di Eva Milano
Quando apri il giornale e ti viene il magone, è bello andare sul sito di Peace Reporter e cliccare sulla pagina delle buone notizie. Ultimamente ho letto di due segnali positivi dall’Islam che riguardano la situazione delle donne.
Lo scorso luglio il re Abdullah in persona ha dato l’ordine di formare delle commissioni di studiosi di diritto familiare per monitorare e punire le violenze domestiche. È successo in seguito al coraggioso appello di Rania al-Baz, una bella giornalista televisiva di Channel One, che si è presentata sugli schermi con i segni delle ferite inflitte dal marito per denunciare la gravità di una situazione troppo diffusa e troppo a lungo tollerata. Rania ha scosso l’opinione pubblica su un tema che negli ultimi mesi sta uscendo dallo stato di tabù. Già allo scorso marzo, infatti, risalgono i primi segnali di una presa di posizione pubblica, in occasione di un workshop sul tema della violenza sociale e domestica. Un primo passo che lascia ben sperare.
La seconda buona notizia viene dal Marocco, dove è stato di recente sfornato il primo gruppo di donne imam. Cinquanta studentesse dell’accademia statale di Rabat ora guidano le preghiere dei fedeli. Pur se con qualche limitazione rispetto agli uomini e talvolta sotto pressioni minacciose, ce l’hanno fatta. E la prima volta che questo succede nel mondo islamico moderno. Se vi interessa, sta per arrivare un documentario della regista Gini Reticker prodotto dalla Pbs, dal titolo Class of 2006.
Una sferzata di ottimismo anche per dire che forse gli islamici non sono così testardi come sembrano, almeno non tutti. Con chi sa cambiare c’è possibilità di dialogo.
Eva Milano