di Dotturbo
Non sono più i tempi della Valanga Azzurra. Molte cose sono cambiate ed altre restano come allora, ma, comunque, la soddisfazione di un Oro (il quattordicesimo) mondiale nello Sci alpino, l’Italietta se l’è presa. Non è poco, un Campionato del Mondo portato a casa in una prova veloce come il SuperG. L’ ultimo a vincerne una prima di Patrick Staudacher era stato Zeno Colò, oltre mezzo secolo fa.
Ancor più bello, oltre all’aver regolato i mostri sacri austriaci e svizzeri della specialità , è stato il fatto che il vincitore sia un giovane "lavoratore" delle nevi. Nel senso che, da noi, i giovani come l’altoatesino riescono a sopravvivere economicamente per la loro carriera agonistica solo grazie a un impiego" effettivo" presso i corpi militari statali. A differenza di altri paesi, dove la cultura e il business dello sci alpino hanno da sempre giustificato la formazione di strutture parallele di sostegno all’attività dei migliori atleti (e i costanti risultati, ovviamente, ne sono la normale conseguenza), non c’è in Italia quasi mai, salvo essere atleti con una "fortuna" di famiglia alle spalle (com’era accaduto per Alberto Tomba), altra via che arruolarsi, fare la propria carriera agonistica cercando nel contempo di diventare maestri di sci e, quindi, dedicarsi all’insegnamento di questo sport fino alla pensione.
Non è una vita in cui si navighi nell’oro, anzi. Gli stipendi di un carabiniere come Staudacher sono quelli che sono e gli sponsor tecnici è già tanto che forniscano un materiale all’altezza. Molti atleti in fase di crescita sono spesso costretti a pagare di tasca loro certi materiali speciali. Esclusivamente i "top seven" di ogni specialità ricavano introiti rilevanti da sponsorizzazioni e federazioni (oggi, solo qualche atleta eccezionale come Miller e Raich incassa più di un milione di euro), sicché la situazione economica per la vecchiaia può risultare spesso problematica: si pensi a Zeno Colò, costretto a mendicare la "legge Bacchelli" per sopravvivere in età avanzata. Oltretutto, le prospettive di lavoro per i maestri di sci sono pessime, a causa dell’innevamento sempre più precario, degli alti costi delle lezioni e degli impianti di risalita che hanno sempre più allontanato la massa degli utenti. Le lezioni private quasi non si fanno più e solo i maestri più giovani, che si sono specializzati come allenatori federali oppure, ma sono pochissimi, come istruttori nazionali, possono contare sul (tuttavia modesto) bacino dei giovani agonisti e degli aspiranti maestri.
E’ una situazione che, nel suo complesso, appare avvitarsi senza possibilità di soluzione, quella degli sport invernali alpini (quelli nordici non hanno mai avuto grande seguito) in Italia. L’unico tentativo da esperire, e questo proprio grazie all’eco di successi inaspettati come quello di Staudacher, potrebbe essere quello di ristrutturare l’intero sistema agonistico, sottraendo la parte gestionale ad una federazione ormai da tempo inefficiente per conferirla a un management professionale. Esperienze come quella americana e canadese, che non sono certo "templi dello sci", hanno dimostrato come una siffatta impostazione possa creare grandi campioni e traini importanti per l’intero settore.