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VERSO IL FONDO

Forconi, blocchi, proteste, minacce, ipocrisie, sdegno, domande, risposte e paure…
Cos’è un forcone?
Mi sarebbe piaciuto fare la domanda ad alcuni di quelli che mi hanno fermato l’altro ieri, durante uno dei blocchi istituiti in città e fuori. Così, solo per sapere se avevano idea dell’oggetto, a cosa servisse e che uso se ne faceva (occasionalmente) in passato. Ricordate la scena iniziale di Novecento di Bertolucci, quella dei fascistoni (Sutherland e la Betti) che vengono inseguiti coi forconi dai braccianti che lavorano nei campi passandosi la voce dell’avvenuta Liberazione?
Il forcone (come la falce) evoca in chi l’agricoltura l’ha ancora vista dal vero l’idea della sommossa, della ribellione delle classi subalterne. E’ lo strumento con cui i contadini si facevano giustizia da sé oltre che il simbolo della loro oppressione. Non credo che sia stato scelto a caso l’anno scorso in Sicilia, al debutto del così detto “movimento dei forconi” e non credo che sia nemmeno un caso se quest’anno è ritornato prepotentemente di moda, senza apprezzabili cambiamenti.
Pare essere guidato – il movimento - da uno che viaggia in Jaguar (D’Alema in barca a vela, ma non destava scandalo), radici di estrema destra (e che vi aspettavate con una sinistra sparita e ministerializzata perfino quando non ce ne sarebbe bisogno?) con simpatie nel mondo vicino a quest’area politica.
Che la protesta abbia caratteri fascistoidi nella forma non è neanche da dimostrare, il modello di molti dei capi è la Reggio Calabria del “boia chi molla”: blocco della circolazione, blocco dei trasporti, intimidazione verso chi non si allinea, tentativo di costruire disagio a partire dalla difficoltà di approvvigionamento alimentare… e così via. Saperlo fa bene, ma non serve a comprenderne le ragioni e a maturare posizioni e atteggiamenti che possano affrontare i problemi che i forconi pongono, la rabbia che vogliono sfogare e le soluzioni che si potrebbero mettere in campo.
Il giovanotto intabarrato che mi intimava di fermarmi e di restare nell’auto era fuori, per la strada, a protestare: io ero a fare le mie commissioni. Entrambi deploriamo il degrado a cui è giunto il nostro paese. Io cerco di combatterlo con l’attività politica e sociale e cercando di rappresentare un diverso modo di essere e di pensare; lui scendendo in strada a fare le uniche cose che sa fare e che gli danno il senso di essere utile, a se stesso e agli altri. Naturalmente non ne voleva sentire di fini analisi politiche o delle solite recriminazioni a cui sottopongo chi mi stuzzica: l’Italia è lo specchio degli Italiani e il suo degrado è, prima di tutto, il degrado di una nazione, l'ignoranza  e la mancanza di senso di responsabilità che dilagano eccetera. Voleva (e vuole) un colpevole che non fosse (sia) lui, voleva essere protagonista di un cambiamento. Uno qualunque, a costo di scegliere quello sbagliato.
Mentre bloccavano le auto - erano una ventina circa, alcuni davvero poco raccomandabili per i modi e le foga - poco lontano i Carabinieri guardavano il corso bloccato e i vigili urbani che cercavano di disciplinare il traffico… senza successo. Sarebbe bastata una parola del Carabinieri e il blocco sarebbe stato tolto, ma evidentemente avevano disposizioni differenti e stavano lì, immoti. Ho fugacemente pensato che lo stipendio dei Carabineri lo pagavo anche io, ma poi mi sono messo tranquillo a chiacchierare con alcuni dei forconisti per cercare di capire la specie, chi li organizzasse, come si muovessero.
Non ne ho avuto il tempo, perché è arrivato via sms l’ordine di rimuovere il blocco e i forconisti l’hanno fatto, forse per spostarsi altrove a replicare l’azione. Salutato il giovanotto bloccatore, mi è rimasta sul gozzo una domanda, a cui non riesco proprio a dare risposta: la sinistra - quella della giustizia sociale e dell’equità, non quella ministeriale e bancaria – dove stava? L’altro ieri, oggi, domani?
L’unica risposta l’ho trovata nel presidio anti-forconi torinese di ieri sera: a chiedersi quanto sono fascisti costoro, a condannare i mezzi che adoperano e a deplorare l’assenza di una piattaforma politica chiara. Con la stessa bocca a culo di gallina che la sinistra-bene ha avuto in questi anni ogni volta spiegava ai suoi elettori che il problema era sempre un altro.
Mariano
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