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L’ANTIFASCISMO D'OGGI

La fine del berlusconismo deve ancora avvenire. Troppi guasti, strappi e lacerazioni si sono prodotti in questi anni interminabili, fra questi l’idea di come si fa politica e di quali caratteristiche debba avere chi se ne occupa. In questi giorni luminosi esempi…
Il conformismo anticamera del fascismo

conformismo Il coro poderoso dei veneratori di Monti – come veste bene, che bella signora discreta che ha per moglie, che stile, che aplomb, che bravo a zittire i ministri, come parla bene le lingue, come sa ben rassicurare l’Europa, che stile nuovo che ha introdotto… – è talmente ossequioso che rischia di fargli più male che bene. Si colgono già i primi segni di insofferenza persino da parte di quelli che hanno salutato la sua nomina con grande favore.
Verrebbe da paragonare quello che i celebratori di Monti oggi hanno finora scritto e detto di Berlusconi fino a dieci giorni fa: sovente le stesse espressioni, le medesime considerazioni, allora appena un po’ smorzate a causa del comportamento eccessivo dell’ex-premier e della sua sfacciata commistioni fra interessi pubblici e affari privati. Insomma, grandi leccate di culo, riverenze probabilmente nemmeno richieste e tanta melassa celebrativa e agiografica, come se il contrasto fra i due non dovesse emergere dagli atti che compiono.
Intendiamoci, lo stile ha un suo peso e un po’ di sobrietà ci voleva, ma sembra che tutti ci siamo dimenticati che il chiasso, il glamour, il leopardato, il cafon-chic e l’urlato sono parte del nostro paese, del nostro popolo, della nostra borghesia e anche delle classi dirigenti. La caduta di Berlusconi ha certamente ridotto lo sfoggio e l’ostentazione, ma non i modelli culturali che hanno reso vincente questo modo di concepire la persona e il suo ruolo nella società. Lo ha solo mortificato un poco, rilegandolo in un angolo in attesa di riemergere non appena i tempi saranno più propizi.

E’ successo così anche dopo che il fascismo era caduto: i tanti che erano diventati fascisti perché volevano combattere gli intellettuali che li facevano sentire piccoli, i ricchi padroni che avevano fatto fortuna mentre loro no, i vicini di casa rossi che avevano una moglie che amavano e dei figli all’altezza mentre i loro non erano abbastanza per le loro pretese… Ebbene, tutti costoro, che del regime erano stati beneficiati, custodi fedeli ed esecutori attenti e zelanti, con grande rapidità si riconvertirono e molti di loro riuscirono a ricavarsi un ruolo pubblico nella nascente Italia democratica antifascista. Di storie di ex fascisti convertiti qualche secondo prima del 25 aprile ce ne sono in ogni paese dell’Italia settentrionale e ancora si ricordano proprio nei posti a più forte tradizione antifascista.

Quelli che pagarono (molto relativamente) furono i fascisti per convinzione, quelli che imboccarono la strada sbagliata col cuore e con le viscere, quelli che si fecero trascinare e che rimasero fino alla fine dell’idea. Gli altri no, tutti a sistemarsi, anche quelli – i peggiori – che durante il regime vedevano, potevano fare, ma se ne erano stati fermi e zitti per paura di pregiudicare le loro piccole e miserabili posizioni personali.

Il nostro paese non è poi così cambiato: di gente che poteva fare e non ha fatto sono piene la capitale e ogni piccolo villaggio, dove la politica è degradata dalla ossessiva ricerca del tornaconto personale, ridotta a mestiere senza morale e dignità. In questi anni in tanti sono saliti sul carro berlusconiano per convenienza (e ne hanno ricavato prebende e cariche sovente immeritate); fra quelli che non sono saliti si è sovente diffuso lo stesso virus che la Resistenza non è riuscita a debellare: il conformismo, anticamera e brodo di coltura di ogni fascismo.

Mariano
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