di Eva Milano
Qualche settimana fa mi hanno rubato la bicicletta nel cortile sotto casa. Per un paio di giorni ho accusato il colpo: immediatamente le spalle si sono irrigidite e il mio umore è sceso in picchiata. Sintomi eccessivi per una bici senza valore, non era questo il motivo del mio disagio. Una piccola riflessione e ho capito: quell'evento mi ha destabilizzato perché mi sono tornati in mente: il furto dell'oro in casa mia per mano di due ragazzi rom, la destrezza del levantino che ha rubato il portafoglio alla mia amica Manuela sull'autobus, quel ragazzo straniero che aveva tentato di portarmi via l'auto e per sua scarsa fortuna il mio arrivo gli aveva rovinato i piani. Ho ricordato che devo fare assolutamente rinforzare la porta che dà sul balcone, che va giù con una spallata, ho pensato che non mi piace vivere al primo piano rialzato, basta un salto. Di bici, per un po' non ne voglio sapere.
Il disagio è una sensazione emotiva, non dipende dall'entità del danno. La percezione che abbiamo del pericolo non rispecchia perfettamente le reali condizioni di probabilità di vedere violata la nostra serenità. E' una paura che ha un peso e quel peso va considerato, quando si prende in considerazione il tema della sicurezza.
In merito a questo argomento, in particolare per quanto riguarda l'approccio dei cittadini e del governo rispetto agli stranieri che vivono in Italia, sullo scorso numero de l'Espresso c'è un articolo molto interessante di Gigi Riva a colloquio con Ilvo Diamanti che, da tecnico (è professore di Scienza Politica all'Universita' di Urbino), analizza le diverse componenti che intervengono nel dibattito di questi giorni in merito al tema dell'immigrazione. Tra queste, la considerazione che "dobbiamo trattare la percezione non come se fosse virtuale, perché è una realtà per chi la vive. Lo straniero 'è' un pericolo sociale. Siamo una pentola a pressione, sottoposti da anni a una tensione molto forte che non governiamo ma teniamo sotto traccia. Abbiamo una serie di problemi che potremmo riassumere in una parola, 'eterofobia', paura dell'altro". Ma questa componente, di cui l'atteggiamento del governo in questi giorni si fa espressione, dice Diamanti, non deve essere predominante, perché è irrazionale.
E allora che cosa dovrebbe fare in realtà il nuovo governo? Il professore ha le idee chiare: "Dovrebbe impedire le concentrazioni metropolitane e favorire la distribuzione di chi arriva sul territorio, aiutare a regolarizzare gli irregolari che lavorano. E smetterla con gli annunci spettacolari e inapplicabili. Con la tolleranza zero. Questa politica contrasta la paura generando altra paura. E non dobbiamo mai dimenticare che gli immigrati si adattano alla società dove si inseriscono. Se arrivano in un Paese in cui le regole sono considerate vincoli, le istituzioni nemiche, le autorità organismi da cui difendersi, beh si comportano di conseguenza".