NOVITA'
latest

468x60

header-ad

LA POLITICA “DI SERVIZIO”

Finita la stagione della “politica di servizio”, naturalmente alla collettività, al paese. Dagli ultimi scandali emerge un nuovo modo di intendere il “servizio”…
Le ultime ruote del carro
Se c’è una cosa che emerge con forza dalle cronache degli ultimi scandali è l’irrilevanza complessiva dei politici coinvolti: semplici comprimari, sovente neanche quello, meri esecutori di ordini e consegne dei veri capi: ingegneri di truffe e ruberie sempre più sofisticate, ma che ripercorrono sempre lo stesso vetusto schema.
La tangentopoli di vent’anni fa aveva scoperchiato un sistema che tutti in fondo conoscevano e che vedeva i politici dediti a rubacchiare per il partito, la corrente, qualcuno per sé, da posizioni di comando. Erano anch’essi ingranaggi in un sistema che predicava la libera concorrenza (quella del mercato) e praticava la scorciatoia della mazzetta, ma erano centrali. Spesso erano loro stessi a ingegnerizzare le dazioni, stabilendone modalità, importi e forme. Il sottobosco politico, ma anche quello delle imprese che volevano lavorare erano i destinatari delle richieste e i complici fintamente sottomessi della politica vorace. Capitava perciò che alcuni dei manager di società coinvolte approfittassero dei soldi in nero da dare ai politici per farci la cresta; ricordo almeno un paio di vicende giudiziarie dove, accanto ai filoni seri delle inchieste, comparivano anche questi personaggi da “ufficio acquisti” beccati con le mani nel sacco per via delle discordanza fra quanto confessato dai politici e quanto sborsato dal vertiti delle loro aziende.

LA COAZIONE A RIPETERE

L’ennesimo grave scandalo che tocca, stavolta, direttamente il governo Renzi rischia di essere insabbiato come gli altri e, come gli altri, di confermare che il paese non ha vie d’uscita
Un paese senza speranza?
Un ministro intoccabile finisce in un’inchiesta che racconta della solita Italia, dell’infinita mangiatoia della grandi opere, dell’impunità degli alti tecnici da cui dipendono i canali di consenso - e dei quattrini  necessari a conquistarlo e conservarlo – della politichetta italiana, sempre più tossica e nociva. Il premier se ne sta lontano, manda avanti i suoi schierani che, con fare imbarazzato, ripetono gli slogan degli amanti della legalità per finta. Fra questi “Abbiamo fiducia nella Magistratura e attendiamo che le indagini mettano in luce le responsabilità”, “Fino alla condanna definitiva c’è la presunzione di innocenza”.
Scambiano le garanzie, che ogni paese civile deve fornire a privati cittadini accusati di aver commesso un reato, con la dignità che deve produrre chi serve il paese: è come se, pensandosi naturalmente delinquenti, già si difendessero coma farebbero i loro legali in tribunale. E’ qui il cortocircuito della politica. Del mondo rarefatto e impastato di debolezze umane, occasioni ghiotte e presunte impunità che porta alla rovina il paese e le sue buone speranze.

LA UNO ROSSA

Sono passati più di vent’anni, ma mi sembra ancora di vederla sfrecciare per le strade della mia città. A bordo le Thelma & Louise di quassù…
Passioni, ricordi e assenze
Ieri ho visto una Uno rossa, tutta scalcagnata e dalla vernice sbiadita. Mi ha scatenato ricordi, nostalgie e strani sentimenti, soprattutto un pensiero insistente con al centro una persona che non c’è più.
Spiegami bene che cosa possiamo fare e cosa no. Dimmi cosa devo dire a Vigili e Carabinieri se ci fermano mentre attacchiamo i tuoi manifesti… scusa i nostri manifesti, soprattutto se posso prendere a cazzotti quegli … che li staccano”, mi chiedeva Thelma con aria perentoria mentre la sua socia, Louise, sbatteva con decisione il secchiello con la colla da tappezziere che aveva preparato qualche ora prima, lasciandola maturare fino a farne un impasto denso. Non aveva ancora aggiunto il vinavil che sarebbe poi servito a rendere il tutto così appiccicoso che nulla si sarebbe più staccato dai tabelloni elettorali.
Thelma e Louise, le chiamavamo così per sfotterle e vezzeggiarle insieme. Ricordavano le due eroine del film, solo meno disperate e infinitamente più perbene. Erano le pasionarie della lista civica che avevano contribuito a mettere in piedi – più donne che uomini, buon segno di buona salute - con l’obiettivo dichiarato di convincere gli elettori a fare loro lo slogan “Non farti incantare, scegli chi è come te”.

