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CONDONO?

Mentre fioccano le smentite, si fa strada l’idea di un nuovo condono. Ma cosa resta da condonare?
A ognuno il suo condono…

debitoDato che una politica di tagli continui, non accompagnata da politiche di sviluppo, deprime il paese…”, queste sono le parole che riecheggiano oramai da mesi nelle aule parlamentari, sui giornali, nei convegni di sindacati e Confindustria e in parecchi altri luoghi ancora.
Si sottintende che Tremonti, superministro del governo berlusconi, è solo capace a tagliare e non a ideare politiche di sviluppo a costo zero, si lascia capire che bisognerebbe farlo fuori (questo da destra come da sinistra) e che una gestione più collegiale avrebbe permesso alle menti capaci che siedono nel Consiglio dei Ministri di immaginare misure mirabolanti per rilanciare l’economia italiana.
Il “giulio parlante”, dall'appartamento in nero, ha trangugiato amaro alla notizia della formazione di una specie di collegio di tutori destinati ad affiancarlo e a fargli allargare i cordoni delle borse. Adesso sghignazza nel vedere i guasti che già stanno provocando con i loro goffi tentativi di trovare i soldi per foraggiare le clientele, spacciando il tutto per rilancio dell’economia.
E così… non sapendo che altro fare, rispunta l’idea del condono.
Quale condono? Che cosa c’è ancora da condonare? Di questo non si parla, perché tutti si affannano a smentire: “Mai e poi mai altri condoni”, un leghista paranoico afferma addirittura che “I condoni sono da Terzo Mondo” forse dimenticandosi di quelli che ha contribuito a varare. Insomma, di tutto e di più, come al solito.
C’è però un problema: ogni volta che si annunciano condoni, il gettito si riduce. L’Italiano evasore smette di pagare le tasse perché sa che risparmierà evadendole prima e condonandole poi.

Risultato: il nuovo condono ancora non c’è, ma già produce i suoi effetti su questo paese sì martoriato, ma ancora molto gaudente.

Mariano
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