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IMMIGRAZIONE: DALLA CALABRIA CON AMORE

Va a sapere per quali strani percorsi e in base a quali arcane ragioni, il mondo dell'informazione sta cominciando ad occuparsi di un'esperienza - quella del Comune di Riace - che potrebbe insegnarci parecchio sulla solidarietà, sulle politiche dell'immigrazione, sulla integrazione e su molto altro ancora.

Riace è un comune della costa jonica della Calabria, a poco più di 100 km da Reggio. Uno dei tanti, composti quaasi tutti di una "marina", fatta di case costruite recentemente alla selvaggia e senza criterio, e un paese "storico" arroccato sulle colline/montagne immediatamente a ridosso della costa. Un tempo le case le costruivano lì per evitare di essere continuamente preda di quelli che arrivavano dal mare. E ne arrivavano, tanti, continuamente; le trace sono nei volti, negli occhi, nei capelli dei residenti di oggi. E' diventata famosa, Riace, perchè nel mare di fronte sono state ritrovate le due statue di bronzo che continuano a fare il giro del mondo per musei ed esposizioni.Il vecchio borgo di Riace fino a pochi anni fa era quasi del tutto spopolato, le case in abbandono, alcune già crollate, le scuole chiuse, l'economia azzerata, come nella gran parte dei comuni vicini.

Il destino, segnato, di questo paese è cambiato perché un'amministrazione comunale ha saputo capire quello che tanti leaders politici nazionali non comprendono neanche oggi: l'immigrazione può essere una risorsa, l'accoglienza e la solidarietà possono coniugarsi con i progetti di recupero e sviluppo di un territorio in crisi.
Hanno cominciato i curdi, poi gli algerini, poi ancora gli afgani. Il paese comincia ad ospitare i profughi e gli immigrati che non possono più stare nei centri di prima accoglienza, con finanziamenti irrisori da parte dello Stato che così finisce per risparmiare il 400% della spesa per il soggiorno (80 euro al giorno costa stare in un Centro, 20 euro lo Stato trasferisce al comune di Riace per ogni profugo ospitato). Il vecchio borgo si ripopola, si riaprono le scuole, si costruiscono laboratori e ripartono attività economiche che rimettono il paese in carreggiata. Insomma, i profughi e gli immigrati fanno quello che diversamente non sarebbe più stato possibile fare. Ridanno una speranza al paese e ai tanti vecchi (italiani) che ancora ci vivono.

Sarà tutto bello a Riace? Non credo proprio, anche lì avranno i loro bei problemi di convivenza, di multiculturalità, di intolleranza, di conflitti personali, ma è questo il sale della comunità.
Perché non pensare ad analoghe iniziative per ripopolare i nostri paesi abbandonati? Non avrebbero bisogno le valli piemontesi di presidi che ne manutengano il territorio e costruiscono un baluardo contro lo spopolamento? Perché non immaginare che le tante attività agricole di montagna, compresa la trasformazione artigianale, possano trovare una nuova linfa proprio in politiche migratorie controllate, efficaci e libere dalle demagogie dei caritatevoli a tutti i costi e degli xenofobi sotto mentite spoglie?

Ci vorrebbe una politica, poi il sostegno dei settori più intelligenti della società, infine qualche mezzo per avviare l'impresa. A Riace sembra che gli ingredienti ci siano tutti: e nel ricco Piemonte?

Mariano

per saperne di più:

http://blog.panorama.it/italia/2009/06/25/modello-riace-un-pezzo-di-calabria-rinasce-grazie-ai-rifugiati/
http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=15246
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