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VERGOGNE NAZIONALI

Il dito medio di Fassino, la trattative con gli ultras, gli applausi dei poliziotti ai colleghi, il gioco delle tre carte coi soldi della gente…
Il dito medio
Fino a due anni fa la vergogna nazionale era Berlusconi, accompagnato dall’eco dei suoi scandali e dalla gravità dei reati per cui era già stato condannato. Andavi all’estero e ti capitava spesso di essere interrogato sull’apparente (?) impazzimento nazionale, visti i consensi di cui continuava e continua a godere. L’interrogato si giustificava balbettando scuse e spiegando che B era solo una faccia di una medaglia che vedeva dall’altra parte la sinistra più asservita e egoista della storia mondiale.
Poi l’hanno fatto fuori a favore del più sobrio Monti: non si è trattato di un colpo di stato, tuttavia l’operazione politica non è stata esattamente democratica; va detto qualche beneficio l’ha pur prodotto. La reputazione del nostro paese, – almeno stando a quello che i giornalisti hanno cominciato a raccontare – è migliorata, lo spread è sceso e le nostre pensioni hanno preso il volo, senza che uno straccio di riforma strutturale disegnasse un futuro per le giovani generazioni di questo paese.
L’uomo col loden verde si è montato la testa e ha pensato di mettersi in proprio con gli esiti che conosciamo. Elezioni, vince Grillo, Bersani ci prova e Letta va al governo con Berlusconi.
Della reputazione italiana non parla quasi più nessuno: credo che sia davvero difficile immaginare di convincere un forestiero che fare un governo con un pregiudicato, carico di processi e di scandali, è cosa buona e giusta.
Il PD e i suoi giornalisti cercano di accreditare l’idea che non si sarebbe potuto fare diverso, vista l’indisponibilità del M5S: viene “silenziata” perfino la Serafini (deputata e moglie di Fassino) che bene spiega che mai loro del PD avevano avuto l’intenzione di collaborare per davvero e alla pari con Grillo. Il resto è attualità, con Letta silurato da Renzi: il primo annunciava poco e non faceva nulla, il secondo è tutto un annuncio a risultati zero. Chissà il prestigio internazionale… certo non credo che qualcuno possa sostenere che il nostro è un paese in cui la democrazia funziona e la trasparenza la fa da padrona.

A rinforzare l’idea che si stia continuando ad andare verso il fondo, arrivano le trattative delle massime autorità con i capi ultras, assurti a rango di autorevoli negoziatori per evitare “guai peggiori” in situazioni sfuggite al controllo di chi doveva occuparsene. Ne sta parlando tutto il mondo e senza il divertimento del bunga bunga, semmai con la preoccupazione di un corto circuito fra malavita e apparati dello Stato.
Il calcio diventa il paradigma di un paese nel caos e nella disperazione. Gli applausi dei colleghi ai poliziotti che hanno ucciso un ragazzo, la diffusa sensazione di essere nelle mani dei prepotenti, dei cafoni e dei delinquenti, che albergano e proliferano oramai in ogni settore e professione, sono indizi della lacerazione ben più che i fischi all’inno nazionale.
Normalmente i leader demos deplorano tutto questo: mettono su quell’arietta saputella, storcono la bocca in una smorfia di disappunto e deprecano, stigmatizzano e condannano. Lo fa Renzi, lo fanno i big del partito, lo fa anche Fassino. Naturalmente loro non hanno mai alcuna responsabilità e sono corretti e garbati perfino quando debbono affrontare la piazza a muso duro; come potrebbe essere diverso, loro sono superiori perfino quando trafficano.

Ieri Fassino ha salutato i tifosi del Toro, che lo contestavano durante la cerimonia commemorativa della tragedia di Superga, alzando repentinamente il suo dito medio. Eleganza del gesto e profondo rispetto per il dissenso. Vabbè, si potrebbe obiettare, non dovrebbe succedere, ma un momento di debolezza è umano.
E’ vero, ma è assai meno umano smentire di averlo fatto ed essere poi smascherati dal solito video che ristabilisce la verità dei fatti. Chissà cosa si inventeranno i suoi compagni di partito per giustificare l’ingiustificabile, chissà che cosa studieranno i suoi sponsor alla successione di Napolitano per spiegarci che, ancora una volta, siamo noi che non abbiamo capito.

Mariano
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