Famiglie e allievi in trepidazione, la scuola cala la mannaia
Fine della prima parte dell'anno scolastico, le scuole si animano nel tardo pomeriggio per la consegna delle pagelle: genitori con passo militare, studenti rassegnati dietro a loro col capo chino.
Madri battagliere pronte a scusare tutto dei loro frugoletti si alternano a genitrici arcigne che promettono botte e punizioni con lo sguardo mentre ascoltano le giaculatorie degli insegnanti.
I padri sono spesso succubi delle loro signore, le seguono un passo indietro (come Michelle con Obama, ma al contrario), come se fossero lì per sbaglio, al massimo per intervenire se perdessero il controllo; quelli separati poi strisciano lungo i muri e si squagliano davanti alle ex mogli che li guardano con compassione come ad attribuire loro, e solo a loro, i fallimenti dei figli, ammiccando alle insegnanti donne, a sollecitare una loro inevitabile complicità tutta femminile.
Lo studente guarda con occhio complice l'insegnante che parla coi i suoi genitori: supplica con lo sguardo, affinché vengano risparmiati ai suoi cari i racconti delle sue gesta fra le mura della scuola. Chiede, anzi implora, che il colloquio si fermi al commento dei voti e tralasci tutto il resto, cioè il 90% della sua attività scolastica. Finché la discussione si mantiene nell'ambito della misura della chiappa smutandata, sta tranquillo, perché sa che gli adulti si limiteranno a deplorare e a ricordare che ai loro tempi "i giovani andavano a scuola vestiti con decoro perché c'era più rispetto"; anzi, si prepara a tirare fuori la foto di classe del papi, quando aveva capelli lunghi e aria da fattone, lo stesso papi che oggi gli fa la predica sulle droghe e che nega di aver mai anche solo preso una ciucca.
Commentano i voti, di solito largamente insufficienti. Un po' perché il pargolo ha fatto pochissimo, un po' perché gli insegnanti sono arrivati allo scrutinio già belli incazzati per la fatica che fanno a tenerli buoni. Hanno covato questa prima vendetta per qualche mese a causa degli studenti, poi anche la Gelmini ci ha messo del suo... e quel nano di Brunetta poi! Adesso è il momento: voti di condotta scandalosamente bassi, lamenti sui compiti non eseguiti, richieste di cazziatoni da parte di mamma e papà che, ovviamente, cadono dalle nuvole, convinti com'erano di avere per figli degli angeli immacolati e mansueti.
Recitano tutti la loro parte, come hanno fatto innumerevoli volte e ancora faranno, con una monotonia così rassicurante da risultare gratificante soprattutto per chi - come chi scrive - ha partecipato così tante volte alla tragicommedia da considerarla il segno del fatto che, Berlusconi o no, l'Italia c'è sempre.
Sì, miei cari lettori, l'Italia dei genitori che difendono sempre i figli, degli insegnanti che si atteggiano a intellettuali che non hanno ciò che meriterebbero, dei ragazzi con la scusa sempre pronta, tutti insieme pronti a indicare col dito quelli che fanno qualcosa che non va, ma indulgenti e assolutori sempre e comunque quando si tratta di loro. L'Italia delle scuole scrostate, delle carte a terra perché qualcuno le butta e nessuno le raccoglie, delle prestazioni col tassametro, della disponibilità col contagocce e degli eroismi un po' esagerati. Tutto sommato un'Italia che non fa così schifo.
Solo una cosa è definitivamente cambiata.
Di solito il colloquio si concludeva con la consegna della pagella e la raccomandazione allo studente di fare meglio nel secondo quadrimestre, perché bisogna impegnarsi per riuscire nella vita.
Quest'anno si evita questo predicozzo, è forte la paura di sentirsi rispondere da qualche allievo più accorto:
"Ma che cazzo state a dire: per riuscire nella vita la scuola non serve a niente! Andiamo ad Arcore e ve lo dimostreremo. Ma state tranquilli, genitori e insegnanti, per dimostrarvelo useremo il metodo scientifico di Galileo, nelle interviste a Signorini useremo i congiuntivi e davanti ai magistrati faremo come nelle interrogazioni!".
