di Paolo Turati
E’ di questi ultimi tempi una polemica sempre più rimarchevole sulla sorte delle Alpi Apuane.
Programmi televisivi Rai come quelli del geologo Tozzi e pagine tematiche di quotidiani come La Stampa hanno, in effetti, fatto rilevare di recente come, nel corso di pochi anni, si sia modificato profondamente il geomorfismo di quelle zone incantevoli e pregne di passato.
Le ‘coltivazioni’, così vengono chiamate in quel di Carrara, di marmo bianco posseggono, in effetti, una storia antichissima. Alcuni blocchi rinvenuti già squadrati risultano scarti di lavorazione debitamente datati (non, semplicemente, databili) addirittura attorno ai primi anni dopo la nascita di Cristo. I livelli dei vari periodi estrattivi, sia a cielo aperto che nelle gallerie - che ricordano l’interno di cattedrali gotiche, con volte altre decine di metri rischiarate dai fari fluorescenti degli impianti di illuminazione- sono evidenti anche ad un occhio poco esperto, a testimonianza di una vicenda storica che ha visto transitare in quei siti geni come Michelangelo (dal cui nome deriva il toponimo della cava più importante di Carrara) o Canova.