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TERRE CIVICHE, UNA SOLUZIONE PER L’AMBIENTE MONTANO.

di Stefano Zanotto

L'Italia importa legna in gran quantità e nello stesso tempo è la maggiore esportatrice europea di prodotti d'arredamento. Sono partiti da questa constatazione i promotori del progetto per valorizzare in funzione produttiva tre milioni di ettari di bosco di proprietà collettiva, sparsi in vari Comuni d'Italia perlopiù in montagna. Allarme rosso, quindi, per i polmoni verdi del Belpaese, già martoriati dagli incendi estivi e ora in procinto di essere sacrificati per alimentare l'industria del legno? Niente di tutto ciò, anzi l’iniziativa promossa dalla Consulta nazionale della proprietà collettiva va in senso opposto.

Proprietà collettive e terre civiche si diffusero a partire dall'alto medioevo in tutta Europa; i membri della comunità di villaggio utilizzavano i fondi, inalienabili e indivisibili, sottoposti a questo status giuridico, per la raccolta della legna, per il pascolo e così via. Queste istituzioni sono sopravvissute in diversi casi sino ai giorni nostri, soprattutto nelle località montane. Se per molti le proprietà collettive sono viste alla stregua di un ferrovecchio, che non crea altro che ulteriore disordine in un quadro normativo già ingarbugliato, per altri si tratta di istituti da valorizzare come strumenti di tutela ambientale. Così, presso l'Università di Trento opera dal 1995 il Centro studi e documentazione sui demani civici e le proprietà collettive. In seno ad esso è nata un anno fa la Consulta nazionale della proprietà collettiva, formata da amministratori di queste proprietà e promotrice del progetto citato prima che è ora all'attenzione del ministro degli Affari regionali Lanzillotta.

Per i sostenitori della loro utilità, terre civiche e proprietà collettive si prestano a un modello di sviluppo sostenibile del territorio rurale. Una loro saggia gestione, che non può essere altrimenti che partecipata dal basso, può offrire opportunità economiche come quelle ipotizzate dal progetto della Consulta, oppure, ad esempio, nell'ambito di un turismo compatibile con il rispetto dell'ambiente. Il tutto senza perdere di vista gli obiettivi della tutela del paesaggio e della biodiversità, della salvaguardia delle risorse naturali e del diritto di tutti al loro godimento. Diritto che vale anche per le generazioni che verranno, perché, come afferma un proverbio dei nativi americani, "la terra non la ereditiamo dai nostri padri, ma l'abbiamo in prestito dai nostri figli".

 
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