di Stefano Zanotto
Se mangi bene guarisci prima. Così la pensano al Ministero della Salute e all'associazione Slow Food, firmatari lo scorso 17 luglio di un protocollo d'intesa per un progetto sulla ristorazione ospedaliera. Tra gli obiettivi ci sono infatti quelli di migliorare la qualità del cibo servito in corsia e di recuperare, almeno in parte, aspetti legati al pasto come la convivialità (per quanto sia possibile in un ospedale...). Il tutto a beneficio del benessere psicofisico dei degenti.
Quindi, niente più insipidi purè e pere cotte servite alle 5 del pomeriggio: ma il progetto va ben oltre, prevedendo soprattutto che i cibi consumati in ospedale provengano da prodotti locali e stagionali. Il che comporta da un lato una maggiore qualità dei piatti serviti - un cibo fresco che ha fatto pochi chilometri per arrivare "dal campo al piatto" è quasi sempre più buono e più sano di uno surgelato o che arriva da chissà dove - dall'altro lato un minor impatto ambientale in virtù delle ridotte emissioni di CO2 per il trasporto (e delle mancate emissioni per il riscaldamento di serre da cui escono ortaggi in ogni stagione). Un progetto, quindi, per migliorare le condizioni dei pazienti, con un occhio all’ambiente e agli sprechi da eliminare. Nella conferenza stampa di presentazione dell’intesa, a cui erano presenti anche Livia Turco e Carlin Petrini, è stato infatti reso noto come più del 50% del cibo dei 240 milioni di pasti serviti ogni anno negli ospedali venga buttato via!
Questi della ristorazione collettiva sono temi, in particolare l'aspetto della "filiera corta", su cui ha lavorato e sta lavorando, in ambito regionale, il gruppo consiliare Sinistra per l'Unione, che ha presentato lo scorso 7 marzo la Proposta di legge regionale n.424 per promuovere il consumo di prodotti agricoli biologici, tipici e tradizionali nella ristorazione collettiva, in primis nelle scuole.