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CAOS CALMO

La manovra economica assomiglia sempre di più a una sceneggiata: si colpisce oggi, domani si cambia idea, dopodomani si attacca da un’altra parte. Il paese sprofonda lentamente fra le giravolte di un capo senza più troppa e un premier senza Ruby.
20 anni di follia… e non è finita

bear-sterns-debacle Una bella fetta di questo paese ha vissuto gli ultimi vent’anni convinta che il benessere era dovuto, che i debiti sarebbe stato meglio farli pagare ai nostri figli o, semmai, anche ai nipoti. Che si poteva andare in pensione con pochi contributi, tanto ci avrebbe pensato qualcun altro; che meritavamo perfino di più di quello che avevamo. Che bastava costruire, fare mutui, occupare terreno, indebitarsi, telefonare tanto, rivendicare diritti e mai riconoscere doveri.
Che, con un po’ di furbizia, le regole possono valere solo per gli altri. Anzi, che proprio dimostrare quanto siamo bravi a eluderle sia il segno del nostro prestigio sociale e del nostro attaccamento ai valori della famiglia, della patria, della religione.
Il sogno berlusconiano era questo e incarnava perfettamente l’indole furbacchiona di chi sa che il conto arriverà, ma pensa che toccherà agli altri e in un altro tempo pagarlo.

Non vale solo per i tradizionali elettori di quella destra, il virus ha contagiato tutta la società: statali fannulloni ce ne sono per davvero e hanno fatto tutto quello che hanno voluto con la complicità dei sindacati e di quelli che lavoravano, ma stavano zitti. Nelle fabbriche non tutto andava bene, nemmeno nelle relazioni sindacali e nei comportamenti degli addetti. A tempo debito, comportamenti e malcostume circoscritti hanno finito per diventare la scusa per giri di vite e tagli ai diritti che ci fanno preoccupare. Molti politici di sinistra – in questi giorni ne abbiamo luminosi esempi raccontati dai giornali – hanno finito per acquisire tecniche, usi e costumi, soprattutto mentalità, dal berlusconismo imperante, fino ad eliminare qualunque differenza fra gli schieramenti se non fosse quella fastidiosa supponenza di chi non si contenta di farsi i cazzi suoi, lo ammanta anche di idee roboanti.
E poi gli industriali, l’economia, le banche, gli ordini professionali, la Chiesa. Un disastro.
Un disastro che si manifesta tutto insieme, proprio come accade ai disastri. Quando arriva una calamità naturale… è allora che si scopre che il ponte non regge, che la casa non è costruita per stare su, che le strade diventano impraticabili, che le cose “sicure” tali non erano. Mi sembra che sia quello che sta accadendo da noi.
Con l’aggravante di una classe politica – gli uni e  gli altri – del tutto inadeguata a governare questo caos e le continue emergenze, presa com’è a regolare i conti interni e a cercare di garantirsi un futuro ancora ricco di prebende e potere.

Mariano 
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