Mariano
Fine della prima parte dell'anno scolastico, le scuole si animano nel tardo pomeriggio per la consegna delle pagelle: genitori con passo militare, studenti rassegnati dietro a loro col capo chino.
Madri battagliere pronte a scusare tutto dei loro frugoletti si alternano a genitrici arcigne che promettono botte e punizioni con lo sguardo mentre ascoltano le giaculatorie degli insegnanti.
I padri sono spesso succubi delle loro signore, le seguono un passo indietro (come Michelle con Obama, ma al contrario), come se fossero lì per sbaglio, al massimo per intervenire se perdessero il controllo; quelli separati poi strisciano lungo i muri e si squagliano davanti alle ex mogli che li guardano con compassione come ad attribuire loro, e solo a loro, i fallimenti dei figli, ammiccando alle insegnanti donne, a sollecitare una loro inevitabile complicità tutta femminile.
Lo studente guarda con occhio complice l'insegnante che parla coi i suoi genitori: supplica con lo sguardo, affinché vengano risparmiati ai suoi cari i racconti delle sue gesta fra le mura della scuola. Chiede, anzi implora, che il colloquio si fermi al commento dei voti e tralasci tutto il resto, cioè il 90% della sua attività scolastica. Finché la discussione si mantiene nell'ambito della misura della chiappa smutandata, sta tranquillo, perché sa che gli adulti si limiteranno a deplorare e a ricordare che ai loro tempi "i giovani andavano a scuola vestiti con decoro perché c'era più rispetto"; anzi, si prepara a tirare fuori la foto di classe del papi, quando aveva capelli lunghi e aria da fattone, lo stesso papi che oggi gli fa la predica sulle droghe e che nega di aver mai anche solo preso una ciucca.
Commentano i voti, di solito largamente insufficienti. Un po' perché il pargolo ha fatto pochissimo, un po' perché gli insegnanti sono arrivati allo scrutinio già belli incazzati per la fatica che fanno a tenerli buoni. Hanno covato questa prima vendetta per qualche mese a causa degli studenti, poi anche la Gelmini ci ha messo del suo... e quel nano di Brunetta poi! Adesso è il momento: voti di condotta scandalosamente bassi, lamenti sui compiti non eseguiti, richieste di cazziatoni da parte di mamma e papà che, ovviamente, cadono dalle nuvole, convinti com'erano di avere per figli degli angeli immacolati e mansueti.
Recitano tutti la loro parte, come hanno fatto innumerevoli volte e ancora faranno, con una monotonia così rassicurante da risultare gratificante soprattutto per chi - come chi scrive - ha partecipato così tante volte alla tragicommedia da considerarla il segno del fatto che, Berlusconi o no, l'Italia c'è sempre.
Sì, miei cari lettori, l'Italia dei genitori che difendono sempre i figli, degli insegnanti che si atteggiano a intellettuali che non hanno ciò che meriterebbero, dei ragazzi con la scusa sempre pronta, tutti insieme pronti a indicare col dito quelli che fanno qualcosa che non va, ma indulgenti e assolutori sempre e comunque quando si tratta di loro. L'Italia delle scuole scrostate, delle carte a terra perché qualcuno le butta e nessuno le raccoglie, delle prestazioni col tassametro, della disponibilità col contagocce e degli eroismi un po' esagerati. Tutto sommato un'Italia che non fa così schifo.
Solo una cosa è definitivamente cambiata.
Di solito il colloquio si concludeva con la consegna della pagella e la raccomandazione allo studente di fare meglio nel secondo quadrimestre, perché bisogna impegnarsi per riuscire nella vita.
Quest'anno si evita questo predicozzo, è forte la paura di sentirsi rispondere da qualche allievo più accorto:
"Ma che cazzo state a dire: per riuscire nella vita la scuola non serve a niente! Andiamo ad Arcore e ve lo dimostreremo. Ma state tranquilli, genitori e insegnanti, per dimostrarvelo useremo il metodo scientifico di Galileo, nelle interviste a Signorini useremo i congiuntivi e davanti ai magistrati faremo come nelle interrogazioni!".
Mariano