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GIOVANI VECCHI

Il modello di giovane impegnato dei “partiti che contano” è a volte lo stesso dei vecchi che si candidano a sostituire. E gli uni non imparano niente dagli altri: sanno già tutto!
Questione di anagrafe?
Il 2013 passerà alla storia come l’anno del ricambio generazionale: in Parlamento fuori tanti vecchi, alcuni anche “illustri”, e dentro gente giovane. Al governo un premier quarantenne e parecchi ministri nei paraggi, il neosegretario del PD di appena quarant’anni, pieno di energia e di voglia di fare. La frenesia del gggiovane ha trovato corpo e forma nella società più vecchia e incartapecorita del pianeta, conservatrice fino al midollo e di un egoismo agghiacciante… e questa frenesia ha cancellato e soffocato ogni spinta vera al cambiamento, trasformandolo in una ridicola questione puramente anagrafica.
Quanti di noi, afflitti da una malattia seria, hanno scelto il medico a cui affidarsi sulla base della sua gggiovanezza? Chi mai sceglierebbe il meccanico a cui far riparare l’auto prima di un lungo viaggio sulla base della sua carta di identità?
Eppure in Italia è così: prima vecchiacci inamovibili, ma pieni di esperienza e conoscenza, giustificazioni la loro inamovibilità; adesso giovani definiti “nuovi” sulla base dell’età, incontaminati non perché capaci di non farsi corrompere dalla gestione del potere, ma perché gggiovani d’anagrafe, dunque mai stati lì.
Se poi hanno tutti i difetti dei vecchi, non importa. Anzi quel modo di fare rassicurante, semplice nelle parole e negli slogan, quel portamento - gagliardo o curiale - che molti vecchi vorrebbero tanto vedere nei loro figli, quella baldanza di chi ha la vita davanti, ben si sposano con l’idea di cambiare un po’ la forma con la segreta speranza che la sostanza resti uguale. La sostanza è sempre la stessa, un paese ingiusto egoista e pigro, questa volta sostanziata in corpi più gradevoli, tonici, elastici, espressa da volta e linguaggi più vicini agli standard della pubblicità e della televisione.
Quando si cominciò a parlare di rottamazione, di generazione bloccata, di casta da abbattere pensavo che l’idea fosse quella di mandare a casa gente che aveva già dato abbondante prova di sé e che era ora che lasciasse il passo a qualcun altro - magari maturato nel suo lavoro, nella professione, negli studi, nella famiglia – affinché portasse esperienze e capacità, dedicando un pezzettino di esistenza al servizio della collettività per poi tornarsene al suo lavoro e alle sue cose una volta finito l’impegno. Invece no, vedo ovunque giovanotti (signorine pochissime, fra l’altro) che hanno fatto dell’attività politica (retribuita) il loro lavoro e la loro dimensione di vita, da un ufficio stampa di qualche politico alle cariche ottenute con liste bloccate o intervento dei padri. Giovanotti che parlano di merito senza neppure chiedersi se meritano il posto che occupano, convinti di esserci per loro competenza e spirito di servizio piuttosto che in quanto figli di illustri genitori che hanno speso il loro nome per farli eleggere.
Ho un sindaco - neanche quarantenne, dunque “nuovo” - che non ha mai lavorato (vivendo per 12 anni dello stipendio di assessore, da uno e mezzo di quello da sindaco) e che, anche oggi, di mestiere fa il portaborse in regione per il PD: non ricordo amministratore nella mia città che sia stato così a lungo in Comune, vivendo della carica. Vedo consiglieri di maggioranza giovani che stanno lì grazie al gran daffare che si sono dati i loro genitori e parenti vari. Il loro valore aggiunto non sempre  riesco a coglierlo, non perché non abbiano qualità, ma perché le seppelliscono sotto il trucco di chi deve recitare sempre la stessa giaculatoria per dimostrare al capo che sanno fare il mestiere. Brrr, hanno la vita davanti e la sprecano così: come potremo fidarci di loro se non mostrano l’umiltà del “miracolato” e l’intelligenza di chi utilizza la carica che ricopre per imparare?
Qualche anno fa un assessore giovane della mia giunta mi annunciò a sorpresa le sue dimissioni. Reclamai violentemente per questa sua decisione, sarebbe stata il candidato sindaco ideale  al turno successivo e a questo obbiettivo stavamo lavorando. Mi rispose più o meno così: “Sto per realizzare un sogno che avevo quasi abbandonato, avere dei figli. Per me questo viene prima. D’altra parte non l’abbiamo sempre detto che eravamo società civile prestata alla politica, capace di entrare e uscire dall’impegno politico per non smettere mai di essere famiglia, lavoro e mondo?”. Ebbe le sue bambine e continuò a lavorare. Ha cresciuto la sua famiglie e oggi ricopre un ruolo ben più spesso di quello di allora. Con lo stesso spirito. Giovane cinquantenne (oggi) prestata all’impegno politico-amministrativo pro-tempore.
Spero tanto che S. Silvestro si porti via questa Italia semplificata, dove tutto diventa vuoto e dove le parole si usano per giustificare tutto e il suo contrario. Spero che tanta gente giovane, d’età e di esperienza, porti il meglio di questo paese dove serve. Senza scimmiottare le peggio qualità dei vecchi: su questo terreno essi sono ineguagliabili: hanno avuto tanti anni per mettere  a punto il metodo giusto per cambiare qualcosina affinché non cambi un cazzo.
Mariano, 59 anni
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