di Stefano Zanotto
E' lo sport di squadra più praticato dai non vedenti. Si gioca su un campo - quasi sempre una palestra - di 7 metri per 16 su cui si fronteggiano due compagini di tre giocatori che devono cercare di indirizzare un pallone nella porta avversaria. Stiamo parlando del torball, sport nato più di trent’anni fa che a Torino è rappresentato dalla Polisportiva UICI (Unione italiana ciechi e ipovedenti), che milita nel campionato nazionale di serie A.
Sono proprio i ragazzi della compagine torinese, Antonio, Ivano, Pino e Riccardo, insieme all’allenatore Dario, che incontriamo durante un allenamento della squadra, a raccontarci nel dettaglio regole e segreti di questo sport. Innanzitutto il campo è diviso in due da tre cordicelle tese a 40 cm da terra con dei piccoli campanelli alle estremità . Il pallone, che al suo interno ha dei campanelli che lo rendono percepibile dai giocatori, viene lanciato con le mani e deve passare sotto le corde senza urtarle, altrimenti è fallo e chi lo ha commesso esce dal campo per un'azione (al terzo fallo si assegna un rigore agli avversari). Le porte sono larghe 7 metri e alte 1 metro e 30. I giocatori, che indossano protezioni a gomiti, ginocchia e una mascherina sugli occhi, che ha anche lo scopo di mettere nelle stesse condizioni non vedenti e ipovedenti, difendono la porta sdraiandosi quando sentono arrivare la palla. Per orientarsi si aiutano con tre tappetini disposti davanti alla porta per tutta la sua larghezza.
Una caratteristica di questo sport è il silenzio assoluto che per ovvi motivi bisogna mantenere durante le fasi di gioco. «Ãˆ un aspetto un po’ penalizzante - spiega Riccardo - perché il pubblico deve limitare applausi e incitamenti ai brevi momenti in cui la palla è ferma». Lo stesso allenatore non può parlare durante il gioco. Antonio racconta invece come si è avvicinato al torball: «Da bambino praticavo il calcio e ho sempre amato i giochi con la palla, quindi ho iniziato col torball quando si sono aggravati i miei problemi di vista. All’inizio ero un po’ prevenuto perché mi sembrava "ghettizzante", dato che si gioca tra soli non vedenti. Ma ho presto superato questo pregiudizio, perché gli aspetti agonistici del gioco mi hanno conquistato subito». Il livello di agonismo del torball è elevato: si tratta di uno sport vero, che richiede una buona preparazione atletica, concentrazione e affiatamento di squadra. E dello sport più genuino il torball mantiene anche i valori: al termine delle partite le squadre finiscono quasi sempre a tavola assieme… Una specie di terzo tempo come accade nel rugby.