di Stefano Zanotto
Trent’anni fa, nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978, la mafia uccideva Peppino Impastato. Il 5 maggio una serata di musica e teatro al Regio di Torino ricorderà la figura di questo straordinario giornalista e attivista politico (vedi pop up), che ha pagato con la vita il coraggio delle sue denunce contro Cosa nostra. Alla serata organizzata da Libera Piemonte si esibiranno o interverranno, tra gli altri, Boosta dei Subsonica, Marco Berry, Giancarlo Caselli, Luigi Ciotti. Il ricavato sarà impiegato per la gestione dei beni confiscati alle mafie in Piemonte.
Peppino Impastato nacque nel 1948 a Cinisi (Palermo). Ben presto prese le distanze dall’appartenenza della sua famiglia a Cosa nostra. Si impegnò nella militanza politica (aderì prima al Psiup, poi al gruppo Nuova sinistra, infine a Democrazia proletaria) e nell’organizzazione di attività culturali, in cui denunciava gli interessi della mafia nel territorio di Cinisi, feudo del boss Gaetano Badalamenti, riconosciuto solo nel 2002 come mandante del suo omicidio. Un omicidio che forze dell’ordine, magistratura e mass media bollarono dapprima come incidente occorso durante la preparazione di un attentato terroristico (Impastato fu ucciso con una carica di tritolo sui binari della ferrovia), in seguito come suicidio. Col tempo è stata resa giustizia alla memoria di Impastato: gli è stato intitolato il Centro siciliano di documentazione sulla mafia, gli è stato dedicato un film di successo come I cento passi e soprattutto le sentenze della magistratura hanno infine ricostruito la verità dei fatti.
Peppino Impastato non è l’unico giornalista morto per mano della criminalità organizzata in Italia. Altri otto hanno pagato con la vita la loro attività di informazione. A pochi giorni dal V-day con cui Beppe Grillo ha denunciato misfatti e privilegi della "casta" e del sistema massmediatico italiano, ci sembra giusto ricordare quei giornalisti che il loro dovere lo hanno fatto fino in fondo. Il primo a cadere sotto i colpi dei sicari mafiosi è stato Cosimo Cristina nel 1960; hanno condiviso la stessa sorte Mauro De Mauro, fratello del linguista ed ex ministro Tullio, Mario Francese, assassinato per ordine dei corleonesi, Giovanni Spampinato, ucciso a soli 25 anni, Pippo Fava, fondatore della testata I Siciliani. Il napoletano Giancarlo Siani è invece morto per mano della Camorra; nel caso di Mauro Rostagno ci sono stati, come per Impastato, tentativi di depistaggio delle indagini. L’ultimo a cadere è stato il messinese Beppe Alfano nel 1993.
Minacce e intimidazioni le ricevono anche oggi giornalisti e scrittori come il napoletano Roberto Saviano, autore del best seller Gomorra, e il palermitano Lirio Abbate. Le mafie, oggi come ieri, non tollerano che si parli dei loro affari e dei loro interessi. Sanno che denuncia e informazione possono produrre cambiamenti culturali e possono intaccare il consenso o quantomeno la tolleranza di cui ancora godono nel nostro Paese.