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LE BANCHE E I SOLDI, I NOSTRI

Una signora a me molto cara mi ha raccontato la storia della sua banca. Somiglia a quelle dei finti camionisti venditori di mattoni (spacciati per aggeggi tecnologici) negli autogrill nazionali
Poco meno di vent'anni fa l'acquisto di una casa: lei e suo marito avevano deciso di cambiare abitazione, si imbarcano nell'impresa di mettere in vendita quella che possiedono e di accendere un mutuo per diluire la differenza di prezzo.  Come tanti nella loro condizione, cercano la banca che pratica le condizioni migliori in base alle loro capacità di guadagno e perciò di risparmio. Sono entrambi lavoratori statali, godono di uno stipendio modesto ma sicuro; ottenere un mutuo non sarà difficile, specie se garantito dall'accredito, sul nuovo conto da aprire, dello stipendio di almeno uno dei due. Prescelta la Banca Sella.
Dato che la nuova abitazione è intestata solo a lei, il conto presso la banca che erogherà il mutuo sarà intestato ancora a lei e sarà il suo stipendio ad essere accreditato lì. Tutto procede come da copione e senza recriminazioni particolari per il decennio successivo. Fino a  quando...

... la Banca Sella, forse nel quadro di una sua ristrutturazione interna, decide di "cedere" sportelli e clienti ad altre banche, alcune dai nomi bizzarri, da lei compartecipate. Dopo due giravolte, la signora e il suo conto si trovano alloggiati presso una banca dal sapore lombardo, il Credito Valtellinese. In realtà lei non ha cambiato un bel niente, tranne che le le coordinate. Lo sportello è sempre lì, il bancomat uguale, le condizioni del mutuo e della gestione del conto le stesse.
A cambio gestione avvenuto, viene contattata da una gentile impiegata che le propone di acquistare azioni della banca: qualora se ne caricasse per almeno 600 euro, avrà diritto alla carta di credito gratuita. Stia pure tranquilla la signora, le azioni sono sì soggette alle oscillazioni del mercato, ma la banca è sana e in espansione, dunque ci potrà addirittura guadagnare.
Di recente il mutuo è finito, tutte le rate pagate. Alla signora hanno chiesto di pagare la carta di credito, quella che prima era gratis perché era azionista. Le caricavano anche spese non indifferenti per la gestione del conto, così ha deciso di chiuderlo. La ragione della sua esistenza d'altra parte era esaurita.
Sposta l'accredito dello stipendio sul nuovo conto, ritira i pochi spiccioli rimasti e chiede di cedere le famose azioni acquistate per 600 € quattro anni prima. Riceve indietro € 37 (trentasette): le azioni sono scese, sa com'è, le dice la gentile impiegata che cerca pure di convincerla a non venderle, forse sperando che il loro valore si azzeri del tutto. Quasi metà del suo stipendio mensile sfumato!
Mentre raccontava la storia era devastata anche da un altro pensiero: i suoi 563 € e quelli degli altri polli come lei sono finiti nelle voragini delle speculazioni. La banca, poi,  lei l'ha sostenuta due volte la seconda e con i soldi delle sue tasse, per tramite delle iniezioni di soldi operate dei governi "amici" che inneggiano al libero mercato e guardano altrove quando sentono puzza di guai.
Mariano
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