IL SINDACO BLAGUEUR

Una storiella di arroganza e ignoranza, ma questa è l’Italia di oggi
Politicanti sull’orlo di una crisi di nervi
Adesso chiamo la Polizia Postale e mi faccio dire chi è stato a girare la mia e-mail a Turigliatto”. Questa è più o meno la frase con cui il sindaco della mia città ha minacciato i consiglieri di maggioranza, immagino col suo solito fare fra i minaccioso e il ricattatorio. Io, Turigliatto, non c’ero, ma la storia me l’hanno raccontata ben tre dei numerosi supporters presenti (uno all’insaputa dell’altro), ancora stupefatti per la sicumera e la follia del primo cittadino, costretto dalla sua disperazione a parlare della Polizia Postale come di un servizio di vigilantes a sua disposizione per la persecuzione dell’opposizione e dei pochi pensanti del suo partito rimasti. Ma cosa era successo di così grave da farlo sbroccare in questo modo preoccupante?
Ecco la storia. Nella ridente cittadina in cui vivo – ridente per modo di dire. visto che i capelli da strappare sono già stati cavati e le lacrime tutte versate – l’amministrazione comunale decide di privatizzare l’unico nido pubblico rimasto (leggi). Una misura che va a sommarsi ad altre pietose inefficienza della giunta, così che sembra davvero che il Comune voglia fare cassa tagliando sulla scuola e sui servizi ai giovani. Scoppia un putiferio, alimentato prevalentemente dalle mamme e dai papà dei bimbi del nido, preoccupati non tanto per i loro pupi, ma per quelli che verranno dopo.

TSIPRAS: E SE…

I nostri media, passata l’euforia per il braccio di ferro fra Tsipras e il resto del l’Europa, hanno cominciato a predire sciagure per il fresco vincitore delle elezioni greche. Ma…
Il realismo in salsa greca
Confesso che verso Tsipras ho sempre provato solo la simpatia che è naturale sentire per i deboli coraggiosi e  speranzosi, per quelli che ce la mettono tutta, per quelli che ci provano davvero a gettare il cuore oltre l’ostacolo, proponendosi imprese proibitive e destinate quasi sempre  e finire male anche per loro. Degli emuli nostrani di Syriza penso male: la somma di sigle e siglette che nessuno ricorda più che cosa abbiano di diverso l’una dall’altra, i leaderini che hanno vissuto tempi migliori, la retorica insopportabile fatta di proclami roboanti, accompagnata da una pratica quotidiana opposta, le declinazioni esasperate del rosso e del falcemartellismo fino a trasformare storie gloriose in parodie di una storia già consumata da tutti i furbacchioni della compagnia… Insomma, un partito di sinistra da noi ci sarà solo quando si riuscirà a togliere di mezzo tutti quelli che, con la presenza e l’infantile protagonismo, minano alle fondamenta ogni tentativo di costruzione di un soggetto politico di sinistra degno di questo nome. Sempre che interessi.
Tsipras i sinistri e ultrasinistri greci li ha messi tutti insieme, li ha fatti lavorare a soccorrere la gente azzoppata da governi irresponsabili prima e affamatori poi, li ha mandati a fare mense per i poveri, ambulatori, ripetizione e soccorso scolastico e chissà cos’altro ancora. Così hanno radicato una proposta politica...