di Dotturbo
“Tanto tuonò che piovve”. Alla fine, la paventata "bolla immobiliare" che pare avere inglobato buona parte del mondo economico d'inizio millennio, è scoppiata.
Di cassandre ce ne sono state, in effetti, parecchie. Al di là dell’incremento sproporzionato, anche considerati gli effetti indotti dall’introduzione dell’euro e dalle delusioni borsistiche, dei prezzi medi per metro quadrato (grosso modo più che raddoppiati nel corso dell’ultimo lustro) quello su cui occorre riflettere risiede nell’incrementato livello di indebitamento delle famiglie per acquisti immobiliari. Il fenomeno del rischio-bolla, in Italia, è evidente (per il secondo semestre 2007 si ipotizzano flessioni medie dei prezzi attorno al 10-12%), ma non ancora considerabile complessivamente preoccupante. Negli Stati Uniti, la faccenda si è dimostrata molto più critica. Molte società eroganti mutui di livello “subprime” (a debitori di ”non specchiata solidità"), hanno chiuso i battenti prima del crollo della scorsa settimana e addirittura “American home”, una delle istituzioni più rinomate nel campo immobiliare quotata a Wall Street, avevadovuto sospendere l’erogazione di nuovi mutui a causa delle crescenti insolvenze da parte della clientela: in un sol giorno, la quotazione di Borsa di American Home è scesa del 90%.
L’origine della vicenda, a livello globale, è individuabile nel basso livello dei tassi d’interesse concretizzatosi a cavallo dell’inizio del Duemila. Le congiunture economiche e l’alto livello di liquidità allora presenti e tuttora in parte sussistenti hanno, infatti, provocato un ribasso dei prezzi del bene per antonomasia, cioè del denaro, che ha avuto pochi precedenti in passato. Questo basso costo del denaro, riflesso del modesto tasso di interesse prodotto dallo stesso, ha ingenerato in modo contemporaneo in molti individui il miraggio di poter concretizzare il sogno di acquistare una casa, anche senza averne la possibilità economica.