di Mariano Turigliatto
E’ l’esclamazione con cui un tempo i vecchi commentavano i passaggi più tragici - qualche volta tragicomici – della storia del nostro paese. In qualche caso questo commento si adattava ai giovani, quando manifestavano qualche stravaganza di troppo: capelli lunghi, disinvoltura nei costumi, promiscuità eccessiva, rivendicazioni ribellistiche verso i genitori, eccetera. I vecchi e gli adulti temevano per il futuro e manifestavano una specie di dispiacere per come andavano evolvendo le cose.
Che dire oggi, finalmente conclusa l’interminabile agonia dell’affollatissimo governo Prodi? Siamo un paese che sprofonda sempre di più, una specie di eterno caos mastellizzato a dovere e dove anche la sinistra estrema è ormai berlusconizzata. Un paese che da tempo si mangia le opportunità dei giovani per soddisfare gli egoismi degli adulti, dove nessuno rispetta più nessuno.
Un posto dove tutti sono convinti di meritare molto di più di ciò che hanno, ma senza fare niente per guadagnarselo. Un posto dove la colpa e la responsabilità è sempre degli altri. Un paese dove sfottere il prossimo è lo sport prevalente, a cui assistono milioni di spettatori, convinti che la prole sarà o velina o calciatore; dove chi lavora è da sfottere e guardare con compassione perché non sa stare al mondo. Dove tutto si fa per raccomandazione, perché abbiamo tutti i diritti e nessun dovere. Dove i debiti li pagherà qualcun altro e i peccati varranno perdonati da una Chiesa collusa e compiacente, sempre più schierata nella conta politica e sempre meno attenta alle angosce del vivere d’oggi.
Mi dispiace per la caduta del governo perché sono convinto che all’orizzonte non ci sarà niente di meglio. Sono dispiaciuto perché stava succedendo qualcosa di bello sul fronte dell’evasione fiscale, perché non ci sono stati condoni, perché qualche timido accenno di attenzione a chi lavora cominciava a farsi strada. Sono dispiaciuto nonostante le tante delusioni che il governo mi/ci ha rifilato: legge sul conflitto di interessi, televisioni in primis. Temo che gli Italiani dispiaciuti – che sono già un bel numero – cresceranno di numero non appena la gente si sveglierà dal torpore e scoprirà che la realtà non è come la dipingevano le torme di giornalisti/giornalai e le corti di parassiti – di uno schieramento e dell’altro – di cui questo paese prima o poi dovrà liberarsi. Dobbiamo provarci, se no a che serve l’impegno politico?
E voi, cosa ne pensate?