempo scarseggia, altre tornate elettorali incombono e l'eventuale fallimento dei 5 stelle non riporterebbe a casa i voti di chi, pur di togliersi dalle balle questa politica grigia e fallimentare, stavolta li ha votati e, nello stesso modo, potrebbe domani fare scelte ancora più dure.
Parole di uno che il PD ha provato a contribuire a fondarlo (leggi), andandosene ancora prima che si insediassero i primi organismi. Dalla composizione delle liste e dalle dinamiche iniziali si capiva già cosa sarebbe diventato, stupisce che sia durato così tanto.
Mariano
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