di Dotturbo
C’è un gap temporale da colmare, ormai l’hanno capito in molti, per quanto riguarda la questione energetica. Ed è un lasso che si sta facendo sempre più preoccupantemente ampio. Se, fino a qualche anno fa, lo si stimava nella misura di anni (decenni) intercorrenti fra la fine delle scorte di petrolio e metano del pianeta e l’entrata a regime della fusione nucleare, oggi la vicenda si fa più complessa. L’aumento incontenibile dei prezzi dei combustibili fossili ha introdotto una nuova variante. Conseguentemente, il buco temporale (per quanto riguarda la disponibilità di energia) andrà calcolato fra il momento in cui i prezzi di petrolio e metano non saranno più accettabili per la loro elevatezza e quando si riuscirà a produrre energia nucleare da fusione totalmente pulita e a basso costo in quantità sufficiente.
Questo spazio cronologico potrà essere energeticamente colmato solo con fonti rinnovabili (energia solare, da biomasse, eolica), con il nucleare di terza e, con massima rilevanza, di quarta generazione (strategico, per esempio, per i francesi) e…dal carbone! Non, però, dal carbone utilizzato per le inquinantissime centrali termiche (non solo i cinesi, ma anche gli stessi inglesi si sono organizzati ad implementarle, con buona pace dei proclami provenienti d’oltremanica a favore dell’energia eolica, idroelettrica e da biomasse), ma da quello prima liquefatto e poi gassificato. Questa tecnologia, che sarà messa a punto a cavallo del 2020, consentirà l’abbattimento dell’inquinamento derivante dalla combustione del carbonio e, cosa di ulteriore rilievo, consentirà "liberazione" di energia in quantità rilevantissima: le scorte planetarie di carbone consistono, infatti, di 700 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente (contro i 150 miliardi di petrolio, gli altrettanti di gas e i 60 miliardi di uranio).