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LONTANE RISSE

Se le danno di santa ragione nelle aule che hanno visto la nascita dell’Italia democratica e l’approvazione della Costituzione… e sembra tutto molto, troppo lontano
Distanze siderali
In qualunque modo le si voglia leggere, le scazzottature parlamentari di mercoledì notte (leggi) lasceranno un segno indelebile: è forse la prima volta che il paese ne ne sbatte, che non si preoccupa neppure di striscio del pericolo, delle pesanti responsabilità di chi ha ridotto così l’istituto principale della rappresentanza democratica. Troppo comodo dire Renzi e basta: lui è l’ultimo anello di una catena che origina da molto lontano e che poggia le sua basi nell’idea (fascista e totalitaria) che il Parlamento rappresenti “una perdita di tempo, “un freno all’azione del governo, un inutile spreco di danaro pubblico”.
Non c’è bisogno di andare troppo lontano per ricordare che gli attuali parlamentari sono tutti “nominati” dai responsabili delle liste. Il PD si trincera dietro le sue ridicole “primarie”, del tutto equivalenti alle “parlamentarie” dei M5S, ma chissà perché non altrettanto stigmatizzate dai giornali. Che la legge elettorale che li ha messi lì è stata riconosciuta come anticostituzionale e che, per questo, in qualunque paese del mondo si sarebbe rivotato un parlamento legittimo, prima di fare qualunque cosa, riforme costituzionali comprese.
Non c’è bisogno di ricordare che le leggi elettorali della gran parte dei paesi civili prevedono o una soglia di sbarramento alta (per costringere i piccoli partiti a mettersi insieme e per semplificare le rappresentanze parlamentari, specie le maggioranze), o un premio di coalizione/lista corposo (vedasi Tzypras che governa con meno del 40% dei due partiti che fanno parte della maggioranza). Ma da noi il problema – molto forte nel PD già quando Veltroni lo governava – era eliminare tutto ciò che a sinistra non è omologato agli eredi del grande PCI, a meno che non sia debitamente confluito e assimilato. Soprattutto avere “terminali politici” affidabili, fedeli e legati mani e piedi al partito, alle sue realtà economiche (Greganti, Penati, i cooperatori romani e chissà quanti altri in giro), alle sue clientele e rispettosi dei rituali nobilitatori, che siano “attivi”, “congressi” o semplici riunioni di sezione..
In questo disegno “finto-maggioritario”, che ha pesantemente contribuito con il il berlusconismo a mandare a picco l’Italia, c’è sempre stato posto per tutti quelli che si sottomettevano che chinavano la testa, che accettavano questa logica, perfino quando si rendevano conto dei danni che arrecava al paese: tengo famiglia, il senso dello Stato? qualcun altro se ne occuperà.
Renzi è il frutto di questa cultura, di questa logica. Potrebbe essere il leader di un centrodestra moderno post- ideologico, così come lo è di un centrosinistra altrettanto incolore, è solo una questione di opportunità. Favorita anche dall’inconsistenza e dalla scarsa credibilità dei personaggi che dovrebbero ri/costruire una sinistra che parli al futuro. Gente da cui è meglio stare lontani. Persone degnissime che, nonostante le infinite occasioni e il credito ampiamente concesso loro, non hanno combinato nulla e che continuano a  pontificare e a srotolare stanchi slogan che non sanno neanche più cosa vogliano dire. Organizzazioni falcemartellesche sempre più frazionate e irrilevanti, capaci di inquinare qualunque nuova esperienza con il solo apparire all’orizzonte. Come stupirsi se la strategia di Renzi e delle sue vallette comprende anche la sfida aperta dell’istituzione che ne legittima l’esistenza? Schiacciando un parlamento già irrilevante, i cui membri sono preoccupati che si voti troppo presto, così che rischiano di perdere posto e prebende, e assai meno a che si distruggano le istituzioni del paese senza aver nemmeno ben chiaro che cosa si mette al posto. Così il nostro potrà presentarsi come quello che “ha tagliato corto”, che “li ha messi a posto” o, se le cose non andranno per il verso giusto, come la vittima della palude, quello che “ci ha provato”, ma è stato fermato dai “poteri forti” eccetera.
In Parlamento se le sono date quelli di Sel e quelli dei PD, bello spettacolo. I giornali di regime (non a caso siamo oltre la metà nella classifica sulla libertà di informazione) ne hanno parlato poco (sono i loro amichetti che hanno menato le mani, non i M5S). Forse anche perché ai loro elettori interessa sempre meno quello che succede lì dentro: perfino gli elettori più fidelizzati hanno capito che fa molta più politica il papà della Boschi con le sue partecipazioni bancarie e tutto il groviglio di massoni amici del Nostro che, con discrezione e troppa avidità, stanno provando a spolpare il loro considerevole pezzo di un paese cadavere. Che, a forza di mediocrizzare il parlamento, lo ha reso irrilevante, a volte un po’ folcloristicamente muscolare, pronto a votare qualunque cosa. Perché siamo già oltre: la Casta è diventata la Cozza.
Mariano
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